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TESTO Attesa e attenzione, i due nomi dell’Avvento

padre Ermes Ronchi

I Domenica di Avvento (Anno B) (01/12/2002)

Vangelo: Mc 13,33-37 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 13,33-37

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 33Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. 34È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare. 35Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; 36fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati. 37Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!».

Ritorna, Signore. Per amore! Se tu squarciassi i cieli e discendessi». Isaia apre l'Avvento come maestro del desiderio e dell'attesa. Il Signore Gesù riempie l'attesa di attenzione: «state attenti, vegliate perché non sapete in quale momento tornerà». Attesa e attenzione sono i due nomi dell'Avvento. Unica è la loro radice: rivolgere l'animo a qualcosa, tendere mente e cuore verso altro. Il cristiano è il contrario di chi non aspetta più niente dalla vita, l'opposto di chi non volge più il cuore a niente o a nessuno. All'inizio pare che manchi qualcosa, poi ci accorgiamo invece che manca Qualcuno: e l'attesa si veste di presenza. Ed è la speranza, nome che riassume l'avvento. «È la speranza che mi commuove, così Pèguy fa parlare il Padre, io mi commuovo non tanto perché credono, perché credere è di tutti, ma che i miei figli sperino, questo mi commuove». Che nella notte della prova, nel momento della sconfitta o della malattia, volgano ancora l'animo in avanti; che nel giorno della crisi, del fallimento, della separazione rivolgano ancora il cuore a qualcuno. Una vita dal cuore indurito, che non si volge più a nessuno, dice Isaia, è invece una vita impura, avvizzita come foglia.

Ma tu sei nostro padre, noi siamo argilla nelle tue mani. Tu colui che ci dà forma. È il ricordo della creazione dell'uomo. È come dire: «Padre, ritorna a plasmare quest'uomo, fa' che appaia finalmente sulla terra un uomo, l'uomo!». Noi siamo argilla, non tanto esseri fragili o poveri, quanto piuttosto creature incompiute, ma incamminate verso forme più alte, umanità incamminata verso una pienezza. Dove c'è pienezza di umanità, lì c'è Dio. Ecco allora l'Avvento, il Cristo che viene sempre, il Cristo progetto e modello di umanità. Realizzare la propria umanità, anzi l'umanità di Cristo, è l'impresa più difficile. Ma l'uomo è già impresa divina: opera delle tue mani. La prima parola del Vangelo è l'invito a vivere con attenzione. «State attenti»: alle mani di Dio che ci plasmano nel quotidiano, alla pressione sicura e tenera del Vasaio; state attenti agli altri, alle parole e ai silenzi, alle domande mute e alle offerte di amore; state attenti che nessuno seduca la vostra coscienza, e non sarete mai vinti, ed essa varrà più della forza dell'universo, per essa l'uomo è immagine di Dio; state attenti alla patria grande che è l'umanità, storia di sangue e di bellezza. Rischio supremo è una vita addormentata, incapace di cogliere lacrime e profezie, di percepire in sé la carezza, il vigore, il tepore delle mani di Dio, Vasaio che ancora spera in me sua argilla, che ancora mi dà forma adesso, che io dorma o vegli, con speranza tante volte tradita, con speranza ogni volta rinata.

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