TESTO In principio, il legame
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Santissima Trinità (Anno C) (15/06/2025)
Vangelo: Gv 16,12-15

«12Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. 13Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. 14Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. 15Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».
Noi, nati dal respiro di Dio come Adamo, apparteniamo a un sistema che avanza. Tutto circola nell'universo, tutto canta con la soavità propria di ciascuno, inconfondibile e ammaliante.
Trinità: un solo Dio in tre Persone. Dogma che non capisco, croce di tutti i teologi, eppure liberante, perché mi assicura che l'essenza di Dio vibra di un infinito movimento d'amore.
In principio a tutto sta la relazione. Solitudine è il primo male, perfino nel cielo: «neanche Dio può stare solo» (D. M. Turoldo), e la Trinità è la vittoria essenziale sulla solitudine, quella che, per bocca stessa di Dio, è il primo male del cosmo, anteriore al peccato originale: “non è bene che l'uomo sia solo”.
Un dogma, questo, che non cerca di far coincidere il Tre con l'Uno, ma è sorgente di sapienza del vivere: se Dio si realizza solo nella comunione, così sarà anche per noi. Il Creatore aveva detto “Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza”. Nostra: non a immagine del Padre, non a immagine dello Spirito e neppure del Verbo. Molto di più: a immagine della Trinità, a somiglianza di un legame d'amore, come icona di comunità.
In principio alla Trinità sta il legame. Vivere è convivere, esistere è coesistere. Allora capisco perché quando sono con chi mi vuole bene, quando sono accolto e a mia volta so accogliere, sto così bene, così in pace: perché realizzo la mia umana e divina vocazione.
Perfino i nomi che Gesù sceglie per dire il volto di Dio sono nomi che stringono legami: Padre e Figlio indicano relazioni salde come il sangue, potenti come la generazione.
Per raccontare la Trinità non ci sono parole migliori dei tre linguaggi delle letture di oggi: la poesia, il cuore pieno, la ricerca.
La poesia del libro dei Proverbi: parlare di Dio attraverso l'origine delle cose. Non il Dio dei trattati, ma quello gioioso che moltiplica vita, crea bellezza e armonia, che gioca sul globo terrestre e la sua gioia è stare tra i figli dell'uomo (Proverbi 8,31).
Poi il "cuore pieno" di Paolo, passione e speranza che non delude. A noi abituati a interpretare tutto in chiave di degrado, di impoverimento, di sospetto, Paolo racconta di un Dio che riempie il cuore: «l'amore è stato riversato - illimitato e inarrestabile - nei vostri cuori», e riempie, tracima, dilaga. Il nostro male è che siamo immersi in un oceano d'amore e non ce ne rendiamo conto (G. Vannucci).
Infine Gesù: che è la piena rivelazione e insieme la ricerca inesausta, sempre incompiuta, che promette un lungo corroborante cammino, con un suggeritore meraviglioso che è lo Spirito.
I verbi per dire lo Spirito Santo sono tutti al futuro: verrà, annuncerà, guiderà, prenderà..., sono parole in cammino, che aprono strade. Lo Spirito non sopporta recinti, nemmeno di parole sacre.
Noi credenti, nati dal respiro di Dio come Adamo, apparteniamo a un sistema aperto, che avanza. Tutto circola nell'universo, tutto avanza e canta con la soavità propria di ciascuno, inconfondibile e ammaliante: pianeti e astri, sangue, fiumi, vento e uccelli migratori. Vita che, se si ferma, si ammala e si spegne.