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TESTO Dio ama ciò che non è amabile

don Maurizio Prandi

Santissima Trinità (Anno A) (18/05/2008)

Vangelo: Gv 3,16-18 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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16Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. 17Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. 18Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.

Il brano di vangelo di oggi, (ma un po' tutta la Liturgia della Parola di questa solennità), pone, secondo me, una fortissima sottolineatura sul volto di Dio. E' un percorso bello e importante quello che la chiesa ci ha fatto fare in questi ultimi giorni, partendo dal vangelo di giovedì e venerdì scorso per arrivare fino a quello di questa domenica. Un percorso che davvero potrebbe essere decisivo se affrontato seriamente a partire (giovedì VI^ settimana) dalle domande che Gesù rivolge si suoi discepoli: la gente chi dice che io sia? Voi chi dite che io sia? per arrivare a quell'atteggiamento necessario per poter iniziare il cammino del discepolato che il vangelo di venerdì suggeriva: rinnegare se stessi.

Il duplice invito che ci è stato fatto allora è quello di passare da una fede per sentito dire a una fede personale; diverso è il volto di Dio così come lo disegnano gli altri da come invece posso e devo tratteggiarlo io mettendomi in ascolto della vicenda di Gesù. Ripeto ancora (perdonatemi) che è soltanto all'interno di una relazione, di un rapporto personale che posso dire chi è Gesù per me e di conseguenza dire chi è Dio per me. In questa relazione, il rinnegare se stessi è la partenza, per poter mettere Gesù al centro della mia vita... rinnegare se stessi... Cosa vuol dire? Credo che rinnegare se stessi non significhi, come si può pensare, essere sbiaditi, incolori, insignificanti, ma significa non essere ripiegati su se stessi, sulle proprie cose, sui propri spazi. Rinnegare se stessi significa non occupare con le nostre manie di protagonismo tutto lo spazio disponibile. Significa non occupare, ma imparare a servire con passione e con gioia. Gesù vuole dirci che rinnegare e professare sono due verbi che vanno di pari passo. Rinnegare se stessi significa allora prendere le distanze dai propri interessi, professare non se stessi, ma Dio, che è totalmente diverso dalle rappresentazioni che ci facciamo di lui. Un rischio che credo si corra oggi, come chiesa, è che si parli di Dio, anche tanto, ma per gonfiare l'immagine di alcuni. Solo chi dice di no alla propria immagine di sé, chi si oppone a quell'io che gira soltanto intorno a se stesso, è capace di professare totalmente la fede nel Dio di Gesù. (A. Grun)

La parola ascoltata da poco ci dice cose di una bellezza straordinaria su Dio e sul suo volto: Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito; un Dio che ama allora, e proprio perché ama dona quanto di più prezioso ci possa essere per Lui, il suo unico figlio. Il giorno dell'Ascensione ricordo che a proposito del rendere ragione della speranza che è in noi ho fatto un piccolo accenno alla "follia" di Dio come quel terreno sul quale poter incontrare gli uomini e le donne di oggi. In alcune parole di Enzo Bianchi ho trovato una piccola conferma: il vangelo presenta il Dio che ama a tal punto il mondo, l'umanità, da donare il suo figlio per la salvezza del mondo. Il figlio unico è tutta la vita di un padre, è ciò che egli più ama di tutto ciò che ama: il Dio che dona il Figlio è il Dio mosso da un amore folle. Vi è un eccesso nell'amare di Dio e questo eccesso è il Figlio Gesù Cristo.

Cosa è essenziale alla fede cristiana? Proprio questa consapevolezza credo, dell'amore con il quale ognuno di noi è amato da Dio, amore che si compie in Gesù, nella sua vita e nel dono della sua vita. Quello che la prima lettura ci racconta, ovvero un Dio che perdona, lo troviamo realizzato nella vita di Gesù: dopo il peccato del vitello d'oro Dio si manifesta una seconda volta ai figli d'Israele scendendo sul Sinai per comunicare loro il suo nome, che lo rivela quale compassionevole e misericordioso, capace di grazia e di perdono, che scende, si china per raggiungere l'uomo nella sua povertà, nel suo peccato. Per l'evangelista Giovanni, il mondo è anche l'umanità che si aliena da Dio respingendone il progetto iscritto nella creazione (V. Mannucci).

Ma allora Dio è colui che ama, e tanto anche, ciò che non è amabile, ciò che ti respinge, ciò che ti rifiuta. Erodiani e farisei non si sopportavano, ma per uccidere Gesù si sono accordati: Padre perdonali. Giuda, colui che con un bacio tradisce: Padre perdonalo. Pietro che ha negato di conoscere Gesù: Padre perdonalo. Bello poter ancora camminare per arrivare a conoscere il volto di Dio. Dio, una parola certamente decisiva, ma una parola che nel corso dei secoli ha ricoperto significati molto diversi prestandosi ad utilizzazioni morali, politiche, religiose le più diverse. E' necessario allora ribadire oggi, in questa solennità, che Dio, di per sé, è una parola insufficiente (E. Bianchi).

Giustino, scrittore del II° secolo affermava: la parola Dio non è un nome, ma una approssimazione naturale per l'uomo, per descrivere ciò che non è esprimibile. Ecco che Dio è una parola che può contenere tante proiezioni umane, e quindi è troppo poco per noi cristiani; ecco l'importanza fondamentale della risposta personale a quella domanda: voi chi dite che io sia? Gesù è colui che ci ha raccontato Dio, ci ha fatto l'esegesi di Dio (Gv, 1). Solo al termine di un percorso fatto con Gesù, Dio diventa decisivo e lo diventa solo in base a quanto Gesù ci ha raccontato e rivelato e non in base a una immagine che ci possiamo fare noi: gli uomini sono sempre pronti a farsi un vitello d'oro ad ogni stagione (E. Bianchi). Credo importante anche il fatto che la pagina di vangelo di oggi ci aiuti a leggere la finale del vangelo di domenica scorsa, che interpretata in modo sbagliato ci può portare a negare la misericordia di Dio (i peccati non perdonati). Gesù è venuto a parlarci di Dio, ma per fare questo non ha usato definizioni o concetti metafisici, non si è proposto di spiegare Dio, ma di raccontarlo come si racconta qualcosa di cui si ha esperienza diretta. Per questo ha detto che Dio ha tanto amato il mondo, allontanando così altre espressioni: Dio giudica, Dio punisce, Dio separa i buoni dai cattivi, immagini, volti, definizioni, che più facilmente appartengono al mondo degli uomini.

 

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