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TESTO Dio si fa pane per la vita del mondo

padre Ermes Ronchi

XIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (09/08/2009)

Vangelo: Gv 6,41-51 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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41Allora i Giudei si misero a mormorare contro di lui perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». 42E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo”?».

43Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi. 44Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. 45Sta scritto nei profeti: E tutti saranno istruiti da Dio. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. 46Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. 47In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna.

48Io sono il pane della vita. 49I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; 50questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. 51Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

La storia di Elia ci aiuta a interpretare il Vange­lo di oggi. Dio stesso si fa pane e vicinanza, angelo e carezza perché noi, profe­ti troppe volte stanchi, non ci arrendiamo al deserto che ci assedia.

Io sono il pane disceso dal cielo. Io sono il Pane della vi­ta. La mia carne è per la vita del mondo. Tre affermazio­ni che riassumono il brano. Io sono pane: pane indica tutto ciò che ci mantiene in vita, Cristo fa vivere. Fa vive­re con la Parola, con le per­sone, con il giorno che ci do­na, con pane e acqua, un’in­tima luce e angeli che non ci aspettavamo, con se stesso. Pane disceso: il movimento decisivo della storia è di­scendente, è Lui che si in­carna e vuole la comunione con me; è Lui che attraversa deserti e crea sorprese di pa­ne e di carezze, è Lui che invita. È disceso dal cielo per­ché la terra non basta, per­ché a nessun figlio prodigo basteranno mai le ghiande contese ai porci. Ogni figlio ha nostalgia del pane di ca­sa: la nostra casa è il cielo, il nostro pane è Dio.

La mia carne è per la vita del mondo. Tre sole lettere «per» ed è il senso della storia di Gesù, dichiarazione d’amo­re da parte di Dio: per te, mondo, per tutte le tue vite, vale la pena vivere e morire; tu prima di me; la tua vita prima della mia. Neanche Dio vive per se stesso; vive, regna e ama «per noi e per il mondo», seme di fuoco in o­gni cosa, per sempre.

La nervatura di tutto il bra­no è il verbo mangiare. Men­tre le religioni orientali si concentrano sul respiro, il cristianesimo ha come gesto centrale il mangiare: entra in me Pane buono, che rag­giunge e alimenta anche la cellula più lontana. Dio vicino a me, Dio in me, Dio sot­to la mia pelle, che si insedia al centro della mia povertà come un re sul trono. Dio in ogni vena, Dio che mi abita: medicina, guarigione, pro­tezione, salvezza dell’anima e del corpo. Questa è la vita eterna, promessa per circa cento volte nei vangeli. Cer­tezza di una realtà senza prove. Tralcio e vite, una co­sa sola. «Siate imitatori di Dio». O­biettivo impossibile, se l’Amato non diventa la vita di chi lo ama, se non dà forma Lui al nostro sentire, pensa­re, parlare, dare. Siate imita­tori di Dio, fatevi voi stessi pane e angelo, acqua e vici­nanza. Cercate Qualcuno che doni il coraggio di non vivere per se stessi, di diven­tare dono e pane, di diven­tare tutti, gli uni per gli altri, carezza e angelo, compagnia nel deserto, compagnia ol­tre il deserto, su fino al mon­te di Dio.

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