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TESTO Il coraggio di seguire ciò che si ama

padre Ermes Ronchi

XXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (04/09/2004)

Vangelo: Lc 14,25-33 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 14,25-33

In quel tempo, 25una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro: 26«Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. 27Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.

28Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? 29Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, 30dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”. 31Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? 32Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace. 33Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo.

«Se uno non odia suo padre, sua madre»... Gesù non insegna l'odio, lui che è stato la tenerezza in persona, né capovolge il quarto comandamento. Questo strano verbo "odiare" in bocca a Gesù, significa, nel linguaggio semitico, "amare di meno", non restare chiuso solo nel piccolo cerchio della tua casa, facendone la misura del futuro.

«Se uno non odia la propria vita»... Ma la vita si ama. Gesù intende dire: tu non sei la misura di te stesso; l'uomo è più che un uomo. «Se uno non prende la croce – il massimo dell'amore immotivato, il massimo dell'amore puro – non può essere mio discepolo».

«Se uno non rinunzia a tutti i suoi averi».Rinuncia alle cose, non metterle in cima ai tuoi pensieri, perché il dramma delle cose è che hanno un fondo e il loro fondo è vuoto. Rinuncia alla logica dell'avere di più, in questo mondo disponibile a tutti i commerci, e a tutte le vendite, disponibile perfino a vendere uomini e bambini. Più ancora, rinuncia a questo sistema disposto a fare del denaro la misura ultima del bene e del male.

C'era folla grande attorno a Gesù, eppure il Nazareno non si esalta per il numero, non cerca l'applauso delle folle, ma la totalità del cuore. Anche solo da parte di dodici, o da meno ancora, quando dirà: volete andarvene anche voi? Da uno almeno che, come Pietro, abbia il cuore di dire: tu solo hai parole che fanno viva, finalmente, la vita.

Le parole di Gesù oggi sono come i chiodi della crocifissione: entrano nella carne viva, ti fissano con dolore alla sua proposta; Gesù non vuole tanto, vuole tutto. Ma a chi interessa diventare il discepolo delineato da Luca, cioè un povero Giobbe cui sono tolte amicizie e amori, e la sua vita è una collina di croci, ed è più povero dei poveri? È questo l'uomo nuovo? Senza amori, senza casa, solo, crocifisso, senza pane, figlio solo di sottrazioni e d'abbandoni? È questa la storia alternativa che il Vangelo propone?

Sono parole pericolose quelle d'oggi, se capite male. L'accento va posto sul verbo principale: diventare discepolo; il centro focale delle frasi non è sulla rinuncia, ma sulla conquista; non sul punto di partenza, ma sulla meta, che è la statura di Cristo: «io non sono / ancora e mai / il Cristo, / ma io sono questa / infinita possibilità» (Turoldo), l'unica, affinché sia data eternità a tutto ciò che di più bello portiamo nel cuore.

La vita avanza per una passione, non per una o molte rinunce, non a colpi di sacrifici. Non s'impara se non ciò che si ama (Goethe). L'uomo diventa ciò che ama, ciò che contempla con gli occhi del cuore. Fissando lo sguardo su Cristo, diventerò non un uomo dimezzato, ma, come Lui, un pacificato che diventa pacificatore, pane per la fame e vino per la festa, forse un frammento di stelle dentro le vene oscure del mondo.

Libri di padre Ermes Ronchi

 

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