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TESTO La vite, cioè la nuova morale della fecondità

padre Ermes Ronchi

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V Domenica di Pasqua (Anno B) (18/05/2003)

Vangelo: Gv 15,1-8 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 15,1-8

1«Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. 2Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. 3Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. 4Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. 5Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. 6Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. 7Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. 8In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli.

La bibbia è un libro pieno di viti. Perché è pieno di uomini di cui Dio si prende cura, e dai quali riceve un vino di gioia. Per ogni contadino la vigna è il preferito tra i campi. Io sono piantagione preferita di Dio. Ma mentre nell'Antico Testamento Dio era il padrone della vigna, custode buono e operoso, ma altra cosa rispetto alle viti, ora Gesù afferma qualcosa di assolutamente nuovo: io sono la vite, voi siete i tralci. Il vignaiolo si è fatto vite; il creatore si è fatto creatura. Dio è in me, non come padrone, ma come linfa vitale; Dio è in me, non come voce che viene da fuori, ma come il segreto della vita. Dio è in me, per meglio prendersi cura di me.

Questa è la stagione in cui profumano i fiori della vite; ieri il vignaiolo attendeva che la linfa', salita misteriosamente lungo il ceppo, si affacciasse alla ferita del tralcio potato, come una lacrima. Allora mio padre, che era contadino, soleva dire: è la vite che va' in amore. C'è un amore che sale dalla radice del mondo, ad un misterioso segnale di terra, di sole, di vento, e in alto apre la corteccia che sembrava secca e morta e la incide di fiori e di foglie. Per un miracolo che non ci stupisce più diventerà grappolo colmo, nell'ultima stagione, di succhi lucenti come il sole e come il miele. Quella linfa', goccia d'amore che trema sulla punta del tralcio, è come un visibile parlare di Dio. Così un amore percorre il mondo, sale lungo i ceppi delle vigne, risale la mia vita, lo sento, lo avverto: la mia linfa vitale viene da prima di me e va oltre me; viene da Dio, e va' in amore, va' in frutti d'amore; viene da Dio, radice del vivere, e dice a me, piccolo tralcio: ho bisogno di te. Per una vendemmia di sole e di miele. Per la pienezza dell'uomo e per quella di Dio. Per la dolcezza del loro vivere. E so che se mi stacco da lui non so più amare, e quindi, come uomo, muoio.

Due sono le parole centrali: rimanete in me, per portare frutto. Come si fa per restare in lui? Noi non siamo dei mistici. Eppure è facile, accade con Gesù come con tutte le relazioni: si tratta di ascoltare quella parola che rende puri, mangiare il pane, guardare il volto, aprire canali a quella linfa', e poi parlare a lui, ogni giorno (e se non hai nulla da dirmi, parlami lo stesso, anche solo per dirmi che non hai nulla da dire). Si tratta di percorrere tenacemente i sentieri che portano alla casa dell'amico, perché non si riempiano di rovi e di spine e non si cancellino.

Gloria di Dio è il molto frutto. Il nome nuovo, il nome vero della morale non è sacrificio, ma fecondità; non ubbidienza, ma espansione verso l'esterno di una corrente che urge dentro e che ha le stigmate di Dio, e infiniti presagi di frutti.

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