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TESTO Così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna

don Luciano Cantini  

Santissima Trinità (Anno A) (11/06/2017)

Vangelo: Gv 3,16-18 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 3,16-18

16Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. 17Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. 18Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.

Ha tanto amato il mondo
Tutto il progetto di salvezza per l'uomo si trova condensato magnificamente in queste poche parole. L'evangelista tocca la vetta della contemplazione per scoprire l'Amore di Dio.
Non c'è da meravigliarci se gli antichi immaginavano questa nostra terra, che oggi sappiamo essere sperduta tra le galassie, si trovasse al centro dell'universo. Sicuramente è al centro dell'amore di Dio.
Dio ha tanto amato il mondo: il motore di tutta l'azione di Dio, la forza propulsoria è l'amore e l'oggetto dell'amore è il mondo. Così dobbiamo pensare che tutto il mondo è avvolto dall'amore di Dio, quello che è uscito dalle sue mani, dalla sua parola, dal soffio della sua vita. Non una parte, un popolo o una religione; l'amore di Dio non discrimina tra una cultura o un'altra, un periodo storico più di un altro, una società, una categoria, un colore della pelle... Dio è Amore (1 Gv 4,16) e altro non può fare che amare; dobbiamo anche considerare la povertà del nostro linguaggio rispetto le cose di Dio e il condizionamento dovuto alla nostra natura, al legame col tempo e con lo spazio, ma anche al modo di esprimere i sentimenti. Noi discriminiamo e siamo turbati dalla cattiveria, la brutalità, l'odio, il male, la sopraffazione, la guerra, il terrorismo, certi aspetti della nostra storia suscitano in noi repulsione ci è impossibile pensare o solo immaginare che Dio possa amare ciò che per noi è inamabile, ma così è.

Da dare il Figlio
Per capire il senso di quel dare dobbiamo leggere il versetto che precede che annuncia il mistero della croce: così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna (Gv14-15). È il mistero dell'amore che va oltre i confini dell'inamabile, è il mistero dell'innalzamento che è abbassamento, della morte che è vita.
Se diamo uno sguardo alle tensioni spirituali dell'umanità vi troviamo il tentativo di ascendere, di arrampicarsi verso l'alto quasi staccarsi dalla dimensione umana, superare i limiti e le angosce della storia.
Invece Dio ci ha fatto il dono di sé dando il figlio suo che entrando nella storia degli uomini ha abbracciato tutte le nostre debolezze e fragilità, si è fatto sopraffare dalla perversione del potere, ha ceduto alla cattiveria umana amando e perdonando. Così ha mostrato il volto misericordioso del Padre.

Chiunque crede in lui
Dio, dall'alto del monte e nascosto da una nube ha dato le dieci parole al popolo d'Israele, mostrando così la sua misericordia (cfr. Es 34,4-6). Dio affida alla pietra la memoria di quelle parole. Nella pienezza dei tempi è il Figlio, Parola fatta carne, che irrompe nella storia degli uomini, diventa parola scritta nella storia umana da cui l'uomo non può prescindere. Non le parole forti della pietra affidate alla debolezza dell'uomo salvano, ma la Parola forte dell'esperienza vissuta: Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi (Gv 13,15). La santità di Dio non rimane dietro una nube nell'alto di un monte né rinchiusa dietro il velo del tempio, ma venne ad abitare in mezzo a noi (Gv 1,14). Vive e cresce con noi, per questo ci è stato mandato lo Spirito, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto (Gv 14,26). Credere in lui significa fidarsi della potenza di quella parola e affidarsi ad essa, lasciare che rivoluzioni la nostra vita, corregga le nostre prospettive, modelli le relazioni, lasciare che la sua Parola modelli le nostre parole.

 

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