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RACCONTO

121. La strada che non andava da nessuna parte   5

Gianni Rodari

All'uscita del paese si dividevano tre strade: una andava verso il mare, la seconda verso la città e la terza non andava in nessun posto. Martino lo sapeva perché lo aveva chiesto un po' a tutti e da tutti aveva ricevuto la stessa risposta:
"Quella strada lì? Non va in nessun posto. E' inutile camminarci".
"E fin dove arriva?". "Non arriva da nessuna parte".
"Ma allora perché l'hanno fatta?". "Non l'ha fatta nessuno, è sempre stata lì".
"Ma nessuno è mai andato a vedere?". "Sei una bella testa dura: se ti diciamo che non c'è niente da vedere...".
"Non potete saperlo se non ci siete mai stati".

Era così ostinato che cominciarono a chiamarlo Martino-Testadura, ma lui non se la prendeva e continuava a pensare alla strada che non andava in nessun posto. Quando fu abbastanza grande, una mattina si alzò per tempo, uscì dal paese e senza esitare imboccò la strada misteriosa e andò sempre avanti. Il fondo era pieno di buche e di erbacce e ben presto cominciarono i boschi.

Cammina cammina la strada non finiva mai, a Martino dolevano i piedi e già cominciava a pensare che avrebbe fatto bene a tornarsene indietro quando vide un cane. Il cane gli corse incontro scodinzolando e gli leccò le mani, poi si avviò lungo la strada e ad ogni passo si voltava per controllare se Martino lo seguiva ancora. Finalmente il bosco cominciò a diradarsi e la strada terminò sulla soglia di un grande cancello di ferro. Attraverso le sbarre Martino vide un castello e a un balcone una bellissima signora che salutava con la mano.

Spinse il cancello, attraversò il parco e sulla porta trovò la bellissima signora. Era bella, vestita come una principessa e in più era allegra e rideva: "Allora non ci hai creduto".
"A che cosa?". "Alla storia della strada che non andava da nessuna parte".
"Era troppo stupida e secondo me ci sono più posti che strade". "Certo, basta aver voglia di muoversi. Ora vieni ti farò vedere il castello".

C'erano più di cento saloni zeppi di tesori. C'erano diamanti, pietre preziose, oro, argento e ad ogni momento la bella signora diceva: "Prendi, prendi quello che vuoi... Ti presterò un carretto per portare il peso". Martino non si fece pregare e ripartì col carretto pieno.

In paese, dove l'avevano già dato per morto, Martino fu accolto con grande sorpresa.

Scaricato il tesoro il carro ripartì. Martino fece tanti regali a tutti e dovette raccontare cento volte la sua storia. Ogni volta che finiva, qualcuno correva a casa a prendere cavallo e carretto e si precipitava giù per la strada che non andava da nessuna parte.

Ma quella sera stessa tornarono uno dopo l'altro, con la faccia lunga per il dispetto: la strada per loro finiva in mezzo al bosco in un mare di spine. Non c'era né cancello, né castello, né bella signora. Perché certi tesori esistono soltanto per chi batte per primo una strada nuova.

attesaricercasperanzaintraprendenzadisillusionecamminostrada

4.7/5 (7 voti)

inserito il 08/11/2012

RACCONTO

122. Figli   4

Una donna arrivò disperata dal suo ginecologo e disse: "Dottore, lei mi deve aiutare, ho un problema molto, ma molto serio... mio figlio ancora non ha ancora compiuto un anno ed io sono di nuovo incinta, non voglio altri figli in un cosi corto spazio di tempo, ma con qualche anno di differenza...".

Allora il medico domandò: "Bene, allora lei cosa desidera che io faccia?". La signora rispose: "Voglio interrompere questa gravidanza e conto sul suo aiuto".

Il medico allora iniziò a pensare e dopo un lungo silenzio disse: "Per risolvere il suo problema penso di aver trovato il metodo meno pericoloso per lei".

La signora sorrise pensando che il medico avesse accettato la sua richiesta.

Il dottore continuò: "Allora cara signora, per risolvere il suo problema e non stare con due neonati in un così breve spazio di tempo, uccidiamo questo che è fra le sue braccia, cosi lei potrà riposare per nove mesi finché avrà l'altro. Se dobbiamo uccidere, non fa differenza fra questo o quell'altro, anche perché sacrificare questo che lei ha tra le sue braccia è molto più facile, perché non ci saranno rischi per lei".

La donna rimase molto più che disperata e disse: "No dottore, uccidere un bambino è crimine!".

Il dottore rispose: "Anch'io la penso come lei, ma lei era tanto convinta che ho pensato di aiutarla".

Dopo alcune considerazioni, il dottore capì che la sua lezione aveva fatto il suo effetto, e riuscì a far capire alla madre che non c'era la minima differenza fra il figlio tenuto in braccio e quello dentro del suo ventre. Sorrise e disse: "Ci vediamo fra una settimana per la prima ecografia e per sentire il cuoricino del fratellino".

maternitàvitaaborto

4.6/5 (15 voti)

inviato da Qumran2, inserito il 18/10/2012

TESTO

123. Anno della Fede   10

P. Gianni Fanzolato

Ad ogni uomo che nasce Dio affida un lume che accende nell'animo: la fede.
Nessuno può vivere, camminare, correre ed amare senza questa luce viva.
Nascendo il bimbo ha fede nella mamma, il papà nel pilota d'aereo.
Ogni mattina ci fidiamo del lattaio, del barista, dell'avvocato e del taxista.
Di Dio allora non dobbiamo fidarci? Lui che ci conosce, ama e dà la vita?
Errando vagabondi nei labirinti della storia questo lume acceso ci indica la via.
Lungo le coste dove il mare è in tempesta e la mia nave sembra naufragare,
Lontano ma sicuro ecco un faro di salvezza, un'ancora di speranza: è la fede
A volte questa luce sembra spegnersi, resta un lumino fumigante che si dilegua.
Forze avverse sembrano soffiare contro per finirlo del tutto e tu remi senza meta.
E' arrivato il tempo per fare il pieno, caricar le pile, ravvivare questa fiamma.
Dio è l'unico da ritrovare: più ritorni a Dio, più l'uomo si svela nel suo grande mistero.
Ecco il tempo di grazia, tempo favorevole per credere ancora: è l'anno della fede!

anno della fedefedefiducia in Dio

3.1/5 (9 voti)

inviato da Qumran2, inserito il 09/10/2012

TESTO

124. Quando chiedere "come stai"   3

Io penso che sarebbe molto più educato chiedere: "come stai", solo quando si è veramente interessati alla risposta, solo quando si sa di avere un po' di tempo a disposizione per ascoltare l'altra persona.

attenzioneamoresolidarietàascoltointeresse

3.6/5 (7 voti)

inserito il 23/09/2012

TESTO

125. Lettera a Giuseppe   7

Tonino Bello, La carezza di Dio. Lettera a Giuseppe

Dimmi, Giuseppe, quand'è che hai conosciuto Maria?
Forse, un mattino di primavera, mentre tornava dalla fontana del villaggio, con l'anfora sul capo e con la mano sul fianco snello come lo stelo di un fiordaliso?
O forse, un giorno di sabato, mentre con le fanciulle di Nazareth conversava in disparte sotto l'arco della Sinagoga?
O forse, un meriggio d'estate, in un campo di grano, mentre, abbassando gli occhi splendidi per non rivelare il pudore della povertà, si adattava all'umiliante mestiere di spigolatrice?
Quando ti ha ricambiato il sorriso e ti ha sfiorato il capo con la prima carezza, che forse era la sua prima benedizione e tu non lo sapevi... e poi, tu, nella notte, hai intriso il cuscino con lacrime di felicità?
Ti scriveva lettere d'amore?
Forse sì!
E il sorriso, con cui accompagni il cenno degli occhi verso l'armadio delle tinte e delle vernici, mi fa capire che in uno di quei barattoli vuoti, che ormai non si aprono più, ne conservi ancora qualcuna!

Poi, una notte, hai preso il coraggio a due mani, sei andato sotto la sua finestra, profumata di basilico e di menta, e le hai cantato, sommessamente, le strofe del Cantico dei Cantici:
"Alzati, amica mia, mia bella e vieni!
Perché, ecco, l'inverno è passato, è cessata la pioggia e se n'è andata.
I fiori sono apparsi nei campi, il tempo del canto è tornato e la voce della tortora ancora si fa sentire nella nostra campagna.
Il fico ha messo fuori i primi frutti e le viti fiorite spandono fragranza.
Alzati, amica mia, mia bella e vieni!
O mia colomba, che stai nelle fenditure della roccia, nei nascondigli dei dirupi, mostrami il tuo viso, fammi sentire la tua voce, perché la tua voce è soave e il tuo viso è leggiadro".

E la tua amica, la tua bella, la tua colomba si è alzata davvero.
È venuta sulla strada, facendoti trasalire.
Ti ha preso la mano nella sua e, mentre il cuore ti scoppiava nel petto, ti ha confidato lì, sotto le stelle, un grande segreto.
Solo tu, il sognatore, potevi capirla.
Ti ha parlato di:
Jahvé, di un Angelo del Signore, di un Mistero nascosto nei secoli e ora nascosto nel suo grembo, di un progetto più grande dell'universo e più alto del firmamento, che vi sovrastava.
Poi, ti ha chiesto di uscire dalla sua vita, di dirle addio, e di dimenticarla per sempre.

Fu, allora, che la stringesti per la prima volta al cuore e le dicesti tremando:
"Per te, rinuncio volentieri ai miei piani.
Voglio condividere i tuoi, Maria, purché mi faccia stare con te".
Lei ti rispose di sì, e tu le sfiorasti il grembo con una carezza: era la tua prima benedizione sulla Chiesa nascente. [...]
E io penso che hai avuto più coraggio tu a condividere il progetto di Maria, di quanto ne abbia avuto lei a condividere il progetto del Signore.
Lei ha puntato tutto sull'onnipotenza del Creatore.
Tu hai scommesso tutto sulla fragilità di una creatura.
Lei ha avuto più fede, ma tu hai avuto più speranza.
La carità ha fatto il resto, in te e in lei.

fedesperanzaGiuseppeMariaMadonnasogniabbandonofiduciaprogetto di Dio

3.2/5 (10 voti)

inviato da Sandra Aral, inserito il 23/09/2012

TESTO

126. Ho imparato   8

Ho imparato che nessuno è perfetto... finché non ti innamori.
Ho imparato che la vita è dura... ma io di più!
Ho imparato che le opportunità non vanno mai perse... quelle che lasci andare tu, le prende qualcun altro.
Ho imparato che quando serbi rancore e amarezza... la felicità va da un'altra parte.
Ho imparato che bisognerebbe usare sempre parole buone... perché domani forse si dovranno rimangiare.
Ho imparato che un sorriso è un modo economico per migliorare il tuo aspetto.
Ho imparato che non posso scegliere come mi sento... ma posso sempre farci qualcosa.
Ho imparato che quando tuo figlio appena nato tiene il tuo dito nel suo piccolo pugno... ti ha agganciato per la vita.
Ho imparato che bisogna godersi il viaggio e non pensare solo alla meta.
Ho imparato che è meglio dare consigli solo in due circostanze: quando sono richiesti e quando è in gioco la vita.
Ho imparato che meno tempo spreco e più cose faccio.
Ho imparato a godermi le cose!
Ho imparato ad accettare le sconfitte, le delusioni.
Ho imparato che non importa quanto sia buona una persona, ogni tanto ti ferirà. Per questo bisogna che tu la perdoni.
Ho imparato che ci vogliono anni per costruire la fiducia, e pochi secondi per distruggerla.
Ho imparato che non dobbiamo cambiare amici se comprendiamo che gli amici cambiano.
Ho imparato che le circostanze e l'ambiente hanno influenza su di noi, ma noi siamo sempre responsabili di noi stessi.
Ho imparato che la pazienza richiede molta pratica.
Ho imparato che ci sono persone che ci amano, ma semplicemente non sanno come dimostrarcelo.
Ho imparato che a volte, la persona che tu pensi ti sferrerà il colpo mortale quando cadrai, è invece una di quelle poche che ti aiuteranno ad alzarti.
Ho imparato che solo perché qualcuno non ti ama come vorresti, non significa che non ti ami con tutto se stesso.
Ho imparato che non si deve mai dire ad un bambino che i sogni sono sciocchezze, sarebbe una tragedia se lo credesse.
Ho imparato che non sempre è sufficiente essere perdonato da qualcuno, nella maggior parte dei casi sei tu a dover perdonare te stesso.
Ho imparato che non importa in quanti pezzi il tuo cuore si sia spezzato, il mondo non si ferma aspettando che lo ripari.
...E dopo tutto ciò, avrò imparato a vivere?

viveresaggezzavitasenso della vitagratuitàmisericordiacomprensioneforza interiore

2.9/5 (9 voti)

inviato da Qumran2, inserito il 23/09/2012

PREGHIERA

127. Signore mi hai afferrato

Michel Quoist

Signore, mi hai afferrato, e non ho potuto resisterti.
Sono corso a lungo, ma tu m'inseguivi.
Prendevo vie traverse, ma tu le conoscevi.
Mi hai raggiunto.
Mi sono dibattuto.
Hai vinto!
Eccomi, o Signore, ho detto sì, all'estremo del soffio e della lotta, quasi mio malgrado;
ed ero là, tremante come un vinto alla mercé del vincitore,
quando su di me ha posato il Tuo sguardo di Amore.

Ormai è fatto, Signore, non potrò più scordarti.
In un attimo mi hai conquistato,
in un attimo mi hai afferrato.
I mie dubbi furono spazzati,
i miei timori svanirono;
perché ti ho riconosciuto senza vederti,
Ti ho sentito senza toccarti,
Ti ho compreso senza udirti.
Segnato dal fuoco del tuo Amore,
ormai è fatto, Signore, non potrò più scordarti.
Ora, ti so presente, al mio fianco, ed in pace lavoro sotto il tuo sguardo di Amore.
Non conosco più lo sforzo di pregare:
mi basta alzare gli occhi dell'anima verso di te per incontrare il tuo sguardo.
E ci comprendiamo. Tutto è chiaro. Tutto è pace.
In certi momenti, grazie o Signore, tu m'invadi irresistibile, come il mare lentamente inonda la spiaggia;
oppure improvvisamente tu mi afferri, come l'innamorato stringe tra le braccia il suo amore.
E non posso più nulla, bisogna che mi fermi.
Sedotto, trattengo il respiro; svanisce il mondo, sospendi il tempo.
Vorrei che questi minuti durassero ore...
Quando ti ritrai, lasciandomi di fuoco e sconvolto da gioia profonda,
non ho un'idea di più, ma so che tu mi possiedi maggiormente.
Alcune mie fibre sono più profondamente toccate,
la ferita s'è allargata, e sono un po' più prigioniero del tuo Amore.

Signore, tu crei ancora il vuoto attorno a me, ma in un modo diverso questa volta.
Per il fatto che sei troppo grande ed eclissi ogni cosa.
Quello che amavo mi sembra inezia, e sotto il fuoco del tuo Amore si sciolgono i miei desideri umani come cera al sole.
Che m'importano le cose!
Che m'importa il mio benessere!
Che m'importa la mia vita!
Non desidero più altro che te,
non voglio più altro che te.

Lo so, gli altri lo dicono: "È pazzo!".
Ma, o Signore, lo sono loro.

vocazionecontemplazionerapporto con Diodesiderio di Diopreghiera

5.0/5 (3 voti)

inviato da Anna Barbi, inserito il 21/09/2012

PREGHIERA

128. Decalogo dei ministranti   2

Seminario di Milano MoChi

1. La Chiesa è la casa di Dio: entrato genufletti e fai il segno della Croce.
2. Cammina piano e compostamente.
3. Arriva in tempo per salutare il Signore e pregare un po' personalmente.
4. Accordati per il servizio prima dell'inizio della celebrazione.
5. Precedi il celebrante con ordine e serietà.
6. Fatta la genuflessione al tabernacolo va' al tuo posto in silenzio.
7. Ascolta con attenzione la Parola di Dio.
8. Stà composto sull'altare.
9. Presta attenzione al celebrante.
10. Sei vicino a Gesù: comportati come lui.

ministrantechiericochierichettocerimoniere

3.0/5 (1 voto)

inviato da Simone Airaghi, inserito il 20/09/2012

TESTO

129. Parlami d'Amore (versione 2)   3

Michel Quoist, Parlami d'amore, Sei, Torino 1987, pp. 104-107

L'amore non è la folgorazione della bellezza
davanti a un volto che d'improvviso s'illumina per te,
perché la vera bellezza è il riflesso dell'anima,
ma l'anima è oltre, e la cerchi tremando.

L'amore non è seduzione di un'intelligenza viva e sciolta
che scorre in parole e idee per piacerti,
perché l'intelligenza può splendere di mille barbagli
senza essere autentico diamante nascosto nelle profondità dell'amato.

L'amore non è l'emozione di fronte a un cuore
che batte per te
più di quanto non batta per gli altri,
né quella meraviglia d'essere scelto, eletto,
senza motivo ai tuoi occhi
che valga questa follia,
perché un cuore può un giorno turbarsi per un altro,
e lasciarti sanguinare, in lacrime,
senza che il tuo amore muoia.

L'amore non è voglia di catturare, di afferrare
l'oggetto del tuo desiderio,
sia esso cuore, corpo, mente o tutti e tre insieme,
perché l'altro non è "oggetto";
e se lo prendi per te, lo mangi e lo distruggi,
è te che ami credendo di amare l'altro.

Folgorazione e seduzione, fame e fremiti,
emozione e sgorgare di desideri,
tutto ciò è bello e necessario, nell'uomo, nella donna,
ma soltanto per aiutare ad amare chi accetta di amare.

E' la porta socchiusa e le finestre spalancate,
è il vento che entra a folate,
è il richiamo del largo, è il mormorio di Dio
che invitano a uscire dalla casa sbarrata
per andare verso un altro
che hai scelto per colmare la tua vita
perché lo ami e lo vuoi amare.

Amare è volere l'altro libero e non sedurlo,
è liberarlo dai suoi lacci se ne rimane prigioniero,
perché anche lui possa dire: ti amo,
senza esservi spinto dai suoi desideri non domati.

Amare è con tutte le forze volere il bene dell'altro,
anche prima del tuo,
è fare di tutto perché l'amato cresca, e poi sbocci e fiorisca
diventando ogni giorno l'uomo che deve essere
e non quello che tu vuoi modellare
sull'immagine dei tuoi sogni.

Amare è dare il tuo corpo, e non prendere il suo,
ma accogliere il suo quando si offre per essere condiviso,
è raccoglierti, arricchirti,
per offrire all'amato più che mille carezze e folli abbracci,
la tua vita intera raccolta nelle braccia del tuo "io".

Amare è offrirti all'altro,
anche se questi ad un certo momento si rifiuta,
è dare senza tenere il conto di quello che l'altro ti dà,
pagando il prezzo alto senza mai reclamare il resto,
ed è supremo amore perdonare
quando l'amato purtroppo si sottrae,
tentando di consegnare ad altri ciò che ti aveva promesso.

Amare è credere nell'altro e dargli fiducia,
credere nelle sue forze nascoste, nella vita che ha in sé;
e quali che siano le pietre da tagliare
per appianare la strada,
è decidere da uomo ragionevole
di avviarsi coraggiosamente per il viaggio del tempo.

Non per cento giorni, per mille, e neppure per diecimila,
ma per un pellegrinaggio che non finirà,
perché è un pellegrinaggio che durerà
"sempre"...

Se amare è questo, come potrò riuscirci?
Ero scoraggiato...
Non avevo ancora capito...
che l'amore era un fine da raggiungere
e non un punto di partenza
e che, per cercare di riuscirci,
bisognava lottare per tutto il tempo della vita.
Io volevo tutto e subito.

Questo era il mio errore.
Dovevo accettare di adottare
il passo lento e regolare,
il passo dell'autentico montanaro.

Clicca qui per un altro testo di Michel Quoist sullo stesso tema.

amoreinnamoramentoamaredonarsigratuitàlibertàcrescerematurità

3.0/5 (1 voto)

inviato da Qumran2, inserito il 20/09/2012

TESTO

130. Il celibato del prete   1

Bruno Forte

La vita consacrata alla causa del Vangelo è testimonianza del primato assoluto dell'eterno, è messaggio - più eloquente di ogni parola - di come Dio solo basti e lui solo sia in grado di dare alla vita e alla storia significato e speranza. In un tempo di crollo di certezze e di palese fallimento delle presunzioni totalizzanti della ragione "moderna", un'esistenza totalmente abbandonata a Dio, perdutamente innamorata di lui, appare come un riferimento luminoso, annuncio di un'alternativa possibile. L'incarnazione non è solo il movimento dall'eternità al tempo, ma anche l'altrimenti impensabile possibilità del movimento opposto, quello capace di portare nel cuore di Dio il dolore e la morte degli uomini, le stagioni del tempo e le contraddizioni della storia.

pretesacerdotecelibatoamoreparadisocastità

5.0/5 (1 voto)

inviato da Luca Peyron, inserito il 20/09/2012

TESTO

131. A Messa perché è bello!   5

Nardo Masetti

Per secoli e secoli abbiamo insistito sul fatto che "perdere la Messa alla domenica è peccato mortale". Naturalmente lo scopo era quello di far sì che i fedeli vi partecipassero in massa. Risultato statistico di presenze visibili: circa il 15%. Se avessimo insistito maggiormente sopra un diverso aspetto, avremmo potuto ottenere una percentuale almeno del 16%? Secondo me sì.

La gente ha sempre pagato le tasse mal volentieri e purtroppo molti, quando lo possono fare impunemente, non le pagano. Il presentare la Messa esclusivamente come una tassa settimanale da pagare al buon Dio, non credo che funzioni: le statistiche dicono che ci sono molti evasori.

Oggi in particolare c'è il culto del bello. La televisione e i mass media in genere ci portano in casa persone giovani, belle, ben vestite, prodotti di bellezza... Solo noi cristiani praticanti dobbiamo trangugiare cose indigeste, pur di arrivare un giorno in paradiso? Ma il nostro non è il Dio della bellezza (guardare il microcosmo e il macrocosmo)? Perché allora non mettiamo spesso in risalto l'aspetto estetico della fede cristiana, ed in particolare la bellezza della Celebrazione Eucaristica?

Noi andiamo a Messa, perché è bello trovarci in udienza ufficiale e personale allo stesso tempo davanti al nostro Dio. E' bello sentirci perdonati da lui; è bello ascoltare la sua voce, che ci incoraggia, che ci indica la strada giusta fra le tante equivoche che ci sono proposte. E' bello trovarci assieme a tutta la Chiesa terrena e celeste, come anticipo di quell'unione beatificante ed eterna che ci attende. E' bello prendere con noi nel cammino difficile della settimana, quel meraviglioso Dio che ci ama al punto da lasciarsi mangiare da noi...

Se provassimo ad insistere per secoli e secoli... forse la percentuale dei fedeli alla Messa domenicale potrebbe anche raggiungere il... %.

messaeucaristiadomenicarapporto con Dio

3.3/5 (4 voti)

inviato da Nardo Masetti, inserito il 20/09/2012

TESTO

132. La pace tornerà   2

La pace tornerà se credi che il sorriso è più di un'arma, che quanto unisce è più di quanto divide, che la diversità è un arricchimento.
La pace tornerà se preferisci la speranza al sospetto, se fai tu il primo passo verso l'altro, se ti rallegri per la gioia del vicino.
La pace tornerà se stai dalla parte del povero e dell'oppresso, se l'ingiustizia che colpisce questi ti ferisce quanto quella che subisci tu.
La pace tornerà se sai donare con amore un po' del tuo tempo, accettare il servizio che l'altro ti offre, condividere con cuore il tuo pane.
La pace tornerà se rifiuti di battere la tua colpa sul petto degli altri, se accetti la critica e ne trai profitto; se valorizzi l'opinione diversa dalla tua.
La pace tornerà se ritieni la collera una debolezza e non una forza; se vedi nell'altro anzitutto un fratello, se credi che la pace è possibile.
...Allora la pace tornerà.

paceimpegnoresponsabilitàimportanza del singolodiversitàgiustiziaingiustiziatolleranza

5.0/5 (4 voti)

inviato da Maurizio Gasperi, inserito il 20/09/2012

PREGHIERA

133. Preghiera di inizio campo estivo   1

Signore, eccoci qui davanti a te.
Oggi comincia per noi un'esperienza nuova.
Non sappiamo cosa ci riserverà.
Insieme ai nostri zaini e borse, portiamo con noi la nostra storia personale,
i nostri sogni, la voglia di stare insieme e di fare nuove amicizie.
Vogliamo soprattutto conoscerti, Signore,
perché mai come in questo tempo della nostra vita sei così misterioso...
Solo se ti conosciamo possiamo sceglierti come riferimento forte
capace di aiutarci a trovare la strada giusta per noi.
Facci sperimentare che tu, in tanti modi, sei accanto a noi e parli alla nostra vita.
La tua parola entri dentro di noi e ci insegni a dire un "grande sì",
così come hanno fatto tutte quelle persone che hanno scelto di seguirti donando la loro vita a te.
Signore, benedici queste giornate,
i nostri animatori, la vita di ciascuno di noi.
Rendici testimoni di fraternità e di amicizia,
col coraggio di dire a quanti incontreremo che tu sei il bene,
la gioia, il perdono, l'amore che non abbandona mai.
Amen.

campo scuolagrestanimatorieducatori

inviato da Pierluigi Ruggiero, inserito il 23/08/2012

TESTO

134. Meditazione e ritorno al mondo

Dietrich Bonhoeffer, Vita comune

Ogni giorno porta al cristiano molte ore di solitudine in mezzo ad un mondo non cristiano. Questo è il tempo della verifica. Esso è la prova della bontà della meditazione personale e della comunione cristiana. La comunità ha reso gli individui liberi, forti, adulti, o li ha resi invece dipendenti, non autonomi? Li ha condotti un po' per mano, per far loro imparare di nuovo a camminare da soli, o li ha resi paurosi e insicuri?… Qui si tratta di decidere se la meditazione personale ha portato il cristiano in un mondo irreale da cui si risveglia con spavento, nel ritornare al mondo terreno del suo lavoro, o se viceversa lo ha fatto entrare nel vero mondo di Dio, che permette di affrontare la giornata dopo aver attinto nuova forza e purezza. Si è trattato di un'estasi spirituale per brevi attimi, cui poi subentra la quotidianità, o di un radicarsi essenziale e profondo della Parola di Dio nel cuore?… Solo la giornata potrà deciderlo… Ognuno deve sapere che anche il momento in cui è isolato ha una sua retroazione sulla comunione. Nella sua solitudine egli può dilacerare e macchiare la comunione o viceversa rafforzarla e santificarla….

solitudinecomunitàrapporto con Dioimpegnoessere cristiani

inviato da Qumran2, inserito il 12/08/2012

ESPERIENZA

135. Aiutami a nascere   2

Tanino Minuta, Città nuova, n. 24, 2009

Gelida mattina d'inverno. Alla fermata attendo il bus 61. Dal cancello principale del cimitero che sta di fronte vedo uscire una vecchietta che cammina lentamente, appoggiandosi ricurva ad un malfermo bastoncino. Si avvicina alle strisce pedonali per attraversare. Ma una dopo l'altra le macchine le passano veloci davanti. Finalmente una macchina si ferma e la lascia camminare lentamente. Lei, giratasi, continua a guardare grata verso l'auto che l'ha lasciata passare.

Le vado incontro per aiutarla a salire il gradino del marciapiede. Dentro di me ribolle l'indignazione

per quanti non si sono fermati. Lei, offrendomi la mano per essere aiutata, guarda ancora la macchina, ormai lontana, che l'aveva fatta passare. Poi, con un sorriso di indicibile bellezza, mi chiede: «Vero che c'è tanta bontà in questo mondo?».

Quando arriva il 61 l'aiuto a salire. In mezzo a tanti volti che sembrano delle casseforti sigillate, quella nonnina mi sembra sia il tesoro che il bus sta trasportando senza che nessuno lo sappia. La guardo ancora, sorpreso per la lezione che mi ha dato. Lei non ha tenuto conto di chi non si era fermato, ha visto soltanto chi le aveva permesso di passare. Non ha visto altro.

Le dico: «Come sarebbe diverso il mondo se vedessimo soltanto il bene e non il male». Interviene a questo punto un signore seduto vicino: «Allora sì che fallirebbero telegiornali e rotocalchi. Di cosa si nutrirebbe la politica? Veleno, veleno è l'unica risorsa di ogni potere. Soltanto la malvagità equilibra il mondo. Odio ci vuole, sempre di più. Sto andando a denunciare il mio vicino di casa che con le sue orge notturne non ci lascia dormire. Lui ci avvelena la vita e io l'unica cosa che posso fare è distruggerlo. E stavolta se la passerà male!».

La vecchietta lo guarda con materna comprensione; poi, fattasi seria: «Avevo un figlio, che ha vissuto forse come il suo vicino di casa. È morto a trentatrè anni per overdose. Tutte le mattine lo vado a salutare. Quando sono alla tomba mi sembra di rivederlo nella culla, piccolo, indifeso, bisognoso di tutta la mia protezione. Ormai nulla può fargli male, eppure è come se mi chiedesse di proteggerlo ancora. L'unica cosa che posso fare è continuare a difenderlo.

«L'unico figlio. Mio marito ed io abbiamo lavorato duramente per assicurargli una vita migliore della nostra. Ma è stato più infelice di noi. Amicizie sbagliate. Per un ragazzo buono e pulito come lui la scivolata è stata veloce. Per anni non abbiamo saputo dov'era. Poi, attraverso un suo vecchio amico, siamo venuti a sapere che gironzolava come un barbone alla periferia della città. Mio marito è riuscito a trovarlo. Era irriconoscibile. Sembrava più vecchio del padre. Ha accettato di essere curato. In ospedale si comportava come un animale ferito. Parlava poco, lui che era un brillante intrattenitore delle feste.

«Un giorno mi ha detto: "Non c'è cosa peggiore per un uomo che sapere di essere inutile. Niente è più soffocante dell'inutilità". Non serviva ripetergli che per noi era importante. Era come se in lui fosse bruciata la radice della vita.

«Uscito dall'ospedale è sparito, senza dirci niente, come la prima volta. Mio marito è morto di crepacuore. Io avevo speranza.

«Quando sono venuti a dirmi che l'avevano trovato morto, si è chiusa la speranza. Chissà da quanto tempo era morto. Non me l'hanno fatto mai vedere. Nella sua giacca, hanno trovato delle frasi scritte su carta da sigarette o droga, la grafia era la sua: "La vita non mantiene mai le sue promesse. Se tu esistessi, faresti giustizia. Il male ha tutti i poteri. Tu non sei mai nato su questa Terra. Se ci fossi, ti chiederei di ricrearmi".

«Povero figlio mio, chissà che dolori ha provato! Il nostro amore non è bastato! Si apriva davanti a me la strada della disperazione, oppure... rigenerare mio figlio. Per amore di lui ho cominciato a vivere per gli altri e non per me. Ciò mi ha aiutato a rinascere e a rigenerare mio figlio. In qualche modo era come se Dio mi avesse affidato il compito di possedere un amore che non avevo mai avuto. Certo che senza la fede non ce l'avrei fatta. La fede ha delle risorse di forza che, quando meno te lo aspetti, si mostrano in tutta la loro potenza. Ora mio figlio palpita in me».

Il signore che le siede accanto, nonostante la sua statura, sembra diventato piccolo e insicuro. Come disorientato. Poi le chiede, quasi balbettando, se può fare qualche cosa per lei. La vecchietta, come se attendesse la richiesta, risponde veloce: «Il suo vicino potrebbe essere suo figlio che vuole essere ricreato!».

Soltanto il rumore del motore vibra nell'aria. Quando lei si alza per dirigersi alla fermata, il signore l'accompagna. Mi salutano tutti e due. Scende anche lui. Il palazzo dove prima aveva detto di essere diretto non era da quelle parti. Mentre il bus si allontana vedo sul marciapiede quel grande uomo che offre il braccio alla vecchietta. L'atmosfera di Natale colora la città e abbraccia il bus, le macchine, la gente.

«Vero che c'è tanta bontà in questo mondo?», echeggia in me la piccola voce di una fragile donna quasi piegata su un bastoncino instabile. Mi guardo in giro. La gente chiusa nei cappotti e nei cuori è fragile e indifesa. La commozione è forte.

È come se ogni sguardo spento mi stia implorando: «Aiutami a nascere, fammi da madre!».

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inviato da Fernanda Plomitallo, inserito il 12/08/2012

PREGHIERA

136. Preghiera a Maria alla conclusione del mese di maggio   1

don Sandro Vigani, Gente Veneta, Settimanale della Diocesi di Venezia

Quando ti penso, Maria, vedo una giovane donna
che si prepara al matrimonio,
una figlia d'Israele cresciuta nella fede e nella storia
di un popolo col quale Dio ha intrecciato
una meravigliosa alleanza.
Vedo una donna che sta progettando il proprio futuro,
pensa alla casa, ai figli, allo sposo,
è innamorata della vita e delle tradizioni della propria gente.
E' piena di attese, di curiosità
e forse anche di un po' di timore.

Il Signore è entrato, potente, Maria,
nella casa della tua esistenza, e la storia del mondo
è cambiata per sempre, duemila anni fa,
perché Tu quel giorno hai detto di «sì».
Il vento di Dio ha soffiato forte e mescolato
le carte dei tuoi progetti, come il vento della primavera
a volte alza la sabbia sulla riva del mare.
Penso alla tua paura, Maria, quel giorno.
Alle parole con le quali, stupita,
chiedi conto al messaggero di Dio
di quello che sta accadendo in Te:
«Come è possibile, io non conosco uomo».
E penso alle paure che tante volte
hanno popolato la casa della mia vita,
ai momenti di buio, di dolore, di incertezza.
Alle direzioni così strane
che spesso ha preso la mia strada,
a come il vento di Dio l'ha battuta
e ha scombinato le tracce
che credevo indispensabili per orientami.

Maria, dopo la prima paura ti sei fidata.
O forse ti sei abbandonata, arresa alla voce del Signore
alla quale sentivi di non poter resistere.
Forse non sempre hai capito subito,
ma hai conservato nel tuo cuore
il senso di quello che ti accadeva.
E al tuo cuore hai attinto
negli anni che sono venuti,
mentre accompagnavi tuo figlio Gesù
giorno dopo giorno verso la croce,
finché quel significato si è dispiegato davanti ai tuoi occhi.
Io ho resistito mille volte più di Te a quella voce,
finché sulla mia strada,
sotto la sabbia e la terra delle mie debolezze,
a poco a poco sono comparse
altre tracce più vive e più vere,
che mi parlavano di quanto il tuo Figlio mi amava.

Anche oggi, molte volte, so di resistere a quella voce,
e mi affido alla pazienza di Dio
perché a poco a poco mi aiuti a leggere
nelle pagine della mia vita le parole che scrive per me.

Maria, hai accolto nel tuo grembo il figlio di Dio.
Sei stata ad un tempo madre e figlia.
Mi chiedo come hai vissuto questo duplice ruolo.
Quel figlio che cresceva in te e poi accanto a te,
era tuo ma non ti apparteneva.
Lo amavi come ogni madre,
accarezzavi per lui i tuoi progetti,
mentre lo cullavi tra le tue braccia,
e dovevi ogni giorno distaccarti da lui,
lasciare che andasse per la sua strada dove lo voleva suo Padre.
La vita è fatta anche di molti distacchi.

Maria, io credo che per poter
affrontare i momenti più difficili accanto a Gesù,
Tu abbia avuto nel tuo cuore un'invincibile speranza,
che si era accesa quando il messaggero di Dio
ti aveva assicurato che il Signore
non ti avrebbe mai abbandonata.
Maria, abbiamo il tesoro più grande
che un uomo possa sperare di avere,
la perla per la quale vale la pena vendere tutto,
abbiamo con noi il Signore.
Aiutaci ad accendere la nostra speranza,
perché il fuoco di Dio che non distrugge,
ma dona la vita,
bruci dentro di noi e attorno a noi.
Fa' che comprendiamo che vale la pena di credere,
essere cristiani conviene: così impareremo a guardare
la vita ed il mondo con occhi pieni di luce.

MariaMadonnafiduciaGesù

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inviato da Don Mario Sgorlon, inserito il 11/08/2012

PREGHIERA

137. Credo nella famiglia   2

Enrico Masseroni

Credo nella famiglia, o Signore:
quella che è uscita dal tuo disegno creativo,
fondata sulla roccia dell'amore eterno e fecondo;
tu l'hai scelta come tua dimora tra noi,
tu l'hai voluta come culla della vita.

Credo nella famiglia, o Signore:
anche quando nella nostra casa
entra l'ombra della croce,
quando l'amore perde il fascino originario,
quando tutto diventa arduo e pesante.

Credo nella famiglia, o Signore:
come segno luminoso di speranza
in mezzo alle crisi del nostro tempo;
come sorgente di amore e di vita,
come contrappeso alle molte aggressioni
di egoismo e di morte.

Credo nella famiglia, o Signore:
come la mia strada verso la piena realizzazione umana
come la mia chiamata alla santità,
come la mia missione per trasformare il mondo
a immagine del tuo Regno. Amen.

famigliamatrimoniosposi

2.5/5 (2 voti)

inviato da Qumran2, inserito il 11/08/2012

TESTO

138. Le prove dell'esistenza di Dio   2

Jacques Maritain

Se un tempo bastavano cinque prove per l'esistenza di Dio, oggi l'uomo le ritiene insufficienti e ne vuole una sesta, la più completa, la più autorevole: la vita di coloro che credono in Dio.

Dioesistenza di Diocristianotestimonianzacoerenza

inviato da Qumran2, inserito il 11/08/2012

TESTO

139. Introduzione alla Via Crucis

Don Angelo Saporiti, Riflessione sull'amore di Madre Teresa

Oggi fra la gente del mondo, Gesù vive la propria passione.
La Via Crucis si ripete oggi come duemila anni fa nei giovani, nei sofferenti, negli affamati, nelle persone malate e portatrici di handicap.
Noi oggi siamo qui per vivere la Via Crucis di Gesù.
La Via Crucis è fatta di stazioni.
Stazione significa "sosta" "fermata".
Significa per noi "esserci", stare lì vicino a quella situazione, a quella persona, a quella sofferenza...
Vivere la Via Crucis significa esserci.
E allora noi siamo lì?
Siamo lì in quel bambino che mangia un pezzo di pane, briciola dopo briciola, perché sa che, quando quel tozzo di pane sarà finito, non ce ne sarà più e avrà di nuovo fame?
Siamo lì con quel bambino?
Siamo lì con quelle migliaia di persone che ogni giorno muoiono, non solo per un tozzo di pane, ma per un po' d'amore, di considerazione, di giustizia...
Siamo lì?
Siamo lì quando i nostri giovani cadono, come Gesù è caduto più volte per noi?
Siamo lì come era lì Simone il Cireneo, a risollevarli, a prendere su di noi la loro fatica, la loro delusione, la loro depressione?
Siamo lì con gli alcolizzati, i senzatetto, i senza lavoro, i senza famiglia, i vecchi, gli esclusi...
Queste sono alcune stazioni della Via Crucis.
Le altre sono dentro di noi. Le conosciamo bene:
sono il nostro rapporto difficile con il marito, la moglie,
i nostri conflitti con i figli adolescenti,
le nostre incomprensioni con i parenti,
le nostre liti con i vicini,
i nostri volti duri con gli amici,
i nostri preconcetti con i compagni,
il nostro disimpegno sociale e cristiano,
il nostro correre tutta la giornata senza avere un orientamento,
le nostre scuse per non trovare mai il tempo per pregare, per stare un po' in silenzio, per meditare, per conoscere meglio Gesù, per incontralo...
Non possiamo far finta di non vedere queste stazioni della nostra Via Crucis.
La Via Crucis è una via di consapevolezza del mio peccato personale e una presa di coscienza del nostro peccato sociale, come comunità civile e come Chiesa.
Iniziamo ad andare dietro a Gesù sulla via dolorosa.
Precorriamo la Via Crucis, passo dopo passo, con consapevolezza, con lucidità, con coscienza, con trasparenza. Lasciamoci andare all'amore di Dio.
Chiediamo a Gesù il dono delle lacrime e il dono del cambiamento della nostra vita.
Gesù è morto per noi per dirci che non c'è amore più grande di quello che dona la vita.
Lui ci darà la forza, perché Gesù è la nostra forza!

Via Crucissolidarietà

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inviato da Don Angelo Saporiti, inserito il 05/08/2012

TESTO

140. Quando amo il mio Dio

Sant' Agostino, Confessioni X,6,8

Amo una luce e una voce,
un profumo, un cibo, un abbraccio,
quando amo il mio Dio;
luce, voce, profumo, cibo e abbraccio
in cui brilla per la mia anima ciò che lo spazio non contiene,
risuona ciò che il tempo rapace non prende,
si espande un profumo che il vento non dissipa,
si gusta un cibo che voracità non distrugge,
si stringe abbraccio che sazietà non disserra.

umanitàamore per Diodivinità

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inviato da Cesarina Volontè, inserito il 18/07/2012

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