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TESTO Un amico, essenziale come il pane per darci sostegno nello sconforto

padre Ermes Ronchi

XIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (10/08/2003)

Vangelo: Gv 6,41-51 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 6,41-51

41Allora i Giudei si misero a mormorare contro di lui perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». 42E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo”?».

43Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi. 44Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. 45Sta scritto nei profeti: E tutti saranno istruiti da Dio. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. 46Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. 47In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna.

48Io sono il pane della vita. 49I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; 50questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. 51Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

«Ora basta, Signore». Elia, il più grande dei profeti, vuole morire. Lui così grande che Gesù stesso gli fu paragonato, oggi è così stanco e scoraggiato, così disperato che dice: ora basta Signore, prenditi la mia vita. La parabola di Elia è quella di ogni cristiano. Quante volte lo scoraggiamento ci ha fatto dire: non ce la faccio più, non serve a niente essere buoni, non cambia nulla, non vale la pena di vivere il vangelo. Troppo lungo il cammino, troppo deserto, troppo dolore. Ma c'è un angelo, Dio interviene. E non per offrire ad Elia un cavallo bardato pronto a divorare le distanze desolate del deserto. Non toglie la fatica, porta un po' di pane, un po' d'acqua. Un quasi niente che a noi evoca castighi e invece si tratta degli alimenti più semplici e più necessari. Lo stile di Dio: egli interviene con la forza delle cose quotidiane, con l'umiltà e la povertà che hanno le cose essenziali, il pane, l'acqua, l'aria, la luce, un amico. Che però risvegliano tutte le energie creatrici dell'uomo, e la sua dignità e la sua libertà. Dio viene come respiro del mio respiro, coraggio del mio coraggio, non per cancellare il deserto, non come anestesia della fatica e del sole, ma come voglia di camminare ancora, come infinita capacità di ricominciare. Mi vede addormentato sotto il ginepro della stanchezza e viene con le cose più elementari e più necessarie: pane, acqua, riposo. Ma una cosa è ancor più necessaria: avere un angelo accanto, la divina dolcezza di un angelo, che ti tocchi, ti parli, ti vegli, e popoli il deserto. Viene nelle sembianze di una persona che attraversa la mia vita, forse un familiare, forse uno sconosciuto. Ciascuno di noi può, a sua volta, essere questo angelo inviato agli altri, una presenza che non giudica e non fa prediche, ma è attento, sta vicino, e aiuta a ritrovare la forza e la voglia di vivere.

«Chi mangia questo pane vivrà in eterno». Gesù afferma: sono io che faccio vivere, io alimento la vita. La vita che non ne può più, il cammino troppo lungo, la fatica desolata. Dio viene, il cielo non è vuoto, egli attraversa i deserti e crea sorprese di pane, di acqua, di angeli. Viene e porta se stesso, perché a nessun figlio prodigo basteranno mai le ghiande contese ai porci. Dio stesso si fa cibo e nutrimento perché nessuno venga meno e si lasci morire. E a sua volta si faccia angelo. «Fatevi imitatori di Dio», come dice Paolo: non solo date il pane, ma diventate voi stessi pane. E siamo tutti alla ricerca di qualcuno che ci faccia diventare pane, come lui; ci dia il coraggio di diventare dono, come lui, di diventare gli uni per gli altri pane e angelo, compagnia nel deserto e oltre il deserto, su fino al monte di Dio.

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