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TESTO Quella guarigione che apre il cuore

padre Ermes Ronchi

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XXVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (10/10/2004)

Vangelo: Lc 17,11-19 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 17,11-19

11Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samaria e la Galilea. 12Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza 13e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». 14Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati. 15Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, 16e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. 17Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? 18Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». 19E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».

Dieci lebbrosi «fermi a distanza»; mani lontane, cui non è più lecito neppure accarezzare un figlio, solo occhi e voce: «Gesù, abbi pietà. E appena li vede – subito, senza aspettare un secondo di più, troppo a lungo hanno sofferto – dice: Andate dai sacerdoti». È finita. Andate. Siete già guariti, anche se ancora non lo vedete. Il futuro è entrato in voi con il primo passo, come un seme, come una profezia. «La Provvidenza conosce solo uomini in cammino» (don Calabria), gente che si è alzata e che cammina, per un anticipo di fiducia concesso a Dio e al proprio domani. Allo stesso modo, solo per un anticipo di fiducia dato ad ogni uomo, perfino al nemico, la nostra terra avrà un futuro.

E mentre andavano furono guariti. Partono per un viaggio che era loro vietato: la lebbra è ancora evidente, ma più evidente è la speranza; la promessa è più forte di piaghe e di paure. Si mettono in cammino tutti e dieci, tutti hanno fede nella parola di Gesù, partono e la strada è già guarigione. Ma uno solo passa da semplice guarito a salvato, l'unico che ritorna, cui Gesù dice: «la tua fede ti ha salvato». Il Vangelo è pieno di guariti, sono il corteo gioioso che accompagna l'annuncio di Gesù. Eppure quanti di questi guariti sono anche salvati? A quanti il rifiorire della carne fa fiorire relazioni nuove con Dio, con gli uomini, con se stessi?

Ai nove che non tornano è sufficiente la guarigione. Non tornano, forse perché smarriti nel vortice della loro felicità, negli abbracci ritrovati. E Dio prova gioia per la loro gioia, come prima aveva provato dolore per il loro dolore. Non tornano forse perché sentono la salute come qualcosa che è loro dovuto, non come un dono; come un diritto, non come un miracolo. Ogni miracolo è però una storia incompiuta, una storia che inizia: l'uomo non è solo il proprio corpo. La sua pienezza consiste nel passare da semplice guarito a salvato, nel trovare la «vita piena» entrando in comunione con il Donatore e non solo con i suoi doni. Il Donatore ha se stesso da donare. Nulla di meno. E la sua vita nella tua vita.

Nell'unico che è tornato, importante non è tanto l'atto di ringraziamento, quasi che Dio fosse in cerca del nostro grazie, bisognoso di contraccambio; il lebbroso di Samaria è salvo non perché paga il pedaggio, pur santo, della gratitudine, ma perché entra in comunione. Con il proprio corpo, con i propri sentimenti, con il Signore. «E rende gloria a Dio». Perché «gloria di Dio è l'uomo vivente» (sant'Ireneo). Davvero vivente è solo il samaritano: il doppiamente escluso, che segue più il suo cuore che non le prescrizioni della legge, come gli altri nove, e interrompe il viaggio, torna indietro, canta per la strada, si butta ai piedi di Gesù, gli grida il suo grazie. Gloria di Dio è solo lui, ritornato uomo e ritornato figlio.

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