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TESTO Dio sacrifica se stesso per l'uomo

padre Ermes Ronchi

II Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (16/01/2011)

Vangelo: Gv 1,29-34 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Giovanni, 29vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! 30Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. 31Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele».

32Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. 33Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. 34E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».

E cco l'agnello di Dio che toglie il peccato del mondo. Ecco l'agnello, ecco il piccolo animale sacri­ficato, il sangue sparso, la vit­tima innocente. Ma di che co­sa è vittima Gesù?

Forse dell'ira di Dio per i no­stri peccati, che si placa solo con il sangue dei sacrifici? Della giustizia di Dio che co­me risarcimento esige la morte dell'unico innocente? No, Dio aveva già detto per bocca di Isaia: sono stanco dei tuoi sacrifici senza numero. Io non bevo il sangue dei tuoi a­gnelli, io non mangio la loro carne (cf. Isaia 1, 11).

Appare invece il capovolgi­mento totale portato da Ge­sù: in tutte le religioni l'uomo sacrifica qualcosa per Dio, o­ra è Dio che sacrifica se stes­so per l'uomo. Dio non esige la vita del peccatore, dà la sua vita anche a coloro che gliela tolgono. E dal suo costato a­perto sulla croce non esce vendetta o rabbia, ma sangue e acqua, sangue d'amore, ac­qua di vita, la capacità di a­mare sempre e comunque.
Di che cosa è vittima allora l'Agnello di Dio?

Gesù è vittima d'amore. Scri­ve Origene: «Dio prima ha sofferto, poi si è incarnato. Ha sofferto perché caritas est pas­sio», la sofferenza di Dio è fi­glia della sua passione d'a­more; ha sofferto vedendo il male che l'uomo ha e fa', sen­tendolo far piaga nel suo cuo­re; ha sofferto per amore.
Gesù è vittima della violenza.

Ha sfidato e smascherato la violenza, padrona e signora della terra, con l'amore. E la violenza non ha potuto sop­portare l'unico uomo che ne era totalmente libero. E ha convocato i suoi adepti e ha ucciso l'agnello, il mite, l'uo­mo della tenerezza. Gesù è l'ultima vittima della violen­za, perché non ci siano più vittime. Doveva essere l'ulti­mo ucciso, perché nessuno fosse più ucciso. Giovanni di­ceva parole folgoranti: «Ecco la morte di Dio perché non ci sia più morte», e la nostra mente può solo affacciarsi ai bordi di questo abisso.

Ecco colui che toglie il pecca­to; non un verbo al futuro, nell'attesa; non al passato, co­me un fatto concluso, ma al presente: ecco colui che in­stancabilmente continua a togliere, a raschiare via il mio peccato di adesso. E come? Con il castigo? No, con il be­ne. Per vincere la notte inco­mincia a soffiare la luce del giorno, per vincere la steppa sterile semina milioni di se­mi, per disarmare la vendet­ta porge l'altra guancia, per vincere la zizzania del cam­po si prende cura del buon grano.

Noi siamo inviati per essere breccia di questo amore, braccia aperte donate da Dio al mondo, piccolo segno che ogni creatura sotto il sole è a­mata teneramente dal nostro Dio, agnello mite e forte che dona se stesso.

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