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TESTO Il rischio di essere felici

padre Ermes Ronchi

II Domenica di Pasqua (Anno A) (07/04/2002)

Vangelo: Gv 20,19-31 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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19La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». 22Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

24Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. 25Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».

26Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». 27Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». 28Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». 29Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».

30Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. 31Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

Il Vangelo oggi parla di ferite che Gesù non nasconde, ma quasi esibisce: il foro dei chiodi, toccalo! Il costato, puoi entrarci con una mano! Piaghe che non ci saremmo aspettati, convinti che la risurrezione avrebbe rimarginato, chiuso, cancellato per sempre le ferite del venerdì santo, le stigmate del dolore. E invece no. Perché la Pasqua non è il superamento gioioso della Passione, ne è la continuazione, il frutto maturo, la conseguenza.

Le piaghe restano, per sempre. Ed è proprio a causa di quelle che Cristo è stato risuscitato. L'amore ha scritto la sua storia sul corpo del Nazareno con la scrittura delle ferite: amore incancellabile, ferite incancellabili. E luminose: dalle piaghe del Risorto non sgorga più sangue, ma luce; le ferite non sfigurano, ma trasfigurano.

Allora capiamo che il cuore ferito con le sue cicatrici, il nostro come il suo, può diventare più capace d'amore, e di guarigione, possiamo tutti diventare dei «guaritori feriti» (Nouwen).

Proprio attraverso quelle ferite che ci parevano colpi duri o insensati della vita, diventiamo capaci di comprendere altri, di venire in aiuto ad altri nell'attraversare le stesse tempeste. La nostra debolezza allora, come quella di Pietro, dei discepoli, di Maddalena, non è un ostacolo, ma una risorsa per meglio seguire il Signore, per meglio venire in aiuto ad altri. La debolezza non è più un limite, ma si trasfigura in opportunità. Per tre volte il Vangelo oggi parla di pace donata da Gesù. E la sua pace scende nei nostri cuori stanchi e paurosi, scende sulla nostra vicenda di peccatori sconfitti, sulle nostre delusioni. Ed è a questa esperienza di pace che Tommaso si arrende, neppure sappiamo se abbia toccato il corpo del Risorto. È alla pace che si arrende, passando dall'incredulità all'estasi. Così noi e la nostra fede a questa esperienza ci arrendiamo, a questa promessa, a questo incoraggiamento tenace che può attraversare tutta la tristezza della vita e i deserti sanguinosi della storia.

Beati quelli che senza aver visto crederanno. Beatitudine che finalmente sento mia. Le altre le ho sentite troppo difficili, cose per pochi coraggiosi, per pochi veramente affamati d'immenso, questa la sento mia, consolante: credere senza aver veduto. Finalmente una beatitudine per tutti, per chi fa fatica, per chi cerca a tentoni, per chi non vede. Felicità, dice Gesù, per quanti credono. Per loro una vita non diventata più facile, ma una vita più piena e appassionata, ferita e vibrante, ferita e luminosa, piagata e guaritrice.

Ultima parola di Cristo: la fede è il rischio di essere felici. Così termina il Vangelo, così inizia il nostro discepolato. Col rischio di essere felici portando le nostre piaghe di luce.

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