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TESTO Noi, dubbiosi come Tommaso

padre Ermes Ronchi

II Domenica di Pasqua (Anno B) (27/04/2003)

Vangelo: Gv 20,19-31 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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19La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». 22Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

24Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. 25Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».

26Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». 27Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». 28Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». 29Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».

30Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. 31Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

«Se non vedo, se non tocco, se non metto la mano, non crederò». Povero, caro Tommaso, diventato addirittura proverbiale! Vuole delle garanzie, ed ha ragione, perché se Gesù è vivo tutta la sua vita ne sarà sconvolta.

E Gesù si avvicina alla sua e nostra lentezza a credere, con pochi verbi, i più semplici e concreti: guarda, metti, tocca. C'è un foro nelle sue mani, dove il dito di Tommaso può entrare. C'è un colpo di lancia dove tutta la mano può entrare. E nella mano di Tommaso ci sono tutte le nostre mani, di noi che abbiamo creduto senza aver toccato, ma perché altri hanno toccato. Gesù ripete ad ogni credente: guarda, stendi la mano, tocca. Guarda dentro, fino alla vertigine, in quei fori. Ritorna alla croce, non stancarti di ascoltare la passione di Dio, di guardare le piaghe che guariscono. L'amore ha scritto il suo racconto sul corpo di Gesù con l'alfabeto delle ferite, ormai indelebili come l'amore.

Non è un fantasma, Gesù. La sua pasqua ferita non è nata dall'affetto degli apostoli, incapaci di accettarne la morte. Più grande fatica costò arrendersi alla risurrezione. La loro lentezza a credere, il lungo impaurito dubitare mi consolano. Alla fine Tommaso si arrende, ma alla pace, non al toccare. Per tre volte Gesù dice: pace a voi - non "sia", ma "è" pace, al presente: oramai siete in pace con Dio, con gli uomini e pertanto con voi stessi; basta al dominio della paura e del male su di voi; - a questa esperienza anche noi ci consegniamo.

Beati quelli che senza aver visto crederanno. Beatitudine che finalmente sento mia. Le altre sono troppo difficili, cose per pochi coraggiosi. Questa mi consola: io credo e non ho visto. E Gesù mi dice beato. E beato è chi, come me, fa fatica, chi cerca a tentoni, chi non vede ancora. Felicità, dice Gesù, per quanti credono. Parola che vale un tesoro. Per chi crede la vita non diventa più facile o riuscita, non più comoda o sicura, ma più piena e appassionata, ferita e vibrante, ferita e luminosa, piagata e guaritrice.

Dall'incredulità all'estasi: «Mio Signore e mio Dio», con quel piccolo aggettivo possessivo che cambia tutto, che viene dal Cantico dei Cantici, che è risuonato nel giardino sulla bocca di Maria. Questo "mio" che non indica possesso, ma l'essere posseduti, e dice adesione, appartenenza, scambio di vita. E la vitalità di Dio mi è compagna dei giorni, l'avverto, è energia che sale, dice e ridice, non tace mai, dà appuntamenti, si dilata dentro, mette gemme di luce, mi offre due mani piagate perché ci riposi e riprenda fiato e coraggio. E dico a me stesso, io appartengo ad un Dio vivo, non ad un Dio compianto. Questa parola mi fa dolce e fortissima compagnia: io appartengo a un Dio vivo.

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