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TESTO

81. Confessio Fidei - Narratio amoris   1

Bruno Forte, Confessare la fede narrando l'Amore

Una confessione di fede cristiana non è altro che la «sanctae Trinitatis relata narratio» (Concilio XI di Toledo: DS 528): il racconto dell'amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, cui abbiamo creduto sulla parola dei testimoni delle nostre origini, trasmessa nella vivente tradizione ecclesiale («relata narratio»). Chi confessa la fede, parla di Dio raccontando l'Amore, così come si è rivelato nell'evento trinitario di Pasqua:

Credo in te, Padre,
Dio di Gesù Cristo,
Dio dei nostri Padri e nostro Dio:
tu, che tanto hai amato il mondo
da non risparmiare
il tuo Figlio Unigenito
e da consegnarlo per i peccatori,
sei il Dio, che è Amore.
Tu sei il Principio senza principio dell'Amore,
tu che ami nella pura gratuità,
per la gioia irradiante di amare.
Tu sei l'Amore che eternamente inizia,
la sorgente eterna da cui scaturisce
ogni dono perfetto.
Ti ci hai fatti per te,
imprimendo in noi la nostalgia del tuo Amore,
e contagiandoci la tua carità
per dare pace al nostro cuore inquieto.

Credo in te, Signore Gesù Cristo,
Figlio eternamente amato,
mandato nel mondo per riconciliare
i peccatori col Padre.
Tu sei la pura accoglienza dell'Amore,
Tu che ami nella gratitudine infinita,
e ci insegni che anche il ricevere è divino,
e il lasciarsi amare non meno divino
che l'amare.
Tu sei la Parola eterna uscita dal Silenzio
nel dialogo senza fine dell'Amore,
l'Amato che tutto riceve e tutto dona.
I giorni della tua carne,
totalmente vissuti in obbedienza al Padre,
il silenzio di Nazareth, la primavera di Galilea,
il viaggio a Gerusalemme,
la storia della passione,
la vita nuova della Pasqua di Resurrezione,
ci contagiano il grazie dell'amore,
e fanno di noi, nella sequela di te,
coloro che hanno creduto all'Amore,
e vivono nell'attesa della Tua venuta.

Credo in te, Spirito Santo,
Signore e datore di vita,
che ti libravi sulle acque
della prima creazione,
e scendesti sulla Vergine accogliente
e sulle acque della nuova creazione.
Tu sei il vincolo della carità eterna,
l'unità e la pace
dell'Amato e dell'Amante,
nel dialogo eterno dell'Amore.
Tu sei l'estasi e il dono di Dio,
Colui in cui l'amore infinito
si apre nella libertà
per suscitare e contagiare
amore.
La tua presenza ci fa Chiesa,
popolo della carità,
unità che è segno e profezia
per l'unità del mondo.
Tu ci fai Chiesa della libertà,
aperti al nuovo
e attenti alla meravigliosa varietà
da te suscitata nell'amore.
Tu sei in noi ardente speranza,
tu che unisci il tempo e l'eterno,
la Chiesa pellegrina e la Chiesa celeste,
tu che apri il cuore di Dio
all'accoglienza dei senza Dio,
e il cuore di noi, poveri e peccatori,
al dono dell'Amore, che non conosce tramonto.
In te ci è data l'acqua della vita,
in te il pane del cielo,
in te il perdono dei peccati
in te ci è anticipata e promessa
la gioia del secolo a venire.

Credo in te, unico Dio d'Amore,
eterno Amante, eterno Amato,
eterna unità e libertà dell'Amore.
In te vivo e riposo,
donandoti il mio cuore,
e chiedendoti di nascondermi in te
e di abitare in me.
Amen!

credoDioamore di DiofedePadreFiglioSpirito Santo

4.5/5 (2 voti)

inviato da Qumran2, inserito il 15/07/2009

TESTO

82. Preti che illuminano   2

Madre Teresa di Calcutta

Voi dovete essere la radiosità di Gesù stesso. Il vostro sguardo deve essere il suo, le vostre parole le sue. La gente non cerca i vostri talenti, ma Dio in voi. Conducetela a Dio, mai verso voi stessi. Se non la conducete a Dio significa che cercate voi stessi e la gente vi amerà soltanto per voi, non perché le ricorderete Gesù. Il vostro desiderio deve essere di "offrire soltanto Gesù" nel vostro ministero, piuttosto che voi stessi. Ricordate che soltanto la vostra comunione con Gesù porta alla comunicazione di Gesù. Come Gesù era strettamente unito al Padre tanto da essere il suo splendore e la sua immagine, cosi, con la vostra unione con Gesù, voi diventate la sua radiosità, una trasparenza di Cristo, affinché quelli che vi hanno visto in certo qual modo avranno visto lui.

Per poter essere veramente sacerdoti secondo il Cuore di Gesù avete bisogno di pregare molto e di tanta penitenza. Un sacerdote ha bisogno di unire il proprio sacrificio al sacrificio di Cristo se vuole veramente essere una cosa sola con lui sull'altare.

sacerdotepretecelibatoeucaristiaanno sacerdotale

inviato da Luca Peyron, inserito il 26/06/2009

TESTO

83. Così il padre ci ama

John Henry Newman

Il Padre ci vede e ci conosce tutti, uno ad uno.
Chiunque tu sia egli ti vede individualmente,
egli ti chiama con il tuo nome,
egli ti comprende quale realmente ti ha fatto.

Egli conosce ciò che è in te,
tutti i tuoi sentimenti e pensieri più intimi,
le tue disposizioni e preferenze,
la tua forza e la tua debolezza.

Egli ti guarda nel giorno della gioia e nel giorno della tristezza,
ti ama nella speranza e nella tua tentazione,
s'interessa di tutte le tue ansietà, di tutti i tuoi ricordi,
di tutti gli alti e bassi del tuo spirito.

Egli ha perfino contato i capelli del tuo capo
e misurato la tua statura,
ti circonda e ti sostiene con le sue braccia
ti solleva e ti depone.

Egli osserva i tratti del tuo volto,
quando piangi e sorridi,
quando sei malato o godi buona salute.

Con tenerezza egli guarda le tue mani e i tuoi piedi,
sente la tua voce, il battito del tuo cuore,
ode perfino il tuo respiro,
tu non ami te stesso più di quanto egli ti ama.

Tu non puoi fremere dinanzi al dolore,
come egli freme vedendolo venire sopra di te,
e se tuttavia te lo impone è perché anche tu se fossi saggio
lo sceglieresti per un maggior bene futuro.

amore di Diovicinanza di DioDio Padrerapporto con Dio

inviato da Qumran2, inserito il 12/06/2009

TESTO

84. Sogno una grande speranza   1

Cardinale Francesco Saverio Van Thuan, Testimoni della speranza. Esercizi spirituali tenuti alla presenza di Ss. Giovanni Paolo II, Citta Nuova, Roma 2006, pag 58-59

Sogno una Chiesa che è Porta Santa , aperta, che accoglie tutti, piena di compassione e di comprensione per le pene e le sofferenze dell'umanità, tutta protesa a consolarla.

Sogno una Chiesa che è Parola, che mostra il libro del Vangelo ai quattro punti cardinali della terra, in un gesto di annuncio, di sottomissione alla Parola di Dio, come promessa dell'Alleanza eterna.

Sogno una Chiesa che è Pane, Eucaristia, che si lascia mangiare da tutti, affinché il mondo abbia la vita in abbondanza.

Sogno una Chiesa che è appassionata di quella unità che ha voluto Gesù.

Sogno una Chiesa che è in cammino, Popolo di Dio, che dietro al Papa che porta la croce, entra nel tempio di Dio e pregando e cantando va incontro a Cristo Risorto, speranza unica, incontro a Maria e a tutti i Santi.

Sogno una Chiesa che porta nel suo cuore il fuoco dello Spirito Santo, e dove c'è lo Spirito, c'è la libertà, c'è il dialogo sincero con il mondo; e specialmente con i giovani, con i poveri e con gli emarginati, c'è il discernimento dei segni dei nostri tempi.

Sogno una Chiesa che è testimone di speranza e di amore, con fatti concreti, come quando si vede il Papa abbracciare tutti... nella grazia di Gesù Cristo, nell'amore del Padre e nella comunione dello Spirito, vissuti nella preghiera e nell'umiltà.

chiesa

5.0/5 (1 voto)

inviato da Stefano Targa, inserito il 12/06/2009

TESTO

85. L'anima dell'uomo fedele è più grande del cielo

S. Chiara d'Assisi, Lettera terza a Sant' Agnese di Boemia, FF2892

Per la grazia di Dio, l'anima dell'uomo fedele, che è la più degna di tutte le creature, è più grande del cielo, poiché i cieli con tutte le altre creature non possono contenere il Creatore, mentre la sola anima fedele è sua dimora e sede, e ciò soltanto grazie alla carità di cui gli empi sono privi, come afferma la Verità stessa: "Chi mi ama sarà amato dal Padre mio, e io lo amerò, e verremo a lui e faremo dimora presso di lui" (Gv 14,21.23).

caritàfedeltàamorerapporto con Dioinabitazione di Dio

inviato da Antonio Antonucci, inserito il 12/06/2009

TESTO

86. L'educazione dei figli

Sette dialoghi con Ambrogio, Vescovo di Milano, IV secolo d.C.

L'educazione dei figli è impresa per adulti disposti a una dedizione che dimentica se stessa: ne sono capaci marito e moglie che si amano abbastanza da non mendicare altrove l'affetto necessario.

Il bene dei vostri figli sarà quello che sceglieranno: non sognate per loro i vostri desideri.

Basterà che sappiano amare il bene e guardarsi dal male e che abbiano in orrore la menzogna.

Non pretendete dunque di disegnare il loro futuro: siate fieri piuttosto che vadano incontro al domani con slancio, anche quando sembrerà che si dimentichino di voi.

Non incoraggiate ingenue fantasie di grandezza, ma se Dio li chiama a qualcosa di bello e di grande non siate voi la zavorra che impedisce loro di volare.

Non arrogatevi il diritto di prendere decisioni al loro posto, ma aiutateli a capire che decidere bisogna e non si spaventino se ciò che amano richiede fatica e fa qualche volta soffrire: è più insopportabile una vita vissuta per niente.

Più dei vostri consigli li aiuterà la stima che hanno di voi e che voi avete di loro; più di mille raccomandazioni soffocanti, saranno aiutati dai gesti che videro in casa: gli affetti semplici, certi ed espressi con pudore, la stima vicendevole, il senso della misura, il dominio della passione, il gusto per le cose belle e l'arte, la forza anche di sorridere.

E tutti i discorsi sulla carità non mi insegneranno di più del gesto di mia madre che fa posto in casa per un vagabondo affamato e non trovo gesto migliore per dire la fierezza di essere uomo di quando mio padre si fece avanti a prendere le difese di un uomo ingiustamente accusato.

I vostri figli abitino la vostra casa con quel sano trovarsi bene che ti mette a tuo agio e ti incoraggia anche ad uscire di casa, perché ti mette dentro la fiducia in Dio e il gusto di vivere bene.

genitorifiglieducareeducazione

inviato da Daniela Filippino, inserito il 11/06/2009

TESTO

87. La morte non esiste   3

don Oreste Benzi, commento a Giobbe per la commemorazione di tutti i fedeli defunti

Nel momento in cui chiuderò gli occhi a questa terra, la gente che sarà vicino dirà: è morto. In realtà è una bugia. Sono morto per chi mi vede, per chi sta lì. Le mie mani saranno fredde, il mio occhio non potrà più vedere, ma in realtà la morte non esiste perché appena chiudo gli occhi a questa terra mi apro all'infinito di Dio. Noi lo vedremo, come ci dice Paolo, faccia a faccia, così come Egli è (1Cor 13,12). E si attuerà quella parola che la sapienza dice al capitolo 3: Dio ha creato l'uomo immortale, per l'immortalità, secondo la sua natura l'ha creato. Dentro di noi, quindi, c'è già l'immortalità, per cui la morte non è altro che lo sbocciare per sempre della mia identità, del mio essere con Dio. La morte è il momento dell'abbraccio col Padre, atteso intensamente nel cuore di ogni uomo, nel cuore di ogni creatura.

morteimmortalitàrapporto con Diovita eternasperanzaparadiso

5.0/5 (2 voti)

inviato da Federica Cassetta, inserito il 05/06/2009

TESTO

88. Il figlio prodigo

Pietro Crisologo, Sermoni

Il figlio prodigo giaceva a terra: quando prende coscienza della sua miseria, quando avverte di trovarsi in una perdizione senza rimedio, vedendosi così immerso nel fango della lussuria, esclama: «Voglio andarmene e ritornare da mio padre».

Di dove gli viene questa speranza, questa sicurezza, questa fiducia? Dal semplice fatto che si tratta di suo padre. Non sarà un estraneo a intercedere per me presso mio padre: il suo stesso affetto interverrà a commuoverlo per me nel più profondo del suo cuore.

Ed ecco che il padre, appena vede il figlio, si dimentica della colpa: preferisce essere padre, e perciò non si mostra come giudice, e trasforma immediatamente la sentenza in perdono. L'amore non riesce a vedere la colpa: per questo il padre redime con un bacio il peccato del figlio, lo chiude nel suo abbraccio.

conversioneritornopentimentoperdono

5.0/5 (1 voto)

inviato da Qumran2, inserito il 05/06/2009

TESTO

89. Amore e aridità

Padre Pio da Pietralcina, Angela Serritelli, Notizie su Padre Pio, Ms. in AP

Un solo atto di amore di Dio, fatto in tempo di aridità, vale più che cento, fatti in tenerezza e consolazione.

affettività

inviato da Adriana Parodi, inserito il 02/06/2009

TESTO

90. Si consegnò liberamente

Massimo il Confessore, Scritti

Colui che per noi è diventato simile a noi diceva a Dio suo Padre: non la mia, ma la tua volontà, volendo lui che era Dio per natura, compiere anche come uomo la volontà del Padre.
Se egli si consegnò liberamente come colpevole alla Passione e alla morte, facendosi responsabile per noi che eravamo veramente meritevoli di soffrire fino alla morte, è chiaro che Egli ci ha amati più di se stesso.

sacrificioredenzione

5.0/5 (1 voto)

inviato da Qumran2, inserito il 02/06/2009

TESTO

91. Al cospetto di Dio in nostro favore

Fulgenzio di Ruspe, Lettera 14

Dando il proprio sangue, Egli è entrato una volta per tutte nel santuario: non in quello che era soltanto una figura della realtà, costruita dall'uomo, ma nel santuario del cielo, dove è alla destra di Dio e intercede per noi.

Noi dunque offriamo il sacrificio della lode e della preghiera attraverso Cristo, perché attraverso la sua morte, da nemici che eravamo, siamo entrati di nuovo nell'amicizia di Dio.

Attraverso di lui e del suo volontario sacrificio per noi, la nostra offerta diventa adeguata e perciò gradita a Dio.

Per questo motivo ci rivolgiamo al Padre dicendo: «Per Gesù Cristo, tuo Figlio, nostro Signore».

amiciziafede

inviato da Qumran2, inserito il 02/06/2009

TESTO

92. Sete di risurrezione   1

Mariangela Forabosco

E' arrivata la Primavera ed ogni anno, in natura, si ripete puntuale il miracolo della rinascita, e tutte le creature rinnovano in sé l'energia vitale per dimostrare e donare, ad un mondo distratto ed indifferente, la potenza creatrice e amorosa del Creatore.

Passeggiando in giardino, davanti al mistero di una piccolissima gemma che diventa un turgido bocciolo, quasi geloso di svelare la meraviglia dei suoi petali, mi afferra uno stupore crescente.

C'è un giardino, però, in cui non è necessario aspettare la primavera per vedere realizzati i miracoli della creazione ed è il " cuore dell'uomo".

Dio ha creato l'uomo e la donna per "sete d'amore", perché, essendo lui amore, non poteva fare a meno di amare e di essere amato. Ed ecco il miracolo: uomo e donna, creati a sua immagine, ricevono il suo amore e sono chiamati a diventarne messaggeri e testimoni, per diffonderlo a chi sta loro accanto e al mondo intero.

Le vite che si donano diventano, così, veicolo dell'Amore di Dio e vanno a saziare l'incontenibile e misteriosa sete d'amore delle creature, come un fiore sbocciato e donato sazia la sete di bellezza e di armonia.

L'uomo, però, non ha accolto il dono dell'Amore di Dio, che significa donarsi, perdonarsi, compatirsi, comprendersi, ed ha messo al primo posto l'amore per se stesso e per gli idoli creati dalle sue stesse mani, diventandone schiavo (Salmo 113 B, 4-8). Allora Dio, non potendo fare a meno di amare l'uomo e di essergli fedele, ha giocato l'ultima carta per salvarlo ed è sceso in terra nella Persona del Figlio, Gesù Cristo, facendosi "peccato" ( cfr. 2 Corinzi 5,21 ) lui stesso, Innocente, per liberare l'umanità dal peccato e dalla morte. Gesù, sulla terra, ha camminato con gli uomini ed ha parlato del Padre che è nei Cieli come del "nostro Padre" ( Matteo 6,9 ) che, dalla creazione, non vuole forzare i figli ad amarlo, avendoli resi liberi di accettare o rifiutare il suo amore. Il Padre, però, non smette mai di aspettare che i figli tornino per lasciarsi amare da lui, per poter dire loro parole d'amore e fare festa ( Luca 15, 11-24 )! Gli uomini, ancora una volta, non hanno saputo e voluto rispondere con l'amore alla richiesta d'amore del loro Creatore e così l'hanno ucciso: hanno crocifisso l'amore, pensando di poter togliere di mezzo l'imbarazzante "Rabbì " che parlava di cose troppo scomode per le coscienze: pace, perdono, conversione, riconciliazione, giustizia, dignità umana, strane beatitudini che fanno "vincere" i poveri, gli ultimi, gli affamati, i perseguitati..., amore addirittura per i nemici, misericordia, dono totale di se stessi agli altri fino a perdere la propria vita...
"Il mondo non lo riconobbe" (Giovanni 1,10).

Ognuno di noi c'era, quel venerdì che chiamiamo Santo, sul Calvario, ed ognuno di noi, con la parte del proprio cuore in cui vince l'avidità, la gelosia, l'invidia, la lussuria, il risentimento, la rabbia, ha battuto i chiodi nelle mani e nei piedi dell'Innocente. "Dio è morto", ha scritto qualcuno. Si, Dio è morto facendo suo il peccato e la morte dell'uomo, ma non poteva finire così, con il buio di quel venerdì e col silenzio di quel sabato. Se Dio fosse morto, tutta la creazione sarebbe morta, io sarei morta, la primavera sarebbe morta.

No! Dio ha trascinato in sé la morte e l'ha distrutta, trasformandola in vita, nella sua vita, che è immortale, incorruttibile (Corinzi 15, 20-27, 53-55). Essendo vero uomo, Gesù ha, con la sua Passione, Morte e Risurrezione, innalzato a sé ogni uomo, ogni vita umana (Giovanni 3,14-17) donando ognuno di noi all'abbraccio misericordioso del Padre, che dalla creazione non aspetta altro che ritorniamo a lui, bisognosi del suo perdono e, a nostra volta, capaci di perdonare.

La sete d'amore di Dio lo ha portato a farsi lui stesso creatura, affinché nel cuore dell'uomo si continuasse a compiere il miracolo per cui era stato creato: l'amore vissuto, rinnovato, donato, gratuito, generoso, spassionato, umile, felice, sofferto, offerto, coraggioso, sorridente, radicale, ingenuo, totale.

La capacità di amarsi viene solo da Dio e se ci allontaniamo da lui, nostra unica fonte del vero amore, perdiamo la capacità di amare e accadono le cose che quotidianamente tutti vediamo e di cui ci lamentiamo. "La società va male", diciamo, "è tutta colpa della società...".

No, sono io, siamo noi che abbiamo perso il contatto con la fonte della vera vita, diventando schiavi dei vitelli d'oro che ci siamo costruiti.

L'uomo, però, ha fame d'amore, continua a cercare qualcuno o qualcosa da amare, perché è Dio stesso che ha posto nel nostro cuore il seme del suo amore.

Che fare? Perché non provare a diventare "distributori" consapevoli di amore? Perché abbiamo così tanta paura di amare? Perché temiamo di assecondare il nostro bisogno di Risurrezione? Perché non ci opponiamo alla tentazione di seguire la corrente, che ci invita a privilegiare i pensieri e le scelte di morte?

Noi cristiani siamo tali perché crediamo in Cristo, il Vivente, il Risorto, Colui grazie al quale siamo destinati, a nostra volta, ad essere eternamente viventi e risorti: perché, allora, non scegliere di vivere secondo la Sua Parola, che è Parola di vita eterna? (Giovanni 6, 67-69)

Se i genitori, ad esempio, avessero il coraggio di raccontare ai loro figli le meraviglie che ogni giorno compie in noi l'Amore di Dio, se vivessero la Risurrezione nelle scelte di vita quotidiane, se trasmettessero loro la Speranza che deriva dalla Risurrezione di Cristo, allora ogni giorno sarebbe Pasqua, ogni giorno l'amore vincerebbe e non saremmo sconvolti da tante notizie che parlano di delitti in famiglia, di ragazzi che filmano violenze sui coetanei più deboli, di famiglie distrutte da odi e rancori, di stragi del sabato sera...L'elenco non finirebbe mai, ma io propongo che ognuno di noi, nel suo piccolo, anziché soffermarsi sulle cose negative, faccia l'elenco di tutte le cose belle che ogni giorno ci vengono donate. Cerchiamo poi di arricchire l'elenco con le cose belle, dettate dall'amore, che nel nostro quotidiano possiamo fare. Facciamo crescere, nel giardino del nostro cuore, la parte divina che Dio ha preso da sé e ci ha donato.

Scegliamo consapevolmente di soddisfare la nostra "sete di Risurrezione", affinché il Signore, nostro Dio, possa dirci parole di bene e d'Amore per l'eternità.

risurrezioneamoreparolafamiglia

inviato da Mariangela Forabosco, inserito il 02/06/2009

TESTO

93. Il mio Dio è sconcertante

Gemella

Il mio Dio è sconcertante:
è intimo ed è trascendente,
è dolce e violento,
è eterno e nasce sempre.

Ci crea per la felicità ma conosciamo il dolore.
Benedice ciò che tanti temono
ama quello che tanti disprezzano,
chiede ciò che sembra impossibile.

È venuto a portare la guerra ed è pacifico.
È Dio e uomo.
Maledice le ingiustizie e sopporta gli ingiusti.

È Padre Onnipotente e il dolore continua a torturare la terra.
Esige che conquistiamo il mondo, immergendoci in esso,
che amiamo tutto quanto è umano e ci vuole proiettati nell'Aldilà.

Chiede la santità per tutti e sceglie a capo della sua Chiesa l'apostolo che lo rinnegò.

Predilige i deboli e i poveri
e sono quelli che continuano a soffrire di più.
Imprime la sua legge in ogni circostanza
e fonda una Chiesa che viene a conflitto a volte con questo grido interiore della coscienza.

È sempre presentee nessuno può vedere il suo volto.
Chi ama l'uomo, ama lui, eppure continua a esser l'Unico.

È tutta la nostra vita e non ha nome.
Quanto più ti avvicini a lui, quanto più lo ami, meno lo capisci razionalmente.

È libertà ed è venuto a obbedire.
È amore, ma esiste l'inferno.

È il cuore della storia:
non cade un capello senza la sua complicità,
eppure milioni di uomini sentono la terra vuota di lui e lo
considerano superfluo.

È allegria e dolore insieme.
È il santo e amico dei peccatori,
è il vergine e permise che le prostitute lo amassero,
andò contro i ricchi ma mangiava con loro.

È difficile il mio Dio sconcertante per l'uomo che vuole misurarlo in tutto, per quanti vorrebbero imporgli una logica.
Ma il mio Dio sfugge a tutte le logiche e alle nostre misure.

Il mio Dio è così:
meraviglioso e ineffabile, unico e sconcertante.
È l'Essere ed è movimento, è ciò che era e quello che sarà.
E tutto e niente esiste senza di lui.
Il mio Dio è sconcertante:
è colui in cui si crede senza vederlo,
che si ama senza toccarlo,
in cui si spera senza sentirlo,
si possiede senza meritarlo.

bellezzaamoreDio

inviato da Francesco, inserito il 02/06/2009

TESTO

94. Avete ricevuto uno spirito da figli adottivi

Ireneo di Lione, Contro le eresie

Se dunque, fin da ora, per aver ricevuto questa caparra, noi gridiamo "Abbà, Padre", che sarà quando, risuscitati, "lo vedremo a faccia a faccia"? Quando tutte le membra, a fiotti straripanti, faranno sgorgare un inno di esultanza, glorificando colui che li ha risuscitati dai morti e li ha gratificati della vita eterna? Infatti, se già una semplice caparra, avvolgendo in se stessa l'uomo da ogni parte, lo fa gridare: "Abbà, Padre", cosa non farà la grazia intera dello Spirito, una volta data agli uomini da Dio? Essa ci renderà simili a lui e compirà la volontà del Padre, poiché farà l'uomo ad immagine e somiglianza di Dio.

risurrezioneresurrezionevita eternafigliolanzaDio Padre

inviato da Qumran2, inserito il 29/05/2009

TESTO

95. L'educazione

Padre Gasparino

Io sovente mi ponevo questo schema educativo: eliminare tutti quei sistemi che da ragazzo mi avevano urtato.

educaregiovaniragazzipedagogia

4.0/5 (1 voto)

inviato da Luca Peyron, inserito il 03/05/2009

TESTO

96. Lettera sulla preghiera   7

Bruno Forte, Messaggio per la Quaresima 2007

Mi chiedi: perché pregare? Ti rispondo: per vivere.

Sì: per vivere veramente, bisogna pregare. Perché? Perché vivere è amare: una vita senza amore non è vita. È solitudine vuota, è prigione e tristezza. Vive veramente solo chi ama: e ama solo chi si sente amato, raggiunto e trasformato dall'amore. Come la pianta che non fa sbocciare il suo frutto se non è raggiunta dai raggi del sole, così il cuore umano non si schiude alla vita vera e piena se non è toccato dall'amore. Ora, l'amore nasce dall'incontro e vive dell'incontro con l'amore di Dio, il più grande e vero di tutti gli amori possibili, anzi l'amore al di là di ogni nostra definizione e di ogni nostra possibilità. Pregando, ci si lascia amare da Dio e si nasce all'amore, sempre di nuovo. Perciò, chi prega vive, nel tempo e per l'eternità. E chi non prega? Chi non prega è a rischio di morire dentro, perché gli mancherà prima o poi l'aria per respirare, il calore per vivere, la luce per vedere, il nutrimento per crescere e la gioia per dare un senso alla vita.

Mi dici: ma io non so pregare! Mi chiedi: come pregare? Ti rispondo: comincia a dare un po' del tuo tempo a Dio. All'inizio, l'importante non sarà che questo tempo sia tanto, ma che Tu glielo dia fedelmente. Fissa tu stesso un tempo da dare ogni giorno al Signore, e daglielo fedelmente, ogni giorno, quando senti di farlo e quando non lo senti. Cerca un luogo tranquillo, dove se possibile ci sia qualche segno che richiami la presenza di Dio (una croce, un'icona, la Bibbia, il Tabernacolo con la Presenza eucaristica...). Raccogliti in silenzio: invoca lo Spirito Santo, perché sia Lui a gridare in te "Abbà, Padre!". Porta a Dio il tuo cuore, anche se è in tumulto: non aver paura di dirGli tutto, non solo le tue difficoltà e il tuo dolore, il tuo peccato e la tua incredulità, ma anche la tua ribellione e la tua protesta, se le senti dentro.

Tutto questo, mettilo nelle mani di Dio: ricorda che Dio è Padre - Madre nell'amore, che tutto accoglie, tutto perdona, tutto illumina, tutto salva. Ascolta il Suo Silenzio: non pretendere di avere subito le risposte. Persevera. Come il profeta Elia, cammina nel deserto verso il monte di Dio: e quando ti sarai avvicinato a Lui, non cercarlo nel vento, nel terremoto o nel fuoco, in segni di forza o di grandezza, ma nella voce del silenzio sottile (cf. 1 Re 19,12). Non pretendere di afferrare Dio, ma lascia che Lui passi nella tua vita e nel tuo cuore, ti tocchi l'anima, e si faccia contemplare da te anche solo di spalle.

Ascolta la voce del Suo Silenzio. Ascolta la Sua Parola di vita: apri la Bibbia, meditala con amore, lascia che la parola di Gesù parli al cuore del tuo cuore; leggi i Salmi, dove troverai espresso tutto ciò che vorresti dire a Dio; ascolta gli apostoli e i profeti; innamorati delle storie dei Patriarchi e del popolo eletto e della chiesa nascente, dove incontrerai l'esperienza della vita vissuta nell'orizzonte dell'alleanza con Dio. E quando avrai ascoltato la Parola di Dio, cammina ancora a lungo nei sentieri del silenzio, lasciando che sia lo Spirito a unirti a Cristo, Parola eterna del Padre. Lascia che sia Dio Padre a plasmarti con tutte e due le Sue mani, il Verbo e lo Spirito Santo.

All'inizio, potrà sembrarti che il tempo per tutto questo sia troppo lungo, che non passi mai: persevera con umiltà, dando a Dio tutto il tempo che riesci a darGli, mai meno, però, di quanto hai stabilito di poterGli dare ogni giorno. Vedrai che di appuntamento in appuntamento la tua fedeltà sarà premiata, e ti accorgerai che piano piano il gusto della preghiera crescerà in te, e quello che all'inizio ti sembrava irraggiungibile, diventerà sempre più facile e bello. Capirai allora che ciò che conta non è avere risposte, ma mettersi a disposizione di Dio: e vedrai che quanto porterai nella preghiera sarà poco a poco trasfigurato.

Così, quando verrai a pregare col cuore in tumulto, se persevererai, ti accorgerai che dopo aver a lungo pregato non avrai trovato risposte alle tue domande, ma le stesse domande si saranno sciolte come neve al sole e nel tuo cuore entrerà una grande pace: la pace di essere nelle mani di Dio e di lasciarti condurre docilmente da Lui, dove Lui ha preparato per te. Allora, il tuo cuore fatto nuovo potrà cantare il cantico nuovo, e il "Magnificat" di Maria uscirà spontaneamente dalla tue labbra e sarà cantato dall'eloquenza silenziosa delle tue opere.

Sappi, tuttavia, che non mancheranno in tutto questo le difficoltà: a volte, non riuscirai a far tacere il chiasso che è intorno a te e in te; a volte sentirai la fatica o perfino il disgusto di metterti a pregare; a volte, la tua sensibilità scalpiterà, e qualunque atto ti sembrerà preferibile allo stare in preghiera davanti a Dio, a tempo "perso". Sentirai, infine, le tentazioni del Maligno, che cercherà in tutti i modi di separarti dal Signore, allontanandoti dalla preghiera. Non temere: le stesse prove che tu vivi le hanno vissute i santi prima di te, e spesso molto più pesanti delle tue. Tu continua solo ad avere fede. Persevera, resisti e ricorda che l'unica cosa che possiamo veramente dare a Dio è la prova della nostra fedeltà. Con la perseveranza salverai la tua preghiera, e la tua vita.

Verrà l'ora della "notte oscura", in cui tutto ti sembrerà arido e perfino assurdo nelle cose di Dio: non temere. È quella l'ora in cui a lottare con te è Dio stesso: rimuovi da te ogni peccato, con la confessione umile e sincera delle tue colpe e il perdono sacramentale; dona a Dio ancor più del tuo tempo; e lascia che la notte dei sensi e dello spirito diventi per te l'ora della partecipazione alla passione del Signore. A quel punto, sarà Gesù stesso a portare la tua croce e a condurti con sé verso la gioia di Pasqua. Non ti stupirai, allora, di considerare perfino amabile quella notte, perché la vedrai trasformata per te in notte d'amore, inondata dalla gioia della presenza dell'Amato, ripiena del profumo di Cristo, luminosa della luce di Pasqua.

Non avere paura, dunque, delle prove e delle difficoltà nella preghiera: ricorda solo che Dio è fedele e non ti darà mai una prova senza darti la via d'uscita e non ti esporrà mai a una tentazione senza darti la forza per sopportarla e vincerla. Lasciati amare da Dio: come una goccia d'acqua che evapora sotto i raggi del sole e sale in alto e ritorna alla terra come pioggia feconda o rugiada consolatrice, così lascia che tutto il tuo essere sia lavorato da Dio, plasmato dall'amore dei Tre, assorbito in Loro e restituito alla storia come dono fecondo. Lascia che la preghiera faccia crescere in te la libertà da ogni paura, il coraggio e l'audacia dell'amore, la fedeltà alle persone che Dio ti ha affidato e alle situazioni in cui ti ha messo, senza cercare evasioni o consolazioni a buon mercato. Impara, pregando, a vivere la pazienza di attendere i tempi di Dio, che non sono i nostri tempi, ed a seguire le vie di Dio, che tanto spesso non sono le nostre vie.

Un dono particolare che la fedeltà nella preghiera ti darà è l'amore agli altri e il senso della chiesa: più preghi, più sentirai misericordia per tutti, più vorrai aiutare chi soffre, più avrai fame e sete di giustizia per tutti, specie per i più poveri e deboli, più accetterai di farti carico del peccato altrui per completare in te ciò che manca alla passione di Cristo a vantaggio del Suo corpo, la chiesa. Pregando, sentirai come è bello essere nella barca di Pietro, solidale con tutti, docile alla guida dei pastori, sostenuto dalla preghiera di tutti, pronto a servire gli altri con gratuità, senza nulla chiedere in cambio. Pregando sentirai crescere in te la passione per l'unità del corpo di Cristo e di tutta la famiglia umana. La preghiera è la scuola dell'amore, perché è in essa che puoi riconoscerti infinitamente amato e nascere sempre di nuovo alla generosità che prende l'iniziativa del perdono e del dono senza calcolo, al di là di ogni misura di stanchezza.

Pregando, s'impara a pregare, e si gustano i frutti dello Spirito che fanno vera e bella la vita: "amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé" (Gal 5,22). Pregando, si diventa amore, e la vita acquista il senso e la bellezza per cui è stata voluta da Dio. Pregando, si avverte sempre più l'urgenza di portare il Vangelo a tutti, fino agli estremi confini della terra. Pregando, si scoprono gli infiniti doni dell'Amato e si impara sempre di più a rendere grazie a Lui in ogni cosa. Pregando, si vive. Pregando, si ama. Pregando, si loda. E la lode è la gioia e la pace più grande del nostro cuore inquieto, nel tempo e per l'eternità.

Se dovessi, allora, augurarti il dono più bello, se volessi chiederlo per te a Dio, non esiterei a domandarGli il dono della preghiera. Glielo chiedo: e tu non esitare a chiederlo a Dio per me. E per te. La pace del Signore nostro Gesù Cristo, l'amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo siano con te. E tu in loro: perché pregando entrerai nel cuore di Dio, nascosto con Cristo in Lui, avvolto dal Loro amore eterno, fedele e sempre nuovo. Ormai lo sai: chi prega con Gesù e in Lui, chi prega Gesù o il Padre di Gesù o invoca il Suo Spirito, non prega un Dio generico e lontano, ma prega in Dio, nello Spirito, per il Figlio il Padre. E dal Padre, per mezzo di Gesù, nel soffio divino dello Spirito, riceverà ogni dono perfetto, a lui adatto e per lui da sempre preparato e desiderato. Il dono che ci aspetta. Che ti aspetta.

preghierapregare

5.0/5 (1 voto)

inviato da Qumran2, inserito il 30/04/2009

TESTO

97. Io credo   1

Michel Quoist, Parlami d'Amore

Io credo che Dio "è" amore
Io credo che Egli "è'" famiglia
Padre, Figlio, Spirito Santo
tre persone totalmente unite dall'amore
che fanno uno.
Credo che Dio è felicità infinita
perché è amore infinito.

Io credo che la creazione è frutto dell'amore
perché l'amore vuol far partecipare alla sua felicità.
Io credo che ogni uomo, prima ancora di esistere,
è amato personalmente e infinitamente da Dio
e che sarà sempre amato, quali che siano la sua faccia e i cammini della sua vita.
Io credo che l'uomo è pensiero d'amore di Dio, fatto carne,
e che questa immagine di Dio in lui
può essere sfigurata ma non può mai essere distrutta.
Io credo che l'uomo fatto per mezzo dell'amore è stato
creato per l'amore
e dunque libero
e invitato alla felicità infinita dell'amore.

Io credo che Dio ha donato tutta la creazione agli uomini
perché insieme ne prendano possesso, la completino
e la mettano al servizio di tutti.
Io credo che Dio ha creato l'uomo creatore con Lui
per mezzo della famiglia umana, immagine della sua famiglia
e libero di far sgorgare la vita o di rifiutarla.

Io credo che "Dio ha tanto amato il mondo che ha inviato il suo figlio
nel mondo"
e che così l'amore infinito ha preso, in Maria, volto d'uomo, corpo d'uomo
cuore di uomo
Gesù di Nazareth
trentatre anni di vita, che è piantato al centro della storia umana e
la ricopre intera.
Io credo che Gesù,
perché è uomo, è fratello di tutti gli uomini
perché è fratello di tutti gli uomini, è solidale con i loro peccati,
il non-amore,
e soffre delle loro sofferenze così come ha sofferto le proprie.

Io credo che Gesù, dando la sua vita per amore dei suoi fratelli,
ha ridato a ognuno di noi e all'umanità intera
tutto l'amore da noi sprecato
e che, restituendo l'amore, ci ha restituito la vita.
Io credo che Gesù ha traversato la morte, che è vivo
tra noi fino alla fine dei tempi
e che gli uomini, per mezzo di Lui e in Lui,
possono vivere la vita che non finirà.

Io credo che i credenti e amanti di Gesù formano insieme un grande popolo,
una grande comunità: la Chiesa.
Io credo che questa comunità-chiesa, di cui sono membro in Gesù
e con i miei fratelli,
è, per opera nostra, povera e peccatrice
e che non ha saputo conservare la sua unità.
Ma io credo che è chiamata ad essere Santa
una e segno dell'amore.
Io credo che Gesù ha voluto per lei dei responsabili,
e che questi responsabili sono degli uomini e dunque che sono
peccatori e possono sbagliare.
Ma li rispetto e li amo perché Gesù li ha voluti, scelti, chiamati,
e che il suo spirito li accompagna per i lunghi cammini della storia.

Io credo che lo Spirito di Gesù, lo Spirito Santo, è soffio d'amore.
Che viene incontro all'uomo - libero -
libertà che può aprirsi a Lui
per accoglierlo
lasciarsi invadere da Lui, permeare da Lui
ed essere inviato verso gli altri.
Soffio d'amore che unisce l'uomo all'uomo
gli uomini agli uomini e all'universo
e che costituisce il "Regno del Padre".
Regno d'amore radicato nell'oggi della storia umana
per fiorire domani nell'amore trinitario.

Io credo che l'amore non può morire,
perché viene da Dio
e ritorna a Dio,
passando attraverso l'uomo libero
che si apre, riceve e a sua volta ridona.

fedecrederecredoamore di Dio

4.0/5 (1 voto)

inviato da Patrizia, inserito il 07/09/2008

TESTO

98. C'ero anch'io...   3

Mariangela Forabosco

C'ero anch'io, Signore Gesù, quella notte, nel giardino del Getsemani!
Ero lì, con i tuoi Apostoli ancora sconvolti per tutto quello che ti avevano sentito dire, quella sera; per quei piedi lavati proprio da te, il Maestro; per quel incomprensibile, straziante annuncio della tua imminente morte!

Ero lì, e ti ho visto piangere lacrime e sudare sangue, ti ho sentito implorare il Padre tuo di allontanare l'amaro calice della passione che sentivi vicino...io non capivo!

Avrei voluto inginocchiarmi accanto a te, sulle pietre aguzze, asciugare il tuo sudore di sangue, accarezzare il tuo volto sconvolto, implorarti di fuggire lontano, di metterti in salvo dalla crudeltà degli uomini, ma ti ho sentito dire:" Non sia fatta la mia, ma la tua volontà, Padre"!
Il peso di queste parole è stato troppo grande, per me: ti ho lasciato solo, mi sono allontanata e ho dormito, insieme ai tuoi apostoli.
Ti ho lasciato solo!

C'ero anch'io, Signore Gesù, quel mattino, nel pretorio di Pilato!
Ero lì, e sentivo la folla rumoreggiare, fuori; erano come impazziti, tanto da scegliere, urlando, la liberazione di Barabba e la tua condanna.

Ero lì, quando i soldati ti legavano alla colonna; ero lì, quando i flagelli incidevano la tua carne, quando la tua schiena si inarcava per il dolore atroce. Avrei voluto strappare di mano ai soldati quelle fruste che si accanivano sulla tua carne innocente, avrei voluto liberare quelle tue mani che avevano portato sollievo a tante persone, avrei voluto gridare la mia rabbia per tanto strazio, ma non ho saputo fare altro che rintanarmi in un cantuccio nascosto: ho avuto paura di svelare apertamente il mio amore per te, avevo paura di essere riconosciuta come tua sorella, tua amica e mi sono nascosta.
Ti ho lasciato solo!

C'ero anch'io, Signore Gesù, quel mattino, nel cortile del pretorio, quando Pilato ti consegnò ai soldati per la crocifissione!

Ero lì, quando l'intera coorte iniziò a torturare il tuo corpo martoriato dalla flagellazione. Ti rivestirono di porpora e, intrecciata una corona con pungentissime spine, te la conficcarono nel capo, profondamente; si inginocchiavano davanti a te, uomo dei dolori, dicendoti:"Salve, re dei Giudei!", e ti sputavano addosso e continuavano a percuotere il tuo corpo straziato.

Avrei voluto strappare spina per spina dal tuo capo, avrei voluto liberare il tuo santo corpo da tanta crudeltà, avrei voluto gridare a tutti che si ricordassero quante parole sananti avevi pronunciato, quanti peccati avevi perdonato, con quelle labbra ora tumefatte e sanguinanti. Invece, ancora una volta mi sono nascosta dietro le mie paure, la mia voglia di quieto vivere, la tentazione di non impicciarmi, di non rischiare, e sono fuggita.
Ti ho lasciato solo!

C'ero anch'io, Signore Gesù, quando, carico della croce, percorrevi la via che portava al luogo del supplizio. Tanta gente urlava, ai lati, e ti scherniva: erano gli stessi che la domenica delle Palme stendevano i loro mantelli sotto i tuoi passi e ti chiamavano "Figlio di Davide".

Ero lì, quando cadevi sotto il peso di quel legno! Avrei voluto togliertelo di dosso, asciugarti il volto come ha fatto la Veronica, offrirti dell'acqua, gridarti il mio dolore e la rabbia che provavo nel vederti sopportare così passivamente tanta crudeltà. Invece, non ho trovato il coraggio di farmi riconoscere; ho preferito assistere al tuo martirio senza compromettermi troppo.
Ti ho lasciato solo!

C'ero anch'io, Signore Gesù, quando i colpi del martello risuonavano nell'universo e il Figlio di Dio veniva inchiodato ad una croce, tra due malfattori. Ero lì, quando, ormai allo stremo, trovavi la forza di perdonare i tuoi carnefici "perché non sanno quello che fanno": così hai detto!

Ero lì, quando hai consegnato tua Madre a Giovanni e Giovanni a tua Madre; c'ero anch'io, in quella consegna; c'ero anch'io, in quel perdono; c'era anche la mia salvezza, in quel "tutto è compiuto"! Avrei voluto abbracciare quella croce, che tratteneva il tuo corpo ormai senza vita; avrei voluto strappare di mano la spada che ti ha trafitto il costato; avrei voluto dare la mia vita per la tua, ma, ormai, era troppo tardi, tutto era irrimediabilmente finito!

C'ero anch'io, Signore Gesù, davanti al sepolcro vuoto, quel mattino del primo giorno della settimana! Ero lì, con le altre donne, con Pietro, con Giovanni, con la Maddalena, a guardare stupita la pietra rimossa, le bende piegate, a chiedermi dove fosse il mio Signore.

Ero lì, e non capivo, perché la mia fede era provata duramente dalla tua morte, ma anche perché sapevo di averti lasciato solo, e il mio cuore mi suggeriva rimorso e rimpianto.

Ero lì, e piangevo e avrei voluto ancora una volta fuggire lontano, nascondermi al mio stesso dolore, consapevole che avevo cercato tanto il mio Signore, ma che la mia paura me l'aveva fatto perdere per sempre! Ed ecco che, improvvisamente, quando stavo per andarmene, sconsolata, ho sentito una voce dolcissima chiamarmi per nome: era la tua voce, Signore Gesù!

Eri tornato, eri vivo, eri lì, davanti a me; eri venuto a cercarmi e mi avevi trovata. I miei abbandoni, i miei tradimenti li hai presto dimenticati; hai voluto dirmi che tu sei il vivente, che non mi lascerai mai, che la morte è vinta per sempre ed io sto partecipando, insieme a tutta la creazione, alla tua risurrezione.

Cristo è risorto, alleluia!

crocepassionerisurrezionepasquaresurrezionepauratradimentogetsemanitestimonianzavergogna

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inviato da Mariangela Forabosco, inserito il 21/03/2008

TESTO

99. Il primo presepe

Johann Jorgensen

La santa sera tutto era pronto, a Greccio, come frate Francesco aveva desiderato; verso l'ora di mezzanotte, tutto il popolo di quei pressi era convenuto intorno al presepe per festeggiare la nascita del Signore. Come ci racconta Tomaso da Celano: «Greccio era diventata una nuova Betlemme; la foresta risuonava di voci melodiose e le rocce echeggiavano ai canti della folla». Ognuno portava torce accese, mentre, vicino al presepe, stavano i frati coi loro ceri; tanto che i boschi erano rischiarati come fosse pieno giorno. Sulla mangiatoia che serviva d'altare, un prete lesse la messa, perché il divino fanciullo fosse presente, sotto le specie del pane e del vino, al modo stesso che lo era stato corporalmente a Betlemme. Ci fu pure un istante in cui Giovanni Vellita ebbe l'impressione di vedere un vero bambino coricato nella mangiatoia, ma che sembrava morto, o, per lo meno, addormentato. Ed ecco che frate Francesco si avvicina al bambino e lo prende teneramente tra le braccia; ed ecco che anche il bambino si sveglia, sorride a frate Francesco, e, con le sue piccole mani, gli accarezza le guance barbute e la stoffa grigia della sottana! Visione che, del resto, non aveva nulla di stupefacente per messer Vellita: poiché egli conosceva già parecchi cuori, in cui, allo stesso modo, Gesù era stato morto, o per lo meno addormentato, fino al giorno in cui frate Francesco, con la sua parola e il suo esempio, non l'aveva risvegliato e risuscitato.

Dopo la lettura del Vangelo, frate Francesco, in veste di diacono, si avanzò verso la folla. «Sospirando profondamente, ci dice Celano, accasciato sotto la pienezza della sua pietà, e traboccante di meravigliosa gioia, il santo di Dio si drizzò presso la mangiatoia. E la sua voce, la sua voce forte e dolce, la sua voce chiara e sonora, trascinò gli uditori a ricercare il bene supremo».

Frate Francesco predica alla folla. «Con parole d'una dolcezza squisita, parla del povero re nato quella notte che è il Signore Gesù, nella città di David. E, ogni volta che vuole pronunciare il nome di Gesù, ecco che egli è tutto arso dal fuoco del suo amore, e che, invece di dirgli questo nome, lo chiama teneramente il Bambino di Betlemme! E, questa parola Betlemme, la dice col tono d'un agnello belante; e quando ha proferito il nome di Gesù, lascia scivolare la lingua sulle labbra, come per assaporare la dolcezza che quel nome ha sparso dietro di sé, passando su quelle labbra. E non fu che molto tardi che terminò quella santa notte di vigilia, e che ciascuno, con il cuore pieno di gioia, se ne ritornò alla sua casa».

«In seguito, questo luogo, dove era stato piantato il presepe, fu consacrato al Signore con l'erezione di un tempio; e sopra la mangiatoia fu alzato un altare in onore del nostro beato Padre Francesco: così che, là dove poco prima le bestie senza ragione mangiavano il fieno dalla greppia, oggi gli uomini, per la salute delle loro anime e del loro corpo, ricevono l'Agnello immacolato, Nostro Signore Gesù Cristo, che, spinto da ineffabile amore, ha dato la sua carne per la vita del mondo, e che, col Padre e lo Spirito Santo, vive e regna in somma grandezza per tutti i secoli dei secoli. Così sia!».

natalepresepepresepioSan Francesco

inviato da Franco Canzian, inserito il 19/12/2007

TESTO

100. L'alfabeto di Dio   3

Gianni Fanzolato

A - Anche se non sei corrisposto, ama lo stesso, mi assomiglierai.
B - Benedici sempre, perché tu sei una benedizione di Dio.
C - Chiamami Padre, solo così potrai chiamare tutti gli altri fratelli.
D - Dona con gioia. I musi lunghi sono figli delle tenebre.
E - Esci dal guscio del tuo egoismo: troverai un mondo che ti aspetta.
F - Fa della tua vita una sinfonia di gioia; darai frutti saporiti.
G - Gira l'ago della tua calamita sempre dove ti porta il cuore: sempre e solo a Dio.
H - Hai un dono straordinario, per cui mi assomigli: l'amore; sfruttalo con gioia.
I - Intorno a te c'è tanta morte, odio e tenebre; ma tu sii sole che illumina e riscalda.
L - La terra non è la tua patria. Sei di terra, ma hai la mia vita: guarda allora in alto.
M - Metti la tua vita nel cuore di mio Figlio e di Maria: sarai dono d'amore.
N - Non permettere che il maligno deturpi la tua libertà. Aggrappati a me e sarai libero.
O - Odia il peccato, ma ama il peccatore: impara a perdonare e ama chi sbaglia, lo conquisterai.
P - Porta la pace di Dio col tuo sorriso: c'è bisogno di un raggio di sole e luce negli occhi.
Q - Quadro stupendo ti ho dipinto col sangue dell'Agnello; sei il mio capolavoro.
R - Resta un po' con me, figlio, quando si fa sera: io ti guardo e tu mi guardi ed è pace.
S - Senza il tuo mattone, la costruzione è vuota. Sii strumento docile nelle mie mani.
T - Tutto ho messo nelle tue mani, sei il signore della natura: conservala senza macchia.
U - Unisci cuore e mente: con la mente progetti, ma è col cuore che salvi e realizzi.
V - Vuoi essere felice? Sgombra tutto ciò che ti impedisce di volare e sciogli le vele.
Z - Zaino di eucaristia, preghiera e servizio sarà il tuo compagno di viaggio: farai miracoli.

vitarapporto con Dioservizioimpegnoresponsabilitàvocazione

3.0/5 (1 voto)

inviato da Padre Gianni Fanzolato, inserito il 24/10/2007

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