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TESTO Cercare come Nicodemo il tesoro che già abbiamo in noi

diac. Vito Calella

Santissima Trinità (Anno A) (07/06/2020)

Vangelo: Gv 3,16-18 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 3,16-18

16Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. 17Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. 18Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.

Il Cristo risuscitato oggi ci parla con le battute finali del suo dialogo con Nicodemo.

Gesù era a Gerusalemme nella festa della Pasqua (Gv 2,23a). Aveva fatto l'azione sconcertante e rivoluzionaria di scacciare i mercanti dal tempio. Poi aveva chiesto di distruggerlo. Lui lo avrebbe fatto risorgere in tre giorni. Si riferiva al tempio del suo corpo. Aveva misteriosamente preannunciato la sua morte e risurrezione (Gv 2,13-22). «Molti credettero nel suo nome vedendo i segni che faceva» (Gv 2,23b), ma non c'era molto da fidarsi di quella adesione basata sull'entusiasmo del momento. L'adesione a Gesù passa attraverso il desiderio profondo di ciascuno di noi di avere uno sguardo capace di vedere il Regno di Dio essendo generati da Lui (Gv 3,3). La via preferenziale da seguire, già disponibile per tanti di noi, è quella della nostra scelta libera di voler pregare e meditare la Parola di Dio.

Immedesimiamoci allora in Nicodemo, esempio di chi sta alla ricerca della verità diventando un orante delle Sacre Scritture. Nicodemo era maestro della Legge, andò alla ricerca di Gesù «di notte» (Gv 3,2) per dialogare con lui perché meditava la Parola di Dio, non solo di giorno, ma soprattutto di notte, come era auspicato per i rabbini: «Beato chi si compiace della legge del Signore, la sua legge medita giorno e notte» (Sal 1,2).

L'incontro orante, paziente e perseverante con la Parola di Dio ci fa fare l'esperienza di relazioni di unità nella carità fra di noi, che portano a vivere il dono dell'esperienza mistica di sentirci in comunione col Padre unito al Figlio nello Spirito Santo.

Si, perché poco a poco impariamo a centralizzare la nostre esistenza quotidiana nell'evento della morte, sepoltura e risurrezione di Gesù, avvenuto una volta per tutte. Quel mistero di morte e risurrezione diventa una forza liberatrice per l'oggi della nostra vita e per l'oggi della storia della nostra umanità e della creazione.

È il risultato di quel dialogo notturno di Nicodemo con Gesù, che percorre buona parte del capitolo terzo del Vangelo di Giovanni.

Se oggi siamo invitati a fermarci per adorare il Dio rivelato da Gesù Cristo, che è Padre, Figlio e Spirito Santo, in quel dialogo notturno sulle Sacre Scritture, Gesù aprì la mente e il cuore di Nicodemo annunciandogli, con parole ricche di immagini simboliche, il dono dello Spirito Santo, che ci fa comprendere la verità dell'innalzamento del Figlio dell'uomo. Lo scopo della sua venuta nel mondo è stato quello di farci scoprire la passione d'amore, la donazione che il Padre, «misericordioso e pietoso, lento all'ira e ricco di grazia e di fedeltà» (Es 34,6) ha fatto del suo Figlio unigenito per tutta l'umanità. Rimaniamo così stupiti della sua proposta di vita eterna, che è scoprire il tesoro nascosto dello Spirito Santo in noi e in mezzo a noi, garanzia di comunione vera ed eterna tra noi e con il Padre unito al Figlio.

Tanti sono soltanto cristiani di certificato di battesimo, cresima e prima comunione. Dopo i sacramenti dell'iniziazione cristiana spariscono dalla comunità cristiana. Dopo la pausa forza del lockdown provocata dal covid 19, che poteva essere occasione per riscoprire il dono della lettura orante della Parola di Dio fatta in casa, si ritorna ai ritmi accelerati di prima, alla frenesia della movida notturna come massima espressione di libertà e felicità, a livelli di pura soddisfazione di emozioni e piaceri auto centrati.

Gesù insegna a Nicodemo ad aprire il suo sguardo, a scoprire che c'è la proposta di una rinascita nuova, una rinascita dall'alto, qualitativamente superiore al miracolo della nascita biologica che abbiamo già vissuto, e che non si può ripetere: «Se uno non è generato dall'alto non può vedere il Regno di Dio» (Gv 3,3).

Pregare la Parola di Dio ci fa scoprire che nel profondo della nostra anima, in noi stessi, immaginando che la nostra coscienza sia come il pozzo di Giacobbe dell'incontro di Gesù con la Samaritana (Gv 4), esiste già una fonte di acqua viva, ed è il dono della gratuità dell'amore divino già presente in noi, indipendentemente dalla nostra condizione di giusti o peccatori, praticanti o non praticanti, cattolici o di altre religioni. È il dono vitale dello Spirito Santo paragonato all'acqua generatrice di vita; paragonato anche al vento imprendibile, di cui «ascolti la sua voce, ma non sai donde viene né dove va» (Gv 3,8). Il battesimo con il segno dell'acqua dovrebbe essere la risposta umana consapevole della consegna dello Spirito Santo già effuso nei nostri cuori fin dal nostro concepimento: «se uno non è generato da acqua e da Spirito non può entrare nel Regno di Dio» (Gv 3,5). C'è nel cuore di ogni essere umano e lo puoi anche scoprire negli sconfinati segni di gratuità che ci vengono quando rispettiamo tutto ciò che fa il nostro ambiente di vita: le cose, le piante, gli animali, la creazione tutta dell'universo. Il vento dello Spirito è il vento della gratuità che ci circonda: tutto è dono, nulla ci appartiene!

La bellezza di questo dono ci è stata rivelata ed è stata effusa nei nostri cuori quando nella storia dell'umanità si è realizzato il mistero dell'incarnazione: «Il Padre tanto amò il mondo da donare, da consegnare il suo Figlio unigenito» (Gv 3,16a). L'evento culminante della vicenda storica di Gesù di Nazaret è stato la sua morte di croce. La consegna dello Spirito Santo, per l'evangelista Giovanni, è cominciata quando Gesù morì sulla croce per noi uomini e per la nostra salvezza. Se lo Spirito Santo era stato presentato da Gesù a Nicodemo con le bellissime immagini dell'acqua e del vento, la sua morte di croce fu predetta con l'immagine dell'innalzamento del serpente sul palo, conforme il racconto di Nm 21,4-9: «Come Mosé innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo affinché chiunque crede in lui abbia la vita eterna» (Gv 3, 14-15) Il serpente di bronzo, di antica memoria, diventa ora Gesù crocifisso. Che strana identificazione: perché proprio il serpente, simbolo di tutto ciò che è demoniaco, viene paragonato a Gesù, che vediamo crocifisso, innalzato sul legno della croce in tutte le immagini che ce lo rappresentano così? Con l'innalzamento di Gesù sulla croce anche il male del mondo è tutto smascherato. Gesù se ne fece carico: «Colui che non conobbe peccato, Dio lo trattò da peccato per noi» (2Co5 5,21). Gesù prese su di se tutto il peccato del mondo: «Ecco l'agnello di Dio che toglie il peccato del mondo» (Gv 1, 29). La risurrezione di quel corpo di servo sofferente garantisce la vittoria su ogni forma di malvagità. Domenica scorsa ascoltavamo la consegna del soffio dello Spirito Santo da parte del Cristo risuscitato per la remissione dei nostri peccati, per la liberazione dalle nostre più svariate forme di schiavitù, per la prevalenza di relazioni di gratuità nei nostri incontri con gli altri, rispetto alle relazioni dettate dalla regola egoistica dell' “io ti do se tu mi dai”. Credere nel Figlio unigenito è concentrarsi ogni giorno sull'evento della sua morte e risurrezione e fortificare in noi la consapevolezza della presenza divina in noi dello Spirito Santo, che unisce eternamente il Padre al Figlio e ci rende uniti nella carità per essere tutti insieme, come famiglia umana, figli amati del Padre per Cristo, con Cristo e in Cristo.

L'eucaristia che celebriamo insieme ci ricorda la bellezza della vita eterna che è l'esperienza della comunione nella gratuità delle relazioni. Dipende da noi fare la scelta. La rinuncia di Cristo morto e risuscitato, centro della nostra vita è la scelta del nostro Io, una scelta di perdizione, perché non siamo fatti per autorealizzarci, ma per stare in comunione.

Non potendo ancora «salutarci con il bacio santo» che bello sarebbe se potessimo augurare a un nostro caro, ad un nostro amico o parente, che magari fa un po' fatica a venire a messa, dicendogli: «La grazia del Signore Gesù Cristo, l'amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con te» (2Cor 13,13)

 

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