TESTO "Chi si avvicina a me, si avvicina al fuoco".
don Marco Pratesi Il grano e la zizzania
Santissima Trinità (Anno A) (22/05/2005)
Vangelo: Gv 3,16-18

«16Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. 17Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. 18Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio».
Nella festa della SS. Trinità il vangelo ci parla dell'amore di Dio Padre, amore che si manifesta nell'aver mandato il Figlio nel mondo. Questo è un gesto di amore, il Figlio viene infatti per salvare il mondo: chi accoglie il Figlio è salvo. Tuttavia, questo gesto diventa istantaneamente anche di giudizio, perché il Figlio nel mondo diventa oggetto di una libera scelta da parte dell'uomo, e quindi segno di contraddizione per la rovina o l'edificazione: chi crede in Gesù non è condannato, sfugge alla condanna; chi non crede sperimenta invece, già nel suo stesso non credere, la condanna.
Il giudizio di Dio, realtà misteriosa che suscita nei nostri cuori un misto di emozioni e reazioni.
Da questo passo evangelico si vede bene che in realtà Dio non condanna nessuno: è l'uomo stesso, da solo, operando le sue scelte, a camminare verso la vita o verso la morte. Da parte sua Dio non pone limiti alla sua misericordia: essa è infinita e non ha bisogno di essere "temperata" o "corretta" da niente, nemmeno dalla sua "giustizia", che in realtà non potrebbe essere niente di diverso dalla giustizia dell'amore (e quindi in termini umani una non-giustizia: la giustizia del "buon ladrone").
Il limite lo pone l'uomo da parte sua: le porte del Paradiso sono spalancate grazie alla croce di Cristo, ma è possibile che ci scopriamo dolorosamente recalcitranti e restii ad entrarci. Sono le nostre disposizioni spirituali a decidere. Perché il Paradiso è Dio stesso, è la Trinità beata, entrarci in sintonia spirituale col modo di essere trinitario significa trasfigurazione, rigenerazione, rinascita. Entrarci in contrasto con esso, in disarmonia con la Trinità, è sentirsi bruciati da un fuoco intollerabile; allora si fugge lontano, si cerca di stare a distanza. Il dannato è semplicemente uno che non vuole Dio, che scappa da lui, perché il suo modo di essere è discordante, e per lui il modo di essere di Dio, che è Trinità, che è amore, è semplicemente incompatibile con il suo modo di essere.
Chi ha fede, chi accoglie il Figlio venuto nel mondo e annunziato nella Chiesa, non va invece incontro alla condanna, perché già qui, in questa vita, ha sperimentato il giudizio di Dio, si è lasciato illuminare da questa luce, ha preso coscienza gradatamente del proprio modo di essere, e si è lasciato giudicare giorno dopo giorno, si è lasciato conformare al modo di essere della Trinità. L'apparire della luce abbagliante di Dio non lo confonderà, perché già l'aveva ricevuta e accolta, sia pure in modo imperfetto. È già passato attraverso il fuoco trinitario: potrà immergersi nella vita trinitaria come in un nuovo grembo materno. Il giudizio non è per lui qualcosa di completamente futuro, ma esperienza già in qualche modo vissuta nella confidenza e nella quotidiana prossimità con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.
All'offertorio:
Pregate fratelli e sorelle perché questo sacrificio ci metta in sintonia con la Trinità, e sia gradito a Dio Padre Onnipotente.
Al Padre Nostro:
Come il Figlio venuto nel mondo ci ha insegnato, animati dal suo Spirito, preghiamo il Padre: