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ESPERIENZA

61. Jacques Fesch: la drammatica storia di un giovane moderno   1

Chi è Jacques Fesch? E' un giovane moderno, che a 24 anni commette un terribile delitto, epilogo di una vita vuota e senza ideali, piena di egoismo e di capricci. Ecco una veloce cronaca del delitto. Il 24 febbraio 1954 Jacques entra al mattino nel negozio di un cambiavalute e ordina un quantitativo d'oro. L'uomo si fida perché sa che alle spalle del giovane c'è un opadre facoltoso che può pagare. Nel pomeriggio dello stesso giorno Jacquaes torna per prelevare l'oro e approfittando di un momento di disattenzione del cambiavalute lo colpisce alla testa con il calcio della pistola del padre. Il cambiavalute reagisce urlando. Jacques fugge e si nasconde in un palazzo vicino fino a che è riconosciuto da un polizziotto accorso sul posto. All'ingiunzione di fermarsi Jacques spara e uccide l'agente di polizia. Intervengono poi altri agenti che lo catturano.

Perché questo delitto assurdo? Jacques voleva aprire una propria attività e chiede un grosso prestito al padre che glielo rifiuta. Sa che il figlio ha le mani bucate! Allora Jacques decide di compiere una rapina: di procurarsi i soldi con l'inganno.

Che cosa accade in carcere? Viene raggiunto dal cappellano ma egli lo rifiuta dicendo: "Io non ho la fede e non ho bisogno di lei!". Passano i giorni, chiuso tra quattro pareti, solo con la sua disperazione. Ma una notte: "Era una sera, nella mia cella... Nonostante tutte le catastrofi che da alcuni mesi si erano abbattute sulla mia testa, io restavo ateo. Ora quella sera, ero a letto con gli occhi aperti e soffrivo realmente per la prima volta nella mia vita per le conseguenze del mio delitto; ed è allora che un grido mi scaturì dal petto, un appello di soccorso: "Mio Dio, Mio Dio aiutami!". E instantaneamente, come un vento violento, che passa senza che si sappia dove viene, lo Spirito del Signore mi prese alla gola! Ho creduto e non capivo più come avessi fatto prima a non credere. La grazia mi ha visitato e una grande gioia s'è impossessata di me e soprattutto una grande pace". Quella notte Jacques udì una voce che gli diceva: "Tu ricevi le grazie della tua morte!". Una frase per lui incomprensibile, il cui senso capirà più tardi.

Inizia una nuova vita in Cristo. Il cambiamento di questo giovane è qualche cosa di straordinario: è una testimonianza di quanto Dio può operare. "Ora veramente ho la certezza di cominciare a vivere per la prima volta. Ho la pace e ho dato un senso alla mia vita, mentre prima non ero che un uomo morto!". Jacques organizza la vita in prigione come la vita in un monastero: si dà un orario per la preghiera, legge libri religiosi e la Bibbia, scrive lettere per dare conforto ai suoi famigliari, che stanno vivendo una grossa crisi, vuole soprattutto poter vivere per riparare il male fatto.

Arriva il giorno del processo: il 3 aprile 1957 si apre il processo che si conclude con la sua condanna a morte. In quel momento capisce la frase: "Tu ricevi le grazie della tua morte!". Jacques dopo un iniziale smarrimento vive la sentenza e la condanna come una vocazione ad amare fino in fondo la croce di Gesù. Egli desidera prepararsi spiritulamente alla sua morte e desidera salutare da vero cristiano tutti coloro che lo hanno amato e coloro a cui ha fatto del male. Scrive alla moglie e alla sua piccola figlia di 6 anni, si mette in contatto, tramite il suo avvocato anche con la famiglia del gendarme che lui ha ucciso per chiedere il perdono. Nonostante il grande cambiamento di vita che stupisce lo stesso presidente della Repubblica a cui era stata inoltrata la domanda di grazia, la sentenza viene confermata per il 30 settembre.

Le ultime ore: l'attesa dell'incontro con Gesù. "Ancora soltanto qualche ora di lotta, prima di conoscere Colui che è l'Amore. Oggi sarò in cielo. Cara mamma, innanzi tutto ti devo dire un grosso grazie per tutto l'amore di cui mi hai circondato in questi ultimi mesi... Tu sai che Gesù ha detto nel suo vangelo: Ero carcerato e siete venuti a visitarmi. Con queste righe io ti affido la mia bambina e mia moglie. Proteggile assiduamente. Amale in Dio e sii certa che di lassù io vi proteggerò e veglierò su di voi...". Alle 5,30 del mattino del 30 settembre le guardie carcerarie che sono veute a prenderlo per l'esecuzione capitale, lo trovano in ginocchio e in preghiera accanto al letto rifatto. Si confessa e riceve l'Eucarestia. Abbraccia il crocefisso e si avvia verso la ghigliottina... Le ultime sue parole: "Signore non abbandonarmi, io confido in te!".

confessioneconversionecambiare vitapeccatomisericordia di Dio

inviato da Don Giovanni Benvenuto, inserito il 13/12/2005

TESTO

62. Un decalogo per il papà   4

Bruno Ferrero, Bollettino Salesiano, marzo 2005

1°. Il primo dovere di un padre verso i suoi figli è amare la madre. La famiglia è un sistema che si regge sull'amore. Non quello presupposto, ma quello reale, effettivo. Senza amore è impossibile sostenere a lungo le sollecitazioni della vita familiare. Non si può fare i genitori "per dovere". E l'educazione è sempre un "gioco di squadra". Nella coppia, come con i figli che crescono, un accordo profondo, un'intima unione danno piacere e promuovono la crescita, perché rappresentano una base sicura. Un papà può proteggere la mamma dandole in "cambio", il tempo di riprendersi, di riposare e ritrovare un po' di spazio per sé.

2°. Il padre deve soprattutto esserci. Una presenza che significa "voi siete il primo interesse della mia vita". Affermano le statistiche che, in media, un papà trascorre meno di cinque minuti al giorno in modo autenticamente educativo con i propri figli. Esistono ricerche che hanno riscontrato un nesso tra l'assenza del padre e lo scarso profitto scolastico, il basso quoziente di intelligenza, la delinquenza e l'aggressività. Non è questione di tempo, ma di effettiva comunicazione. Esserci, per un papà vuol dire parlare con i figli, discorrere del lavoro e dei problemi, farli partecipare il più possibile alla sua vita. E' anche imparare a notare tutti quei piccoli e grandi segnali che i ragazzi inviano continuamente.

3°. Un padre è un modello, che lo voglia o no. Oggi la figura del padre ha un enorme importanza come appoggio e guida del figlio. In primo luogo come esempio di comportamenti, come stimolo a scegliere determinate condotte in accordo con i principi di correttezza e civiltà. In breve, come modello di onestà, di lealtà e di benevolenza. Anche se non lo dimostrano, anche se persino lo negano, i ragazzi badano molto di più a ciò che il padre fa', alle ragioni per cui lo fa. La dimostrazione di ciò che chiamiamo "coscienza" ha un notevole peso quando venga fornita dalla figura paterna.

4°. Un padre dà sicurezza. Il papà è il custode. Tutti in famiglia si aspettano protezione dal papà. Un papà protegge anche imponendo delle regole e dei limiti di spazio e di tempo, dicendo ogni tanto "no", che è il modo migliore per comunicare: "ho cura di te".

5°. Un padre incoraggia e dà forza. Il papà dimostra il suo amore con la stima, il rispetto, l'ascolto, l'accettazione. Ha la vera tenerezza di chi dice: "Qualunque cosa capiti, sono qui per te!". Di qui nasce nei figli quell'atteggiamento vitale che è la fiducia in se stessi. Un papà è sempre pronto ad aiutare i figli, a compensare i punti deboli.

6°. Un padre ricorda e racconta. Paternità è essere l'isola accogliente per i "naufraghi della giornata". E' fare di qualche momento particolare, la cena per esempio, un punto d'incontro per la famiglia, dove si possa conversare in un clima sereno. Un buon papà sa creare la magia dei ricordi, attraverso i piccoli rituali dell'affetto. Nel passato il padre era il portatore dei "valori", e per trasmettere i valori ai figli basta imporli. Ora bisogna dimostrarli. E la vita moderna ci impedisce di farlo. Come si fa a dimostrare qualcosa ai figli, quando non si ha neppure il tempo di parlare con loro, di stare insieme tranquillamente, di scambiare idee, progetti, opinioni, di palesare speranze, gioie o delusioni?

7°. Un padre insegna a risolvere i problemi. Un papà è il miglior passaporto per il mondo " di fuori". Il punto sul quale influisce fortemente il padre è la capacità di dominio della realtà, l'attitudine ad affrontare e controllare il mondo in cui si vive. Elemento anche questo che contribuisce non poco alla strutturazione della personalità del figlio. Il papà è la persona che fornisce ai figli la mappa della vita.

8°. Un padre perdona. Il perdono del papà è la qualità più grande, più attesa, più sentita da un figlio. Un giovane rinchiuso in un carcere minorile confida: "Mio padre con me è sempre stato freddo di amore e di comprensione. Quand'ero piccolo mi voleva un gran bene; ci fu un giorno che commisi uno sbaglio; da allora non ebbe più il coraggio di avvicinarmi e di baciarmi come faceva prima. L'amore che nutriva per me scomparve: ero sui tredici anni... Mi ha tolto l'affetto proprio quando ne avevo estremamente bisogno. Non avevo uno a cui confidare le mie pene. La colpa è anche sua se sono finito così in basso. Se fossi stato al suo posto, mi sarei comportato diversamente. Non avrei abbandonato mio figlio nel momento più delicato della sua vita. Lo avrei incoraggiato a ritornare sulla retta via con la comprensione di un vero padre. A me è mancato tutto questo".

9°. Il padre è sempre il padre. Anche se vive lontano. Ogni figlio ha il diritto di avere il suo papà. Essere trascurati, trascurati o abbandonati dal proprio padre è una ferita che non si rimargina mai.

10°. Un padre è immagine di Dio. Essere padre è una vocazione, non solo una scelta personale. Tutte le ricerche psicologiche dicono che i bambini si fanno l'immagine di Dio sul modello del loro papà. La preghiera che Gesù ci ha insegnato è il Padre Nostro. Una mamma che prega con i propri figli è una cosa bella, ma quasi normale. Un papà che prega con i propri figli lascerà in loro un'impronta indelebile.

papàpadregenitorifamigliafiglieducazioneeducare

inviato da Gianni Andrea Granzotto, inserito il 29/09/2005

TESTO

63. Fa freddo, è Natale: vieni, Signore!

Vado per le strade, come l'altra gente, con l'altra gente,
un po' distratto, un po' stanco...
fa freddo, è Natale: vieni, Signore!

Vado per le strade, tra l'altra gente,
mille volti tristi, tante storie di sofferenza...
fa freddo, è Natale: vieni, Signore!

Vado per le strade delle città, in mezzo a tanta gente,
occhi annoiati di guardare le stesse cose,
occhi non più disposti a sapersi stupire...
fa freddo, è Natale: vieni, Signore!

Vado per le strade, la gente tutta va per le strade,
passo svelto e assai spedito, molta fretta,
piedi non più disposti a fermarsi e riposare in disparte...
fa freddo, è Natale: vieni, Signore!

Vieni, Signore, nel freddo delle nostre vite,
scaldale con il tuo Amore.

Vieni, Gesù, e insegnaci lo stupore di chi nasce per dare la vita.
Vieni sempre, Cristo Gesù, vieni e aiutaci ad amare come te.

Vieni e resta con noi, potente e affascinante Figlio di Dio,
ingresso di Dio nella storia dell'uomo!
Maranathà!

nataleincarnazione

inviato da Don Giovanni Benvenuto, inserito il 21/04/2005

TESTO

64. Si cerca un uomo

Primo Mazzolari

Si cerca per la Chiesa
un prete capace di rinascere
nello Spirito ogni giorno.

Si cerca per la Chiesa un uomo
senza paura del domani
senza paura dell'oggi
senza complessi del passato.

Si cerca per la Chiesa un uomo
che non abbia paura di cambiare
che non cambi per cambiare
che non parli per parlare.

Si cerca per la Chiesa un uomo
capace di vivere insieme agli altri
di lavorare insieme
di piangere insieme
di ridere insieme
di amare insieme
di sognare insieme.

Si cerca per la Chiesa un uomo
capace di perdere senza sentirsi distrutto
di mettere in dubbio senza perdere la fede
di portare la pace dove c'è inquietudine
e inquietudine dove c'è pace.

Si cerca per la Chiesa un uomo
che sappia usare le mani per benedire
e indicare la strada da seguire.

Si cerca per la Chiesa un uomo
senza molti mezzi,
ma con molto da fare,
un uomo che nelle crisi
non cerchi altro lavoro,
ma come meglio lavorare.

Si cerca per la Chiesa un uomo
che trovi la sua libertà
nel vivere e nel servire
e non nel fare quello che vuole.

Si cerca per la Chiesa un uomo
che abbia nostalgia di Dio,
che abbia nostalgia della Chiesa,
nostalgia della gente,
nostalgia della povertà di Gesù,
nostalgia dell'obbedienza di Gesù.

Si cerca per la Chiesa un uomo
che non confonda la preghiera
con le parole dette d'abitudine,
la spiritualità col sentimentalismo,
la chiamata con l'interesse,
il servizio con la sistemazione.

Si cerca per la Chiesa un uomo
capace di morire per lei,
ma ancora più capace di vivere per la Chiesa;
un uomo capace di diventare ministro di Cristo,
profeta di Dio, un uomo che parli con la sua vita.

Si cerca per la Chiesa un uomo.

parrocopretesacerdotesacerdoziovocazione

inviato da Anna Barbi, inserito il 23/01/2005

PREGHIERA

65. Preghiera del sacerdote la domenica sera   4

Michel Quoist, Preghiere

Signore, stasera, sono solo.
A poco a poco, i rumori si sono spenti nella chiesa,
le persone se ne sono andate,
ed io sono rientrato in casa,
solo.

Ho incontrato la gente che tornava da passeggio.
Sono passato davanti al cinema che sfornava la sua porzione di folla.
Ho costeggiato le terrazze dei caffè, in cui i passanti,
stanchi, cercavano di prolungare la gioia di vivere una domenica di festa.
Ho urtato i bambini che giocavano sul marciapiede,
i bambini o Signore,
i bambini degli altri, che non saranno mai i miei.

Eccomi, Signore
solo.
Il silenzio mi incomoda,
la solitudine mi opprime.

Signore, ho 35 anni,
un corpo fatto come gli altri,
braccia nuove per il lavoro,
un cuore riservato all'amore,
ma ti ho donato tutto.
È vero, tu ne avevi bisogno.
Io ti ho dato tutto ma è duro, o Signore.

È duro dare il proprio corpo: vorrebbe darsi ad altri.
È duro amare tutti e non serbare alcuno.
È duro stringere una mano senza volerla trattenere.
È duro far nascere un'affetto, ma per donarlo a Te.
È duro non essere niente per sé per esser tutto per loro.
È duro essere come gli altri, fra gli altri, ed esser un'altra.
È duro dare sempre senza cercare di ricevere.
È duro andare incontro agli altri, senza che mai qualcuno ti venga incontro.
È duro soffrire per i peccati degli altri, senza poter rifiutare di accoglierli e portarli.
È duro ricevere i segreti, senza poterli condividere.
È duro sempre trascinare gli altri e non mai potere, anche solo un'istante, farsi trascinare.
È duro sostenere i deboli senza potersi appoggiare ad uno forte
È duro essere solo,
solo davanti a tutti,
Solo davanti al Mondo.
Solo davanti alla sofferenza,
alla morte,
al peccato.

Figlio, non sei solo,
io sono con te,
Sono te.
Perché avevo bisgono di un'umanità in più
per continuare la Mia Incarnazione e la Mia Redenzione.
Dall'eternità Io ti ho scelto,
ho bisogno di te.

Ho bisogno delle tue mani per continuare a benedire,
Ho bisogno delle tue labbra per continuare a parlare,
Ho bisogno del tuo corpo per continuare a soffrire,
Ho bisogno del tuo cuore per continuare ad amare,
Ho bisogno di te per continuare a salvare,
Resta con Me, Figlio mio.

Eccomi, Signore;
ecco il mio corpo,
ecco il mio cuore,
ecco la mia anima.
Concedimi d'essere tanto grande da raggiungere il Mondo,
tanto forte da poterlo portare,
tanto puro da abbracciarlo senza volerlo tenere.
Concedimi d'essere terreno d'incontro,
ma terreno di passaggio,
strada che non ferma a sé,
perché non vi è nulla di umano da cogliervi
che non conduca a te.

Signore, stasera, mentre tutto tace e nel mio cuore sento
duramente questo morso della solitudine,
mentre il mio corpo urla a lungo la sua fame di piacere,
mentre gli uomini mi divorano l'anima ed io mi sento incapace di saziarli,
mentre sulle mie spalle il mondo intero pesa con tutto il suo peso di miseria e di peccato,
io ti ripeto il mio sì, non in una risata, ma lentamente, lucidamente, umilmente.
Solo, o Signore davanti a te,
nella pace della sera.

I fedeli sono esigenti verso il loro prete. Hanno ragione. Ma devono sapere che è duro essere prete. Chi si è donato nella piena generosità della sua giovinezza rimane un uomo, ed ogni giorno in lui l'uomo cerca di riprendere quel che ha donato. È una lotta continua per restare totalmente disponibile al Cristo e agli altri.

Il prete non ha bisogno di complimenti o di regali imbarazzanti: ha bisogno che i cristiani, di cui ha in modo speciale la cura, amando sempre più i loro fratelli, gli provino che non ha dato invano la sua vita. E poiché rimane un uomo, può aver bisogno una volta d'un gesto delicato di amicizia disinteressata... una domenica sera in cui è solo.

Seguitemi ed io vi farò pescatori di uomini. (Mc 1,17)
Non voi avete scelto me, ma io ho sceto voi e vi ho destinati ada ndare a portare frutto, un frutto che rimanga. (Gv 15,16)
Dimentico del cammino percorso, mi protendo in avanti, corro verso la meta, per conseguire lassù il premio della vocazione di Dio nel Cristo Gesù. (Fil 3,13-14)

sacerdoziopretesacerdotesolitudineoffertà di sédonazione

inviato da Anna Barbi, inserito il 27/07/2004

TESTO

66. Fervore natalizio   1

Melinda Tamàs-Tarr, Osservatorio Letterario, Ferrara e l'Altrove

Le melodie delle voci angeliche
risuonan ancora nel mio cuore
come un dolce accordo finale
a mezzanotte della masse di Natale.
Nel mio povero animo festoso
nasce un inspiegabile sentimento
come se fosse un sussurro del Cielo
per gridar fortemente al Mondo intero:
«È nato il piccolo Bambino Santo
il Salvatore nostro: Gesù Cristo...»

Come da piccola, anche adesso
L'aspetto con gran raccoglimento
calcolando le ore ed ogni minuto
che mi separano dal grande evento.
In tutti gli anni nel periodo d'Avvento
i miei genitori raccontavan col mistero
la storia della nascita di Gesù Bambino
che venne al nostro mondo cattivo
a liberarci e portarci un giorno
dal Buon Padre Eterno nel Suo Impero...
Alla notte della Vigilia in ogni anno
festeggiamo il Suo compleanno
con lo stesso spirito dei Re Magi
ed anche noi riceviamo alcuni doni.
Quando si sente il melodico tintinnio
s'entra nella stanza in cui splende l'albero
ch'è pieno di luci e tante decorazioni,
sotto c'è il Presepe con i nostri regali.

Che magia si sente nel nostro animo
davanti a questo splendido albero
ed i nostri occhi si fermano sul viso
dell'unico festeggiato: Bambin Divino...
Tutto questo è un bel mondo fatato:
s'ha paura anche a prender un respiro
per non rompere quest'incantesimo
che ha assediato il nostro spirito,
si ha l'impressione del Gran Paradiso
d'esser circondati d'un coro angelico...

È arrivato il momento della preghiera
poi recitare una sacra canzoncina
in cui lodiamo il piccolo Bimbo Santo...
«È arrivata finalmente l'aspettata notte,
ed in alto splendono le luci delle stelle,
l'albero del nostro Gesù bambino
l'hanno portato gli Angeli del Cielo.
Ti ringraziamo Bambino di Betlemme
per il grand'amore del Tuo Cuore
e con il coro d'Angeli del Cielo
il Tuo Santo Nome oggi lodiamo.
Anche se passerà questo natale
Resta sempre con noi, per favore,
Ti ringraziamo d'amare ancora
questa nostra piccola famiglia!...»

II^ classificata al Concorso «Natale a Vada 1995» dell'Accademia Italiana «Gli Etruschi», 1995. Dalla p. 233 dell'Antologia «La gatta sul divano», Edizione Lisi, 1996. e dall'Osservatorio Letterario - Ferrara e l'Altrove.

natale

4.0/5 (1 voto)

inviato da Melinda TamàS-Tarr, inserito il 27/07/2004

TESTO

67. Giovane, fermati un istante

A te giovane, che forse sei già stanco di vivere e di lottare, di credere e di amare,
a te che in questo momento ti senti solo e insicuro,
a te che sei deluso per come vanno le cose,
a te che soffri per la falsità degli uomini,
a te che sei senza lavoro,
a te che chiedi amore e ti viene dato sesso,
a te che hai cercato solo nel piacere il senso della vita,
a te che hai creduto invano nella violenza e nella droga,
a te che il divertimento e il denaro non bastano più,
a te che forse pensi di farla finita,
a te che non credi più a niente ma non smetti di cercare,
a te cui manca una ragione per vivere,
a te che non hai ancora deciso cosa fare della vita,
a te che hai provato tutto eccetto Cristo:
fermati e rifletti un po' perché forse tu cerchi le cose belle e buone della vita,
forse tu cerchi ancora Dio.

giovinezzaricercaricerca di sensosenso della vita

inviato da Anna Lianza, inserito il 27/06/2003

PREGHIERA

68. Preghiera per la pace

Carlo Maria Martini

O Dio nostro Padre, ricco di amore e di misericordia, noi vogliamo pregarti con fede per la pace, addolorati e umiliati come siamo a causa degli episodi di violenza che hanno insanguinato e insanguinano Gerusalemme, città il cui nome evoca subito il mistero di morte e di risurrezione del tuo Figlio, di Gesù che ha donato la sua vita per riconciliare ogni uomo e ogni donna di questo mondo con te, con se stessi, con tutti i fratelli. Città santa, città dell'incontro eppure città da sempre contesa, da sempre crocifissa e sulla quale il tuo Figlio, i profeti e i santi hanno invocato la pace.

Noi vogliamo pregarti con fede per la pace in tanti altri paesi del mondo, per i numerosi focolai di lotte e di odio; vogliamo pregarti per gli aggressori e per gli aggrediti, per gli uccisi e gli uccisori, per tutti i bambini che non hanno potuto conoscere il sorriso e la gioia della pace.

E' vero, Signore, che noi stessi siamo responsabili del venire meno della pace, e per questo ti supplichiamo di accogliere il nostro accorato pentimento, di donarci una volontà umile, forte, sincera per ricostruire nella nostra vita personale e comunitaria rapporti di verità, di giustizia, di libertà, di carità, di solidarietà. Ti confessiamo i nostri peccati personali e sociali: il nostro attaccamento al benessere, i nostri egoismi, le infedeltà e i tradimenti a livello familiare, la pigrizia e lo sciupio delle energie vitali per cose vane e frivole, dannose, il nostro voltare la faccia di fronte alle miserie di chi ci sta vicino o di chi viene da lontano. Vivendo così, non abbiamo forse pensato di renderci responsabili della distruzione di quell'edificio invisibile che è la pace. La pace terrestre è riflesso della tua pace che tu ci doni e ci affidi, nasce dal tuo amore per l'uomo e dal nostro amore per te e per tutti i fratelli.

Cambia il nostro cuore, Signore, perché siamo noi i primi ad avere bisogno di un cuore pacifico. Purificaci, per il mistero pasquale del tuo Figlio, da ogni fermento di ostilità, di partigianeria, di partito preso; purificaci da ogni antipatia, da ogni pregiudizio, da ogni desiderio di primeggiare.

Facci comprendere, o Padre, il senso profondo di una preghiera vera di pace, di una preghiera di intercessione e di espiazione simile a quella di Gesù su Gerusalemme. Preghiera di intercessione che ci renda capaci di non prendere posizione nei conflitti, ma di entrare nel cuore delle situazioni insanabili diventando solidali con entrambe le parti in contesa, pregando per l'una e per l'altra. Noi vogliamo abbracciare con amore tutte le parti in causa, fiduciosi soltanto nella tua divina potenza. Se noi preghiamo perché tu dia vittoria all'uno o all'altro, questa preghiera tu non l'ascolti; se ci mettiamo a giudicare l'uno o l'altro, la nostra supplica tu non l'ascolti.

Manda il tuo santo Spirito su di noi per convertirci a te! Non ci illudiamo di superare le nostre inquietudini interiori, i rancori che ci portiamo dentro verso un popolo o verso un altro se non lasciamo spazio allo Spirito di gioia e di pace che vuole pregare in noi con gemiti inenarrabili. E' lo Spirito che ci fa accogliere quella pace che sorpassa ogni nostra veduta e diventa decisione ferma e seria di amare tutti i nostri fratelli, in modo che la fiamma della pace risieda nei nostri cuori e nelle nostre famiglie, nelle nostre comunità e si irradi misteriosamente sul mondo intero sospingendo tutti verso una piena comunione di pace. E' lo Spirito che ci aiuta a penetrare nella contemplazione del tuo Figlio crocifisso e morto sulla croce per fare di tutti un popolo solo.

E tu, Maria, Regina della pace, intercedi affinché il sorriso della pace risplenda su tanti bambini sparsi nelle varie parti del mondo, segnate dalla violenza e dalla guerriglia; veglia sulla tua terra, su Gerusalemme, suscita nei suoi abitanti desideri profondi e costruttivi di pace, desideri di giustizia e di verità. Noi ti promettiamo di non temere le difficoltà e i momenti oscuri e difficili, purché tutta l'umanità cammini nella pace e nella giustizia, così che si avveri pienamente la parola del profeta Isaia: "Ho visto le vostre vie e voglio sanarle [...] Pace, pace ai lontani e ai vicini, dice il Signore, io guarirò tutti".

paceamoreperdonoconflittidialogogiustiziaingiustizia

inviato da Gianmarco Marzocchini, inserito il 01/04/2003

TESTO

69. Il mio Dio

Juan Arias

Il mio Dio non è un Dio duro, impenetrabile,
insensibile, stoico, impassibile.
Il mio Dio è fragile.
E' della mia razza.
E io della sua.
Lui è uomo e io quasi Dio.
Perché io potessi assaporare la divinità
Lui amò il mio fango.

L'amore ha reso fragile il mio Dio.
Il mio Dio ebbe fame e sonno e si riposò.
Il mio Dio fu sensibile.
Il mio Dio si irritò, fu passionale,
e fu dolce come un bambino.

Il mio Dio fu nutrito da una madre,
ne sentì e bevve tutta la tenerezza femminile.
Il mio Dio tremò dinnanzi alla morte.
Non amò mai il dolore, non fu mai amico
della malattia. Per questo curò gli infermi.
Il mio Dio patì l'esilio,
fu perseguitato e acclamato.

Amò tutto quanto è umano, il mio Dio:
le cose e gli uomini, il pane e la donna;
i buoni e i peccatori.
Il mio Dio fu un uomo del suo tempo.
Vestiva come tutti,
parlava il dialetto della sua terra,
lavorava con le sue mani,
gridava come i profeti.

Il mio Dio fu debole con i deboli
e superbo con i superbi.
Morì giovane perché era sincero.
Lo uccisero perché lo tradiva la verità che era
nei suoi occhi.
Ma il mio Dio morì senza odiare.
Morì scusando più che perdonando.

Il mio Dio è fragile.
Il mio Dio ruppe con la vecchia morale
del dente per dente,
della vendetta meschina,
per inaugurare la frontiera di un amore
e di una violenza totalmente nuova.

Il mio Dio gettato nel solco,
schiacciato contro terra,
tradito, abbandonato, incompreso,
continuò ad amare.
Per questo il mio Dio vinse la morte.
E comparve con un frutto nuovo tra le mani:
la Resurrezione.
Per questo noi siamo tutti sulla via
della Resurrezione:
gli uomini e le cose.

E' difficile per tanti il mio Dio fragile.
Il mio Dio che piange,
il mio Dio che non si difende.

E' difficile il mio Dio abbandonato da Dio.
Il mio Dio che deve morire per trionfare.
Il mio Dio che fa di un ladro e criminale
il primo santo della sua Chiesa.
Il mio Dio giovane che muore
con l'accusa di agitatore politico.
Il mio Dio sacerdote e profeta
che subisce la morte come la prima vergogna
di tutte le inquisizioni della storia.

E' difficile il mio fragile amico della vita.
Il mio Dio che soffrì il morso
di tutte le tentazioni.
Il mio Dio che sudò sangue
prima di accettare la volontà del Padre.

E' difficile questo mio Dio,
questo mio Dio fragile,
per chi pensa di trionfare soltanto vincendo,
per chi si difende soltanto uccidendo,
per chi salvezza vuol dire sforzo e non regalo,
per chi considera peccato quello che è umano,
per chi il santo è uguale allo stoico
e Cristo a un angelo.

E' difficile il mio Dio Fragile
per quelli che continuano a sognare un Dio
che non somigli agli uomini.

NataleincarnazioneumanitàGesùCristorapporto con Diosolidarietà

inviato da Don Giovanni Benvenuto, inserito il 09/02/2003

PREGHIERA

70. Le mani della preghiera   1

Jean-Luc Lefrancois

O Dio, tu ci hai creati con un corpo,
con i piedi per venire incontro a te,
con la testa per pensare,
con il cuore per imparare ad amare.

O Dio, tu ci hai dato le mani per stringere altre mani,
e non per serrarle in pugni violenti.
Mani aperte come un'offerta
come una preghiera di domanda e di grazie.
Mani che benedicono, mani che accolgono,
mani che ricevono il pane di vita.

O Gesù, con le tue mani,
hai innalzato il povero e l'escluso,
non hai gettato la pietra ma condiviso il pane,
hai portato la croce...

O Gesù, con le tue mani,
hai fatto passare Tommaso dal dubbio alla fede.
Le mani del Risorto ci invitano a sperare
a prenderci per mano, a non far cadere le braccia
davanti alla morte e all'isolamento.

O Dio, insegnaci a condividere di più, perché
le nostre mani sono il prolungamento del cuore
e diventano le tue mani,
quelle che danno vita.

condivisionesolidarietàcorporeitàumanità

inviato da Anna Barbi, inserito il 17/12/2002

PREGHIERA

71. Voglio abbandonarmi a te   1

Questa sera capisco Pietro e la sua riluttanza
senza mezzi termini: "Tu non mi laverai mai i piedi!".
Nella sua frase intravedo
il rispetto e l'amore per te, Gesù:
non voglio che ti inginocchi qui davanti a me,
non posso tollerare che tu, il Maestro,
ti comporti in questo modo.
Nelle parole di Pietro io riconosco la mia vergogna
nell'apparire come sono,
nella mia nudità, con le mie ferite,
nella mia sporcizia, con i miei sbagli,
nella mia piccineria, con le mie ambiguità.
Non mi piace, Gesù, che tu mi veda così come sono veramente...

Ma tu mi ripeti le stesse parole che hai detto a Pietro,
tu mi inviti ad abbandonarmi, a lasciarmi andare,
a lasciarmi accogliere da te così come sono:
non c'è nessun bisogno di fingere...

Non è facile lavare i piedi a qualcuno,
ma è ancor più difficile lasciarseli lavare.
Non è sempre facile amare,
ma è ancor più difficile lasciarsi amare.
Questa sera intendo quello che tu vuoi da me:
non cerchi il discepolo perfetto,
ma solo un essere che si lasci amare da te,
che si lasci purificare dalla tua bontà,
guarire e salvare dalla tua misericordia.

giovedì santoultima cenaumiltàmisericordia di Dioamore di Dioaccettazione di sé

inviato da Corradini Don Lorenzo, inserito il 04/12/2002

ESPERIENZA

72. Come si ama Dio

Madre Teresa di Calcutta

Tutti desideriamo amare Dio. Ma come si fa?
Gesù si convertì in pane di vita per saziare la nostra fame.
Quindi si fece ignudo, sfrattato, abbandonato, lebbroso, drogato, prostituta, di modo che tutti noi, tanto voi come io, potessimo saziare la sua fame con il nostro amore.
Sicuramente non vi capiterà di vedere nei vostri paesi malati rosi da vermi, ma ci sono vermi che tarlano i cuori.
Mi commosse moltissimo il gesto di una bambina piccola che decise di mandarmi i soldi della sua prima comunione invece di tenerseli per comprare un vestito per quella festa.
In Africa ci sono molte migliaia di persone che muoiono di fame a causa della siccità.
Mi imbattei in strada in una bambina di cinque o sei anni e le diedi un pezzo di pane.
Cominciò a mangiarlo briciola per briciola, dicendo che avrebbe avuto ancora fame, una volta terminato il pane.
Lei aveva già fatto esperienza di cosa è la fame, qualcosa che né io né voi ancora sappiamo cos'è.

amaresolidarietàcaritàpovertà

inviato da Viola, inserito il 04/12/2002

TESTO

73. Un Cristo senza croce, una croce senza Cristo

Centro Missionario Diocesano, Verona

Amico, io vado in cerca di una croce.
Vedi, ho un Cristo senza croce,
l'ho acquistato presso un antiquario.
Mutilato e bellissimo. Ma non ha croce.
Per questo mi si è affacciata un'idea.
Forse tu hai una croce senza Cristo.
Quella che tu solo conosci.
Tutti e due siete incompleti.
Il mio Cristo non riposa perché gli manca una croce.
Tu non sopporti la croce, perché le manca Cristo.
Un Cristo senza croce, una croce senza Cristo.
Ecco la soluzione: perché non li uniamo e li completiamo?
Perché non dai la tua croce vuota a Cristo?
Ci guadagneremo tutt'e due. Vedrai.
Tu hai una croce solitaria, vuota, gelata, paurosa, senza senso:
una croce senza Cristo.
Ti capisco: soffrire è illogico.
Non comprendo come hai potuto sopportare così a lungo.
Una croce priva di Cristo è una tortura,
il principio logico della disperazione.
Hai il rimedio tra le mani. Non soffrire più solo.
Su, dammi questa croce vuota e solitaria. Dammela.
Ti darò in cambio questo Cristo mutilato,
senza riposo, né croce.
La tua croce non è più solamente tua;
è anche e nello stesso tempo la croce di Cristo.
Su, prendi la tua croce, amico; la tua croce con Cristo.
Non sarai più solo a soffrire.
La porterete in due, il che vuol dire dividerne il peso.
E finirai per abbracciare e amare la tua croce,
una volta che Cristo sarà in essa.

crocedoloresofferenzasolitudine

inviato da Eleonora Polo, inserito il 28/11/2002

TESTO

74. Dio entra dalla porta del cuore

Paulo Coelho, I racconti del maktub

Non ti dà nessun vantaggio cercare spiegazioni su Dio. Puoi sentire dei bellissimi discorsi, ma sono sostanzialmente vuoti. Proprio come puoi leggere un'intera enciclopedia sull'amore senza conoscere come amare. Nessuno proverà che Dio esiste. Certe cose nella vita devono semplicemente essere vissute - e mai spiegate. L'amore è una di queste. Dio - che è Amore - è inspiegabile. La fede è un'esperienza infantile, nel magico senso che Gesù ci ha insegnato: "I bambini sono il regno di Dio". Dio non entrerà mai nella tua testa. La porta che Egli usa è il tuo cuore.

federagioneDio

inviato da Anna Lianza, inserito il 24/11/2002

TESTO

75. Confessione di fede della Chiesa del Sud-Africa

Rivista "Il cenacolo" n. 1/2001

Noi crediamo in Dio, il Padre che ha creato il mondo intero e che riunirà tutte le cose in Cristo. Egli vuole che tutti gli uomini vivano insieme come fratelli in un'unica famiglia.

Noi crediamo in Dio, il Figlio che si è fatto uomo, ed è morto ed è risorto nella gloria, riconciliando il mondo intero con Dio, abbattendo tutti i muri che separano gli uomini, tutte le barriere di religione, di classe, di razza, di cultura al fine di creare una umanità unita. Egli è l'unico Signore che ha autorità su tutto. Egli chiama ciascun uomo e la società, la chiesa e la comunità umana, alla riconciliazione, all'unità, alla giustizia, alla libertà.

Noi crediamo in Dio, lo Spirito che è promessa del Regno che viene, che ci dà il potere di annunciare il Vangelo di Cristo e il suo perdono per gli uomini e i popoli, di amare e di servire ogni, creatura, di lottare per la giustizia e per la pace, e di chiamare il mondo intero a riconoscere, qui e ora, il Regno di Dio.

credofede

inviato da Anna, inserito il 27/09/2002

TESTO

76. Il povero che è in noi

Carl Jung, Lettera ad una donna cristiana

Vi ammiro, voi cristiani, perché identificate Cristo con il povero e il povero con Cristo, e quando date del pane ad un povero sapete di darlo a Gesù. Ciò che mi è più difficile comprendere è la difficoltà che avete di riconoscere Gesù nel povero che è in voi. Quando avete fame di guarigione o di affetto, perché non lo volete riconoscere? Quando vi scoprite nudi, quando vi scoprite stranieri a voi stessi, quando vi ritrovate in prigione e malati, perché non sapete vedere questa fragilità come la persona di Gesù in voi?

Accettare se stessi sembra molto semplice, ma le cose semplici sono sempre più difficili... L'arte di essere semplici è la più elevata, così come accettare se stessi è l'essenza del problema morale e il nocciolo di un'intera visione del mondo... Ospitando un mendicante, perdonando chi mi ha offeso, arrivando perfino ad amare un mio nemico nel nome di Cristo, do prova senza alcun dubbio di grande virtù... quel che faccio al più piccolo dei miei fratello l'ho fatto a Cristo!

Ma se io dovessi scoprire che il più piccolo di tutti, il più povero di tutti i mendicanti, il più sfacciato degli offensori, il nemico stesso è in me; che sono io stesso ad aver bisogno dell'elemosina della mia bontà, che io stesso sono il nemico d'amare, allora che cosa accadrebbe?

Di solito assistiamo in questo caso al rovesciamento della verità cristiana. Allora scompaiono amore e pazienza, allora insultiamo il fratello che è in noi, allora ci condanniamo e ci adiriamo contro noi stessi, ci nascondiamo agli occhi del mondo e neghiamo di aver mai conosciuto quel miserabile che è in noi.

E se fosse stato Dio stesso a presentarsi a noi sotto quella forma spregevole lo avremmo rinnegato mille volte prima del canto del gallo.

caritàamoreaccettazione di sé

inviato da Mariangela Molari, inserito il 28/05/2002

TESTO

77. È il silenzio di Dio

Simon Weil

Chi è capace non solo di gridare
ma anche di ascoltare,
intende la risposta.

Questa risposta è il silenzio.
E' il silenzio eterno.
Chi è capace non solo di ascoltare,
ma anche di amare,
intende questo silenzio
come la parola di Dio.

Le creature parlano con dei suoni.
La parola di Dio è silenzio.
La segreta parola d'amore di Dio
non può essere altro che silenzio.
Cristo è il silenzio di Dio.

Come non c'è albero simile alla croce,
così non c'è un'armonia
come il silenzio di Dio.

silenziopreghieraParola di Diovolontà di Dio

inviato da Luca Mazzocco, inserito il 28/05/2002

PREGHIERA

78. Tu sei Dio   1

Michel Quoist

Gesù, senza troppa difficoltà credo che Tu sia Dio.
Tuo Padre me lo ha suggerito, ne sono sicuro,
poiché ci hai detto che da soli li non potevamo crederlo,
e lo ringrazio per questo dono meraviglioso
che trasforma la mia vita;
ma confesso, non è facile per me credere che Tu sia uomo.
Non un superuomo: un uomo. Uno vero.
E che non hai giocato a fare l'uomo, mascherato da uomo
per fingere di essere come noi, solidale per tutta la nostra vita.
Eppure, Signore, se ogni tanto faccio fatica a crederlo
quando medito questo mistero soltanto nella mia testa,
è per me la più meravigliosa delle notizie
quella che mi colma di riconoscenza e di gioia,
quando la contemplo nel mio cuore.
Poiché è ai miei occhi la prova più sicura, la più sconvolgente,
che ci ami sopra ogni altra cosa,
e che questo amore ci è vicino, così vicino da toccarci,
da mettere radici in noi.
In questa umanità da Te creata, ma così lontana,
da Te così lontana se non fossi venuto.
Perché avresti potuto amare dall'alto, Signore,
e mandarci un ambasciatore che Ti rappresentasse,
e invece ti sei spostato personalmente.
Saresti potuto venire accanto a noi, Tu, Dio, per trascinarci.
E noi, uomini, per seguirti.
Ma Tu sei venuto tra di noi, uomo come noi,
talmente come noi che siamo diventati fratelli.
Fratelli del bimbo che piangeva, beveva il latte di sua madre.
Fratelli del fanciullo che imparava a leggere, a pregare.
Fratelli dell'uomo che predicava così bene... troppo bene,
da morirne fra le torture, offrendo la sua vita per noi.
Fratello.
Nostro fratello Gesù,
grazie perché sei venuto tra noi come uomo vero.
Amen.

umanitàNataleincarnazioneamore di Dio

inviato da Mariangela Molari, inserito il 24/05/2002

TESTO

79. La pace come perdono

Tonino Bello

Solo chi perdona può parlare di pace e teorizzare sulla non violenza.

Non vorrei essere frainteso.

E' vero: la pace è conquista, cammino, impegno. Ma sarebbe un brutto guaio se qualcuno pensasse che essa sia semplicemente il frutto dei nostri sforzi umani o il risultato del nostro volontarismo titanico o una merce elaborata nelle nostre cancellerie diplomatiche o un prodotto costruito nei nostri cantieri popolari.

La pace è soprattutto dono che viene dall'alto. E' la strenna pasquale che Gesù ha fatto alla terra. È il regalo di nozze che ha preparato per la sua sposa. Con tanto di marchio di fabbrica: "Made in Cielo".

Qual è allora il ruolo degli operatori di pace? Quello di non respingere il dono al mittente. E' in particolare, quello di rendere attuale e fruibile per tutti questo regalo di Dio. Mi spiego con immagini. Gesù è sceso sulla terra tormentata dalla sete. Con la sua croce, piantata sul Calvario come una trivella, ha scavato un pozzo d'acqua freschissima. Una volta risorto, ha consegnato questo pozzo agli uomini dicendo: "Vi lascio la pace, vi do la mia pace". Ora tocca a noi

attingere l'acqua della pace per dissetare la terra. A noi, il compito di farla venire in superficie, di canalizzarla, di proteggerla dagli inquinamenti, di farla giungere a tutti.

La pace, dunque, è dono. Anzi, è " per-dono". Un dono "per". Un dono moltiplicato. Un dono di Dio che, quando giunge al destinatario, deve portare anche il "con-dono" del fratello.

E qui il discorso si fa concreto. Come possiamo dire parole di pace, se non sappiamo perdonare? Con quale coraggio pretendiamo che siano credibili le nostre scelte di pace a livello di massimi sistemi, quando nel nostro entroterra personale prevale la legge del taglione? Come possiamo rifiutare la "deterrenza" e respingere la logica del missile per missile, se nella nostra vita pratichiamo gli schemi dell'"occhio per occhio e dente per dente"? Quali liberazioni pasquali vogliamo annunciare, se siamo protagonisti di stupide smanie di rivincita, di deprimenti vendette familiari, di squallide faide di Comune? Chi volete che ci ascolti quando facciamo comizi sulla pace, se nel nostro piccolo guscio domestico siamo schiavi dell'ideologia del nemico?

Solo chi perdona può parlare di pace. E a nessuno è lecito teorizzare sulla non violenza o ragionare di dialogo tra popoli o maledire sinceramente la guerra, se non è disposto a quel disarmo unilaterale e incondizionato che si chiama "perdono".

perdonoamare i nemicipaceconflitti

inviato da Mariangela Molari, inserito il 22/05/2002

TESTO

80. Mi ami tu?

Roger Schutz

"Mi ami tu?": è l'ultima domanda di Gesù a Pietro, Pietro era triste al pensiero di aver rinnegato tre volte Gesù, prima della sua crocifissione. Ed ecco il Risorto sta dinanzi a lui. Gesù non lo condanna per il suo rinnegamento. Non prende l'atteggiamento del forte. Non tira sulla corda della cattiva coscienza già attaccata al collo di Pietro.

Nel Cristo vi sono viscere d'umanità: Lui pure durante la sua vita terrena ha percorso cammini d'oscurità.

A Pietro, Cristo dice solo queste tre parole: "Mi ami tu?" e Pietro risponde: "Signore, tu sai che ti amo". Una seconda volta Gesù riprende: "MI ami tu?". E Pietro di nuovo: "Ma lo sai che ti amo". Una terza volta Gesù insiste: "Mi ami più di tutti costoro?" E Pietro scosso: "Signore, tu conosci ogni cosa, tu sai che ti amo":

Da quel giorno ad ogni essere umano sulla terra, il Cristo instancabilmente domanda: "Mi ami tu?".

Vi sono giorno in cui ci turiamo le orecchie: la domanda ci è insopportabile. Essa è intollerabile per colui che non ha mai sperimentato l'amore umano, per chi esperimenta solo l'abbandono, o la ferita ricevuta nell'innocenza della sua infanzia.

Essa è intollerabile per noi tutti quando ci rivela quella parte di solitudine che nessuna intimità umana può colmare, quella parte di solitudine nella quale Dio ci aspetta. E quando la rivolta si esaspera, la domanda ci appare come una condanna poiché per amare non basta un atto della volontà.

Lo sappiamo abbastanza? Il Cristo non obbliga mai ad amarlo. Ma Lui, il Vivente, rimane al fianco di ciascuno, come un povero, come un oscuro. E' presente anche negli eventi più squallidi, nella fragilità dell'esistenza. Il suo amore è presenza non d'un solo istante ma di sempre. Quell'amore d'eternità apre un aldilà al nostro vivere. Senza quell'altrove, senza quell'aldilà, l'uomo non ha più speranza... e svanisce il gusto di procedere. Di fronte a quell'amore d'eternità, lo sentiamo, la nostra risposta concreta non può essere fuggitiva, per un periodo soltanto, con la possibilità di ritornare sulle nostre decisioni in seguito. La nostra risposta non può neppure essere uno sforzo della volontà; taluni vi si infrangerebbero. Essa è innanzitutto un abbandonarsi.

Rimanere dinanzi a Lui, con o senza parole, significa sapere dove riposare il nostro cuore, significa rispondergli da poveri. In questo consiste la molla segreta dell'esistenza, il rischio del Vangelo.

"Anche se talvolta io non so più se ti amo o no, o Cristo, tu sai tutto, tu sai che ti amo".

Grandi felicità sono offerte a colui che corre il rischio di un tale amore, senza calcolarne troppo le conseguenze. Quando ricerchiamo in primo luogo la felicità per noi stessi, essa a breve o lunga scadenza ci abbandona. Quanto più ardentemente la inseguiamo, tanto più lontano se ne fugge da noi.

Cercatore appassionato del suo amore d'eternità, chiunque tu sia saprai dove riposare il tuo cuore? Attraverso le tue stesse ferite, egli apre la porta della pienezza: la lode del suo amore. Abbandonati, donati. In questo consiste la guarigione delle ferite, e non solo delle tue: già, in Lui, ci guariamo reciprocamente.

felicitàgioiapeccatoconversioneamore di Dio

inviato da Mariangela Molari, inserito il 10/05/2002

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