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TESTO La volontà del Padre? L’amore che libera

padre Ermes Ronchi

IX Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (01/06/2008)

Vangelo: Mt 7,21-27 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 21Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. 22In quel giorno molti mi diranno: “Signore, Signore, non abbiamo forse profetato nel tuo nome? E nel tuo nome non abbiamo forse scacciato demòni? E nel tuo nome non abbiamo forse compiuto molti prodigi?”. 23Ma allora io dichiarerò loro: “Non vi ho mai conosciuti. Allontanatevi da me, voi che operate l’iniquità!”.

24Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. 25Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia. 26Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. 27Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande».

La gente ascoltava Gesù e capiva. Capiva che per entrare nel suo sogno ( il regno dei cieli è il mondo co­me lui lo sogna) non serviva­no lunghe preghiere, né i riti e le formule esatte dei dotto­ri della Legge ( «Signore, Si­gnore...» ). Che bastava per­correre una strada più libera e più viva: «la volontà del Pa­dre» .

La gente ascoltava il giovane Rabbi e capiva che la volontà del Padre non era come gliel'avevano sempre descrit­ta. Aleggiava tristezza quan­do i farisei evocavano la vo­lontà di Dio. Era la giustifica­zione di tutte le tragedie, di malattie e dolori, di torri ro­vinate addosso ai costrutto­ri, di sangue versato dai ro­mani nelle mille rivolte di Giudea. Nasceva pace e fidu­cia quando la presentava Ge­sù: volontà del Padre è che nessun uomo sia solo, che fiorisca a immagine di Dio, che abbia compagni d'amici­zia e di festa, che sia creativo e ostinato nell'amore. Non u­na spada minacciosa, ma l'annuncio che gli occhi dei suoi figli, Dio li vuole pieni di dolce speranza.

«In quel giorno» ci sarà folla davanti alle porte chiuse. Quanta gente straordinaria è lasciata fuori: profeti con pa­role di luce, gente che cac­ciava demoni, grandi tauma­turghi! Ma è questo ciò che il Vangelo chiede? È dalle cose eccezionali che riconosce­ranno i suoi discepoli? No. Ma «se avrete amore gli uni per gli altri» .

Nel nostro servizio non con­tano i risultati, ma quanto a­more metti in ciò che fai

( Ma­dre Teresa di Calcutta). Sulla soglia dell'eterno, l'amore cerca in te qualcosa in cui specchiarsi, l'unica cosa che valga a dire Dio.

Nella parabola delle due ca­se, la differenza tra quella che rimane salda e quella che va in rovina è tutta in un verbo solo: mettere in pratica o non mettere in pratica le parole a­scoltate. Non nelle apparte­nenze o in belle liturgie, non in profezie o prodigi, la diffe­renza sta nel «fare» le sue pa­role, nel ricrearle in me. È la crisi del «dire» .

La gente ascoltava Gesù e ca­piva che c'è un combaciare profondo tra l'uomo e la vo­lontà di Dio, più profondo delle parole, più delle con­fessioni di fede, ed è in chiunque «ha creduto all'a­more» ( 1 Gv), e non conta se dentro e fuori le sinagoghe e le chiese. Ascolta e tieni sal­da la sua parola, anche se non la capisci, lascia che entri nel­la tua memoria come seme nel terreno: darà come frutto il combaciare con Dio, una e­sistenza nella consistenza.

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