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TESTO Storia di un albero e di una casa

don Angelo Casati   Sulla soglia

Ultima domenica dopo Epifania (anno C) (02/03/2025)

Vangelo: Lc 19,1-10 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 19,1-10

1Entrò nella città di Gerico e la stava attraversando, 2quand’ecco un uomo, di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, 3cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. 4Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là. 5Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». 6Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. 7Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!». 8Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto». 9Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. 10Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».

Che cosa avevano detto di Gesù, a Zaccheo non lo sappiamo. Certo gli avevano detto che andava per strade e attraversava città, ma che fosse uno che guardava i rami alti degli alberi forse no. Siamo nel racconto del suo ultimo viaggio verso Gerusalemme - ora siamo in vista di Gerico - e ti incanti a scoprire come nulla sfugga alla sua attenzione. Che è tenera e limpida ad un tempo. Mentre cammina insegna, ma nulla che abbia il sapore di enunciazione di dogmi, lui ha un debole per le parabole: parla con le cose della vita. Cammina - ultimo tratto - ascolta il grido di dieci lebbrosi; gli portano bambini, accoglie e rimprovera i discepoli insofferenti per la loro irrequietezza; incrocia un notabile ricco, gli fa una proposta di vita, lo vede allontanarsi triste; prima di entrare in Gerico si ferma al grido di un cieco e fa' che riabbia la vista.

E' come se fosse sempre sul pezzo. Non è cattedra è parabola. A fronte della cattedra che è ferma, immobile come certa dottrina, lui è parabola, la parabola si snoda, come la strada. E' entrato in Gerico, attraversa la città, ora è sotto un albero, albero di sicomoro, lui ha un debole anche per gli alberi. E' uno che ha i piedi per terra, immerso come nessun altro nella realtà, ma i suoi occhi spaziano, guarda anche in alto, accadono cose anche in alto, cose a volte impensate: nella vita c'è anche un alto, ora è sotto un albero. Avete ragione l'ho fatta lunga, ma volevo fare un canto all'attenzione, l'attenzione di Gesù - che splendore! - e un invito alla nostra, a noi che siamo in pericolo di andare occhi bassi, fissi all'asfalto. Potremmo forse leggere il racconto di Zaccheo come una stupefacente altalena tra basso e alto. Basso Matteo, di statura; aveva anche a che fare con cose basse, monete, che erano tributo di bassi; facevano la sua ricchezza, ma non gli toglievano quel rammarico di essere piccolo di statura, che compensava con il fatto che lo avevano eletto capo della corporazione dei pubblicani. E chi, conoscendolo avrebbe mai immaginato che uno come lui cercasse "di vedere chi era Gesù"?

E alcuni di noi subito a dire che il suo era un desiderio superficiale; e chi lo sa? Noi siamo subito pronti a fare dissertazioni e discriminazioni sul desiderio. Che invece fa uscire Zaccheo. Lo fa uscire dai nostri giudizi che lo riducono a basso, peccatore. E se fosse un'arte quella di scoprire pagliuzze d'oro nei desideri? Quelli che i superesperti chiamano spuri e sono a volte attesa di qualcosa cui forse ancora non sai dare nome. E arte sarebbe andare fuori dai luoghi comuni, perché anche noi, a forza di starci, ci ritroviamo nelle ovvietà. L'albero del sicomoro non è un luogo comune. E Zaccheo ci si è arrampicato. Si sente chiamare per nome ed è come se sentisse Gesù ad altezza d'occhi. Lui, ospite negli occhi di Gesù prima ancora che il rabbi di Nazaret sia ospite in casa sua: "Gesù alzò lo sguardo e gli disse: "Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua"". Parole che erano ben più che una fessura. Per lui, che era stato preso da desiderio di conoscere chi fosse Gesù, si aprivano già spiragli: uno che conosce il tuo nome e ti chiama per nome; uno che ha fretta, ma per annodare relazioni - "Zaccheo, scendi subito"-; uno che non si fa problema ad entrare nella casa di un peccatore.

E non toccata e fuga, come succede a noi; no, gli ha detto "Devo fermarmi", "fermarsi", un tempo prolungato, senza la concitazione di andarsene. E poi la meraviglia di quel "devo" - "Devo fermarmi": a lui, Zaccheo, era suonato come un "devo" del cuore, una cosa che è così forte che non puoi non farla. Tutto in un grumo di parole, tutto nella misericordia che respira negli spazi bianchi tra parola e parola. C'e una fretta e una gioia anche in Zaccheo: "Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia". Splende la misericordia. Anche su di noi che siamo bassi, bussa la misericordia alla mia casa di peccatore. Ho trovato scritto nell'Apocalisse: "Ecco, io sto alla porta e busso: se qualcuno ascolta la mia voce e apre la porta, io entrerò da lui e cenerò con lui ed egli con me". Purtroppo nel racconto non accade solo la misericordia. Ora la telecamera di Luca va a inquadrare la casa di Zaccheo: ciò che accade fuori la casa e dentro la casa. Fuori la casa: "Vedendo ciò, tutti mormoravano: "È entrato in casa di un peccatore!"".

Capite, quelli che avevano faccia di seguaci! E' inquietante quel "tutti". Non sarà che Luca abbia un po' esagerato? Rimane inquietante il "tutti" - ci possiamo essere anche noi! -. Pensate, un pubblicano, gli basta un grumo di parole per scoprire chi è Gesù; quelli che hanno alle spalle lunga frequentazione non gli sono bastati mesi e mesi, ancora non sanno chi è, non sanno che è il Rabbi della misericordia. Occhi spietati, loro che dicono di sapere; senza pietà, loro al seguito di un rabbi che è la compassione universale, venuto - e lo dirà in casa di Zaccheo - "a cercare e a salvare ciò che era perduto". L'essere spietati ha come effetto la demolizione: demolizione dell'altro, delle case, delle nazioni, della terra. La compassione al contrario rialza. E' scritto: "Zaccheo rialzatosi disse...". Ora Zaccheo, guarda dall'alto, dall'alto dell'albero che è Gesù, guarda il mondo con gli occhi di Gesù. Guarda anche ciò che lui è stato prima di salire sull'albero. Non aveva occhi per gli altri, negli occhi aveva potere e denaro, ha demolito.

Ora vuole fare giustizia là dove ha fatto il vuoto. Giustizia, giusto. Gli toccava divenire il suo nome, perché Zaccheo significa giusto. Mi sono fermato: non è che anche a noi tocchi divenire il nostro nome, il nome di cristiani? Ora sappiamo che nel nome c'è un brivido, quello della misericordia. Che diventa salvezza non solo per noi - siamo rialzati - ma per la casa, la casa dell'umanità.

"Oggi" concluderà Gesù "per questa casa è venuta la salvezza".

 

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