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TESTO Chi mangia questo pane vivrà in eterno

don Romeo Maggioni  

IV domenica dopo il martirio di San Giovanni il Precursore (Anno C) (26/09/2010)

Vangelo: Gv 6,51-59 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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51Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

52Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». 53Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. 54Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. 55Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. 56Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. 57Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. 58Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

59Gesù disse queste cose, insegnando nella sinagoga a Cafàrnao.

Il regno di Dio che Gesù istaura è tutto sorprese, frutto dell'inventiva e della passione salvifica di Dio Padre che in Cristo vuol invitare tutti gli uomini alla sua tavola, cioè all'intima partecipazione alla vita divina che si vive in Casa Trinità. Là - per chi sarà trovato sveglio al suo ritorno - Cristo stesso "si stringerà le sue vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli" (Lc 12,37).

Già Gesù aveva compiuto questo gesto lavando i piedi ai discepoli quando li invitò alla sua Ultima Cena, la prima Cena Eucaristica. Là ha dato un comando: "Fate questo in memoria di me" (Lc). La messa sono i diversi appuntamenti alla sua tavola perché alla fine diveniamo degni di partecipare "al banchetto eterno" che il Signore prepara per quelli che qui ha avuto come commensali conosciuti e consueti.

La tavola è segno di comunione; qui alla tavola eucaristica ci si nutre "del corpo e del sangue di Gesù Cristo", ci si unisce alla sua persona che gradualmente fa di noi parte del suo Corpo, uniti a Lui e uniti tra di noi, cioè ci fa Chiesa.

1) CHI MANGIA

"La Sapienza (il Logos la chiamerà Giovanni) proclama: Venite, mangiate il mio pane, bevete il vino che ho preparato" (Lett.). Nella Torah è raccolta la Parola di Dio che ha nutrito la sapienza del Popolo di Dio. Ma quando questa Parola divenne carne in Gesù di Nazaret, è divenuto Lui il cibo che dà la vita: "Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno". Si tratta anzitutto di aderire a Gesù nella fede: "Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo" (Gv 6,33). E ancora: "Io sono il pane della vita: chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!" (Gv 6,35). Cosa fare allora? "Questa è l'opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato" (Gv 6,29).

Un giorno la fantasia di Gesù inventò un segno: caricò il pane condiviso e il calice bevuto nel rito della sua Pasqua della realtà della sua Persona immolata per noi, a fare memoria della sua passione e morte salvifica e comunicarne a tutti il frutto. L'Eucaristia è il memoriale del suo gesto redentivo, da rinnovare nella forma della Cena ad esprimere la comunione intima con lui, capo della sua nuova famiglia che è la Chiesa. Partecipare a quel rito, mangiare e bere a quella mensa è unirsi profondamente a Gesù: "Il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? Il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo?" (Epist.).

Da qui il linguaggio crudo di Gesù che vuol esprimere un vero contatto fisico con lui, non senza ma ben oltre l'atto di fede: "La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui". Carne e sangue è per sottolineare il carattere personale non materiale della manducazione eucaristica. Quando mangiamo, noi assimiliamo; qui bisogna dire.. veniamo assimilati da Lui: un mutuo dimorare insieme, una immanenza reciproca! Si tratta allora di mangiare, accostare il sacramento, sedersi - dopo che alla mensa della sua Parola - a quella del suo stesso corpo, sempre vivo e vivificante da che è risorto!: "L'ultimo Adamo divenne spirito datore di vita" (1Cor 15,45). "Questa parola è dura" (Gv 6,60), mormorano i Giudei che l'ascoltano. Sono i linguaggi e le invenzioni dell'amore; solo chi ama, sa il valore del contatto fisico e delle forme analoghe di comunione!

2) HA LA VITA

Si tratta della vita propria di Cristo, che viene da Dio. "Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per (mediante) il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me". Sullo sfondo sta l'unione profonda che c'è tra il Padre e il Figlio: "Il Padre è in me e io nel Padre" (Gv 10,38). Due individui ma in reciproca e profonda comunione. Quella stessa intimità - quel rimanere reciproco - scivola fino a noi tramite il nostro contatto con Cristo. Pregherà Gesù: "Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi" (Gv 17,21). Più precisamente: tramite il nostro essere gradualmente assimilati al Figlio, diveniamo partecipi della stessa dimora del Padre! "Se uno mi ama il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui" (Gv 14,23).

E la vita di Dio è vita eterna. "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno". Cerchiamo la vita, la vita che scavalca la morte, la vita che non finisce più: ecco l'unica medicina, questo cibo di immortalità. "Chi mangia questo pane vivrà in eterno". Una vita col corpo risorto. Il nostro corpo rinnovato, a immagine di quello di Gesù. mangiamo infatti - e "assimiliamo" il corpo di uno risorto. Gradualmente si inserisce in noi una realtà incorruttibile. Dice Paolo pensando alla risurrezione del Cristo: "Come eravamo simili all'uomo terreno (l'Adamo che ci ha condotti alla morte), così saremo simili all'uomo celeste (al Cristo che siede alla destra del Padre)" (1Cor 15,49).

Vita personale, e "vita del mondo". "Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo dell'unico pane" (Epist.). E' la dimensione comunitaria dell'Eucaristia: da essa nasce e si costruisce la Chiesa. Recita il Canone III della messa: "A noi che ci nutriamo del corpo e sangue del tuo Figlio, dona la pienezza dello Spirito Santo perché diventiamo in Cristo un solo corpo e un solo spirito". Si passa cioè dal corpo sacramentale di Cristo al corpo ecclesiale mediante il divenire eucaristico. E attraverso la missione e la carità la Chiesa - dice il Concilio - diviene "in Cristo come un sacramento o segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano" (LG 1). Appunto: "Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo".

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Classico ormai è il ricordo dei cristiani di Abitene, martiri africani sotto Diocleziano, che, incarcerati perché di nascosto celebravano l'Eucaristia, risposero: "Noi non possiamo stare senza il giorno del Signore, senza la messa festiva - Sine Dominico non possumus". Sembra la eco di molti che, tornati dalle ferie, vengono a confessarsi che.. sono andati in ferie ogni domenica, rinunciando alla messa e vivendo come tutti gli altri pagani!

Forse almeno oggi facciamo una preghiera umile allo Spirito che ci renda più consapevoli dell'Eucaristia come "fonte e culmine" della nostra vita spirituale - come afferma il Concilio - e potenza d'amore e unità (bomba esplosiva) - come richiama spesso il Papa - per un mondo così diviso e senza speranza.

 

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