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TESTO Se il cielo di Dio si squarcia per accoglierci come figli

padre Ermes Ronchi

Battesimo del Signore (Anno B) (12/01/2003)

Vangelo: Mc 1,7-11 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Giovanni 7proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. 8Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».

9Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nàzaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. 10E subito, uscendo dall’acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. 11E venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».

Il brano, come una miniatura di Vangelo, ne racconta alcune delle verità più alte. Racconta i simboli della Trinità: una voce, un figlio, una colomba. Racconta Gesù, il figlio che si fa fratello, che si immerge solidale non tanto nel Giordano, quanto nel fiume dell'umanità, che sempre scorre sul confine rischioso tra deserto e terra promessa. Racconta di me e di ogni uomo, di ogni fratello che diventa figlio. Tu sei il figlio prediletto: sono io il figlio amato, ognuno è il figlio prediletto, Dio preferisce ciascuno. In questa parola risiede la sostanza del battesimo, diventare figli amati, avere doppie radici piantate nel profondo della terra e nel profondo del cielo. Il battesimo racconta poi ciò che manca a Dio. E a Dio manca questo: di essere amore riamato. Riamato dai liberi, splendidi, meschini, magnifici, traditori, figli che noi siamo. Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato: e ti affido al rischio di essere te stesso, figlio di Dio che cerca di diventare fratello dell'uomo.

Dicono Matteo e Luca che al battesimo di Cristo si aprì il cielo e Marco, con una espressione ancora più forte, che il cielo si lacerò, si squarciò, si spezzò. È il sogno dei profeti, la visione di Isaia: Oh se tu squarciassi i cieli e discendessi (Is 63,19). Noi siamo figli di un cielo lacerato- dice Marco- lacerato per amore. Il mondo nuovo, la nuova creazione si presentano come una apertura del cielo: vita ne entra, vita ne esce. Il cielo accoglie, come quando si aprono le braccia agli amici, ai figli, ai poveri. Il cielo si apre, si dilata, si squarcia, come il costato di Cristo in croce, sotto l'urgenza dell'amore di Dio, sotto l'impazienza di Adamo, sotto l'assedio dei poveri e nessuno lo richiudera più.

Se è vero che il nostro battesimo continua quello di Gesù, aprire il cielo resta anche la nostra vocazione. Aprire spazi di cielo sereno. Abitare la terra con quella parte di cielo che la compone. Ricordarlo al cuore distratto. Mescolare in giuste proporzioni finito e infinito (Platone): ed è il segreto della vita bella. Aprire spazi di cielo sereno significa aprire speranza come si apre una porta chiusa. Significa, come i profeti, farci sovrastare dalle vie di Dio e dai suoi pensieri; e poi forzare il cielo perché si affacci dall'alto la giustizia; forzare la terra perché, almeno in me e attorno a me, giustizia e pace si abbraccino.

Da questo cielo aperto viene, come colomba, la vita stessa di Dio, il suo respiro. Si posa su di te, entra dentro di te, ti avvolge, a poco a poco ti modella, ti trasforma pensieri, affetti, progetti, speranze secondo la legge dolce, esigente, rasserenante del vero amore: mistero che ci avvolge e in noi si svolge, per fare poi le cose che solo Dio sa fare, aprire ai fratelli spazi di cielo sereno.

Libri di padre Ermes Ronchi

 

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