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RACCONTO

1. La storia del re folle   1

Paolo Coelho, Efficacemente.com

Un potente stregone, con l'intento di distruggere un regno, versò una pozione magica nel pozzo dove bevevano tutti i sudditi. Chiunque avesse toccato quell'acqua, sarebbe diventato matto.

Il mattino seguente l'intera popolazione andò al pozzo per bere. Tutti impazzirono, tranne il re, che possedeva un pozzo privato per sé e per la famiglia, al quale lo stregone non era riuscito ad arrivare. Preoccupato, il sovrano tentò di esercitare la propria autorità sulla popolazione, promulgando una serie di leggi per la sicurezza e la salute pubblica. I poliziotti e gli ispettori, che avevano bevuto l'acqua avvelenata, trovarono assurde le decisioni reali e decisero di non rispettarle.

Quando gli abitanti del regno appresero il testo del decreto, si convinsero che il sovrano fosse impazzito, e che pertanto ordinasse cose prive di senso. Urlando si recarono al castello chiedendo l'abdicazione. Disperato, il re si dichiarò pronto a lasciare il trono, ma la regina glielo impedì, suggerendogli: - Andiamo alla fonte, e beviamo quell'acqua. In tal modo saremo uguali a loro -. E così fecero: il re e la regina bevvero l'acqua della follia e presero immediatamente a dire cose prive di senso. Nel frattempo, i sudditi si pentirono: adesso che il re dimostrava tanta saggezza, perché non consentirgli di continuare a governare?

La calma regnò nuovamente nel paese, anche se i suoi abitanti si comportavano in maniera del tutto diversa dai loro vicini. E così il re poté governare sino alla fine dei suoi giorni.

Vuoi essere un re tra i folli o preferisci inseguire i tuoi sogni?
Questa storia trasmette due messaggi:

Il fatto che tu sia l'unico a pensarla così non fa necessariamente di te un pazzo.

Arrenderci o inseguire i nostri sogni è una nostra scelta.

conformismounicitàcoraggiopauradeterminazionesognivolontà

5.0/5 (1 voto)

inserito il 03/02/2016

RACCONTO

2. Il tale che odiava gli stranieri   5

Paolo Correzzola

In una città viveva un tale che odiava gli stranieri, riteneva che non fossero degni di godere del nostro stesso benessere, e un giorno usò tutto il suo potere per cacciarli via.

Ma non trovò pace, perché odiava anche chi proveniva dalle altre regioni, e così mandò via anche loro, perché riteneva che la sua regione fosse più "virtuosa" delle altre.

Ma non trovò pace, perché odiava anche i disabili e gli handicappati, e ritenendoli solo un peso per la società, mandò via anche loro.

Non trovando pace, mandò via chi aveva un'opinione politica diversa dalla sua, chi faceva il tifo per una squadra di calcio diversa dalla sua, e chi aveva gusti musicali diversi dai suoi.

Infine quel tale rimase solo, e visse un lungo periodo di solitudine e di meditazione.

Alla fine riuscì a comprendere che il problema non erano "gli altri", ma era lui stesso, incapace di convivere con chi ha cultura, religione, opinioni e gusti diversi dai suoi, e che l'uomo, senza le diversità rimane solo.

solitudineconvivenzadiversitàtolleranzaaccoglienzaapertura

2.0/5 (1 voto)

inviato da Paolo Correzzola, inserito il 08/07/2011

RACCONTO

3. Il problema degli altri   3

Paolo Coelho

C'era una volta un saggio molto conosciuto, che viveva su una montagna dell'Himalaya. Stanco della convivenza con gli uomini, aveva scelto una vita semplice, e passava la maggior parte del tempo meditando.

La sua fama, però, era così grande che la gente era pronta pronta ad affrontare strade anguste, ad arrampicarsi su colline ripide, a oltrepassare fiumi copiosi solo per conoscere quel sant'uomo, che tutti credevano fosse capace di risolvere qualsiasi angoscia del cuore umano.

Il saggio, essendo un uomo molto compassionevole, elargiva un consiglio qui, un altro lì, ma cercava di liberarsi subito dei visitatori indesiderati. Essi, comunque, si presentavano a gruppi sempre più numerosi, e un giorno una folla bussò alla sua porta, dicendo che sul giornale locale erano state pubblicate delle storie bellissime su di lui, e tutti erano sicuri che lui sapesse come superare le difficoltà della vita.

Il saggio non fece commenti e chiese loro di sedersi e aspettare. Trascorsero tre giorni, e arrivò altra gente. Quando non ci fu più posto per nessun altro, egli si rivolse alla popolazione che si trovava davanti alla sua porta.

"Oggi vi darò la risposta che tutti desiderate. Ma voi dovete promettere che, non appena i vostri problemi saranno risolti, direte ai nuovi pellegrini che mi sono trasferito altrove, così che io possa continuare a vivere nella solitudine cui tanto anelo. Gli uomini e le donne fecero un giuramento solenne: se il saggio avesse compiuto quanto promesso, essi non avrebbero permesso a nessun altro pellegrino di salire sulla montagna. Raccontatemi i vostri problemi", disse il saggio.

Qualcuno cominciò a parlare, ma fu subito interrotto da altre persone - poiché tutti sapevano che quella era l'ultima udienza pubblica che il sant'uomo avrebbe concesso, temevano che non avrebbe avuto il tempo di ascoltarli. Qualche minuto dopo, si era creata una grande confusione, con tante voci che urlavano nello stesso tempo, gente che piangeva, uomini e donne che si strappavano i capelli per la disperazione, perché era impossibile farsi sentire.

Il saggio lasciò che la situazione si prolungasse per un po', finché urlò: "Silenzio!". La folla si azzittì immediatamente. "Scrivete i vostri problemi e posate i fogli di carta davanti a me".

Quando tutti ebbero terminato, il saggio mescolò tutti i fogli in una cesta, chiedendo poi: "Fate passare tra voi questa cesta, e che ciascuno prenda il foglio che si trova sopra e legga ciò che vi è scritto. Potrete scegliere se cominciare ad avere il problema che vi troverete scritto oppure potrete richiedere indietro il vostro problema a chi gli è capitato nel sorteggio".

Ciascuno dei presenti prese uno dei fogli, lesse e rimase terrificato. Ne conclusero che ciò che avevano scritto, per peggiore che fosse, non era tanto serio come il problema che affliggeva il vicino. Due ore dopo, si scambiarono i fogli e ciascuno si rimise in tasca il proprio problema personale, sollevato nel sapere che il proprio problema non era poi tanto grave quanto immaginava.

Tutti furono grati per la lezione, scesero giù dalla montagna con la certezza di essere più felici degli altri e, rispettando il giuramento fatto, non permisero più a nessuno di turbare la pace del sant'uomo.

accettazionedoloregioiafaticacondivisioneproblemicrocesofferenza

5.0/5 (4 voti)

inviato da Lisa, inserito il 08/07/2011

RACCONTO

4. Fractio panis   1

Paolo Farinella, Carmelo oggi, Lettera da Erika

A Berna, un'anziana signora ultra-ottantenne, essendo rimasta sola e non avendo voglia di cucinare solo per se stessa, si reca tutti i giorni a pranzare alla Migros, una catena di ristoranti self-service. Quel giorno decide di mangiare un bel minestrone di verdura. Prende un vassoio, riempie il piatto di minestrone, va alla cassa a pagare e prende posto ad un tavolo vuoto. Si siede, ma al momento di mangiare si accorge di non aver preso un cucchiaio per mangiare il minestrone.

Si alza, va alla cassa dove ci sono le posate, prende un cucchiaio e ritorna al suo tavolo, ma... lì seduto c'è un ragazzo africano che sta mangiando il suo minestrone! Sul momento la signora s'indigna e vorrebbe andare dal ragazzo a dirgli di tutto, ma poi pensa che, certamente, quell'emigrato l'ha fatto per fame e, passata la rabbia, decide di sedersi davanti al ragazzo e, senza dirgli nulla, incomincia a mangiare anche lei il minestrone. Il ragazzo africano la guarda stupito, ma lei gli sorride, lui le sorride e continuano a mangiare il minestrone: un cucchiaio lei, un cucchiaio lui... Finito il minestrone il ragazzo si alza, va al banco dei primi piatti, prende un piatto di fettuccine alla bolognese, prende due forchette e torna al tavolo.

Dà una forchetta alla vecchia signora, si siede davanti a lei e incominciano a mangiare le fettuccine, sorridendo: una forchettata lei, una forchettata lui... Terminate le fettuccine il ragazzo africano si alza, fa un sorriso alla signora e se ne va. La signora, contenta per aver fatto un'opera buona, si gira sorridendo, per salutarlo e... ad un tavolo vicino, dietro di lei, vede un vassoio con sopra un piatto di minestrone... Il suo piatto!

Forse alla fine la signora avrà riflettuto: chi veramente ha fatto un dono... e... a chi? Era uscita per comprare regali, ma tornava a casa con l'impressione di avere ricevuto lei qualcosa di speciale!

condivisionecarità

5.0/5 (1 voto)

inviato da Laura Baravelli, inserito il 24/01/2011

RACCONTO

5. Il cielo e l'inferno   3

Paolo Coelho

Un uomo, il suo cavallo e il suo cane camminavano lungo una strada. Mentre passavano accanto a un albero gigantesco, si abbatté un fulmine e morirono tutti fulminati.
Ma l'uomo non si accorse di avere ormai lasciato questo mondo e continuò a camminare con i suoi due animali. A volte occorre del tempo perché i morti si rendano conto della loro nuova condizione.
Era una camminata molto lunga, su per la collina, il sole era forte e loro erano tutti sudati e assetati. Avevano disperatamente bisogno di acqua. A una curva della strada, avvistarono un magnifico portone, tutto di marmo, che conduceva a una piazza pavimentata con blocchi d'oro, al centro della quale c'era una fontana da cui sprizzava dell'acqua cristallina.
Il viandante si rivolse all'uomo che sorvegliava l'entrata.

- Buongiorno.
- Buongiorno - rispose l'uomo.
- Che posto è mai questo, così meraviglioso?
- Qui è il Cielo.
- Che bello essere arrivati nel cielo, abbiamo molta sete.
- Lei può entrare e bere a volontà.
E il guardiano indicò la fontana.
- Anche il mio cavallo e il mio cane hanno sete.
- Mi spiace molto, ma qui non è permessa l'entrata di animali.

L'uomo ne rimase assai deluso, perché aveva molta sete, ma non avrebbe mai bevuto da solo. Ringraziò e proseguì. Dopo aver camminato a lungo, ormai esausti, arrivarono in un luogo la cui entrata era segnata da una vecchia porta, che si apriva su di un sentiero sterrato, fiancheggiato da alberi.
All'ombra di uno degli alberi, c'era un uomo sdraiato, con il capo coperto da un cappello, che probabilmente stava dormendo.

- Buongiorno - disse il viandante.
L'uomo fece un cenno con il capo.
- Abbiamo molta sete, il mio cavallo, il mio cane e io.
- C'è una fonte tra quelle pietre - disse l'uomo indicando un posto. - Potete bere a volontà.
L'uomo, il cavallo e il cane si avvicinarono alla fonte e ammazzarono la sete. Poi, l'uomo tornò indietro per ringraziare.
- A proposito, come si chiama questo posto?
- Cielo.
- Cielo? Ma il guardiano del portone di marmo ha detto che il cielo era là!
- Quello non è il cielo, quello è l'inferno.
Il viandante rimase perplesso.
- Voi dovreste evitarlo! Una tale informazione falsa causerà grandi confusioni!
L'uomo sorrise:
- Assolutamente no. In realtà, ci fanno un grande favore. Perché laggiù rimangono tutti quelli che sono capaci di abbandonare i loro migliori amici.

amiciziaparadisoinfernoegoismoaltruismoapertura

4.3/5 (3 voti)

inviato da Lisa, inserito il 26/06/2010

RACCONTO

6. La storia della matita   5

Paolo Coelho

Il bambino guardava la nonna che stava scrivendo una lettera. Ad un certo punto, le domandò: "Stai scrivendo una storia che è capitata a noi? E che magari parla di me".

La nonna interruppe la scrittura, sorrise e disse al nipote: "E' vero, sto scrivendo qualcosa di te. Tuttavia, più importante delle parole è la matita con la quale scrivo. Vorrei che la usassi tu, quando sarai cresciuto".

Incuriosito il bimbo guardò la matita senza trovarvi alcunché di speciale.

"Ma è uguale a tutte le altre matite che ho visto nella mia vita!".

"Dipende tutto dal modo in cui guardi le cose. Questa matita possiede cinque qualità: se riuscirai a trasporle nell'esistenza, sarai sempre una persona in pace con il mondo.

Prima qualità: puoi fare grandi cose, ma non devi mai dimenticare che esiste una mano che guida i tuoi passi."Dio": ecco come chiamiamo questa mano! Egli deve condurti sempre verso la sua volontà.

Seconda qualità: di tanto in tanto, devo interrompere la scrittura e usare il temperino. E' un'azione che provoca una certa sofferenza alla matita ma, alla fine, essa risulta più appuntita. Ecco perché devi imparare a sopportare alcuni dolori: ti faranno diventare un uomo migliore.

Terza qualità: il tratto della matita ci permette di usare una gomma per cancellare ciò che è sbagliato. Correggere è un'azione o un comportamento non è necessariamente qualcosa di negativo: anzi, è importante per riuscire a mantenere la retta via della giustizia.

Quarta qualità: ciò che è realmente importante nella matita non è il legno o la sua forma esteriore, bensì la grafite della mina racchiusa in essa. Dunque, presta sempre attenzione a quello che accade dentro di te.

Ecco la quinta qualità della matita: essa lascia sempre un segno. Allo stesso modo, tutto ciò che farai nella vita lascerà una traccia: di conseguenza, impegnati per avere piena coscienza di ogni tua azione".

vitaviverepaceimpegnoresponsabilitàsofferenzacamminocrescitainterioritàesterioritàrapporto con Diocorrezione

5.0/5 (3 voti)

inviato da Raffaella Pisanti, inserito il 07/09/2008