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TESTO Proviamo a salvare almeno lo stupore

padre Ermes Ronchi

XIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (06/07/2003)

Vangelo: Mc 6,1-6 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 6,1-6

1Partì di là e venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono. 2Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? 3Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo. 4Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». 5E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. 6E si meravigliava della loro incredulità.

Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando.

Davanti al rifiuto Gesù mostra una dedizione incondizionata

Chiuso tra lo stupore della gente di Nazaret e la dolorosa meraviglia di Gesù, il racconto si impernia su cinque domande che contengono ben più di un conflitto di sentimenti: contengono lo scandalo della fede. «Da dove gli vengono queste cose, questa sapienza, questi prodigi, da dove?» C'è qui "un di più", una rivelazione che non è il frutto della nostra esperienza, per quanto ampliata e approfondita, ma la contesta. Il suo vangelo viene da fuori, ha un'altra origine. Nostra fede è che il cristianesimo "viene da fuori", che Qualcuno - da altrove- si fa incontro a noi.

Ma presto, subito, lo stupore evolve verso il rifiuto: «non è costui il falegname, il figlio di Maria, non ha quattro fratelli e alcune sorelle? che cos'ha più di noi?» Ora è la normalità che contesta la profezia. Ogni generazione dissipa così i suoi profeti. Il Figlio di Dio non può venire in questo modo, con mani da carpentiere, segnato dalla fatica, con problemi familiari, e nulla di sublime. Che Dio sia così, ecco lo scandalo della fede, che la forza della Parola si rivesta di debolezza e di quotidiano, che la potenza di Dio sia tutta nell'impotenza della croce.

E la logica umana aggiunge: «hai un mestiere e una casa, cosa vai cercando con il cuore fra le nuvole? Hai la tua famiglia, la sinagoga e il Libro: bastano a spiegare tutto, sono il senso del vivere, la tua identità. Quale altro mondo vieni ora a proporre?» Quale esso sia, appare alla fine del brano, quando Marco registra la meraviglia e la delusione di Gesù: «e non vi potè operare nessun prodigio». Ma subito si corregge: «solo impose le mani a pochi malati e li guarì». Ecco il mondo nuovo: il Dio rifiutato si fa guarigione, l'amante respinto continua ad amare; l'amore non è stanco, è solo stupito; non nutre rancori, continua a inviare segnali di vita. Qualunque sia l'atteggiamento del popolo, ascoltino o non ascoltino (Ezechiele), Dio ha deciso di farsi compagnia del suo popolo, di essere lì, anche in esilio, profeta inascoltato, a condividere tutto dell'uomo, a scegliere ciò che nel mondo è debole per confondere i forti. E «quando sono debole è allora che sono forte», forte di quanta forza ha la Parola che bussa alla mia porta chiusa, a stupire i miei no. In principio, lo stupore. Un sentimento debole, una breve eccitazione, se non trova la strada del cuore. Maestra di stupore è per noi santa Maria, che «si stupiva e non capiva, ma conservava e meditava tutte queste cose nel suo cuore» (Lc 2,19). Così noi: conservare e meditare queste cose, e sempre nel cuore, perché ci sia dato di salvare almeno lo stupore. I concetti creano idoli, solo lo stupore coglie qualcosa (Gregorio di Nissa).

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