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TESTO

161. Quel catino di acqua sporca   1

don Giuseppe Salvioni

Accanto al fonte della vita nuova, la Pasqua ci consegna anche un catino d'acqua sporca. ne ha fatto uso il maestro e nessuno ancora lo ha tolto dalla a tavola curandosi di svuotarlo. I discepoli intimoriti, tornando al cenacolo, si sono abbracciati attorno a questa icona del servizio lasciandola lì nel bel mezzo delle loro incerte discussioni.

Anche noi potremmo immaginare quel recipiente sul nostro altare tra le tovaglie ben stirate, i fiori freschi e il cero pasquale: è la memoria dell'ultimo gesto stravagante del nostro giovane Rabbi.

Quando mi domando come sia possibile far innamorare un giovane a Gesù Cristo mi viene in mente la reliquia del catino...

Quel catino è la freschezza di un uomo che quando è a tavola non ce lo si può trattenere seduto a lungo. L'ultima cena non si è risolta nell'ultima abbuffata: quell'Eucarestia ha nutrito i cuori ma non ha appesantito i corpi perché Gesù si è alzato per lavare i piedi come un servo. Il catino con l'acqua sporca ci invita chiaramente a metterci scomodi prendendoci cura degli altri senza indugiare alla "tavola delle lunghe discussioni", senza intrattenerci in quei festeggiamenti dello "stiamo bene tra noi" che odorano di tradimento.

Solo chi è scattante e sa alzarsi da tavola impara a lasciare il posto ad altri, ai più giovani perché è convinto che di pane ce n'è per tutti.

Quel catino è la scioltezza e l'equilibrio di mani allenate ad accarezzare. Ad uno ad uno tutti i piedi dei discepoli hanno provato il ristoro di quel tratto di cui solo l'artista che li ha plasmati è capace. Un corpo agile e disinvolto quello del maestro abituato a nutrire di intelligenza le sue parole ma anche di armoniosa sapienza i suoi movimenti.

Questo equilibrio ci vuole nel chinarsi e rialzarsi senza rovesciare a terra il contenuto di quella bacinella. Il catino con l'acqua sporca ci racconta di poche parole e di tanti piccoli gesti precisi e geniali... insomma un bene fatto bene senza le lentezze e gli appesantimenti delle abitudini. Solo chi è allenato alla scioltezza e alla fermezza dell'amore incondizionato impara ad accarezzare senza trattenere, a ristorare senza possedere... in una danza gioiosa fatta di genuflessioni e umili abbracci.

Quel catino è il coraggio di smascherare la propria bellezza. Sotto la crosta polverosa della sporcizia Gesù ha ridato vigore e candore ai piedi dei suoi messaggeri. Il Cristo ha confermato ad uno ad uno i suoi lavandone i piedi. Il catino con l'acqua sporca ci risveglia alla straordinaria potenza del perdono che non fa conto dell'inadeguatezza ma riporta il cuore allo splendore originario.

Solo chi guarda in faccia all'acqua sporca smette di giudicare e ritrova quel coraggio che non confonde. Solo chi vede il maestro piegato sui propri piedi non ha più dubbi.

La paura di sbagliare non è l'ultima parola, perché ciò che da bellezza è il perdono e l'accoglienza.

Spesso i ragazzi che crescono accanto a noi mettono a fuoco domande, slanci, dubbi, provocazioni... forse ci invitano ad essere una comunità di discepoli che va per il mondo col catino in mano.

serviziocaritàamoremaestrogiovedì santolavanda dei piedi

inviato da Mariangela Molari, inserito il 25/11/2002

TESTO

162. Dio entra dalla porta del cuore

Paulo Coelho, I racconti del maktub

Non ti dà nessun vantaggio cercare spiegazioni su Dio. Puoi sentire dei bellissimi discorsi, ma sono sostanzialmente vuoti. Proprio come puoi leggere un'intera enciclopedia sull'amore senza conoscere come amare. Nessuno proverà che Dio esiste. Certe cose nella vita devono semplicemente essere vissute - e mai spiegate. L'amore è una di queste. Dio - che è Amore - è inspiegabile. La fede è un'esperienza infantile, nel magico senso che Gesù ci ha insegnato: "I bambini sono il regno di Dio". Dio non entrerà mai nella tua testa. La porta che Egli usa è il tuo cuore.

federagioneDio

inviato da Anna Lianza, inserito il 24/11/2002

TESTO

163. Passione e risurrezione   2

Madre Teresa di Calcutta, Le mie Preghiere

Ricordate che la Passione di Cristo termina sempre nella gioia della Risurrezione, così, quando sentite nel vostro cuore la sofferenza di Cristo, ricordate che deve venire la Resurrezione, deve sorgere la gioia della Pasqua. Non lasciatevi mai invadere in tal maniera dal dolore da dimenticare la gioia di Cristo risorto.

doloregioiarisurrezioneCristopassionepasquagioiafelicitàsofferenza

5.0/5 (2 voti)

inviato da Anna, inserito il 21/11/2002

TESTO

164. Quattro buoni motivi per leggere il vangelo   1

Nazzareno Marconi, pagina web

Primo motivo: Il Vangelo è il libro più famoso del mondo.

Se una mattina trovaste annunciato da tutti i giornali e tutte le trasmissioni televisive che uno sceneggiato ha avuto il più alto indice di ascolto di tutti i tempi, non vi verrebbe una grande curiosità di dare almeno un'occhiata alla seconda puntata? Il vangelo è il libro più stampato del mondo ed anche il più letto, in tutte le lingue e culture conosciute. Ma qual è il segreto del suo successo? Un numero incredibile di persone hanno scoperto che questo testo ha un potere unico: aiuta a conoscersi meglio e a rinnovare la propria vita. Dà una mano per prendere decisioni importanti e scoprire che senso abbia ciò che facciamo, ciò che pensiamo, ciò che desideriamo. Nel corso della sua storia l'umanità vi ha scoperto una fonte misteriosa ed inesauribile di speranza, di incoraggiamento, un intenso senso di pace.

Secondo motivo: Il Vangelo è un libro molto prezioso.

Se ti capitasse tra le mani un libro che: è stato copiato e diffuso con fatica per duemila anni, che spesso è stato combattuto e proibito da grandi poteri politici e militari, eppure è stato sempre difeso e conservato a costo della vita. Non gli dedichereste almeno un po' della vostra attenzione? La storia dei cristiani è punteggiata di storie di persecuzioni e martiri. Fin dall'inizio i nemici di Gesù hanno tentato di cancellare il suo ricordo, impedendo che i suoi amici parlassero di Lui alla gente. Ma questi non hanno taciuto, hanno parlato e scritto a costo della vita, e molti altri nel corso delle storia hanno fatto lo stesso. Solo grazie a questa catena di testimoni questo piccolo libro è potuto giungere tra le tue mani. Non credi che tanto sacrificio meriti un po' della tua attenzione?

Terzo motivo: Il Vangelo ha un mittente molto importante.

Se una mattina trovaste tra la vostra posta una lettera che viene da una grandissima autorità politica o economica, non la leggereste per prima e con molta attenzione? Oltre un miliardo e mezzo di persone nel mondo sono convinte che questo piccolo libro sia come una lettera che viene da Dio. Attraverso di esso il Creatore ha voluto mandarci un messaggio molto importante, tanto importante che questa "lettera" ci è stata "recapitata" da Gesù: il Figlio di Dio. Un messaggio con una tele "mittente" ed un tale "portalettere" non merita forse una attenta lettura?

Quarto motivo: Il Vangelo ha un destinatario molto importante.

Se una mattina trovaste tra la vostra posta una lettera indirizzata a voi e con su scritto "strettamente personale", non l'aprireste per prima e con molta attenzione? La fede dei cristiani ritiene che il Vangelo non contenga un messaggio generale, che riguardi soltanto principi e valori molto vaghi. Crediamo invece che il Vangelo è un messaggio che Dio invia a Te. Tra le sue parole ogni giorno puoi trovare qualcosa che misteriosamente, ma efficacemente, parla al tuo cuore e guida la tua vita. I cristiani, quando aprono il vangelo, si chiedono: "cosa mi dice oggi il Signore?". Non vale la pena di provare?

VangeloParola di DioSacra ScritturaBibbia

inviato da Eleonora Polo, inserito il 16/11/2002

TESTO

165. Gesù risorge anche oggi

L. Cammaroto

Credevo che avessero ucciso Gesù,
e oggi l'ho visto dare un bacio a un lebbroso.
Credevo che avessero cancellato il suo nome,
e oggi l'ho sentito sulle labbra di un bambino.
Credevo che avessero crocefisso le sue mani pietose,
e oggi l'ho visto medicare una ferita.
Credevo che avessero trafitto i suoi piedi,
e oggi l'ho visto camminare nelle strade dei poveri.
Credevo che l'avessero ammazzato una seconda volta con le bombe,
e oggi l'ho sentito parlare di pace.
Credevo che avessero soffocato la sua voce fraterna,
e oggi l'ho sentito dire:
"Perché, fratello?" a uno che picchiava.
Credevo che Gesù fosse morto nel cuore degli uomini
e seppellito nella dimenticanza,
ma ho capito che Gesù risorge anche oggi
ogni volta che ogni uomo ha pietà di un altro uomo.

essere cristianitestimonianzasolidarietàcaritàamoreGesù CristoPasqua

5.0/5 (1 voto)

inviato da Mariangela Molari, inserito il 26/10/2002

TESTO

166. Due modi di pregare   2

Charles de Foucauld, Meditazioni sul santo Vangelo, 245

Ci sono due modi di pregare: lasciar gridare il proprio cuore, lasciarlo chiedere a Dio con semplicità di bambino ciò che esso desidera; una qualche grazia per sé o per un altro, il ristoro da un qualche dolore per sé o per il prossimo: si lancia in tutta semplicità questo grido verso il Padre celeste e lo si fa seguire sempre da questa frase: "Non la mia volontà, ma la tua".

L'altro modo di pregare è quello di dire semplicemente la frase finale, e cioè: "Padre, sia fatta in questa circostanza la tua volontà, qualunque essa sia!".

Tali due preghiere sono perfette, divine. Gesù ci dà l'esempio della prima sulle sponde del Cedron e nel Getsemani.

Ci dà l'esempio della seconda nel "Padre nostro", che raccoglie tutto quanto in queste poche parole...

Questi due generi di preghiera sono ugualmente perfetti, poiché Dio ci dà l'esempio di ambedue: lo Spirito Santo, secondo le circostanze, ha ispirato a Gesù sia l'una sia l'altra.

preghierafedefiduciaabbandonovolontà di Dio

5.0/5 (1 voto)

inviato da Anna Barbi, inserito il 27/09/2002

TESTO

167. Mi ami tu?

Henri J. M. Nouwen, Nel nome di Gesù

Prima di costituirlo pastore del suo gregge Gesù domandò a Pietro: "Simone, figlio di Giovanni, mi ami tu più degli altri?". Poi gli domandò una seconda volta: "Mi ami tu?", e una terza volta ripeté la stessa domanda: "Mi ami tu?". Anche noi dobbiamo porre questa domanda al centro del nostro ministero cristiano, perché è proprio essa che ci permette di essere da un lato inutili, e dall'altro veramente fiduciosi in noi stessi.

Basta guardare Gesù. Il mondo non si curò minimamente di Lui, e Gesù fu crocifisso e sepolto. Il suo messaggio di amore fu rigettato da un mondo assetato di potere, efficienza e dominio. Ma ecco che Gesù risuscito, con le ferite nel suo corpo glorificato, appare ad alcuni amici che hanno occhi per vedere, orecchie per udire e cuore per comprendere. Questo Gesù rigettato, sconosciuto, ferito, chiede semplicemente: "Mi ami tu? Mi ami davvero?". Lui che si era preoccupato solo di annunciare l'amore incondizionato di Dio ha una sola domanda da fare: "Mi ami tu?".

Gesù non chiede: "C'è molta gente che ti prende sul serio? Hai intenzione di compiere grandi cose? Hai già qualche risultato da farmi vedere?". Chiede invece: "Sei innamorato di Gesù?". Forse potremmo formulare la domanda anche in altro modo: "Conosci il Dio incarnato?". E' un cuore che non conosce sospetti, vendette, risentimenti, né tanto meno odi. E' un cuore che vuole solo dare amore ed essere ricambiato con amore. E' un cuore che soffre immensamente perché vede la grandezza del dolore umano e l'ostinazione a non fidarsi del cuore di un Dio che vuole offrire consolazione e speranza.

Il leader cristiano del futuro è uno che conosce intimamente il cuore di Dio, diventato "cuore di carne" in Gesù. Conoscere il cuore di Dio significa annunciare e rivelare in modo coerente, radicale e quantomai concreto che Dio è amore, e solo amore, e che la paura, l'isolamento o la disperazione che possono tormentare l'anima umana sono prove che certamente non vengono da Dio. Tutto questo può sembrare molte evidente e forse banale, ma ben pochi sanno che Dio li ama senza condizioni e senza limiti. Questo amore incondizionato e illimitato è quello che l'evangelista Giovanni chiama il "primo" amore di Dio. "Amiamo Dio", egli dice, "perché Dio ci ha amati per primo"(1 Gv 4,19). L'amore che spesso ci lascia dubbiosi, delusi, arrabbiati e offesi è il "secondo" amore: e cioè accettazione, affetto, simpatia, incoraggiamento e sostegno dei genitori, insegnanti, coniugi, amici. E sappiamo tutti che è un amore quantomai, limitato, violato e fragile. Sotto le numerose espressioni di questo secondo amore si nasconde sempre la possibilità di rigetto, ritiro, castigo, ricatto, violenza e perfino odio. Molti film e drammi contemporanei ritraggono le ambiguità e ambivalenze delle relazioni umane, e non esistono amicizie, matrimoni, comunità in cui le tensioni e gli sforzi del secondo amore non si rivelino in tutta la loro gravità. Si direbbe anzi che gli aspetti piacevoli della vita di ogni giorno nascondano molte ferite aperte che si chiamano abbandono, tradimento, rigetto, rottura, perdita. Tutto questo è, per così dire, l'ombra inseparabile del secondo amore e rivela l'oscurità che non abbandona mai completamente il cuore umano.

L'essenza della buona novella sta proprio qui: nell'annuncio che il secondo amore è solo un pallido riflesso del primo amore, e che il primo amore ci viene offerto da un Dio in cui non ci sono ombre.

gratuitàamoreamore di Diorapporto con Dio

inviato da Polda, inserito il 08/09/2002

TESTO

168. Ho vissuto una intensa esperienza di Dio   2

Note di Pastorale Giovanile, n. 1/ gennaio 1999

Carissimo amico o amica,

Voglio farti qualche confidenza sulla mia relazione con Dio. Dio occupò il centro della mia vita. Per arrivare a quest'esperienza dovetti fare un notevole sforzo di personalizzazione e di interiorizzazione e mettere in gioco tutte le dimensioni della mia persona: intelligenza, sentimenti, atteggiamenti. E ti posso assicurare che sempre mi sentii pienamente me stesso.

Dio occupò il centro della mia vita come un Padre che mi amava intensamente, con un amore somigliante a quello che sente una madre quando il suo figlio sta per nascere, per questo osai chiamarlo "papà"; Questo amore di Dio - Padre fu la roccia ferma su cui appoggiai sempre la mia vita.

Mi costò molto far capire alla gente che Dio ama gratuitamente, cioè, senza che in noi ci siano motivi speciali perché lui ci ami: essere buoni, bravi, intelligenti, ecc. Per questo narrai le parabole, come quella del padre che accoglie il suo figlio che se n'era andato da casa o quella dei lavoratori della vigna che ricevono lo stesso stipendio anche se non hanno lavorato tutti le stesse ore.

Non è stato facile convincere quella donna samaritana a cui chiesi di darmi un po' d'acqua, che Dio è come una fonte d'acqua che toglie la sete per sempre. Basta relazionarsi con lui in Spirito e verità. Per questo, sentii una grande necessità di lodarlo, di rendergli grazie, soprattutto, quando vidi che le mie parole sul Regno di Dio arrivavano al cuore della gente semplice.

Riconosco che davanti ai grandi avvenimenti - la chiamata degli apostoli, il discorso sul monte, ecc. - mi piaceva passare la notte pregando da solo con Lui, ascoltavo il suo filo di voce dentro di me, vedevo una presenza amorosa nelle persone a cui dovevo parlare e guarire il giorno dopo. Il cielo pieno di stelle della Palestina faceva più maestosa e bella la sua presenza.

Arrivai addirittura a dire, non senza un po' di paura di non essere capito e di scandalizzare i farisei e gli scribi di Israele, che il mio cibo era fare la volontà del Padre mio, anzi che Dio e io eravamo la stessa cosa.

Non credere che questo fare la volontà di Dio fosse, qualcosa di facile. L'ansia di potere e di fama bussavano continuamente alla mia porta, soprattutto quando la gente mi perseguitava per farmi re. Molte volte, ho avuto la sensazione di usare Dio, di fare di Lui un idolo secondo la mia misura e convenienza.

Ci sono stati dei momenti in cui il cammino è diventato più duro. Ci sono stati momenti di solitudine e di sconfitta a causa dell'incomprensione e dell'abbandono dei miei amici. Vivere la relazione con Dio come Padre fu allora un'esperienza dolorosa, soprattutto nel momento della verità, quando la mia vita scorreva inesorabilmente verso la morte.

Nell'orto degli ulivi, il sudore e il sangue inzupparono la mia tunica. Dio rimaneva muto di fronte alla mia passione e alla mia morte. La gente ai piedi della croce mi ricordava con ironia che sempre avevo chiamato Dio Padre e sulla croce arrivai a dubitare di Lui. Però finalmente vinsi la tentazione. Mi misi nel buio tunnel della morte convinto di una cosa sola: Dio era mio Padre e Lui sapeva cosa farsene della mia vita.

Il giorno di Pasqua fu, e continua ad essere, la prova che lui non era nel torto. Quel giorno Dio gridò all'umanità intera e continua a farlo fino ad oggi, che la Croce è la fonte da dove sgorga la vita; che il chicco di grano, se non muore, non produce frutto; che una candela deve consumarsi pian piano se vuole illuminare; che il sale per dare sapore deve sciogliersi; che il lievito deve mescolarsi con la massa fino a scomparire per fare un buon pane per tutti, soprattutto per i più poveri ed emarginati.

Gesù di Nazareth

Gesù CristoDiorapporto con Dio

inviato da Don Giovanni Cuccu, inserito il 22/08/2002

TESTO

169. La preghiera è uno slancio del cuore

S. Teresa di Lisieux

La preghiera
è uno slancio del cuore,
è un semplice sguardo
gettato verso il Cielo,
è un grido di gratitudine
e di amore nella prova
come nella grazia;
insomma è qualche cosa
di grande, di soprannaturale,
che mi dilata l'anima
e mi unisce a Gesù.

preghierarapporto con Dio

inviato da Moreno Cattelan, inserito il 14/06/2002

TESTO

170. Dio aspetta sempre, qualcuno arriverà?   1

Ho incontrato un Dio, figlio di Giuseppe, che crede in me, perché è stato uomo.
Ho incontrato un Dio che ha scelto di essere il medico del mio cuore, l'aroma per il mio palato.
Ho incontrato un Dio che non soffre il daltonismo,
ha occhi per i colori di tutte le pelli.
Ho incontrato un Dio che ama le vedove quanto i profeti.
Ho incontrato un Dio disarmato, che si è fatto cacciare dalla sinagoga
perché non aveva privilegiato gli abitanti del suo paese.
Ho incontrato un Dio incandescente, che converte con la tenerezza.
Ho incontrato un Dio più splendente del sole, più tenero della notte.
Ho incontrato un Dio che non cancella mai nessuno dalla sua memoria.
Ho incontrato un Dio che ha contato i capelli sul mio capo, le ciglia dei miei occhi, i peli della mia barba.
Ho incontrato un Dio che accende la sua lanterna
per vedere dentro l'anima, di chi non ha anima.
Ho incontrato un Dio che supera le distanze,
che non ha paura di toccarmi, di sospingermi,
di scuotermi, di accarezzarmi.
Ho incontrato un Dio che è contro il pessimismo, il malessere, la tristezza.
Ho incontrato un Dio allegro, che balla con le stelle,
saltella con i cerbiatti, corre con il vento, volteggia con i fiocchi di neve.
Ho incontrato un Dio che non ha avuto fortuna nella sua patria, che ha fatto adirare i fedeli della sinagoga.
Ho incontrato un Dio che ha guarito Naaman, lo straniero.
Ho incontrato un Dio che completa le profezie,
non facendo cose meravigliose, ma predicando la misericordia.
Ho incontrato un Dio che si è fatto pellegrino, cercatore itinerante.
Ho incontrato un Dio che ha trasformato le strade in vie, le parole in verità, le morti in vita.
Ho incontrato un Dio che sa aspettare all'infinito:
sa aspettare i buoni; sa aspettare i cattivi;
sa aspettare i vecchi; sa aspettare i bambini.
Saper aspettare un'arte difficile?
Ho capito però perché Dio sa aspettare, sempre, qualcuno.
Perché aspettare nessuno è la cosa più triste al mondo.
La tristezza vera è quando tu non attendi più nessuno, non attendi più nulla dalla vita.
La solitudine più nera non la provi quando trovi il focolare spento,
ma quando non lo vuoi più accendere,
neppure per un eventuale ospite di passaggio.
E' tristezza quando non aspetti più neppure la "vita del mondo che verrà",
quando pensi che ormai i giochi sono fatti, che per te "la musica è finita,
gli amici se ne vanno...", come diceva una famosa canzone.
Poiché Dio è la gioia, aspetta sempre, e sa che qualcuno arriva.
Viva questo Dio nei nostri cuori, per sempre.
Amen.

Gesù Cristoincarnazionerapporto con Dio

inviato da Mariangela Molari, inserito il 14/06/2002

TESTO

171. Nostro fratello Giuda   1

Primo Mazzolari, Omelia 3 aprile 1958, Giovedì Santo

Gesù chiama "amico" Giuda: questa parola dice l'infinita tenerezza della carità del Signore.
Noi possiamo tradire l'amicizia di Cristo, Cristo non tradisce mai noi, suoi amici!
Anche quando non lo meritiamo, anche quando ci rivoltiamo contro di lui, anche quando lo neghiamo.
Davanti ai suoi occhi, davanti al suo cuore noi siamo sempre gli amici del Signore.
Lasciate che io domandi a Gesù, a Gesù che è in agonia, a Gesù che ci accetta come siamo, lasciate che io gli domandi, come grazia pasquale, di chiamarmi amico.
Perché la Pasqua è questa parola, detta a un povero Giuda come me, detta a dei poveri Giuda come voi.
Questa è la gioia: che Cristo ci ama, che Cristo ci perdona, che Cristo non vuole che noi disperiamo.
Per lui, noi saremo sempre gli amici.

L'audio dell'omelia è disponibile qui:
https://fondazionemazzolari.it/omelie-2/

e il testo integrale su Famiglia Cristiana

perdonoconversionepeccatomisericordia di Diorapporto con Dio

inviato da Mariangela Molari, inserito il 27/05/2002

TESTO

172. Il cristiano davanti a Dio non è un privilegiato

Madeleine Delbrel, Indivisibile amore

Il cristiano davanti a Dio non è un "privilegiato", un capitalista di Dio: è lui, anzi, che appartiene a Dio come a tutti gli uomini. Non è neppure un capitalista di virtù umane: molti uomini possono essere umanamente più virtuosi di lui.

Un cristiano è "caricato" - nel senso in cui lo si dice di una pila elettrica - di una vita. Questa vita gli è donata da Dio per il mondo, è un dono fatto da Dio al mondo attraverso di lui.

La redenzione di Cristo non è stata affidata ai cristiani come a persone perfette, ma come a uomini che si sanno peccatori, chiamano il peccato con il suo nome, cercano di evitarlo, ma riconoscono il male che commettono. Sono uomini che, sapendosi contagiati dal male come tutti e come tutti chiamati a guarirne, hanno la consapevolezza che le loro sofferenze portano a compimento nel mondo la redenzione di Cristo e immettono nel mondo la guarigione da lui portata.

I cristiani nel mondo sono "conduttori" - nel senso di un filo elettrico - di ciò che il mondo non può cavar fuori da sé.

E quanto più i cristiani hanno una forte "carica" per il mondo, tanto più sono predestinati al mondo. La loro croce normale è una tensione spinta al massimo tra la loro intima appartenenza al mondo e la loro funzione, che li situa nel cuore del mondo, ma da "stranieri" nel mondo.

annunciomissionetestimonianzaessere cristiani

inviato da Mariangela Molari, inserito il 27/05/2002

TESTO

173. La piccola via   2

S. Teresa di Lisieux

Ho sempre desiderato essere una santa, ma - ahimé - ho sempre accertato, quando mi sono paragonata ai santi, che tra essi e me c'è la stessa differenza che tra una montagna la cui vetta si perde nei cieli e il granello di sabbia oscura calpestato sotto i piedi dei passanti. Invece di scoraggiarmi, mi sono detta: il buon Dio non può ispirare desideri inattuabili, perciò posso, nonostante la mia piccolezza, aspirare alla santità. Diventare più grande mi è impossibile, devo sopportarmi tale quale sono con tutte le mie imperfezioni, nondimeno voglio cercare il mezzo di andare in cielo per una via ben dritta, molto breve, una piccola via tutta nuova.

Siamo in un secolo di invenzioni, non vale più la pena di salire gli scalini, nelle case dei ricchi un ascensore li sostituisce vantaggiosamente. Vorrei anch'io trovare un ascensore per salire la dura scala della perfezione. Allora ho cercato nei libri dei santi l'indicazione dell'ascensore, oggetto del mio desiderio, e ho letto queste parole: "Se qualcuno è piccolissimo, venga a me. Come una madre carezza il suo bimbo, io vi consolerò, vi poserò sul mio cuore e vi terrò sulle mie ginocchia". Mai parole più tenere, più armoniose hanno allietato l'anima mia: l'ascensore che deve innalzarmi fino al cielo sono le vostre braccia, Gesù! Per questo non ho bisogno di crescere, al contrario bisogna che resti piccola, che lo divenga sempre più.

santitàabbandonofiduciadiventare come bambini

inviato da Mariangela Molari, inserito il 23/05/2002

TESTO

174. Mi ami tu?

Roger Schutz

"Mi ami tu?": è l'ultima domanda di Gesù a Pietro, Pietro era triste al pensiero di aver rinnegato tre volte Gesù, prima della sua crocifissione. Ed ecco il Risorto sta dinanzi a lui. Gesù non lo condanna per il suo rinnegamento. Non prende l'atteggiamento del forte. Non tira sulla corda della cattiva coscienza già attaccata al collo di Pietro.

Nel Cristo vi sono viscere d'umanità: Lui pure durante la sua vita terrena ha percorso cammini d'oscurità.

A Pietro, Cristo dice solo queste tre parole: "Mi ami tu?" e Pietro risponde: "Signore, tu sai che ti amo". Una seconda volta Gesù riprende: "MI ami tu?". E Pietro di nuovo: "Ma lo sai che ti amo". Una terza volta Gesù insiste: "Mi ami più di tutti costoro?" E Pietro scosso: "Signore, tu conosci ogni cosa, tu sai che ti amo":

Da quel giorno ad ogni essere umano sulla terra, il Cristo instancabilmente domanda: "Mi ami tu?".

Vi sono giorno in cui ci turiamo le orecchie: la domanda ci è insopportabile. Essa è intollerabile per colui che non ha mai sperimentato l'amore umano, per chi esperimenta solo l'abbandono, o la ferita ricevuta nell'innocenza della sua infanzia.

Essa è intollerabile per noi tutti quando ci rivela quella parte di solitudine che nessuna intimità umana può colmare, quella parte di solitudine nella quale Dio ci aspetta. E quando la rivolta si esaspera, la domanda ci appare come una condanna poiché per amare non basta un atto della volontà.

Lo sappiamo abbastanza? Il Cristo non obbliga mai ad amarlo. Ma Lui, il Vivente, rimane al fianco di ciascuno, come un povero, come un oscuro. E' presente anche negli eventi più squallidi, nella fragilità dell'esistenza. Il suo amore è presenza non d'un solo istante ma di sempre. Quell'amore d'eternità apre un aldilà al nostro vivere. Senza quell'altrove, senza quell'aldilà, l'uomo non ha più speranza... e svanisce il gusto di procedere. Di fronte a quell'amore d'eternità, lo sentiamo, la nostra risposta concreta non può essere fuggitiva, per un periodo soltanto, con la possibilità di ritornare sulle nostre decisioni in seguito. La nostra risposta non può neppure essere uno sforzo della volontà; taluni vi si infrangerebbero. Essa è innanzitutto un abbandonarsi.

Rimanere dinanzi a Lui, con o senza parole, significa sapere dove riposare il nostro cuore, significa rispondergli da poveri. In questo consiste la molla segreta dell'esistenza, il rischio del Vangelo.

"Anche se talvolta io non so più se ti amo o no, o Cristo, tu sai tutto, tu sai che ti amo".

Grandi felicità sono offerte a colui che corre il rischio di un tale amore, senza calcolarne troppo le conseguenze. Quando ricerchiamo in primo luogo la felicità per noi stessi, essa a breve o lunga scadenza ci abbandona. Quanto più ardentemente la inseguiamo, tanto più lontano se ne fugge da noi.

Cercatore appassionato del suo amore d'eternità, chiunque tu sia saprai dove riposare il tuo cuore? Attraverso le tue stesse ferite, egli apre la porta della pienezza: la lode del suo amore. Abbandonati, donati. In questo consiste la guarigione delle ferite, e non solo delle tue: già, in Lui, ci guariamo reciprocamente.

felicitàgioiapeccatoconversioneamore di Dio

inviato da Mariangela Molari, inserito il 10/05/2002

TESTO

175. I 10 comandamenti del Beato Piamarta

Beato Giovanni Piamarta

I - Al ragazzo fai incontrare Cristo nel dialogo dell'amicizia, mettigli in mano il vangelo. Non ci sarà bisogno d'altro.

II - Tutta la città è in peccato mortale se un solo orfanello è costretto a dormire nella sala di attesa della stazione oppure sotto i ponti.

III - Per salvare un'anima, siate disposti a trattare anche col diavolo.

IV - Fate del bene a quanti più potete e vi capiterà tanto più spesso di incontrare dei visi che vi mettono allegria.

V - L'educatore non è un domatore da circo o un guardiano di cavalli, ma un padre con un cuore di madre.

VI - Una creatura è capace di miracolo se le fai il dono della fiducia.

VII - La follia cristiana appartiene all'ordine teologale, perché è un atto di fede.

VIII - Il vostro parlare sia sì, sì, no, no. Il resto viene dal maligno.

IX - Dio è il padrone dell'impossibile.

X - Due ore di preghiera sono troppe per chi è oberato di impegni e di attività educativa? E allora non c'è che un rimedio: farne almeno tre.

educazioneeducatori

3.0/5 (1 voto)

inviato da Don Angelo, inserito il 09/05/2002

TESTO

176. Al posto di Giuda   1

Lo scrittore René Bazin racconta di essere entrato una domenica in chiesa. Il sacerdote stava commentando la Parola di Dio a dei fanciulli: era il racconto della passione e c'era una grande commozione nel cuore di tutti. Chiese: «Se noi fossimo stati al posto di Giuda, vedendo Gesù morire con tanto amore, che avremmo fatto?»

Il più piccolo dei presenti chiese di parlare e con dolce fermezza rispose: «Io, se fossi stato al posto di Giuda, anziché disperarmi, sarei corso da Gesù, gli avrei gettato le braccia al collo e gli avrei gridato: Gesù, perdonami!»

perdono di Diomisericordia di Diopentimentoconversionecambiamento

5.0/5 (1 voto)

inviato da Stefania Raspo, inserito il 07/05/2002

TESTO

177. Amami come sei (versione lunga)   2

Mons. Lebrun

Conosco la tua miseria, le lotte e le tribolazioni della tua anima, le deficienze e le infermità del tuo corpo; so la tua viltà, i tuoi peccati, e ti dico lo stesso: Dammi il tuo cuore, amami come sei...

Se aspetti di essere un angelo per abbandonarti all'amore, non amerai mai. Anche se sei vile nella pratica della virtù e del dovere, se ricadi spesso in quelle colpe che vorresti non commettere più, non ti permetto di non amarmi. Amami come sei.

In ogni istante e in qualunque situazione tu sia, nel fervore o nell'aridità, nella fedeltà o nell'infedeltà, amami... come sei... voglio l'amore del tuo povero cuore; se aspetti di essere perfetto, non mi amerai mai.

Non potrei forse fare di ogni granello di sabbia un serafino radioso di purezza, di nobiltà e di amore? Non sono io l'Onnipotente? E se mi piace lasciare nel nulla quegli esseri meravigliosi e preferire il povero amore del tuo cuore, non sono io padrone del mio amore?

Figlio mio, lascia che ti ami, voglio il tuo cuore. Certo voglio col tempo trasformarti, ma per ora ti amo come sei... e desidero che tu faccia lo stesso; io voglio vedere dai bassifondi della miseria salire l'amore. Amo in te anche la tua debolezza, amo l'amore dei poveri e dei miserabili; voglio che dai cenci salga continuamente un gran grido: Gesù ti amo.

Voglio unicamente il canto del tuo cuore, non ho bisogno né della tua scienza, né del tuo talento. Una cosa sola mi importa, di vederti lavorare con amore.

Non sono le tue virtù che desidero; se te ne dessi, sei così debole che alimenterebbero il tuo amor proprio; non ti preoccupare di questo. Avrei potuto destinarti a grandi cose; no, sarai il servo inutile; ti prenderò persino il poco che hai... perché ti ho creato soltanto per l'amore.

Oggi sto alla porta del tuo cuore come un mendicante, io il Re dei Re! Busso e aspetto; affrettati ad aprirmi. Non allargare la tua miseria; se tu conoscessi perfettamente la tua indigenza, moriresti di dolore. Ciò che mi ferirebbe il cuore sarebbe di vederti dubitare di me e mancare di fiducia.

Voglio che tu pensi a me ogni ora del giorno e della notte; voglio che tu faccia anche l'azione più insignificante soltanto per amore. Conto su di te per darmi gioia...

Non ti preoccupare di non possedere virtù; ti darò le mie. Quando dovrai soffrire, ti darò la forza. Mi hai dato l'amore, ti darò di poter amare al di là di quanto puoi sognare...
Ma ricordati... Amami come sei...

Ti ho dato mia Madre: fa passare, fa passare tutto dal suo Cuore così puro.

Qualunque cosa accade, non aspettare di essere santo per abbandonarti all'amore, non mi ameresti mai... Va...

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accettazione di séamare Dioamore di Dio

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inviato da Sara D'Erasmo, inserito il 26/04/2002

TESTO

178. Non devi pianger più

Antonio Pagano

Piangendo Francesco
disse un giorno a Gesù:

«Amo il sole, amo le stelle,
amo Chiara e le sorelle;
amo il cuore degli uomini,
amo tutte le cose belle.
O Signore,
mi devi perdonare,
perché te solo
io vorrei amare.»

Sorridendo il Signore
gli rispose così:

«Amo il sole, amo le stelle,
amo Chiara e le sorelle;
amo il cuore degli uomini,
amo tutte le cose belle.
O Francesco,
non devi pianger più,
perché io amo
ciò che ami tu.»

amoreamore di Diofratellanza

inviato da Nadia, inserito il 18/04/2002

TESTO

179. Ci impegnamo   2

don Primo Mazzolari, Impegno con Cristo, EDB, ediz. 2007

Ci impegnamo noi e non gli altri,
unicamente noi e non gli altri,
né chi sta in alto, né chi sta in basso,
né chi crede, né chi non crede.

Ci impegnamo
senza pretendere che altri s'impegnino,
con noi o per suo conto,
come noi o in altro modo.

Ci impegnamo
senza giudicare chi non s'impegna,
senza accusare chi non s'impegna,
senza condannare chi non s'impegna,
senza disimpegnarci perché altri non s'impegna.

Ci impegnamo
perché non potremmo non impegnarci.
C'è qualcuno o qualche cosa in noi,
un istinto, una ragione, una vocazione, una grazia,
più forte di noi stessi.

Ci impegnamo per trovare un senso alla vita,
a questa vita, alla nostra vita,
una ragione che non sia una delle tante ragioni
che ben conosciamo e che non ci prendono il cuore.
Si vive una volta sola
e non vogliamo essere "giocati"
in nome di nessun piccolo interesse.

Non ci interessa la carriera,
non ci interessa il denaro,
non ci interessa la donna o l'uomo
se presentati come sesso soltanto,
non ci interessa il successo né di noi né delle nostre idee,
non ci interessa passare alla storia.

Ci interessa perderci
per qualche cosa o per qualcuno
che rimarrà anche dopo che noi saremo passati
e che costituisce la ragione del nostro ritrovarci.

Ci impegnamo
a portare un destino eterno nel tempo,
a sentirci responsabili di tutto e di tutti,
ad avviarci, sia pure attraverso un lungo errare,
verso l'amore.

Ci impegnamo
non per riordinare il mondo,
non per rifarlo su misura, ma per amarlo;
per amare
anche quello che non possiamo accettare,
anche quello che non è amabile,
anche quello che pare rifiutarsi all'amore,
poiché dietro ogni volto e sotto ogni cuore
c'è insieme a una grande sete d'amore,
il volto e il cuore dell'amore.

Ci impegnamo
perché noi crediamo all'amore,
la sola certezza che non teme confronti,
la sola che basta per impegnarci perpetuamente.

impegnoamoresenso della vita

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inviato da Maria Grazia Guidetti, inserito il 15/04/2002

TESTO

180. Quanto mi hai fatto soffrire, Chiesa, eppure...   4

Carlo Carretto

Quanto sei contestabile, Chiesa, eppure quanto ti amo!
Quanto mi hai fatto soffrire, eppure quanto a te devo!
Vorrei vederti distrutta, eppure ho bisogno della tua presenza.
Mi hai dato tanti scandali, eppure mi hai fatto capire la santità!
Nulla ho visto al mondo di più oscurantista, più compresso, più falso e nulla ho toccato di più puro, di più generoso, di più bello.
Quante volte ho avuto la voglia di sbatterti in faccia la porte della mia anima, quante volte ho pregato di poter morire tra le tue braccia sicure.

No, non posso liberarmi di te, perché sono te, pur non essendo completamente te.
E poi, dove andrei?
A costruirne un'altra?
Ma non potrò costruirla se non con gli stessi difetti, perché sono i miei che porto dentro. E se la costruirò, sarà la mia Chiesa, non più quella di Cristo.
Sono abbastanza vecchio per capire che non sono migliore degli altri.

L'altro ieri un amico ha scritto una lettera ad un giornale: "Lascio la Chiesa perché, con la sua compromissione con i ricchi, non è più credibile". Mi fa pena!
O è un sentimentale che non ha esperienza, e lo scuso; o è un orgoglioso che crede di essere migliore degli altri.
Nessuno di noi è credibile finché è su questa terra...
La credibilità non è degli uomini, è solo di Dio e del Cristo.

Forse che la Chiesa di ieri era migliore di quella di oggi? Forse che la Chiesa di Gerusalemme era più credibile di quella di Roma?
Quando Paolo arrivò a Gerusalemme portando nel cuore la sua sete di universalità, forse che i discorsi di Giacomo sul prepuzio da tagliare o la debolezza di Pietro che si attardava con i ricchi di allora e che dava lo scandalo di pranzare solo con i puri, poterono dargli dei dubbi sulla veridicità della Chiesa, che Cristo aveva fondato fresca fresca, e fargli venire la voglia di andarne a fondare un'altra ad Antiochia o a Tarso?
Forse che a Santa Caterina da Siena, vedendo il Papa che faceva una sporca politica contro la sua città, poteva saltare in capo l'idea di andare sulle colline senesi, trasparenti come il cielo, e fare un'altra Chiesa più trasparente di quella di Roma cosi spessa, così piena di peccati e così politicante?

...La Chiesa ha il potere di darmi la santità ed è fatta tutta quanta, dal primo all'ultimo, di soli peccatori, e che peccatori!
Ha la fede onnipotente e invincibile di rinnovare il mistero eucaristico, ed è composta di uomini deboli che brancolano nel buio e che si battono ogni giorno contro la tentazione di perdere la fede.
Porta un messaggio di pura trasparenza ed è incarnata in una pasta sporca, come è sporco il mondo.
Parla della dolcezza dei Maestro, della sua non-violenza, e nella storia ha mandato eserciti a sbudellare infedeli e torturare eresiarchi.
Trasmette un messaggio di evangelica povertà, e non fa' che cercare denaro e alleanze con i potenti.

Coloro che sognano cose diverse da questa realtà non fanno che perdere tempo e ricominciare sempre da capo. E in più dimostrano di non aver capito l'uomo.

Perché quello è l'uomo, proprio come lo vede visibile la Chiesa, nella sua cattiveria e nello stesso tempo nel suo coraggio invincibile che la fede in Cristo gli ha dato e la carità dei Cristo gli fa vivere.
Quando ero giovane non capivo perché Gesù, nonostante il rinnegamento di Pietro, lo volle capo, suo successore, primo Papa- Ora non mi stupisco più e comprendo sempre meglio che avere fondato la Chiesa sulla tomba di un traditore, di un uomo che si spaventa per le chiacchiere di una serva, era un avvertimento continuo per mantenere ognuno di noi nella umiltà e nella coscienza della propria fragilità.

No, non vado fuori di questa Chiesa fondata su una roccia così debole, perché ne fonderei un'altra su una pietra ancora più debole che sono io.

...E se le minacce sono così numerose e la violenza del castigo così grande, più numerose sono le parole d'amore e più grande è la sua misericordia. Direi proprio, pensando alla Chiesa e alla mia povera anima, che Dio è più grande della nostra debolezza.

E poi cosa contano le pietre? Ciò che conta è la promessa di Cristo, ciò che conta è il cemento che unisce le pietre, che è lo Spirito Santo. Solo lo Spirito Santo è capace di fare la Chiesa con delle pietre mai tagliate come siamo noi!...
E il mistero sta qui.
Questo impasto di bene e di male, di grandezza e di miseria, di santità e di peccato che è la Chiesa, in fondo sono io...

Ognuno di noi può sentire con tremore e con infinito gaudio che ciò che passa nel rapporto Dio-Chiesa è qualcosa che ci appartiene nell'intimo.
In ciascuno di noi si ripercuotono le minacce e la dolcezza con cui Dio tratta il suo popolo di Israele, la Chiesa. A Ognuno di noi Dio dice come alla Chiesa: "Io ti farò mia sposa per sempre" (Osea 2, 21), ma nello stesso tempo ci ricorda la nostra realtà: "La tua impurità è come la ruggine. Ho cercato di toglierla, fatica sprecata! E' così abbondante che non va via nemmeno col fuoco" (Ezechiele 24, 12).

Ma poi c'è ancora un'altra cosa che forse è più bella. Lo Spirito Santo, che è l'Amore, è capace di vederci santi, immacolati, belli, anche se vestiti da mascalzoni e adulteri.

Il perdono di Dio, quando ci tocca, fa diventare trasparente Zaccheo, il pubblicano, e immacolata la Maddalena, la peccatrice.

E' come se il male non avesse potuto toccare la profondità più intima dell'uomo. E' come se l'Amore avesse impedito di lasciar imputridire l'anima lontana dall'amore.

"Io ho buttato i tuoi peccati dietro le mie spalle", dice Dio a ciascuno di noi nel perdono, e continua: "Ti ho amato di amore eterno; per questo ti ho riservato la mia bontà. Ti edificherò di nuovo e tu sarai riedificata, vergine Israele" (Geremia 3 1, 3-4).

Ecco, ci chiama "vergini" anche quando siamo di ritorno dall'ennesima prostituzione nel corpo, nello spirito e nel cuore.
In questo, Dio è veramente Dio, cioè l'unico capace di fare le "cose nuove".
Perché non m'importa che Lui faccia i cieli e la terra nuovi, è più necessario che faccia "nuovi" i nostri cuori.
E questo è il lavoro di Cristo.
E questo è l'ambiente divino della Chiesa...

chiesacomunitàpeccatopapato

inviato da Don Giovanni Benvenuto, inserito il 10/04/2002

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