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TESTO Quanto ci ama Dio!

mons. Antonio Riboldi

Santissima Trinità (Anno A) (22/05/2005)

Vangelo: Gv 3,16-18 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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16Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. 17Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. 18Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.

Bisogna proprio a volte chiudere gli occhi davanti alle cronache che i vari mezzi mediatici quotidianamente ci offrono. Si ha come l'impressione di vivere in un mondo o in un tempo dove noi uomini contiamo nulla per nessuno e quindi sembra non troviamo una ragione che giustifichi la nostra esistenza. Sentiamo nel profondo un immenso bisogno di amare e di essere amati e pare non ci sia spazio per l'amore, come condannati a vivere perennemente nella aridità di un deserto.

"Avessi saputo che la vita è così avara di amore - mi confidava una persona - avrei preferito non nascere...altro che: la vita è un dono! Chiederei a chi me ne ha fatto dono - papà o mamma o Dio, come dite voi sacerdoti - se farmi nascere fu un frutto dell'amore che vuole prolungarsi e svilupparsi in noi o se fu uno scherzo dell'egoismo". E sono tanti quelli che la pensano come quella persona.

E purtroppo sono tanti quelli che a volte per la durezza della sofferenza o per momenti di scoraggiamento, o per l'egoismo di chi sta attorno che non permette di accorgersi del vicino, sono tentati di fare proprio il lamento di quella persona. Ma è così?

Nello stesso tempo ci sono tanti, ma tanti, che pur essendo duramente provati, scoppiano letteralmente di gioia per sentirsi amati e amare. Uomini, donne, giovani, che si lasciano "innamorare di Dio" per poi riversare questo amore sugli altri.

Mi ha fatto impressione l'affermazione di un povero, veramente povero, che ero andato a visitare per offrirgli il mio aiuto. Aveva tutto l'aspetto dell'evangelico Lazzaro e aveva quindi tutte le ragione per sentirsi uno non-amato. "Ho bisogno di nulla. Mi basta l'amore che tanti mi donano. Ma sopratutto sono felice perché solo così ho il tempo per godermi la gioia dell'essere amato da Dio nella adorazione". E c'era tanto splendore nei suoi occhi e sul suo viso pulito da fare invidia.

E quanta gente vi è che, come quel povero, ovunque nelle famiglie, nella vita quotidiana, nelle missioni, nei monasteri, vive come le fosse concesso di stare alla finestra del Paradiso.

Dio è amore e tutto questo che è uscito dal Suo cuore non solo porta i segni del suo cuore, ma, con Gesù e lo Spirito Santo, si fa così vicino a ciascuno di noi sostenendoci nel viaggio verso la pienezza della gioia.

Mosè era certamente un esperto dell'amore di Dio: lui scelto e sostenuto nella grande impresa dell'Esodo, ossia liberare il popolo eletto dalla schiavitù d'Egitto per farlo abitare nella terra promessa. E non sempre era capito. Ma Dio non lo abbandonò mai.

Si legge oggi: "In quei giorni, Mosè si alzò di buon mattino e salì sul monte Sinai, come il Signore gli aveva comandato, con le due tavole di pietra in mano. Allora il Signore scese dalla nube, si fermò presso di lui e proclamò il nome del Signore. Il Signore passò dinnanzi a lui proclamando: "Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all'ira e ricco di grazia e di fedeltà".

Mosè si curvò in fretta fino a terra e si prostrò. Disse: "Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, mio Signore, che il Signore cammini in mezzo a noi. Sì, è un popolo di dura cervice, ma tu perdona le nostre colpe e il nostro peccato: fa di noi la tua eredità" ( Es. 34, 4-9).

E' vero che a volte anche noi ci sentiamo come abbandonati da Dio, come se Lui non avesse posto nei suoi pensieri per noi. Ma non è così. Un "papà" non si permetterebbe mai di vivere senza "convivere" nel cuore con i figli. Le loro gioie e le loro sofferenze sono le sue gioie e le sue sofferenze. E questo a maggior ragione da parte del Padre. Il segno della Croce che noi facciamo sempre, almeno spero, sta ad indicare che tutta la Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo, sono con noi. Affermava il Santo Padre Benedetto XVI nel suo discorso di pontificato: "Il giogo di Dio è la volontà che noi accogliamo. E questa volontà non è per noi un peso esteriore che ci opprime e toglie la libertà. Conoscere ciò che Dio vuole, conoscere quale è la via della vita, questa era la gioia di Israele, era il suo grande privilegio. Questa è anche la nostra gioia, la volontà di Dio che non aliena, ci purifica - magari anche in modo doloroso -...E quando noi, pecorelle smarrite, nel deserto non troviamo più la strada, il Figlio di Dio non tollera questo: Egli non può abbandonare l'umanità in una simile condizione, abbandona la gloria del Cielo per ritrovare la pecorella e inseguirla fin sulla croce... La santa inquietudine di Cristo - dice di sé il Santo Padre - deve animare il pastore: per lui non è indifferente che tante persone vivano nel deserto. E vi sono tante forme di deserti. Vi è il deserto della povertà, il deserto della fame e della sete: vi è il deserto della solitudine e dell'abbandono, dell'amore distrutto.

Vi è il deserto dell'oscurità di Dio, dello svuotamento delle anime senza più coscienza della dignità e del cammino dell'uomo. I deserti esteriori si moltiplicano nel mondo, perché i deserti interiori sono diventati così ampi. Perciò i tesori della terra non sono più all'edificazione del giardino di Dio, nel quale tutti possono vivere, ma sono asserviti alle potenze dello sfruttamento e della distruzione".

E' un ventaglio veramente impressionante quello che si affaccia al Santo Padre, di cui ha pienamente coscienza e sofferenza: ma vede nella MISSIONE della Chiesa intera una missione a visitare quei deserti per farli giardini dove è conosciuto l'amore del Padre, respiro dell'anima.

Sembra risentire quanto Giovanni evangelista, oggi, festa della SS.ma Trinità, afferma con tanta forza.

"In quel tempo Gesù disse a Nicodemo: "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di Lui... Chi crede in Lui non è condannato: ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'Unigenito Figlio di Dio" (Gv. 3, 16-18).

E' una affermazione che dovrebbe riportare la serenità nel cuore di tutti. Vivere sotto la sguardo del Padre, che ama e vuole la nostra salvezza e gioia, in compagnia del Figlio, Gesù, l'Emmanuele, che è sempre vicino a noi, condividendo tutto di noi, fuorché il peccato, e continuamente animati dallo Spirito Santo, che suggerisce il cammino della gioia, è davvero capire e vivere la serenità dei veri cristiani anche qui, dove pare siamo circondati e oppressi dal maligno. che non è certamente una buona compagnia.

Ho trovato un giorno giovani appartenenti a "fedi orientali", che si definivano "bambini di Dio" e portavano un puntino ben visibile al centro della fronte: pensai fosse una eccentricità dei giovani.

La spiegazione che mi dettero di tale puntino invece mi meravigliò. "Questo è il segno che noi siamo di Dio. Invitiamo noi stessi al rispetto della nostra vita, del nostro corpo, per questa presenza di Dio, ma invitiamo tutti gli altri, che incontriamo, a ricordarsi chi siamo e di conseguenza ad avere rispetto, non tanto solo dell'uomo, quanto di Dio che ha preso possesso di noi".

Noi Cristiani andiamo oltre. Confessiamo apertamente il nostro essere di Dio con quel segno della croce che accompagna tanti momenti della giornata. Un modo di pregare - almeno così dovrebbe essere – che viviamo in compagnia della SS.ma Trinità, respirando la Loro gioia.

"Come si fa ad essere infelice, anche se circondati da tante prove, quando siamo certi che Dio è con noi? Io la sera, - mi diceva candidamente una persona - la sera quando vado a letto, ho come l'impressione, e meravigliosa sensazione, che sul mio viso si pieghi il volto del Padre come volesse dirmi tutto il suo amore e assicurarmi che Lui veglierà sul mio sonno. Ed a volte, pensando a quel volto piegato sul mio, ho come l'impressione di sentirne il respiro ed il battito del cuore. Come avere paura?"

Dovrebbe essere così la nostra vita, anche se a volte percorre le vie del Calvario: un sentirsi amati e un dare amore.

Prego con Madre Teresa, che è diventata oramai la nostra compagna di viaggio:

"O Dio del cuore, tu che hai creato e dato la vita a tutti, facci crescere nell'amore per te e l'uno per l'altro.

Hai mandato tuo Figlio Gesù Cristo per rivelarci che tu ti prendi cura di noi tutti e che tutti ci ami, ad uno ad uno. Donaci il tuo Santo Spirito affinché susciti in noi una fede forte abbastanza, per capire con profonda comprensione della vita degli altri popoli la buona disposizione originaria dell'umanità, in modo da saper scorgere in ogni bicchiere di acqua offerto all'assetato, un bicchier d'acqua per il tuo Figlio Gesù Cristo.

E sia sempre gloria al Padre, al Figlio ed allo Spirito Santo".

 

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