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TESTO

1. Gerusalemme, Gerusalemme!

don Luca Garbinetto, sito web

Tra la folla degli esclusi
lì, davanti all'asinello,
cerco anch'io come gettare
le certezze e il mio mantello.

Sulla pietra più appuntita
per proteggere il tuo passo,
sul gradino più nascosto:
che mi veda che sono in basso.

Ma fra i rami e gli osanna,
potature della palma,
corro inquieto ed affannato
mentre in te regna la calma.

Non c'è posto per il mio gesto,
tu sei vite, sovrano umile:
“Non sfoggiare la tua cura
- com'è duro - sii servo inutile!”.

E salendo sconcertato
verso il tralcio che non ti vuole,
piango in me lo stesso dramma:
Gerusalemme è nel mio cuore.

Città santa benedetta,
vigna che rifiuti il figlio,
lui non è solo l'erede:
uccidi il re con il tuo orgoglio.

Oh, cadranno le tue mura,
si apriranno le tue porte:
che la Chiesa accolga il dono,
Lui ha vinto anche la morte.

palme

inviato da Don Luca Garbinetto, inserito il 26/03/2021

TESTO

2. Vado in montagna lentamente (La visita)

Erri de Luca, Rivista Vita e Pensiero

Vado in montagna lentamente. Per buone ore i passi risalgono i pendii. I boschi intorno sono irrigiditi, sul ripido gli abeti stanno attaccati al suolo dalla neve.

Più in alto la vegetazione smette, resta la pietra, il ghiaccio e sopra l'aria senza confini. L'inverno è agli ultimi giorni, il vento ha meno forza di comprimere il fiato.

In salita assecondo il moto della terra che continua spingere in alto le montagne. La cresta del pianeta si solleva e sposta la sua frontiera con il cielo.
Sulla cima mi accorgo del pareggio tra la forza del corpo e quella di gravità. Ho portato il mio peso fino all'ultimo gradino e lo depongo lì.
Il respiro rallenta, dentro di me sento il silenzio di una sala di attesa.
Guardo il girotondo delle montagne intorno, i risaputi profili, i loro nomi. Sto nel centro inventato di una circonferenza, poi sollevo la testa a vista dello spazio e non sto più in un centro. Gli occhi rivolti in su sprofondano nel vuoto delle altezze, le sole che hanno diritto al titolo di altezze reali.

La luce, l'aria hanno splendore di vernice fresca.
Sto sul confine tra il pianeta e lo spazio che l'avvolge. Sono grato al corpo che mi permette di visitare il bordo del luogo e del tempo ricevuto in prestito.
Non sto vicino al cielo, sto su una terrazza della terra. Ci si può vedere il cimitero di chi è salito ai piani celesti, ma non ho questa Diottria, i miei sono sepolti interamente in basso e li raggiungerò in fondo a una discesa.

Aspetto che la pausa sulla cima arrivi fino al principio del freddo. Poi mi avvio in discesa, dove i muscoli opposti fanno avvertire il peso che dimentico in salita.
I passi reggono e ammortizzano il carico del corpo che discende. Completo così l'opera inutile e gratuita di un giorno in montagna.
Ho visitato un orlo del pianeta, mio atto di devozione terrestre.
Ho calcato i gradini della scala invisibile formata dall'appoggio dei passi. S'interrompono dove oltre possono proseguire solamente le ali.
Per una volta in più riconosco che una cima non è traguardo, ma vicolo cieco, in fondo al quale c'è da invertire la direzione e tornare indietro.

montagnasalitaascesacamminostradaroute

inviato da Qumran2, inserito il 23/06/2020

TESTO

3. Il cuore di Dio. Pasqua: questo giorno, ogni giorno

Alessandro D'Avenia, Avvenire, 5 aprile 2015, Pasqua

Riparare i viventi è il titolo di un bel romanzo scritto della bravissima Maylis de Kerengal che in questi giorni mi ha accompagnato.
Mi sembra il titolo perfetto per questa domenica.
La storia parla di un adolescente che, uscito con i suoi amici in una fredda notte in cerca dell'onda perfetta da cavalcare all'alba con i loro surf ruggenti, sulla strada del ritorno ha un incidente ed entra in coma irreversibile. I suoi genitori consentono l'espianto degli organi, anche se è il cuore il vero protagonista della storia. Il cuore che viene estratto dal petto del ragazzo va a riempire quello di una donna in attesa di un organo che la salvi grazie ad un trapianto. Ad un tratto la madre di Simon, il ragazzo morto, si chiede che accadrà al contenuto del cuore di suo figlio: «Che ne sarà dell'amore di Juliette una volta che il cuore di Simon ricomincerà a battere dentro un corpo sconosciuto, che ne sarà di tutto quel che riempiva quel cuore, dei suoi affetti lentamente stratificati dal primo giorno o trasmessi qua e là in uno slancio d'entusiasmo o in un accesso di collera, le sue amicizie e le sue avversioni, i suoi rancori, la sua veemenza, le sue passioni tristi e tenere? Che ne sarà delle scariche elettriche che gli sfondavano il cuore quando avanzava l'onda? Che ne sarà di quel cuore traboccante, pieno, troppo pieno?».

Che ne sarà del nostro cuore, con tutto quello che ha filtrato di amore e disamore in una vita? Ma non è forse questo il senso della grande promessa di Dio: «Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne» (Ez. 36, 26-7)?
Anche noi eravamo a rischio di vita, anzi eravamo già morti, il nostro cuore aveva subito troppi infarti, non riusciva più ad amare senza rischiare il colpo di grazia. E proprio per un colpo di grazia riceviamo un cuore nuovo, che viene trapiantato gradualmente nella nostra vita nella misura in cui lo vogliamo.
L'uomo nuovo di cui parla Paolo nelle sue Lettere è un uomo dopo il trapianto. Rimane l'uomo vecchio, ma il trapianto irrora gradualmente ogni fibra trasformandola. In noi comincia ad abitare il battito di un Altro, che non muore.
La vita di Dio che non può essere distrutta entra e gradualmente trapianta (ci innesta nella sua vita come si fa in botanica), purifica, trasforma, nella misura di quanto vogliamo. C'è tanto del cuore di Dio nella nostra vita quanto noi vogliamo ne venga trapiantato ogni giorno.

Ad un certo punto della narrazione il medico che condurrà l'operazione di trapianto avverte la paziente perché si prepari: «Il cuore sarà qui fra trenta minuti, è splendido, è fatto per lei, vi intenderete alla perfezione. Claire sorride: ma aspetterà che sia qui prima di togliere il mio, vero?».
Il nostro rimarrà, proprio quello nostro, ma il centro di ogni pensiero, decisione, amore, caduta, tristezza, malinconia, il motore di ogni nostro amore e disamore, non verrà tolto, ma trasformato.

La natura umana è riparata perché il Perfetto Uomo ha attraversato tutto l'umano, ha conosciuto tutto ciò che passa per il cuore dell'uomo e lo ha sentito come fosse suo, anche il peccato, non come atto ma nelle sue conseguenze (dalla tentazione, al dolore, alla morte). E quel cuore che ha cessato di battere sulla croce, quel cuore che ha dato tutto, tanto che, quando il soldato lo trafisse con la lancia, sputò sangue e acqua, il siero che si riversa nella sacca del pericardio quando dopo un infarto la parte densa del sangue si separa da quella più leggera, proprio quel cuore diventa nostro.

Quel cuore in realtà non è vuoto, non è il cuore di un morto, inservibile per un trapianto. È il cuore di un vivo, è il cuore del Vivente, è il cuore della Vita; il cuore che ci consente di avere passione per la vita e di patire per la vita; il cuore che ci concede il trasporto erotico per il creato e le creature e la capacità di patire per il creato e le creature. Il cuore di Dio, spiritualmente trapiantato in noi grazie al Battesimo e riparato dagli altri Sacramenti, batte fortissimo nel petto dei cristiani, che per questo ogni giorno, se vogliono, risorgono.
E quando quel cuore verrà pesato (amor meus pondus meum, il mio amore è il mio peso, dice Agostino) alla fine della vita lo si troverà 'pieno' dell'amore di Dio stesso, perché era il Suo in noi.

Solo lui ripara i viventi e i morenti, perché il Suo cuore non ha conosciuto la corruzione della morte, conosce solo la vita e ciò che dà la vita.
Si dice che, dopo aver bruciato Giovanna D'Arco, i carnefici trovarono intatto il suo cuore in mezzo alla cenere. Quel cuore non poteva essere distrutto, perché la sua materia non apparteneva a questo mondo e il fuoco degli uomini non poteva consumarlo. Era il cuore di Giovanna o quello di Dio?

Se è amore che vogliamo per vivere, è un cuore nuovo che vogliamo. Oggi è il giorno del trapianto.

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inviato da Marcello Rosa, inserito il 06/07/2018

TESTO

4. Raggiungere Dio   1

Benedetto XVI, Udienza generale, 13 febbraio 2013

Penso alla figura di Etty Hillesum, una giovane olandese di origine ebraica che morirà ad Auschwitz. Inizialmente lontana da Dio, lo scopre guardando in profondità dentro se stessa e scrive: "Un pozzo molto profondo è dentro di me. E Dio c'è in quel pozzo. Talvolta mi riesce di raggiungerlo, più spesso pietra e sabbia lo coprono: allora Dio è sepolto. Bisogna di nuovo che lo dissotterri" (Diario, 97). Nella sua vita dispersa e inquieta, ritrova Dio proprio in mezzo alla grande tragedia del Novecento, la Shoah. Questa giovane fragile e insoddisfatta, trasfigurata dalla fede, si trasforma in una donna piena di amore e di pace interiore, capace di affermare: "Vivo costantemente in intimità con Dio".

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5.0/5 (1 voto)

inviato da Qumran2, inserito il 07/02/2016

TESTO

5. Il grande mistero della Pasqua

Papa Francesco, Udienza generale 1° aprile 2015

A volte il buio della notte sembra penetrare nell'anima; a volte pensiamo: "ormai non c'è più nulla da fare", e il cuore non trova più la forza di amare... Ma proprio in quel buio Cristo accende il fuoco dell'amore di Dio: un bagliore rompe l'oscurità e annuncia un nuovo inizio, qualcosa incomincia nel buio più profondo. Noi sappiamo che la notte è "più notte", è più buia poco prima che incominci il giorno. Ma proprio in quel buio è Cristo che vince e che accende il fuoco dell'amore. La pietra del dolore è ribaltata lasciando spazio alla speranza. Ecco il grande mistero della Pasqua! In questa santa notte la Chiesa ci consegna la luce del Risorto, perché in noi non ci sia il rimpianto di chi dice "ormai...", ma la speranza di chi si apre a un presente pieno di futuro: Cristo ha vinto la morte, e noi con lui. La nostra vita non finisce davanti alla pietra di un sepolcro, la nostra vita va oltre con la speranza in Cristo che è risorto proprio da quel sepolcro. Come cristiani siamo chiamati ad essere sentinelle del mattino, che sanno scorgere i segni del Risorto, come hanno fatto le donne e i discepoli accorsi al sepolcro all'alba del primo giorno della settimana.

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5.0/5 (3 voti)

inviato da Qumran2, inserito il 17/06/2015

TESTO

6. Dentro di me c'è una sorgente   1

Etty Hillesum, Diario

Dentro di me c'è una sorgente molto profonda. E in quella sorgente c'è Dio. A volte riesco a raggiungerla, più sovente è coperta di pietra e di sabbia: allora Dio è sepolto, allora bisogna dissotterrarlo di nuovo.

ricerca di Diocercare Dio

5.0/5 (1 voto)

inviato da Qumran2, inserito il 16/06/2015

TESTO

7. Oltre l'idillio infranto

Valentino Salvoldi

S'infrange l'idillio del Natale.
Ora il tuo cupo presentimento, Madre,
prende corpo nella profezia:
"Tu, Bambino, sarai pietra di scandalo.
E a te, Donna, una spada trapasserà l'anima".

Pallida e pensosa guardi tuo Figlio
con ansioso stupore, gravido di sfide:
"Dovrà questo mio latte
nutrire il sangue stesso del mio Signore
per renderlo pietra d'inciampo,
causa di caduta per molti?"

Non pensare Madre al suo destino di morte.
Non riandare alla straziante profezia.
Non sentirti in colpa se, a volte,
dimentichi la sua divina natura.
Godilo come frutto del tuo ventre.

Rallegrati del tuo sposo Giuseppe,
che silenzioso, contempla
quanto tu assomigli a Dio
e allevia col suo amore la tua pena
mentre Gesù, sereno,
si nutre dal seno materno.

Scarica la raccolta completa di preghiere e testi di don Valentino Salvoldi

mariamadre di Dio

5.0/5 (1 voto)

inviato da Don Valentino Salvoldi, inserito il 16/06/2015

TESTO

8. Gesù Cristo è risorto!   1

Paolo VI, Domenica di Pasqua, 14 aprile 1974

Al mondo intero, attento o sordo che sia, gridiamo il nostro gaudio vivissimo: Gesù Cristo è risorto! Sì, egli vive. La pietra del suo sepolcro è rovesciata; un giorno lo sarà anche quella del nostro. Questa è la nostra gioia. E' la nostra vittoria. E' la nostra salvezza, ora oggetto della nostra speranza.

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5.0/5 (1 voto)

inviato da Qumran2, inserito il 26/03/2015

TESTO

9. Grazia a caro prezzo   3

Dietrich Bonhoeffer, Sequela

La grazia a buon mercato è grazia senza sequela, grazia senza croce, grazia senza Gesù Cristo vivo, incarnato.

Grazia a caro prezzo è il tesoro nascosto nel campo, per amore del quale l'uomo va a vendere con gioia tutto ciò che aveva; la pietra preziosa, per il cui valore il mercante dà tutti i suoi beni; la signoria regale di Cristo, per amore del quale l'uomo strappa da sé l'occhio che lo scandalizza; la chiamata di Gesù Cristo, per cui il discepolo abbandona le reti e si pone alla sua sequela.

Grazia a caro prezzo è il vangelo, che si deve sempre di nuovo cercare, il dono per cui si deve sempre di nuovo pregare, la porta a cui si deve sempre di nuovo bussare. È a caro prezzo, perché chiama alla sequela; è grazia, perché chiama alla sequela di Gesù Cristo; è a caro prezzo, perché costa all'uomo il prezzo della vita, è grazia, perché proprio in tal modo gli dona la vita; è a caro prezzo, perché condanna il peccato, è grazia, perché giustifica il peccatore.

La grazia è a caro prezzo soprattutto perché è costata cara a Dio, perché gli è costata la vita di suo Figlio «siete stati riscattati a caro prezzo» (1Cor 6,20) e perché non può essere a buon mercato per noi ciò che è costato caro a Dio. E' grazia soprattutto perché Dio non ha ritenuto troppo elevato il prezzo di suo Figlio per la nostra vita, ma lo ha dato per noi. Grazia a caro prezzo è l'incarnazione di Dio.

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5.0/5 (2 voti)

inviato da Qumran2, inserito il 12/08/2012

TESTO

10. Pasqua   1

Comunità di San Biagio, Subiaco

Pasqua è Gesù che ha detto:
Io sono la risurrezione e la vita.
È una parola che ti sorprende anche oggi;
anche oggi, se credi, rinnova i tuoi giorni.
Pasqua è Gesù che vince la morte:
ogni tipo di morte.
Pasqua è gridare con la Chiesa delle origini:
"O morte, dove è la tua vittoria?".
Pasqua è questa certezza:
"Noi siamo più che vincitori"
con Cristo Risorto.
Pasqua è la forte chiamata
a far morire l'egoismo
perché risorga l'amore.
Pasqua è dunque comprensione e compassione
misericordia e perdono
pazienza e longanimità
empatia e simpatia
accoglienza e dono di te,
azzerando ogni titubanza e paura.
Pasqua è la pietra dell'indifferenza
ribaltata dal cuore
e gettata lontano, molto lontano dal tuo vissuto.
Pasqua è la primavera dell'umile amore
che germoglia in preghiera
e promette i frutti dello Spirito:
gioia - soprattutto - e bontà.
Risorto ora con Cristo,
hai di nuovo il coraggio di sperare
cantando la vita
alla sua perenne sorgente
che è perenne novità.
Pasqua è far morire ogni morte
perché con Cristo Signore
tutta la vita risorga
in fede speranza e carità.

pasquarisurrezioneresurrezionesperanzarinascita

5.0/5 (2 voti)

inviato da Marcello Rosa, inserito il 24/06/2012

TESTO

11. Natale, il segreto del nulla

Don Angelo Saporiti, Commento al Natale

"Un albero il cui tronco si può a malapena abbracciare nasce da un minuscolo germoglio. Una torre alta nove piani incomincia con un mucchietto di terra. Un viaggio di mille miglia ha inizio sotto la pianta dei tuoi piedi".

Questa frase di Lao Tzu, filosofo cinese del sesto secolo prima di Cristo, mi fa pensare al segreto nascosto nella festa del Natale: nasce un bambino in un paesello minuscolo e pressoché sconosciuto, nasce e ha inizio una nuova storia per tutta l'umanità. Una storia di liberazione, di gioia, di meraviglia, di luce. Una storia così travolgente e affascinante da coinvolgere uomini e donne di ogni epoca. Una storia così irresistibile, da attirare anche noi, oggi. Tutto inizia da un bimbo fragile e inerme. Eppure questa inconsistente "nullità" di un neonato è diventata albero robusto, torre di pietra alta millenni, viaggio di popoli verso Dio e dimora stabile di Dio dentro l'umanità. Ogni cosa, anche la più grande, ha inizio da un "nulla" da uno "zero". Nella lingua ebraica "zerà" vuol dire sia "zero", sia "seme". In altre parole: noi siamo zero, ma nel nostro niente è nascosto il nostro tutto, proprio come in un seme. Che questo Natale sia segnato dalla disponibilità del sentirci "nulla", per essere invasi dal "tutto" di Dio.

nataleumiltàsperanza

5.0/5 (1 voto)

inviato da Don Angelo Saporiti, inserito il 09/12/2011

TESTO

12. Partecipi della Pasqua di Cristo

San Gregorio di Nazianzo, Discorso 45, 23-24

Saremo partecipi della Pasqua, presentemente ancora in figura,
ma fra non molto ne godremo di una più trasparente e più vera,
quando il Verbo festeggerà con noi la nuova Pasqua nel regno del Padre.
Offriamo ogni giorno a Dio noi stessi e tutte le nostre attività.
Con le nostre sofferenze imitiamo le sofferenze, cioè la passione di Cristo.
Siamo pronti a patire con Cristo e per Cristo.
Se sei Simone di Cirene, prendi la croce e segui Cristo.
Se sei il ladro e se sarai appeso alla croce, se cioè sarai punito,
fai come il buon ladrone e riconosci onestamente Dio,
che ti aspettava alla prova.
Egli fu annoverato tra i malfattori per te e per il tuo peccato,
e tu diventa giusto per lui.
Se sei Giuseppe d'Arimatèa, richiedi il corpo a colui che lo ha crocifisso,
assumi cioè quel corpo e rendi tua propria, così, l'espiazione del mondo.
Se sei Nicodemo, il notturno adoratore di Dio,
seppellisci il suo corpo e ungilo con gli unguenti di rito,
cioè circondalo del tuo culto e della tua adorazione.
E se tu sei una delle Marie, spargi al mattino le tue lacrime.
Fa' di vedere per prima la pietra rovesciata,
vai incontro agli angeli, anzi allo stesso Gesù.
Ecco che cosa significa rendersi partecipi della Pasqua di Cristo.

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4.5/5 (2 voti)

inviato da Qumran2, inserito il 19/04/2011

TESTO

13. Risurrezione

Ronald Stuart Thomas

Ci sono stati momenti in cui dopo ore passate in ginocchio in una chiesa fredda, una pietra è rotolata via dalla mia mente, e ho guardato dentro e ho visto le vecchie domande giacere piegate e messe in un angolo a parte, come il mucchio di panni funebri di un corpo d'amore risorto.

pasquaresurrezionepreghieraadorazionedomandericerca di sensosenso della vitadubbirisposte

1.0/5 (1 voto)

inviato da Qumran2, inserito il 15/04/2011

TESTO

14. L'anima di noi giovani

Suor Veronica Monica Novizia, Voce di Padre Pio, n. 3, marzo 2006

L'anima di noi giovani è come un'anfora fragile, basta un colpo di una piccola pietra perché l'anfora si frantumi come un sogno interrotto. Ma è solo il passare del tempo e delle tempeste che dà consistenza all'anima. Dio fa sempre irruzione tra le macerie dei nostri castelli in rovina e ci fa assaporare la sua presenza, ci fa gustare e intravedere che per la nostra vita c'è un altro destino che coincide con il suo progetto e la sua chiamata di infinito amore e tenerezza.

vitacamminogiovanigiovinezzacrescitaprogetto di Dio

5.0/5 (1 voto)

inserito il 15/01/2011

TESTO

15. Pietre vive

Origene, Omelie

Noi tutti che crediamo in Cristo siamo chiamati pietre vive.
O ascoltatore, per renderti più adatto alla costruzione di questo edificio spirituale, per ritrovarti, come pietra, più vicino al fondamento, sappi che Cristo stesso è il fondamento dell'edificio.
Ma nell'edificio della Chiesa deve esistere anche l'altare.
Perciò io penso che chiunque di voi, pietre vive, è adatto e pronto alla preghiera, appartiene a coloro con i quali Gesù edifica l'altare.

parrocchiadedicazionechiesacomunità

inviato da Don Tommaso Cuciniello, inserito il 03/09/2010

TESTO

16. Il rovescio della medaglia

Agata Fernandez Motzo

La strada di un bimbo:
un selciato
con un tappeto di sole.
Ogni pietra è baciata di luce
e non conosce ombra.
Ma la vita è come una medaglia
e se vai in altri paesi,
cambiando le coordinate, vedi il suo rovescio:
un piccino scheletrito, con pancione enorme
e lo sguardo smarrito.
E' un bimbo denutrito.
La sua flebile voce implorante
ormai è solo un lamento,
sulla strada non vede più il sole.
E' un bimbo che muore.
Ma ognuno ha fretta e non si cura
di una piccola, infelice creatura.
Con coraggio sfrontato si ostenta poi il vanto
di una ipocrita civiltà.
E, senza coerenza, si fa tacere la coscienza
con obbrobriosa assenza di pietà,
in un mondo corrotto, dove crede
di essere più accorto chi pensa soltanto a sé
e dove con accanimento infame
ogni giorno si spende per la guerra
e si massacra chi già muore di fame.
Per tutti i bimbi splenderebbe il sole
se un brivido scuotesse il cuore
di chi, vedendo languire un bimbo
nel freddo della morte,
sostituisse il proprio egoismo
con l'amore e in sé proiettasse
l'altrui sventurata sorte.

povertàricchezzagiustiziaingiustiziamondofame nel mondomondialitàcaritàamore

5.0/5 (1 voto)

inviato da Agata Fernandez Motzo, inserito il 26/08/2010

TESTO

17. La famiglia   1

Chiara Lubich

Natale è la festa della famiglia.

Ma dov'è nata la più straordinaria famiglia se non nella grotta di Betlemme? E' lì, con la nascita del Bambino, che essa ha avuto origine. E' lì che si è sprigionato per la prima volta nel cuore di Maria e di Giuseppe l'amore per un terzo membro: il Dio fatto bambino.

La famiglia: ecco una parola che contiene un immenso significato, ricco, profondo, sublime e semplice, soprattutto reale. La famiglia o c'è o non c'è.

Atmosfera di famiglia è atmosfera di comprensione, di distensione serena; atmosfera di sicurezza, di unità, di amore reciproco, di pace che prende i suoi membri in tutto il loro essere.

Vorrei che questo Natale incidesse a caratteri di fuoco nei nostri animi questa parola: famiglia.

Una famiglia i cui membri, partendo dalla visione soprannaturale, e cioè vedendo Gesù gli uni negli altri, arrivano fino alle espressioni più concrete e semplici, caratteristiche di una famiglia. Una famiglia i cui fratelli non hanno un cuore di pietra ma di carne, come Gesù, come Maria, come Giuseppe.

Vi sono fra essi coloro che soffrono per prove spirituali? Occorre comprenderli come e più di una madre. Illuminarli con la parola o con l'esempio. Non lasciar mancare, anzi accrescere attorno a loro il calore della famiglia.

Vi sono tra essi coloro che soffrono fisicamente? Siano i fratelli prediletti. Bisogna patire con loro. Cercare di comprendere fino in fondo i loro dolori.

Vi sono coloro che muoiono? Immaginate di essere al loro posto e fate quanto desiderereste fosse fatto a voi fino all'ultimo istante.

C'è qualcuno che gode per una conquista o per un qualsiasi motivo? Godete con lui, perché la sua consolazione non sia contristata e l'animo non si chiuda, ma la gioia sia di tutti.

C'è qualcuno che parte? Non lasciarlo andare senza avergli riempito il cuore di una sola eredità: il senso della famiglia, perché lo porti con sé.

E dove si va per portare l'Ideale di Cristo, nulla si potrà fare di meglio che cercare di creare con discrezione, con prudenza, ma con decisione, lo spirito di famiglia.

Esso è uno spirito umile, vuole il bene degli altri, non si gonfia....è la carità vera, completa.

Insomma, se io dovessi partire da voi, lascerei che Gesù in me vi ripetesse: "Amatevi a vicenda... affinché tutti siano uno".

famiglianataleGesùMariaGiuseppegenitorifiglicondivisionesanta famiglia

5.0/5 (1 voto)

inviato da Franco Canzian, inserito il 24/11/2009

TESTO

18. Uno per uno fa sempre uno. Verso la Pasqua, casa della Trinità   1

Tonino Bello, Omelie e scritti quaresimali, vol.II, Ediz. Archivio Diocesano Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi e Luce e vita, Molfetta, 1994, pagg.336-338

Carissimi fratelli,

l'espressione me l'ha suggerita don Vincenzo, un prete mio amico che lavora tra gli zingari, e mi è parsa tutt'altro che banale.

Venne a trovarmi una sera nel mio studio e mi chiese che cosa stessi scrivendo. Gli dissi che ero in difficoltà perché volevo spiegare alla gente (ma in modo semplice, così che tutti capissero) un particolare del mistero della Santissima Trinità: e cioè che le tre Persone divine sono, come dicono i teologi con una frase difficile, tre relazioni sussistenti.

Don Vincenzo sorrise, come per compatire la mia pretesa e comunque, per dirmi che mi cacciavo in una foresta inestricabile di problemi teologici. Io, però, aggiunsi che mi sembrava molto importante far capire queste cose ai poveri, perché, se il Signore ci insegnato che, stringi stringi, il nucleo di ogni Persona divina consiste in una relazione, qualcosa ci deve essere sotto.

E questo qualcosa è che anche ognuno di noi, in quanto persona, stringi stringi, deve essere essenzialmente una relazione. Un io che si rapporta con un tu. Un incontro con l'altro. Al punto che, se dovesse venir meno questa apertura verso l'altro, non ci sarebbe neppure la persona. Un volto, cioè, che non sia rivolto verso qualcuno non è disegnabile...

Colsi l'occasione per leggere al mio amico la paginetta che avevo scritto. Quando terminai, mi disse che con tutte quelle parole, la gente forse non avrebbe capito nulla. Poi aggiunse: "Io ai miei zingari sai come spiego il mistero di un solo Dio in tre Persone? Non parlo di uno più uno più uno: perché così fanno tre. Parlo di uno per uno per uno: e così fa sempre uno. In Dio, cioè, non c'è una Persona che si aggiunge all'altra e poi all'altra ancora. In Dio ogni Persona vive per l'altra.

E sai come concludo? Dicendo che questo è uno specie di marchio di famiglia. Una forma di ‘carattere ereditario' così dominante in ‘casa Trinità' che, anche quando è sceso sulla terra, il Figlio si è manifestato come l'uomo per gli altri".

Quando don Vincenzo ebbe finito di parlare, di fronte a così disarmante semplicità, ho lacerato i miei appunti.

Peccato: perché, tra l'altro, avevo scritto delle cose interessanti. Per esempio: che l'uomo è icona della Trinità ("facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza") e che pertanto, per quel che riguarda l'amore, è chiamato a riprodurre la sorgività pura del Padre, l'accoglienza radicale del Figlio, la libertà diffusiva dello Spirito.

Ero ricorso anche a ingegnose immagini, come quella del pozzo di campagna la cui acqua sorgiva viene accolta in una grande vasca di pietra e di qui, in mille rigagnoli, va a irrigare le zolle.

Ma forse don Vincenzo aveva ragione: avrei dovuto spiegare molte cose. Sicché ho preferito trattenere questa sola idea: che, come le tre Persone divine, anche ogni persona umana è un essere per, un rapporto o, se è più chiaro, una realtà dialogica. Più che interessante, cioè, deve essere inter-essente.

* * *

Cari fratelli, lo so che la Trinità è molto più che una formula esemplare per noi, e che non è lecito comprimerne la ricchezza alla semplice funzione di analogia. Ma se oggi c'è un insegnamento che dobbiamo apprendere con urgenza da questo mistero, è proprio quello della revisione dei nostri rapporti interpersonali.

Altro che "relazioni". L'acidità ci inquina. Stiamo diventando corazze. Più che luoghi d'incontro, siamo spesso piccoli centri di scomunica reciproca. Tendiamo a chiuderci. La trincea ci affascina più del crocicchio. L'isola sperduta, più dell'arcipelago. Il ripiegamento nel guscio, più della esposizione al sole della comunione e al vento della solidarietà. Sperimentiamo la persona più come solitario auto-possesso, che come momento di apertura al prossimo. E l'altro, lo vediamo più come limite del nostro essere, che come soglia dove cominciamo a esistere veramente.

Coraggio.

Irrompe la Pasqua!

E' il giorno dei macigni che rotolano via dall'imboccatura dei sepolcri. E' l'intreccio di annunci di liberazione, portati da donne ansimanti dopo lunghe corse sull'erba. E' l'incontro di compagni trafelati sulla strada polverosa. E' il tripudio di una notizia che si temeva non potesse giungere più e che corre di bocca in bocca ricreando rapporti nuovi tra vecchi amici. E' la gioia delle apparizioni del Risorto che scatena abbracci nel cenacolo. E' la festa degli ex-delusi della vita, nel cui cuore all'improvviso dilaga la speranza.

Che sia anche la festa in cui il traboccamento della comunione venga a lambire le sponde della nostra isola solitaria.

Vostro

+ don Tonino, Vescovo

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inviato da Qumran2, inserito il 18/07/2009

TESTO

19. Ti chiedi

Mariangela Forabosco

Ti chiedi: Chi ascolta l'urlo di dolore della madre
che, straziata, abbraccia la bara del figlio esploso nel treno di Madrid?
Non temere!
Quell'urlo straziante si è unito all'urlo di dolore del Crocifisso,
è penetrato nel sepolcro nero della morte,
è stato mutato in un perenne canto di vita.

Ti chiedi: Chi mai potrà asciugare le lacrime del bambino violato,
dell'adolescente incompreso, del ragazzo in fuga, del genitore provato?
Non temere!
Non c'è pianto, ormai, non c'è lacrima
che non passi per quel Volto sfregiato di Crocifisso,
che non scenda nella muta tomba,
che non venga amorevolmente asciugata dal Risorto.

Ti chiedi: Chi potrà placare la paura della gente per la ragnatela di violenza
che, viscida e insidiosa, avviluppa l'umanità?
Non temere!
La paura è trasudata in sangue nella notte del Getsemani,
urlata al Cielo dalla Croce, rinchiusa da una pietra nel sepolcro,
vinta per sempre dall'esultante coraggio della vita.

Ti chiedi: Chi potrà mai raccogliere i lamenti degli ultimi,
il dolore violento dell'anima e del corpo, le sofferenze di ogni creatura?
Non temere!
Ogni minimo tuo dolore, tutto il dolore
è stato fatto proprio dalla carne martoriata del Cristo crocifisso,
è stato fasciato dal suo sudario,
è trasfigurato per sempre dalla luce immortale del Risorto!

dolorepaurapiantovitacrocifissorisorto

5.0/5 (1 voto)

inviato da Mariangela Forabosco, inserito il 02/06/2009

TESTO

20. C'ero anch'io...   3

Mariangela Forabosco

C'ero anch'io, Signore Gesù, quella notte, nel giardino del Getsemani!
Ero lì, con i tuoi Apostoli ancora sconvolti per tutto quello che ti avevano sentito dire, quella sera; per quei piedi lavati proprio da te, il Maestro; per quel incomprensibile, straziante annuncio della tua imminente morte!

Ero lì, e ti ho visto piangere lacrime e sudare sangue, ti ho sentito implorare il Padre tuo di allontanare l'amaro calice della passione che sentivi vicino...io non capivo!

Avrei voluto inginocchiarmi accanto a te, sulle pietre aguzze, asciugare il tuo sudore di sangue, accarezzare il tuo volto sconvolto, implorarti di fuggire lontano, di metterti in salvo dalla crudeltà degli uomini, ma ti ho sentito dire:" Non sia fatta la mia, ma la tua volontà, Padre"!
Il peso di queste parole è stato troppo grande, per me: ti ho lasciato solo, mi sono allontanata e ho dormito, insieme ai tuoi apostoli.
Ti ho lasciato solo!

C'ero anch'io, Signore Gesù, quel mattino, nel pretorio di Pilato!
Ero lì, e sentivo la folla rumoreggiare, fuori; erano come impazziti, tanto da scegliere, urlando, la liberazione di Barabba e la tua condanna.

Ero lì, quando i soldati ti legavano alla colonna; ero lì, quando i flagelli incidevano la tua carne, quando la tua schiena si inarcava per il dolore atroce. Avrei voluto strappare di mano ai soldati quelle fruste che si accanivano sulla tua carne innocente, avrei voluto liberare quelle tue mani che avevano portato sollievo a tante persone, avrei voluto gridare la mia rabbia per tanto strazio, ma non ho saputo fare altro che rintanarmi in un cantuccio nascosto: ho avuto paura di svelare apertamente il mio amore per te, avevo paura di essere riconosciuta come tua sorella, tua amica e mi sono nascosta.
Ti ho lasciato solo!

C'ero anch'io, Signore Gesù, quel mattino, nel cortile del pretorio, quando Pilato ti consegnò ai soldati per la crocifissione!

Ero lì, quando l'intera coorte iniziò a torturare il tuo corpo martoriato dalla flagellazione. Ti rivestirono di porpora e, intrecciata una corona con pungentissime spine, te la conficcarono nel capo, profondamente; si inginocchiavano davanti a te, uomo dei dolori, dicendoti:"Salve, re dei Giudei!", e ti sputavano addosso e continuavano a percuotere il tuo corpo straziato.

Avrei voluto strappare spina per spina dal tuo capo, avrei voluto liberare il tuo santo corpo da tanta crudeltà, avrei voluto gridare a tutti che si ricordassero quante parole sananti avevi pronunciato, quanti peccati avevi perdonato, con quelle labbra ora tumefatte e sanguinanti. Invece, ancora una volta mi sono nascosta dietro le mie paure, la mia voglia di quieto vivere, la tentazione di non impicciarmi, di non rischiare, e sono fuggita.
Ti ho lasciato solo!

C'ero anch'io, Signore Gesù, quando, carico della croce, percorrevi la via che portava al luogo del supplizio. Tanta gente urlava, ai lati, e ti scherniva: erano gli stessi che la domenica delle Palme stendevano i loro mantelli sotto i tuoi passi e ti chiamavano "Figlio di Davide".

Ero lì, quando cadevi sotto il peso di quel legno! Avrei voluto togliertelo di dosso, asciugarti il volto come ha fatto la Veronica, offrirti dell'acqua, gridarti il mio dolore e la rabbia che provavo nel vederti sopportare così passivamente tanta crudeltà. Invece, non ho trovato il coraggio di farmi riconoscere; ho preferito assistere al tuo martirio senza compromettermi troppo.
Ti ho lasciato solo!

C'ero anch'io, Signore Gesù, quando i colpi del martello risuonavano nell'universo e il Figlio di Dio veniva inchiodato ad una croce, tra due malfattori. Ero lì, quando, ormai allo stremo, trovavi la forza di perdonare i tuoi carnefici "perché non sanno quello che fanno": così hai detto!

Ero lì, quando hai consegnato tua Madre a Giovanni e Giovanni a tua Madre; c'ero anch'io, in quella consegna; c'ero anch'io, in quel perdono; c'era anche la mia salvezza, in quel "tutto è compiuto"! Avrei voluto abbracciare quella croce, che tratteneva il tuo corpo ormai senza vita; avrei voluto strappare di mano la spada che ti ha trafitto il costato; avrei voluto dare la mia vita per la tua, ma, ormai, era troppo tardi, tutto era irrimediabilmente finito!

C'ero anch'io, Signore Gesù, davanti al sepolcro vuoto, quel mattino del primo giorno della settimana! Ero lì, con le altre donne, con Pietro, con Giovanni, con la Maddalena, a guardare stupita la pietra rimossa, le bende piegate, a chiedermi dove fosse il mio Signore.

Ero lì, e non capivo, perché la mia fede era provata duramente dalla tua morte, ma anche perché sapevo di averti lasciato solo, e il mio cuore mi suggeriva rimorso e rimpianto.

Ero lì, e piangevo e avrei voluto ancora una volta fuggire lontano, nascondermi al mio stesso dolore, consapevole che avevo cercato tanto il mio Signore, ma che la mia paura me l'aveva fatto perdere per sempre! Ed ecco che, improvvisamente, quando stavo per andarmene, sconsolata, ho sentito una voce dolcissima chiamarmi per nome: era la tua voce, Signore Gesù!

Eri tornato, eri vivo, eri lì, davanti a me; eri venuto a cercarmi e mi avevi trovata. I miei abbandoni, i miei tradimenti li hai presto dimenticati; hai voluto dirmi che tu sei il vivente, che non mi lascerai mai, che la morte è vinta per sempre ed io sto partecipando, insieme a tutta la creazione, alla tua risurrezione.

Cristo è risorto, alleluia!

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inviato da Mariangela Forabosco, inserito il 21/03/2008

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