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TESTO Così Dio ha amato il mondo

mons. Gianfranco Poma

Santissima Trinità (Anno A) (19/06/2011)

Vangelo: Gv 3,16-18 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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16Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. 17Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. 18Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.

Come conclusione del ciclo della celebrazione del mistero di Cristo nell'anno liturgico, è collocatala la "festa della Ss.ma Trinità", perché ricordiamo che la nostra partecipazione alla vita del Figlio di Dio, trova il suo senso ultimo nel rendere gloria a Dio. Ma già gli antichi Padri della Chiesa affermavano che la gloria di Dio è l'uomo vivente: così, se tutto è per la gloria di Dio, è al tempo stesso perché l'uomo realizzi sempre di più la propria esistenza. In una delle sue meravigliose sintesi Paolo afferma: "Nessuno ponga il suo vanto negli uomini, perché tutto è vostro: Paolo, Apollo, Cefa', il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro: tutto è vostro! Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio" (1 Cor.3,21-23). Celebrare la festa della Ss.ma Trinità ha un senso preciso: non si tratta di ri-presentare il mistero di Cristo, si tratta di comprenderne il pieno valore per viverne il senso. Cristo è la realizzazione piena dell'uomo proprio perché è il Figlio di Dio. Vivere il mistero di Cristo significa per ogni uomo entrare con Lui nella esperienza di Dio per realizzare in pienezza l'esistenza umana: celebrare la Ss.ma Trinità significa accogliere dal Padre l'Amore che rigenera l'esperienza umana e ne fa una esperienza filiale.

In questa domenica celebrando la festa della Ss.ma Trinità, celebriamo il mistero di "Dio per noi" come Gesù ci guida a sperimentarlo. "La Trinità", il dogma che può apparire una fredda formulazione teologica è in realtà "lo sforzo ostinato di andare sino in fondo all'affermazione giovannea per cui 'Dio è amore' (1 Giov.4,8)".

Il mondo moderno sembra poter fare a meno di Dio perché con la scienza ritiene di essere in grado di risolvere i propri problemi e con la razionalità di darsi delle norme etiche: la Trinità, l'esperienza di Dio di Gesù Cristo, è la rivelazione al mondo di un Amore, il cui desiderio per l'uomo rimane intatto, al di là di ogni realizzazione scientifica e di ogni condivisione etica. La Trinità è l'offerta fatta all'uomo di un Amore che lo libera da ogni paura, da ogni chiusura e lo apre alla possibilità di gustare ogni spazio di verità che la scienza possa scoprire.

"Così, infatti, Dio amò il mondo, che diede il suo unigenito Figlio" (Giov.3,16): inizia così il piccolo brano del Vangelo di Giovanni che la Liturgia ci offre. La forma verbale usata dall'evangelista vuole sottolineare che ciò di cui parla è un fatto concreto: l'Amore di Dio per il mondo non è una teoria, un sogno, ma un evento concreto. Dice il Papa nella sua Enciclica "Deus caritas est": "La vera novità del Nuovo Testamento non sta in nuove idee, ma nella figura stessa di Cristo, che dà sangue e carne ai concetti, un realismo inaudito. Già nell'A.T. la novità biblica non consiste semplicemente in nozioni astratte, ma nell'agire imprevedibile e in certo senso inaudito di Dio. Questo agire di Dio acquista ora la sua forma drammatica nel fatto che, in Gesù Cristo, Dio stesso insegue la "pecorella smarrita", l'umanità sofferente e perduta. Quando Gesù nelle sue parabole parla del pastore che va dietro alla pecorella smarrita, della donna che cerca la dracma, del padre che va incontro al figlio prodigo e lo abbraccia, queste non sono soltanto parole, ma costituiscono la spiegazione del suo stesso essere e operare. Nella sua morte in croce, si compie quel volgersi di Dio contro se stesso nel quale egli si dona per rialzare l'uomo e salvarlo - amore, questo, nella sua forma più radicale" (n.12). "Così, Dio amò il mondo": il Vangelo ci invita a vedere, a toccare, a conoscere la concretezza dell'amore di Dio, che raggiunge il vertice nella croce di Cristo; ci invita a rivivere l'esperienza del "centurione che si trovava di fronte a Gesù, che, vedendolo spirare in quel modo, disse: 'Veramente quest'uomo era Figlio di Dio' (Mc15,39)." Dovremmo rileggere il racconto della Passione, che Giovanni conclude con l'invito a rivolgere lo sguardo al fianco squarciato di Cristo: solo "così" possiamo renderci conto che cosa significhi che "così Dio ha amato il mondo e ha donato il suo unigenito Figlio". La concretezza dell'evento storico di Cristo, il realismo della Croce, è la rivelazione della verità dell'Amore di Dio che per il mondo dona il suo Figlio "unigenito": unigenito perché è pienezza della grazia e della verità (Giov.1,14); perché il Padre gli ha donato tutto se stesso e di conseguenza, donandolo al mondo, dona al mondo la pienezza della sua vita, che è vita eterna. Dio dunque è l'Amore che avvolge il mondo e di cui il mondo vive.

Giovanni, insiste sulle "modalità" precise con cui Dio ha amato il mondo: la "forma" in cui si esprime fa parte essenziale dell'Amore. Facendo riferimento alla prima Alleanza, Giovanni mostra che Dio è Amore "fedele": Dio non ritira il suo amore di fronte all'infedeltà dell'uomo. Egli sa che l'uomo è infedele perché è creatura fragile: solo la sua unilaterale fedeltà, il suo Amore gratuito e misericordioso può fare per l'uomo ciò che l'uomo da solo non può raggiungere. L'Amore è solo grazia che va oltre il giudizio. Per questo, Dio si assume la "responsabilità" per l'uomo nella sua fragilità: egli conosce fino in fondo il cuore dell'uomo. L'Amore non è ingenuità: è l'unica forza che strappando alla radice il male che impedisce all'uomo di vivere in pienezza la sua vita, gli offre la libertà per la realizzazione della sua possibilità di essere Figlio di Dio. Raggiungendo il vertice nella Croce, l'Amore diventa "scandalo" perché rompendo i parametri della ragionevolezza umana, è unilaterale, non aspetta reciprocità, contraccambio: è sconvolgente nell'eccesso della sua smisuratezza. Per questo è "onnipotente", divino: sta in questo il senso del "perdono" che discende dalla Croce, la forza dell'Amore che gratuitamente ricrea il cuore peccatore dell'uomo.

Il mistero di Dio è il mistero dell'Amore: l'Amore che si annienta per diventare infinito, che soffre per diventare gioia infinita. "Solo l'Amore è credibile" scriveva Balthasar in un suo saggio meraviglioso: la Croce è la pienezza dell'Amore, nella quale il Padre "perde" il proprio Figlio e il Figlio "si perde" per il Padre. Ma è un infinito scambio di Amore, perché l'uomo "veda" un Dio che non ha paura di "perdersi" per l'uomo, perché Dio non può stare senza l'uomo e l'uomo non può stare se non credendo, affidandosi, "perdendosi", dentro un mistero di Amore che si annienta per cominciare ad essere vita vera.

Con lo sguardo fisso sul volto di Cristo crocifisso, sul suo fianco aperto, ciascuno di noi scopre il volto di un Dio di tenerezza, di perdono, che vuole solo amarci, donarci tutto: ci chiede soltanto di fidarci di Lui. Lui comunque continua a fidarsi di noi.

 

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