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TESTO Una vita cristiana ritmata dalla Trinità

Il pane della domenica  

Santissima Trinità (Anno A) (18/05/2008)

Vangelo: Gv 3,16-18 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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16Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. 17Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. 18Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.

Dio ha mandato il Figlio suo perché il mondo si salvi per mezzo di lui

In occasione del Giubileo del 2000, la Chiesa brasiliana per raccontare il mistero della Santissima Trinità, cuore della vita cristiana, ha ideato e diffuso un manifesto molto efficace dal punto di vista didattico-catechistico. Il Padre viene raffigurato con due grandi mani aperte che sorreggono il Figlio e questi a sua volta, emerge dall'asse centrale di una croce multicolore con i tratti umani inconfondibili del Nazareno.

Lo Spirito Santo invece, in forma di colomba, spicca il volo nella direzione dei piedi forati di Gesù che poggiano sul globo terrestre; sullo sfondo verde il sole, la luna e le stelle segnalano il passaggio dal giorno alla notte e lo scorrere del tempo abitato dall'Amore eterno di Dio. La preghiera familiare del Segno della Croce, riempie con caratteri cubitali, disposti in modo vivace lo spazio rimanente.

Il simpatico poster trova un riscontro ideale con l'augurio di s. Paolo nella 2ª lettura della liturgia odierna: "La grazia del Signore nostro Gesù Cristo, l'amore di Dio e la comunione della Spirito Santo siano con tutti voi". Un augurio il suo, che nasce dall'esperienza personale di totale comunione con il Padre che lo ha creato, con il Figlio che lo ha redento, con lo Spirito Santo che gli ha dato il fuoco al cuore fino a farlo diventare apostolo delle genti. Per questo scolpisce la figura del cristiano con due parole solamente: "Siate lieti" (2Cor 13,11).

La Trinità di Dio è il mistero della sua bellezza. Negarla è avere un Dio senza splendore, senza gioia, un Dio senza bellezza (K. Barth). Intorno alla sua identità misteriosa il Dio di Israele e dei discepoli di Gesù ha incominciato a sorprendere fin da quando chiamò Abramo dentro ad un progetto di amicizia, arrivando perfino ad incontrarlo nella sua tenda di nomade, vicino ad Ebron (cfr. Gen.18).

Lungo tutta la storia del popolo ebraico, sono molti gli episodi ricordati di dialoghi e interventi di Dio. È singolare l'autopresentazione del Signore a Mosè sulla nube con le due nuove tavole in mano, per rinnovare l'alleanza appena infranta; in essa si ripropone il significato del nome YHWH, "Il misericordioso, il pietoso" (Es 34,6), aggettivi illustrati dal binomio "Grazia e fedeltà" (Es 34,6).

L'immagine complessiva che si ricava dal testo dell'Esodo proposto come 1ª lettura, è quella di un amore divino che riscatta dall'infedeltà, di fronte al quale l'atteggiamento adeguato è quello dell'adorazione e dell'invocazione.

La Bibbia ci dice anche che tutti i popoli e le creature della terra hanno sperimentato una presenza divina provvidente e illuminante. S. Paolo ad Atene con espressioni che sono un capolavoro di inculturazione, così annuncia Gesù Cristo volto della Trinità. "Egli è colui che ha fatto il mondo (chiama tutti) a cercarlo e trovarlo, benché non sia lontano da noi. In lui infatti viviamo, ci muoviamo, esistiamo" (At 17,24.27-28).

Anche Nicodemo, autorevole personaggio ebraico, cerca Gesù di notte, nell'anonimato. Durante il lungo colloquio scopre una consolante notizia: "Dio ama a tal punto il mondo da dare il suo Figlio, l'unico, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (Gv 3,16).

Questo maestro in Israele si accorge d'esser già cercato, atteso e amato personalmente da Dio. Prova la stessa gioiosa protezione dei bambini che hanno la fortuna di papà e mamme che vivono per loro: "Dio ha mandato il Figlio nel mondo non per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato" (Gv 3,17-18).

Dunque guardando il mondo dal balcone della casa di Dio, si ritrova molta più fiducia e speranza di quanto non se ne respiri camminando per le strade delle nostre città, in compagnia di chi non conosce il vangelo di Gesù. L'intera esistenza del cristiano comunque appare inscritta in una duplice professione di fede, quella battesimale trinitaria: "Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo" e quella liturgica (dossologica): "Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo". La vita interpersonale e comunitaria della Trinità, costituisce il contenuto fondante del messaggio cristiano e determina anche la forma, lo stile della autocomunicazione divina. Noi siamo sempre chiamati a cogliere e vivere questo punto di contatto di Dio con la nostra umanità, attraverso la sua Parola eterna che si incarna e abita tutta la nostra vita. Siamo come abbracciati da un immenso mistero dove però la trascendenza di Dio non è lontana, non è fredda perché i suoi nomi sono: "Padre, Figlio e Spirito".

Abbiamo fatto l'abitudine del "segno della croce", quasi non ci stupisce che Dio abbia usato i nostri nomi per raccontare di sé e l'emozione dei volti che fanno la Trinità. A noi è dato di sperimentare il Dio-Trinità dentro e non fuori. Dentro diversità che non siano autonomie impazzite, dentro comunioni e relazioni di vita che non siano soffocanti, ma riconoscimento dell'altro. Nel dinamismo armonioso delle tre persone divine, trovano radicamento e senso le nostre esperienze più significative, nella vita di famiglia fra sposi, nel rapporto reciproco tra genitori e figli o tra fratelli e tra amici.

Alla fine noi possiamo amare come dice sant'Agostino solo ciò che è bello. Per questo l'uomo di fede è sempre con il cuore in primavera! S. Elisabetta della Trinità aveva ragione ad essere felicissima, "a stare con i suoi tre". E così pregava: "O miei tutto, beatitudine mia, solitudine infinita, immensità nella quale io mi perdo, io mi abbandono a voi come una preda. Seppellitevi in me perché io mi seppellisca in voi in attesa di venire a contemplare nella vostra luce l'abisso delle vostre grandezze".

Davvero i santi, i mistici, sono meravigliosi nelle loro profonde intuizioni e ardite confidenze con il mistero insondabile, ma con Gesù accessibile, della Trinità.

Commento di don Giuseppe Masiero

tratto da "Il pane della Domenica. Meditazioni sui vangeli festivi"
Ave, Roma 2007

 

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