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TESTO L'unità nella diversità

don Luigi Trapelli

Santissima Trinità (Anno A) (19/06/2011)

Vangelo: Gv 3,16-18 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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16Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. 17Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. 18Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.

Qual'è la grande differenza tra la religione cristiana e quella induista, buddista o il mondo islamico? E' proprio la solennità di oggi: la Trinità.

Noi, infatti, non crediamo in un Dio generico, ma nel Dio che è Padre, Figlio e Spirito Santo.

Pensate al segno della croce, che dovremmo fare ogni mattina e sera. Le varie preghiere cristiane conducono al Padre per Cristo nello Spirito Santo. I salmi che si recitano nella liturgia delle ore, finiscono nella bella preghiera del Gloria al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo.

Noi abbiamo capito che Dio è Padre, quando duemila anni fa una persona, Gesù di Nazaret, è venuta su questa terra. Quando Gesù ci ha lasciati, non siamo rimasti soli, ma ci ha inviato lo Spirito Santo, il Consolatore, perché diventassimo testimoni di unità nella diversità. Dio non è distante da noi, isolato, che si disinteressa delle vicende nostre, ma è un Dio che è sceso in terra, ed è rimasto in mezzo a noi. Condividendo in tutto, eccetto il peccato, la nostra fragilità umana.

Il Vangelo di oggi afferma che Dio ha tanto amato il mondo da donare il suo Figlio unigenito, perché chi crede in Lui abbia la vita eterna. Il Figlio è venuto non per giudicare il mondo, ma per salvarlo. In tutte le cose che facciamo Dio ci è vicino e presente. Manifesta il Suo Amore infinito.

Pensate al paragone familiare. Dio ama a tal punto il Figlio, da generare lo Spirito Santo, frutto di tale Amore. La stessa cosa riguarda l'amore che un uomo nutre con una donna, che genera un figlio. La vita non è mai un ghetto dove rinchiudersi in noi stessi, nel nostro egoismo, ma la vita diventa un "noi". Siamo fatti per amare, per comunicare con le altre persone, affinché non rimangano estranee alla nostra vita, ma entrino a pieno titolo nella nostra umanità. E' il riscoprire la cultura del fare insieme, evitando facili egoismi.

Le cose più belle sono quelle condivise, pur nella diversità di opinioni. Meglio fare una cosa in meno, ma condividerla, piuttosto che tante ma non partecipate. Essere uno pur essendo diversi, accettando la diversità di temperamenti, di attitudini, in un progetto comune di vita. Tale percorso è complesso, laddove le varie agenzie educative intraprendono strade diverse. Quando la scuola, la parrocchia, i comuni, le famiglie, cominceranno a interagire insieme, rispettando le singole diversità, allora potremo realmente incidere nei confronti delle persone e soprattutto dei giovani.

Accogliere un Dio uno e trino, significa operare per creare quella mentalità che crei comunione nella diversità, partendo da punti diversi per giungere alla stessa meta.

 

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