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TESTO Commento su Giovanni 3,16-18

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Santissima Trinità (Anno A) (19/06/2011)

Vangelo: Gv 3,16-18 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 3,16-18

16Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. 17Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. 18Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.

PRIMO COMMENTO ALLE LETTURE

a cura di Rocco Pezzimenti

1. Se Giovanni descrive l'amore di Dio come nessun altro, si può dire che questo brano manifesta tutta la tenerezza del Creatore. L'incarnazione, la venuta nel mondo del Signore, rivelano la paterna preoccupazione del Padre che "ha tanto amato il mondo, che ha dato il Figlio suo Unigenito affinché chiunque crede in lui non perisca". Il recupero della pienezza della vita, che è la vita eterna, è l'unica preoccupazione del Padre. Questa preoccupazione supera tutte le altre perché, esaudire il bisogno di salvezza, sovrasta, per ora, quello della giustizia. "Dio non mandò il Figlio nel mondo per condannare il mondo". Il Figlio deve prima presentare il disegno di salvezza.

2. Il mondo deve, però, capacitarsi che può essere salvato solo "per mezzo di lui". Credere alla buona novella, ed agire di conseguenza, diventa la condizione della salvezza. "Chi crede in lui non viene condannato". Questo credere in lui non può in alcun modo essere eluso perché "chi non crede in lui è già condannato". Credere nella Verità che presenta il Cristo è vivere quella verità che è via per la salvezza. In questo cammino ci aiuta e ci consola lo Spirito Santo. Così sintetizza San Paolo: "La grazia del Signore Gesù Cristo, l'amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi". Ecco il mistero della Trinità che viene a prendere dimora in quelli che ama.

3. Tutto ciò dovrebbe renderci docili alla buona novella e dovrebbe infondere in noi la virtù della speranza e la gioia di viverla: "In ogni evenienza, fratelli, siate lieti". Questa letizia del cuore genera serenità e la possibilità di mirare "alla perfezione". È la conferma che il Signore è venuto per edificare e non per distruggere, per questo "incoraggiatevi, state uniti, vivete in pace". Questa sarà la testimonianza che, chi vive in questo modo, è già da ora nella pace del Signore. Anche in mezzo alle più serie difficoltà, "il Dio dell'amore e della pace sarà con voi". La Trinità abiterà in voi dandovi quella pace interiore che nessuno può attaccare, pace che farà vedere le vicende presenti in un'altra luce.

4. Occorre prepararsi a ricevere questa visita. Lo stesso Mosè, si incamminò sul monte, salì staccandosi da tutti e da tutto. Quando scese nella nube, "stette là con lui ed invocò il nome di Jahve". Gridò quando il Signore passò davanti a lui. Mostrò di avere bisogno del suo aiuto, di essere incapace a vivere ed a portare avanti la sua missione senza l'aiuto di Jahve, ma non fu pago di queste richieste.

5. Mosè incoraggiò la divinità a venire tra gli uomini: "Signore, se è vero che ho trovato grazie ai tuoi occhi, vieni, Signore, in mezzo a noi". Il suo invito ha trovato la risposta nel Messia. Gesù è venuto, proprio come aveva chiesto Mosè, perdonando "le nostre colpe e i nostri peccati". Non basta, ancora come aveva chiesto Mosè, ha fatto "di noi la sua eredità". Mosè si prostrò in ringraziamento davanti al Signore Dio dimostrando il senso di gratitudine che tutti noi dovremmo avere verso di lui.

SECONDO COMMENTO ALLE LETTURE
a cura di Daniele Salera

Attore principale: Dio Padre.
Che cosa fa', come agisce?
Manda il Figlio non per condannare, ma per salvare il mondo.
Chi può essere condannato?
Chi non crede.
Chi ha il compito di difendere i condannati?

Lo Spirito paraclito, Colui che difende e consola.

1. Ecco una sintesi dell'opera trinitaria che la liturgia ci offre attraverso il vangelo di Giovanni: Dio vuole che il mondo si salvi e per questo invia il Figlio. Fin qui una verità assunta ormai dalla consapevolezza dei più, ma ecco una sottolineatura di notevole interesse: chi crede a questa missione salvifica non è condannato, mentre chi non crede si espone da sé alla condanna, poiché credere o no implica la libertà dell'uomo e questa non ci sarà mai tolta! Se dunque l'opera della Trinità è la salvezza del mondo, l'opera del mondo è credere, e -sembra proprio che il nostro Dio le abbia pensate tutte pur di salvarci- se la fede è debole ecco lo Spirito, avvocato difensore, il cui compito è tirarci fuori dallo stato di colpevolezza e, con gemiti inesprimibili (Rm 8,26), farci domandare "l'indomandabile" perdono. In questo "movimento circolare" della salvezza donata da Dio (ma non per questo obbligatoriamente ricevuta dall'uomo), l'azione di cui l'uomo è responsabile è credere, quella che invece corrisponde a Dio è salvare. Giovanni sembra commentare il versetto 16 del nostro vangelo quando nella sua prima lettera afferma:

In questo si è manifestato l'amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo unigenito Figlio nel mondo, perché noi avessimo la vita per lui. (1Gv 4,9)

Il "mondo" in Giovanni sta a rappresentare l'umanità peccatrice, dunque non esattamente l'umanità che rifiuta Dio. L'invio del Figlio sembra dunque un "a priori" rispetto alla libertà dell'uomo, è come se Dio Padre -attore principale- dicesse: "Io lo mando a voi perché vi salviate, ma vi lascio liberi di accoglierlo, di sentirlo necessario per la vostra salvezza; ve lo mando perché voglio il vostro bene ma voi potete scegliere se aver bisogno di lui o fare da soli!". Dunque sembra quasi profilarsi questo tipo di situazione: Dio non condanna e non condannerà (Rm 8,33-34), la condanna può darsela l'uomo se non crede ad un Dio il cui intento principale -lo ricordiamo- è procurargli la salvezza.

2. Il dono d'amore che proviene dalla Trinità si diversifica a seconda delle persone divine: il Padre ama e dona la salvezza, il Figlio è amato e si dona per la salvezza, lo Spirito è l'amore che caratterizza il dono e che fa da ponte con chi -il mondo- di tutto questo amore è oggetto. Al mondo è richiesto di credere, di avere fiducia e, avendo fiducia accede alla salvezza. Un amore così grande, così intenso e totale -come è quello che ci è manifestato dalla Trinità- sembra non dire nulla a chi non crede, a chi non ha fiducia nel nome di un "Dio che salva"(Gesù Cristo). Può sembrare tremendamente assurdo e fuori da ogni logica, potremmo invocare l'ignorante cecità che spesso caratterizza le masse piuttosto che i singoli ma la storia della salvezza proprio questo ci insegna: non basta l'amore di un Padre che dona il suo unico Figlio perché il mondo si salvi, se il mondo -proprio quel mondo in cui noi viviamo ma che non è il nostro destino ultimo (Gv 17)- non sceglie liberamente di credere e di affidarsi ad un Dio così.

3. Per analogia viene in mente il rapporto educativo. Nel documento che i nostri vescovi ci hanno consegnato per il prossimo decennio, ben sono espressi gli ostacoli di un'educazione che si sta caratterizzando sempre più come opera assai ardua e spesso infruttuosa: una libertà illusoria, la negazione della vocazione trascendente dell'uomo e di quella relazione fondante che dà senso a tutte le altre (Educare alla vita buona del Vangelo nn.8-9). Il documento riprende alcuni concetti espressi da Benedetto XVI nella Caritas in Veritate al n.78 e nel Discorso alla LXI Assemblea Generale della CEI, laddove il papa ci ricordava che l'uomo è spesso schiavo di un IO che presume di bastare a se stesso e dunque non vuole aprirsi ad un TU e ad un NOI che lo renderebbero veramente ciò per cui esiste. Siamo stati creati ad immagine della Trinità, siamo dunque aperti necessariamente ad una relazione di amore e fiducia.

Non esiste relazione educativa in assenza di libertà da parte anche solo di una delle parti (Lettera di Benedetto XVI alla Diocesi e alla città di Roma sul compito urgente dell'educazione, 2008), ma -anche grazie alla luce che in noi dischiude il vangelo di oggi- non esiste relazione educativa in assenza di fiducia reciproca. Se non c'è fiducia, non ci si accorge anche di un amore donato gratis, anzi diremmo che se non c'è fiducia non è nemmeno possibile amare gratis.

Pensiamo alla relazione fra generazioni (spazio concreto del processo educativo): essa necessita di fiducia reciproca per sussistere. Non solo -come istintivamente potremmo intendere- è necessario che i più giovani si fidino di chi ha più esperienza, ma -ed è ancor più necessario oggi- che i giovani possano trovare in chi gli è dato come guida e testimone, fiducia in loro, nelle loro capacità, nel loro puntare in alto e, perché no, sognare.

In un appassionato articolo di terza pagina a firma del giovane scrittore ed insegnante Alessandro D'Avenia, l' Avvenire di venerdì 10 giugno, ci aiutava a riflettere sulle attese e i desideri d'incontro e di senso dei nostri giovani. Solo chi vive con loro e ne accompagna il cammino di crescita e realizzazione può aiutare nel rompere il muro dell'assenza di comunicazione. Solo chi non smette mai di giocarsi e donarsi a misura della Trinità riesce a passare l'avvincente testimone della vita.

 

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