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RACCONTO

1. La saggezza in un cioccolato caldo   5

Un gruppo di laureati, affermati nelle loro carriere, discutevano sulle loro vite durante una riunione. Decisero di fare visita al loro vecchio professore universitario, ora in pensione, che era sempre stato un punto di riferimento per loro. Durante la visita, si lamentarono dello stress che dominava la loro vita, il loro lavoro e le relazioni sociali.

Volendo offrire ai suoi ospiti un cioccolato caldo, il professore andò in cucina e ritornò con una grande brocca e un assortimento di tazze. Alcune di porcellana, altre di vetro, di cristallo, alcune semplici, altre costose, altre di squisita fattura. Il professore li invitò a servirsi da soli il cioccolato.

Quando tutti ebbero in mano la tazza con il cioccolato caldo il professore espose le sue considerazioni:

- Noto che son state prese tutte le tazze più belle e costose, mentre son state lasciate sul tavolino quelle di poco valore. La causa dei vostri problemi e dello stress è che per voi è normale volere sempre il meglio. La tazza da cui state bevendo non aggiunge nulla alla qualità del cioccolato caldo. In alcuni casi la tazza è molto bella mentre alcune altre nascondono anche quello che bevete. Quello che ognuno di voi voleva in realtà era il cioccolato caldo. Voi non volevate la tazza... Ma voi consapevolmente avete scelto le tazze migliori. E subito, avete cominciato a guardare le tazze degli altri.

Ora amici vi prego di ascoltarmi. La vita è il cioccolato caldo... il vostro lavoro, il denaro, la posizione nella società sono le tazze. Le tazze sono solo contenitori per accogliere e contenere la vita. La tazza che avete non determina la vita, non cambia la qualità della vita che state vivendo. Qualche volta, concentrandovi solo sulla tazza, voi non riuscite ad apprezzare il cioccolato caldo che Dio vi ha dato. Ricordatevi sempre questo: Dio prepara il cioccolato caldo, egli non sceglie la tazza.
La gente più felice non ha il meglio di ogni cosa, ma apprezza il meglio di ogni cosa che ha!
Vivere semplicemente.
Amare generosamente.
Preoccuparsi profondamente.
Parlare gentilmente.
Lasciate il resto a Dio.
E ricordatevi: La persona più ricca non è quella che ha di più, ma quella che ha bisogno del minimo.
Godetevi il vostro caldo cioccolato!



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inviato da Qumran2, inserito il 29/09/2009

RACCONTO

2. Il monaco e la brocca

dagli Apoftegmi dei Padri del deserto

C'era un monaco che viveva da parecchi anni in un monastero: giovane esuberante e facoltoso, aveva lasciato ogni cosa per diventare santo.

Prima aveva le mani come l'avorio, ora incallite come le squame dei coccodrilli; prima il suo volto era liscio e rasato, la sua capigliatura lucida di unguenti, la sua toga adorna di fermagli d'argento: ora, tosato come una pecora, portava sotto la tonaca un duro cilicio. Aveva sì domato la carne, ma una passione ancora resisteva tenace: la tendenza ad adirarsi.

Se un fratello nel mietere lasciava indietro una spiga, subito gli strappava di mano la falce con gesto iracondo. Se al vicino di stallo sfuggiva una nota falsa nel coro, arrotava i denti e gli allungava una gomitata.

Un giorno si presentò all'Abate: "Padre - gli disse - ben vedo che non sono fatto per vivere con i fratelli: trovo in loro continue occasioni di peccato. Io mi figuravo che i monaci fossero tutti perfetti, invece mi sono d'inciampo. Mi ritirerò nel deserto, al di là del fiume. Laggiù, solo con Dio, non avrò più occasione di adirarmi". E trascurando gli ammonimenti dell'Abate, prese con sé una brocca per attingere acqua dal fiume e se ne partì.

Sdraiato sulla tiepida arena, dormì il più bel sonno di vita sua. Poi cantò i suoi dodici salmi senza una nota stonata, e pregò con fervore. Com'era quieto e felice in quella solitudine, in quel silenzio!

Ora occorreva andare al fiume per attingere acqua. Andò e tornò, salmeggiando quasi come in estasi. Ma - che è che non è - la brocca si rovesciò, e giù tutta l'acqua a correre per l'arena. "Pazienza!" disse il monaco, e rifece la via andata e ritorno, quieto come l'olio, meditando sulla morte.

Posò a terra la brocca, e di nuovo quella gli sfuggì di mano. Vi rimase un po' di umidore, ma dentro neppure una goccia. "Maledizione! Cos'è mai questo? Il diavolo mi vuole tentare. Orsù, pazienza!". Trafelato, riprende la via, attinge e fa ritorno. E la brocca rotola a terra una terza volta. "Maledetta sii tu! Vattene al diavolo!". Una pedata furiosa e la brocca va in cento pezzi.

Sferra calci ai frantumi, e solleva un polverone di sabbia. Il povero giovane ha capito, e torna piangendo al monastero. "Padre mio, mea culpa!" dice all'Abate. "Ho rotto la brocca a furia di calci: ecco qua i cocci. La causa delle mie collere non è la compagnia dei fratelli: il nemico (e si picchiava il petto) è qui dentro".

male nel cuorepeccatoira

inserito il 08/05/2002