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TESTO Dio? È Dio!

don Alberto Brignoli  

Santissima Trinità (Anno A) (04/06/2023)

Vangelo: Gv 3,16-18 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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16Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. 17Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. 18Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.

Portato a compimento il mistero pasquale della nostra salvezza con la solennità di Pentecoste, il Tempo Ordinario riprende ora in maniera ininterrotta il suo cammino di ferialità fino alla conclusione dell'Anno Liturgico: e inaugura questa terza e ultima parte del suo cammino con la celebrazione di tre solennità che riguardano il mistero stesso di Dio, letto, contemplato e celebrato in tre dimensioni che rendono evidente la sua manifestazione nel mondo attraverso la vicenda storica di Gesù di Nazareth.

E se le prossime due sono le più “semplici” da comprendere perché riguardano il nostro cibo quotidiano che nell'Eucarestia si fa cibo di vita eterna - è la solennità del Corpus Domini - e l'amore con cui Dio ci ama, riversato nei nostri cuori dalla grandezza del Sacro Cuore di Gesù, quella che celebriamo in questa prima domenica dopo la Pentecoste è forse la più profonda (per non dire la più grande) ma anche la più misteriosa delle dimensioni con cui Dio si è manifestato a noi nella storia, perché risponde a una domanda che alberga da sempre nelle nostre menti e nelle menti dell'umanità, anche se spesso rimane implicita e anche se difficilmente ci prendiamo del tempo per darvi una risposta adeguata.

E la domanda è questa: “Chi è Dio?”. Una domanda complessa, nella sua semplicità, alla quale noi cristiani possiamo benissimo rispondere in maniera semplice - senza peraltro poter risolvere nulla di questa complessità - proclamando il mistero che oggi celebriamo: Dio è Padre, Figlio e Spirito Santo. E se ci viene chiesto di spiegare meglio questo mistero, ci addentriamo in esso specificando che Dio Padre è il Creatore del Cielo e della Terra, Gesù è il Figlio di questo Dio venuto sulla terra per salvarci, e lo Spirito Santo - Dio pure lui - è la presenza di Dio nella storia, lungo i secoli. E con questo, siamo convinti di aver detto tutto quanto potevamo su Dio. E di fatto, è così. Perché di più non riusciamo a dire. Soprattutto quando ci viene chiesto come possiamo, noi cristiani, dire che siamo una delle tre grandi religioni monoteiste, se in realtà chiamiamo con il nome “Dio” tre persone distinte. E ancor di più, quando - ammesso che siamo riusciti a essere convincenti nella nostra spiegazione sul Dio Uno e Trino - ci viene chiesto di spiegare a tutti com'è questo nostro Dio: cosa vuole, cosa pensa, cosa fa, cosa dice, cosa ci chiede, come lo conosciamo, dove lo incontriamo, perché crediamo in lui, eccetera eccetera... ovvero, tornando alla domanda semplice e complessa di cui sopra, “chi è questo Dio?”.

Premesso che - come capitò al grande Agostino d'Ippona, forse l'unico a riuscire a “balbettare” qualcosa di decisamente convincente riguardo al mistero della Trinità - riuscire a comprendere chi è Dio è come cercare di mettere tutta l'acqua del mare in una buca, possiamo tentare anche noi di biascicare qualcosa al riguardo ogni volta che ce ne viene offerta l'opportunità, e possiamo farlo ogni volta in maniera diversa, a seconda di come, per esempio, la Liturgia ce ne dà modo attraverso la Parola di Dio che ascoltiamo in occasioni particolari come quella che celebriamo oggi, in questa Solennità della Santissima Trinità.

Se vogliamo essere sintetici evitando di perderci in meandri da cui difficilmente potremmo uscire “indenni”, possiamo dire che la Liturgia della Parola di oggi ci dice chi è Dio, il nostro Dio, il Dio di Gesù Cristo, il Dio riversato nei nostri cuori con il dono dello Spirito Santo, attraverso un'espressione che, in realtà, ci dice chi “non è” Dio: Dio “non è” un giudice. Dice, infatti, Gesù a uno dei più grandi ricercatori di Dio che egli abbia potuto conoscere nel suo passaggio sulla terra, il saggio fariseo Nicodemo: “Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui”. A parte il fatto che il testo greco originale di Giovanni usa un verbo che non significa “condannare”, bensì “usare criterio di giudizio”, quindi sarebbe più giusto dire “per giudicare il mondo”: il che vorrebbe dire che Dio non solo non condanna, ma nemmeno “giudica” l'umanità, nemmeno si permette di “applicare i suoi criteri” sull'umanità, e menomale, perché altrimenti saremmo fritti!

Ma quello che a noi importa è la seconda parte della frase: “Perché il mondo sia salvato per mezzo di lui”. Il che, cambia di parecchio la prospettiva e anche il modo di dire “chi” è e “come” è Dio. Se, infatti, ci viene abbastanza spontaneo e immediato pensare a Dio come a un giudice giusto (forse, umanamente parlando, l'unico veramente giusto, insieme alla morte), uno che giudica secondo giustizia e quindi è giusto che condanni i cattivi e salvi i buoni (e forse questo è ciò che desideriamo avvenga, soprattutto quando vediamo e sentiamo aberranti comportamenti umani che ci rendono più bestie che uomini), ci risulta un po' più difficile - anche se in realtà è la cosa più bella che Dio potesse fare con noi - accettare che Dio non è un giudice, ma è un padre. E un padre, i suoi figli, non li condanna: li ama. Dio è una madre: e una madre, i suoi figli non li abbandona a se stessi e al loro destino: li salva e li protegge fino alla morte, e non alla loro morte, ma alla sua stessa morte, perché una madre è disposta a morire per i suoi figli. Esattamente quello che ha fatto il nostro Dio: morire per noi.

Tutti salvi, quindi? Nessuno condannato? Nessuno giudicato? Tutti assolti? Sinceramente, non so dare risposta a questo: men che meno oggi, che contempliamo e celebriamo il mistero del Dio incomprensibile. Una cosa è certa: Dio ci ha salvati, ci dona vita e non una vita qualsiasi, ma la vita eterna. Che non è quella dell'altro mondo, quindi non è eterna perché non termina qui e prosegue in un altro mondo; è eterna perché è “di qualità”, è fatta “di eternità”, è fatta “di pienezza”, proprio come dice lui, “perché abbiate la vita e la abbiate in abbondanza”. Come? Dandoci da mangiare un cibo di vita eterna e facendoci sentire sete di eternità attraverso il suo amore.
Ma... una solennità alla volta!

 

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