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TESTO È Dio la terra promessa dell'uomo

padre Ermes Ronchi

Battesimo del Signore (Anno A) (13/01/2008)

Vangelo: Mt 3,13-17 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 13Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare da lui. 14Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?». 15Ma Gesù gli rispose: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia». Allora egli lo lasciò fare. 16Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. 17Ed ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento».

Gesù ricomincia dal Giordano, quasi portasse a compi­mento un esodo: l'esodo di Dio, il lungo viaggio di Dio in cerca della sua ter­ra promessa che è l'uomo: terra arida e dura, terra di spine eppure promessa.

Il Battesimo è fatto di ac­qua, di voce, di Spirito. L'acqua del fiume è come un solco di vita arato den­tro il deserto arido, peren­ne frontiera alla terra pro­messa. Gesù si immerge nel fiume per me, non per sé; entra nell'acqua, dove l'uomo nasce ma non può vivere, dove Giovanni fa ri­nascere con la conversio­ne, come una promessa di vita nuova: «con me vivrai solo inizi, uscirai dal de­serto, entrerai nella buo­na terra». La terra pro­messa dell'uomo, la sua patria è Dio.

Gesù uscì dall'acqua, lo Spirito scese come colom­ba, e venne una voce. In un solo versetto, come in una miniatura, il Vangelo delinea la Trinità: un Pa­dre che è voce, un Figlio che è volto, uno Spirito che è legame.

La voce del Padre parla due sole volte nel Vangelo, al Battesimo e alla Trasfi­gurazione, unisce il fiume d'acqua e il monte di luce, rivelando la sua identità e la missione di Cristo e del­l'uomo.

«Figlio» è la prima parola. E subito Dio si offre come Padre, come disarmato a­more: Egli non è mai tan­to se stesso come quando, amoroso, dà vita: «non cercatemi là dove sono, ma dove amo e sono ama­to» ( Jacques Maritain). Fi­glio: termine carico di pathos, vertice del deside­rio: di tutte le piste che puoi percorrere sulla terra, la più importante è quella che conduce all'essere u­mano.

«Amato» è la seconda pa­rola, sigillo della nostra i­dentità. Il mio nome è «a­mato per sempre». «Sap­piano, Padre, che li hai a­mati come hai amato me». Dio ama me come ha a­mato Gesù, con quella in­tensità, con la medesima emozione, con l'identica speranza. E con in più tut­te le delusioni di cui io so­no causa; io, amore e do­lore di Dio. «Mio compiacimento» è la terza parola. Termine bel­lissimo che dice gioia, e­sultanza, offre l'immagine di un Dio che trova felicità. Ma quale gioia può venire al Padre, quale emozione gli può regalare questa canna sempre sul punto di rompersi, questo stoppi­no dalla fiamma smorta che io sono? Solo un amo­re immotivato spiega que­ste parole. Il cielo si è aperto su Cri­sto, si apre su noi, così co­me si aprono le braccia al­l'amico, all'amato, al po­vero, sotto l'urgenza del­l'amore di Dio, sotto l'im­pazienza di Adamo, sotto l'assedio dei poveri, e nes­suno lo richiuderà più.

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