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TESTO Pasqua è il parto di un orizzonte nuovo

padre Ermes Ronchi

Domenica di Pasqua - Risurrezione del Signore (Anno A) (24/04/2011)

Vangelo: Gv 20,1-9 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. 2Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». 3Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. 4Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. 5Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. 6Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, 7e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. 8Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. 9Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.

Ciò che ci fa credere è la croce. Ma ciò in cui crediamo è la vit­toria della croce (Pascal): la vittoria sulla morte e sulla violenza. Cristo risorto, eternamente risorgente in me e in ogni cosa, apre l'im­mensa migrazione degli uomini ver­so la vita. L'esistenza non scivola i­neluttabilmente come su di un pia­no inclinato verso la morte, ma al­l'incontrario si dirige instancabil­mente da morte a vita.

Maria di Magdala esce di casa quan­do è ancora notte, buio in cielo, buio nel cuore. Notte dell'Incarnazione, in cui il Verbo si fa carne. Notte della Ri­surrezione in cui la carne indossa l'e­ternità. Così respira la fede, da una notte all'altra. Pasqua ci invita a met­tere il nostro respiro in sintonia con quell'immenso soffio che unisce in­cessantemente l'istante e l'eterno, il visibile e l'invisibile, la nostra povertà e la ricchezza di Dio. Non ha niente tra le mani, ha soltanto la sua vita ri­sorta: da lei Gesù aveva cacciato set­te demoni, cioè la totalità del male. E una attesa ardente, come la sposa del Cantico: lungo la notte cerco l'amato del mio cuore.

Maria si ribella all'assenza di Gesù: «amare è dire: tu non morirai!» (Ga­briel Marcel). Non a caso chi si reca alla tomba in quell'alba è chi ha avu­to più forte esperienza dell'amore di Gesù: le donne, Maddalena, il disce­polo amato. E vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Il sepolcro è spalancato, vuoto e risplendente nel fresco dell'alba, aperto come il gu­scio di un seme. E fuori è primavera. Qualcosa si muove in Maria: un'an­sia, un fremito, un'urgenza che cambiano di colpo il ritmo del racconto.

Corse allora... Può correre ora per­ché sta nascendo il giorno, deve cor­rere perché è il parto di un universo nuovo, le doglie della vita. Il mondo è un immenso pianto (Dio naviga in un fiume di lacrime, scrive Turoldo) ma a Pasqua diventa un immenso parto. Di vita, di futuro, di speranza, di nuovi orizzonti, di lacrime asciugate.

Corre da Pietro e dal discepolo ama­to: «correvano insieme tutti e due...». Perché tutti corrono nel mattino di Pasqua? Corrono, sospinti da un cuo­re in tumulto, perché l'amore ha sem­pre fretta, non sopporta indugi, la vi­ta ha fretta di rotolare via i macigni che la bloccano. Chi ama è sempre in ritardo sulla fame di abbracci.

L'altro discepolo, quello che Gesù a­mava, corse più veloce. Giovanni ar­riva per primo al sepolcro, arriva per primo a capire il significato della ri­surrezione, e a credere in essa. Chi a­ma o è amato capisce di più, capisce prima, capisce più a fondo. Il disce­polo amato ha intelletto d'amore

(Dante), ha l'intelligenza del cuore. Intuisce che un amore come quello di Gesù non può essere annullato dalla morte, che tutto ciò che anche noi vivremo e faremo nell'amore non andrà perduto, non sarà vinto da nul­la.

Libri di padre Ermes Ronchi

 

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