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TESTO
61. Lettera di un animatore Grest ad un genitore
Roberta Carta, Blog Vita piena
Caro genitore di un bambino che frequenta il Grest,
sono quel ragazzo a cui hai lasciato timoroso le mani del tuo bambino.
Ho visto che mi guardavi preoccupato, forse della mia giovane età, forse del mio taglio di capelli... allora ho pensato di scriverti per ringraziarti, perché non mi conosci e mi stai affidando la cosa più preziosa che hai!
Immagino ti sarai chiesto perché un ragazzo della mia età passi le sue ore estive gratuitamente con tuo figlio. In questi giorni ascolto alla radio una canzone che dice "vale la pena mi amor", ti voglio allora dire perché ne vale la pena passare parte della mia estate con tuo figlio!
Qualcuno mi sta insegnando che donare il mio tempo per gli altri, specialmente per i più piccoli, mi può rendere felice... ho scoperto che è vero! Quando riesco a far sorridere tuo figlio; quando al mattino lo vedo corrermi incontro insieme agli altri; quando riesco a far ballare i bambini più rigidi nei miei bans scatenati; quando li consolo per una caduta o un gioco in cui non hanno vinto; quando mi vedono come un punto di riferimento, proprio me che in casa sono considerato ancora "il piccolo"... non sai quanto ne valga la pena! Ad ognuna di queste piccole cose mi sembra che il mio cuore cresca un po' di più.
Quando il mio coordinatore mi affida la responsabilità della conduzione di un gioco, delle scenografie, oppure il compito di recitare o preparare il laboratorio; sento che vede il mio talento, che mi considera competente e capace di crescere sempre di più. Non sai quanto ne valga la pena per vedere i suoi occhi soddisfatti del mio lavoro!
Quando il Don ci ringrazia a nome di tutti i bambini e genitori e di Chi sa, vale tutta la pena anche solo per me, e poi ci dice che siamo tanto amati e che è orgoglioso di noi, ne vale la pena!
E... quando condivido questo servizio con i miei amici, sì a volte litighiamo, ma più spesso siamo una grande squadra, ci abbracciamo, scherziamo... e a volte finisce a gavettoni! non sai quanto ne valga la pena!
Ti voglio ringraziare ancora per esserti fidato di me.
Ti prego non ti arrabbiare quando tuo figlio torna con la maglietta tutta sporca, non sai quante risate si è fatto mentre dipingevamo con le tempere! Valgono più di una maglietta da ricomprare, lo sai meglio di me!
Non ti sentire in colpa perché lo lasci al Grest anche la mattina in cui sei libero, gli stai regalando un esperienza unica.
Non essere preoccupato delle sbucciature, dei graffi; sono i segni di un guerriero felice che si è lanciato, ha giocato, non si è risparmiato!
Fidati che vorrò bene a tuo figlio, ho già il suo nome nella mia maglietta, so le sue canzoni ed i suoi giochi preferiti, so cosa lo spaventa e ti prometto di tenerlo per mano fino a quando non lo riconsegnerò nelle tue.
Vale la pena anche per incrociare il tuo sguardo e il tuo sorriso a fine Grest.
Alla prossima!
grestanimatorieducatorieducaregenitoriragazzifiducia
inviato da Roberta Carta, inserito il 20/02/2017
RACCONTO
62. La vita non ti strapperà mai tutte le corde 1
C'era una volta un grande violinista di nome Paganini. Alcuni dicevano che era strano. Altri che era angelico. Traeva dal suo violino note magiche. Una sera, il teatro dove doveva esibirsi era affollatissimo. Paganini fu accolto da un'ovazione. Il maestro impugnò il violino e cominciò a suonare nel silenzio assoluto. Brevi e semibrevi, crome e semicrome, ottave e trilli sembravano avere ali e volare al tocco delle sue mani. Improvvisamente, un suono diverso sospese l'estasi della platea. Una delle corde del violino di Paganini si ruppe. Il direttore si fermò. L'orchestra che accompagnava il violinista tacque. Il pubblico ammutolì. Ma Paganini non smise di suonare. Guardando la partitura, continuò a intessere melodie deliziose con il suo violino. Ma dopo qualche istante un'altra corda del violino si spezzò. Il direttore dell'orchestra si fermò. L'orchestra tacque nuovamente. Paganini non si fermò. Come se niente fosse, ignorò le difficoltà e continuò la sua deliziosa melodia. Il pubblico non si accorse di niente. Finché non saltò, con un irritante stridio, un'altra corda del violino. Tutti, attoniti, esclamarono: «Oh!». L'orchestra si bloccò. Il pubblico rimase con il fiato sospeso, ma Paganini continuò. L'archetto correva agile traendo suoni celestiali dall'unica corda che restava del violino. Neppure una nota della melodia fu dimenticata. L'orchestra si riprese e il pubblico divenne euforico per l'ammirazione. Paganini aggiunse altra gloria a quella che già lo circondava. Divenne il simbolo dell'uomo che sfida l'impossibile.
Libera il Paganini che c'è dentro di te. lo non so quali problemi ti affliggano. Può essere un problema personale, coniugale, familiare, non so che cosa stia demolendo la tua stima o il tuo lavoro. Una una cosa so: di sicuro non tutto è perduto. Esiste ancora, almeno, una corda e puoi continuare a suonare. Impara a scoprire che la vita ti lascerà sempre un'ultima corda. Quando sei sconfortato, non ti ritirare. È rimasta la corda della perseveranza intelligente, del «tentare ancora una volta». La vita non ti strapperà mai tutte le corde. È sempre la corda dimenticata quella che ti darà il miglior risultato: la tua fede, la tua forza interiore, la tua speranza, coloro che ti amano.
incidentiimprevistidiffIcoltàperseveranzapotenzialitàfedefiduciaottimismoresilienza
inviato da Qumran2, inserito il 16/02/2017
RACCONTO
63. Dov'è finita la stella cometa? 2
Bruno Ferrero, L'iceberg e la duna
Quando i Re Magi lasciarono Betlemme, salutarono cortesemente Giuseppe e Maria, baciarono il piccolo Gesù, fecero una carezza al bue e all'asino. Poi, con un sospiro, salirono sulle loro magnifiche cavalcature e ripartirono.
«La nostra missione è compiuta!», disse Melchiorre, facendo tintinnare i finimenti del suo cammello. «Torniamo a casa!», esclamò Gaspare, tirando le briglie del suo cavallo bianco. «Guardate! La stella continua a guidarci», annunciò Baldassarre.
La stella cometa dal cielo sembrò ammiccare e si avviò verso Oriente. La corte dei Magi si avviò serpeggiando attraverso il deserto di Giudea. La stella li guidava e i Magi procedevano tranquilli e sicuri. Era una stella così grande e luminosa che anche di giorno era perfettamente visibile. Così, in pochi giorni, i Magi giunsero in vista del Monte delle Vittorie, dove si erano trovati e dove le loro strade si dividevano.
Ma proprio quella notte cercarono invano la stella in cielo. Era scomparsa. «La nostra stella non c'è più», si lamentò Melchiorre. «Non l'abbiamo nemmeno salutata». C'era una sfumatura di pianto nella sua voce. «Pazienza!», ribatte Gaspare, che aveva uno spirito pratico. «Adesso possiamo cavarcela da soli. Chiederemo indicazioni ai pastori e ai carovanieri di passaggio».
Baldassarre scrutava il cielo ansiosamente; sperava di rivedere la sua stella. Il profondo e immenso cielo di velluto blu era un trionfo di stelle grandi e piccole, ma la cometa dalla inconfondibile luce dorata non c'era proprio più. «Dove sarà andata?», domandò, deluso. Nessuno rispose. In silenzio, ripresero al marcia verso Oriente.
La silenziosa carovana si trovò presto ad un incrocio di piste. Qual era quella giusta? Videro un gregge sparso sul fianco della collina e cercarono il pastore. Era un giovane con gli occhi gentili nel volto coperto dalla barba nera. Il giovane pastore si avvicinò e senza esitare indicò ai Magi la pista da seguire, poi con semplicità offrì a tutti latte e formaggio. In quel momento, sulla sua fronte apparve una piccola inconfondibile luce dorata.
I Magi ripartirono pensierosi. Dopo un po', incontrarono un villaggio. Sulla soglia di una piccola casa una donna cullava teneramente il suo bambino. Baldassarre vide sulla sua fronte, sotto il velo, una luce dorata e sorrise. Cominciava a capire.
Più avanti, ai margini della strada, si imbatterono in un carovaniere che si affannava intorno ad uno dei suoi dromedari che era caduto e aveva disperso il carico all'intorno. Un passante si era fermato e lo aiutava a rimettere in piedi la povera bestia. Baldassarre vide chiaramente una piccola luce dorata brillare sulla fronte del compassionevole passante.
«Adesso so dov'è finita la nostra stella!», esclamò Baldassarre in tono acceso. «È esplosa e i frammenti si sono posati ovunque c'è un cuore buono e generoso!». Melchiorre approvò: «La nostra stella continua a segnare la strada di Betlemme e a portare il messaggio del Santo Bambino: ciò che conta è l'amore». «I gesti concreti dell'amore e della bontà insieme formano la nuova stella cometa», concluse Gaspare. E sorrise perché sulla fronte dei suoi compagni d'avventura era comparsa una piccola ma inconfondibile luce dorata.
Ci sono uomini e donne che conservano in sé un frammento di stella cometa. Si chiamano cristiani.
epifaniare Magistellabontàtestimonianza
inviato da Don Antonello Pelisseri, inserito il 28/12/2016
RACCONTO
Ad adorare il bambino Gesù nella capanna di Betlemme insieme con gli altri animali accorsero anche gli insetti. Per non spaventare il piccolo restarono in gruppo sulla soglia. Ma Gesù, con un gesto delle rosee manine, li chiamò ed essi si precipitarono, portando i loro doni. L'ape offrì il suo dolce miele, la farfalla la bellezza dei suoi colori, la formica un chicco di riso, il baco un filo di finissima seta. La vespa, non sapendo che cosa offrire, promise che non avrebbe più punto nessuno, la mosca si offrì di vegliare, senza ronzare, il sonno di Gesù.
Solo un insetto piccolissimo non osò avvicinarsi al bambino, non avendo nulla da offrire.
Se ne stette timido sulla porta; eppure avrebbe tanto voluto dirgli il suo amore. Ma, mentre con il cuore grosso e la testa bassa stava per lasciare la capanna, udì una vocina: «E tu, piccolo insetto, perché non ti avvicini?». Era Gesù stesso che glielo domandava. Allora, commosso l'insetto volò fino alla culla e si posò sulla manina del bambino.
Era così emozionato per l'attenzione ricevuta, che gli occhi gli si colmarono di lacrime. Scivolando giù, una lacrima cadde proprio sul piccolo palmo di Gesù. «Grazie», sorrise il bambinello. «Questo è un regalo bellissimo». In quel momento un raggio di luna, che curiosava dalla finestra, illuminò la lacrima. «Ecco è diventata una goccia di luce!», disse Gesù sorridendo. «Da oggi porterai sempre con te questo raggio luminoso. E ti chiamerai lucciola perché porterai con te la luce ovunque andrai».
inviato da Don Antonello Pelisseri, inserito il 28/12/2016
RACCONTO
Se io avessi una botteguccia
fatta di una sola stanza
vorrei mettermi a vendere
sai cosa? La speranza.
"Speranza a buon mercato!"
Per un soldo ne darei
ad un solo cliente
quanto basta per sei.
E alla povera gente
che non ha da campare
darei tutta la mia speranza
senza fargliela pagare.
inviato da Giuseppe Impastato S.I., inserito il 28/12/2016
PREGHIERA
66. Preghiera per la terza età 2
Giacomo Perico S.I. (1911-2000), Resta con noi, Signore, pag.13-15, San Paolo 2001
Signore, insegnami a invecchiare!
Convincimi che la comunità
non compie alcun torto verso di me,
se mi va esonerando da responsabilità,
se non mi chiede più pareri,
se ha indicato altri a subentrare al mio posto.
Togli da me l'orgoglio dell'esperienza fatta
e il senso della mia indispensabilità.
Che la fermezza della mia fede
si irradi attorno a me umilmente e discretamente.
Che io colga,
in questo graduale distacco dalle cose
unicamente la legge del tempo,
e avverta, in questo avvicendamento di compiti,
una delle espressioni più interessanti
della vita che si rinnova
sotto la guida della tua Provvidenza.
Fa', o Signore,
che io riesca ancora utile al mondo
contribuendo con l'ottimismo e con la preghiera
alla gioia e al coraggio
di chi è di turno nelle responsabilità,
vivendo uno stile di contatto umile e sereno
con il mondo in trasformazione,
senza rimpianti sul passato,
facendo delle mie sofferenze umane
un dono di riparazione sociale.
Che la mia uscita dal campo d'azione sia semplice e naturale,
come un felice tramonto di sole.
Perdona se solo oggi, nella tranquillità,
riesco a capire quanto tu mi abbia amato e soccorso.
Che almeno ora io abbia viva e penetrante
la percezione del destino di gioia che mi hai preparato
e verso il quale mi hai incamminato
dal primo giorno di vita.
Signore, insegnami ad invecchiare così.
anzianiterza etàvecchiaiainvecchiare
inviato da Giuseppe Impastato S.I., inserito il 28/12/2016
RACCONTO
Un giorno un insegnante scrisse alla lavagna:
9×1=7
9×2=18
9×3=27
9×4=36
9×5=45
9×6=54
9×7=63
9×8=72
9x9=81
9x10=90
Quando ebbe finito di scrivere e si girò verso la classe tutti gli alunni stavano ridendo per l'errore fatto nella prima operazione. A questo punto l'insegnante disse:
«Ho scritto la prima operazione sbagliata di proposito, perché volevo che imparaste una lezione molto importante. Era solo per spiegarvi come il mondo là fuori vi tratterà. Ho scritto giusto 9 volte ma nessuno mi ha detto che sono stata brava, tutti voi però avete riso e mi avete criticata per l'unica cosa sbagliata che ho fatto. Quindi questa è la lezione: il mondo non apprezzerà le milioni di cose giuste che farete ma sarà pronto a criticare l'unica sbagliata.»
errorisbaglicrescitaimpararecrescerecriticaregiudicaremigliorarevita
inviato da Don Giovanni Benvenuto, inserito il 28/12/2016
TESTO
La preghiera di supplica non ha la finalità di istruire Dio, ma di costruire l'uomo.
preghierasupplicaconversioneperseveranza
inviato da Qumran2, inserito il 27/12/2016
PREGHIERA
Alberto Marvelli, La mia vita non sia che un atto d'amore, pp. 118-122
Dammi, o Signore, un cuore immenso, simile al tuo,
che travolga i limiti della mia persona
e senta palpitare in me il dolore del mondo.
Che sono le mie ansie interessate, i miei meschini interessi,
i miei piccoli peccati in confronto del dolore degli uomini?
Mi vergogno d'aver pregato tanto e richiesto solo per me,
dimentico di tutto e di tutti,
chiuso in un egoismo più abbietto dei vizi più bestiali del corpo!
Perdonami, o Signore!
Come ho potuto cercare la mia perfezione
lungo i sentieri della più gretta avarizia?
Come ho potuto ignorare che misura del crescere è il donare?
Butterò la mia vita, o Signore, per ritrovarla,
e mi prodigherò per voltarmi indietro,
secondo il tuo esempio incompreso e la legge eterna della vita.
Soltanto alla sera, concedi che, stanco, mi ripieghi un attimo a guardarmi;
non per esaurirmi con snervanti introspezioni,
non per tediarti con meschine richieste,
ma per domandarmi severo: "Quanto ho amato oggi?".
E mi accuserò al tuo cospetto, o Signore, d'ogni peccato contro la carità;
poiché il mondo ha bisogno solo d'amore per guarire dalle sue piaghe.
amorecaritàempatiasolidarietàegoismoaltruismo
inviato da Diego De Martino, inserito il 27/12/2016
RACCONTO
Un uomo scendeva ogni giorno nelle viscere della terra a scavare sale. Portava con sé il piccone e una lampada. Una sera, mentre tornava verso la superficie, in una galleria tortuosa la lampada gli cadde di mano e si infranse al suolo. In un primo tempo il minatore ne fu quasi contento: «Finalmente! Non ne potevo più di questa lampada. Dovevo portarla sempre con me, fare attenzione dove la mettevo, pensare a lei anche durante il lavoro. Adesso ho un ingombro in meno. Mi sento più libero. E poi faccio questa strada da anni, non posso certo perdermi». Ma la strada ben presto lo tradì. Al buio era tutta un'altra cosa. Fece alcuni passi ma urtò contro una parete. Si meravigliò: non era quella la galleria giusta? Come aveva fatto a sbagliarsi così presto? Tentò di tornare indietro gettandosi a terra e camminando a carponi, si ferì le mani e le ginocchia. Gli vennero le lacrime occhi quando si accorse che in realtà era riuscito a fare solo alcuni metri e si ritrovava sempre al punto di partenza. E gli venne un'infinita nostalgia della lampada. Attese umiliato che qualcuno scendesse per venire a cercarlo e gli facesse strada con una lampada.
Alcune domande per capire il senso della storia:
Chi rappresenta il minatore? - Ogni uomo che deve attraversare la vita
Che cos'è la lampada? - La Parola di Dio
Che funzione svolge? - Aiuta i cristiani a trovare la strada giusta, ad illuminare la loro vita
Se la Parola non viene letta né ascoltata? - C'è il buio, l'uomo si accorge che da solo non riesce a vivere bene
L'uomo solo, senza Dio, di chi ha bisogno? - Di qualcuno che lo vada a cercare e gli illumini la vita con la Parola.
Altro finale:
Quando, trascinandosi così sulle ginocchia, mise le mani casualmente sulla sua lampada, provò un piacere immenso, come se avesse incontrato la persona più cara al mondo. La baciò come fosse una reliquia e poi l'accese, con cura. Da allora in avanti non sentì più la noia di portarsela dietro!
Parola di DioSacra Scritturalucestrada
inviato da Qumran2, inserito il 27/12/2016
RACCONTO
Josè Real Navarro, C'era una volta... al Catechismo
Un giorno un bambino giocava in casa con la palla. Sua madre glielo aveva proibito, ma siccome era assente, egli disubbidì. E così accadde quel che doveva accadere: con il pallone ruppe il vaso preferito di sua madre. Quando ella ritornò, il bambino le disse una bugia per evitare il castigo. Le disse che era stato il fratellino, che, camminando a gattoni, lo aveva rotto. La madre si irritò molto. Raccolse i pezzi e cercò di ricomporre il vaso.
Era così arrabbiata che dimenticò di togliere l'arrosto da forno, e quello si bruciò. Quando il padre arrivò a casa, non c'era niente da mangiare. Dopo aver bisticciato con la moglie per quel motivo, seccato andò a pranzare al bar dell'angolo.
Adirato come era, trattò in malo modo il cameriere che divenne molto nervoso, e, senza volerlo, versò una tazza di caffè su una signora, macchiandole il vestito.
La signora salì in macchina arrabbiatissima e si diresse verso casa per cambiarsi, ma piangeva tanto che non vedeva bene la strada, Così, senza accorgersene, tamponò un'auto ferma al semaforo. L'autista uscì molto arrabbiato, e dopo aver discusso e presi i dati per l'assicurazione, si diresse molto infastidito al suo lavoro.
Era un maestro, e casualmente aveva tra gli scolari il fanciullo che aveva rotto il vaso. Entrò in classe di pessimo umore, e gli parve di sentire qualcuno che disturbava. Allora castigò il primo che gli capitò, ed era proprio il ragazzo che aveva provocato tutte queste contrarietà.
Senza prevederlo, il fanciullo, disubbidendo a sua madre e mentendo, aveva cominciato una catena di irritazioni e di discussioni. E ora pagava le conseguenze di quello che aveva fatto.
«Il male, come le processioni, ritorna al suo punto di partenza».
Non sempre siamo consapevoli delle conseguenze che le nostre azioni possono avere, ben al di là della vostra volontà. E a volte il male che riceviamo provoca ulteriore male, come in una catena negativa che continua... siamo disposti ad interrompere questa catena per provare ad immettere nel mondo amore e perdono, per iniziare una catena inarrestabile di bene?
bugieresponsabilitàrabbiamalebeneperdonorancore
inviato da Qumran2, inserito il 18/10/2016
RACCONTO
Durante la rivoluzione francese del 1793, i sacerdoti dovettero fuggire alla persecuzione. A Morlaix una domenica mattina si sentì suonare la campana della chiesa. Sorprese, le guardie si precipitarono alla parrocchia, per rendersi conto del fatto inaudito: c'era, forse, qualche prete, entrato di nascosto in paese, e che ora sfidava la legge, celebrando la Messa? Giunti alla chiesa, i soldati la trovarono chiusa; ma videro tutti i parrocchiani inginocchiati in un prato davanti ad essa.
- Che fate qui? - chiese un soldato.
- Noi ascoltiamo la Messa domenicale - rispose tranquillamente uno del popolo.
- Ma se la chiesa è chiusa, e nessun prete può venire qui, come potete ascoltarla?
- Sì, voi avete cacciato il nostro buon parroco; ma egli, partendo, ci ha promesso di celebrare ogni domenica la Messa per noi, a quest'ora, in qualunque posto si fosse trovato; e noi stiamo qui ad ascoltarla.
- Ma voi siete pazzi! Credete di sentire la Messa a tanta distanza?
- Noi sappiamo che la preghiera fa un cammino ancora più lungo, salendo dalla terra al Cielo.
comunitàchiesapreghieramessaeucaristiapersecuzione
inviato da Fra Roberto Brunelli, inserito il 05/09/2016
PREGHIERA
73. Hai varcato la porta stretta 1
"Credo", a partire dall'idea della porta stretta... varcata da Gesù.
Hai varcato la porta stretta, quando tu, Figlio eterno del Padre, creatore del mondo, ti sei fatto uomo e sei nato a Betlemme dalla Vergine Maria, accolto da poveri e pastori.
Hai varcato la porta stretta quando tu, "luce che illumina le genti e gloria di Israele" sei stato portato al tempio da Maria e Giuseppe come tutti i figli primogeniti per essere donato al Padre.
Hai varcato la porta stretta sei cresciuto nel silenzio di Nazareth, conosciuto solo come il figlio del falegname Giuseppe, obbedendo a Maria e Giuseppe e crescendo in sapienza, età e grazia.
Hai varcato la porta stretta quando, lasciata Nazareth, sei andato al Giordano per il battesimo di Giovanni, e poi a Cafarnao per scegliere pescatori e pubblicani e farne i tuoi discepoli.
Hai varcato la porta stretta quando il tuo vangelo era annunciato ai peccatori, ai poveri, quando hai toccato e sanato il lebbroso, lo storpio, il cieco; quando hai accolto i cinque pani e due pesci del ragazzo per sfamare le folle che cercavano la tua parola.
Hai varcato la porta stretta quando, rinnegato dai tuoi e condannato a morte, dopo aver subito una passione umiliante sei morto crocifisso tra due malfattori, subendo il supplizio destinato agli schiavi e a chi non ha nessun diritto.
E anche da risorto hai varcato la porta stretta affidando la notizia della tua vittoria a delle donne, ad apostoli impauriti, a due viandanti che fuggivano ad Emmaus.
Hai varcato la porta stretta donando lo Spirito a chi ti aveva rinnegato, abbandonato, lasciato solo, e così li hai resi testimoni della tua vittoria della misericordia di Dio sul peccato e sulla morte.
inviato da Don Remigio Menegatti, inserito il 05/09/2016
TESTO
Quale momento di profonda unione con Dio è la Santa Messa, egli ci invita alla sua mensa come fosse il Giovedì Santo. Ci fa sentire come i suoi apostoli ed ognuno di noi deve esserlo ricevendo il suo Corpo. Vi sarà sempre un Giuda Iscariota ma noi non dobbiamo esserlo.
Raccogliamoci quindi nella preghiera e nel dialogo con nostro Signore. Ogni momento ha il suo significato. E ascoltiamo con devozione la Parola del Signore e l'omelia, sono la nostra catechesi quotidiana. E durante la preghiera eucaristica non siamo distratti, meditiamo in ginocchio ogni parola. E il segno della pace diamolo col sorriso della vera pace... Poi quando ci accostiamo alla comunione non camminiamo come ad una sfilata ma con la testa china nella preghiera prepariamo il nostro cuore a ricevere il Corpo di Cristo. Facciamolo con la preghiera profonda, anche commuovendoci.
Insomma che la Santa Messa sia il culmine della nostra giornata dedicata al Signore.
Io provo questa grazia quasi ogni giorno e il peccato non osa avvicinarsi a me.
Messaeucaristiapaceliturgiapartecipazione
inviato da Ettore Lomaglio Silvestri, inserito il 05/09/2016
PREGHIERA
75. Preghiera dopo il terremoto
Domenico Sigalini, Dialoghi.net
O Dio,
stanotte abbiamo avuto paura,
stanotte abbiamo visto la nostra estrema fragilità
stanotte sono state strappate vite ai nostri affetti
stanotte siamo rimasti impietriti dall'impotenza
stanotte la nostra casa non era più il rifugio per la nostra intimità
stanotte abbiamo gridato di paura
stanotte siamo stati risparmiati.
Ricordati di noi Signore
Non guardare la nostra superbia
Accogli tra le tue braccia i nostri fratelli rimasti sotto le macerie
I nostri giovani cui sono stati distrutti i sogni
I bambini che non siamo stati capaci di difendere
Dacci un segno che il tuo amore non ci abbandona
Facci nascere nel cuore solidarietà
Non ci abbandonare a noi stessi
Ascolta le suppliche che nostra madre Maria ti rivolge per noi
Sii sempre tu la nostra forza
Avvolgici nella tua risurrezione.
Mons. Domenico Sigalini, Assistente nazionale Azione Cattolica, 9 aprile 2009
terremotopaurasolidarietàcoraggiosperanza
inviato da Qumran2, inserito il 26/08/2016
TESTO
76. La mafia è un fatto umano 1
Giovanni Falcone, Cose di Cosa Nostra
La mafia non è affatto invincibile; è un fatto umano. Ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine.
mafiaillegalitàcriminalitàgiustizia
inviato da Qumran2, inserito il 26/08/2016
TESTO
77. La misericordia di Dio è una fune lunga e forte
Bruce Marshall, Ad ogni uomo un soldo
La misericordia di Dio è una fune lunga e forte, e non è mai tardi per aggrapparvisi
misericordia di Diomisericordia
inviato da Qumran2, inserito il 26/08/2016
TESTO
Papa Francesco, Omelia 24 aprile 2016, Giubileo dei Ragazzi e delle Ragazze
Non fidatevi di chi vi distrae dalla vera ricchezza, che siete voi, dicendovi che la vita è bella solo se si hanno molte cose; diffidate di chi vuol farvi credere che valete quando vi mascherate da forti, come gli eroi dei film, o quando portate abiti all'ultima moda. La vostra felicità non ha prezzo e non si commercia; non è una "app" che si scarica sul telefonino: nemmeno la versione più aggiornata potrà aiutarvi a diventare liberi e grandi nell'amore.
felicitàricchezzainterioritàesteriorità
inviato da Qumran2, inserito il 25/08/2016
PREGHIERA
Mi basterebbe una telefonata e la lontananza diventerebbe vicinanza.
Mi basterebbero cinque minuti e la mia inferiorità diventerebbe parità.
Mi basterebbe non pensare a me.
Mi basterebbe stare con te, Signore, cinque minuti.
lontananzavicinanzasolitudinepreghieracambiamentorapporto con Dioimportanza delle piccole cose
inviato da Anna Lisa Baldisserotto, inserito il 25/08/2016
TESTO
Per poter riflettere su che cos'è la comunità prendiamo l'immagine di un grande albero pieno di frutti.
L'unità in questa immagine è data dall'albero stesso, ma sull'albero i frutti non hanno alcuna relazione fra loro: ciascuno per sé, il sole per tutti. Non è questa l'immagine giusta della vera comunità!
Prendiamo allora i singoli frutti, li cogliamo uno ad uno e li mettiamo in un unico canestro: è la comunità-contenitore, comunità-scompartimento del treno, stiamo insieme perché viaggiamo sullo stesso scompartimento, siamo nella stessa casa, ma siamo dei perfetti estranei.
Neanche questa è l'immagine della vera comunità!
Proviamo allora a immaginare di prendere i nostri frutti, sbucciarli e metterli nel frullatore per farne un beverone. Stesso sapore, stesso colore, stessa consistenza tutti uguali. Annullate le differenze.
Non è nemmeno questa la vera comunità!
L'immagine che più rispecchia la vera comunità è questa: La macedonia.
Per arrivare ad avere la macedonia devo necessariamente compiere alcuni passaggi non sempre indolori per ogni singolo frutto:
- Prendo la frutta, e come prima cosa la lavo, oppure tolgo la buccia che la rende dura.
- Poi la taglio a cubetti e mescolo tutto.
- Infine, aggiungendo lo zucchero faccio la macedonia.
Nella macedonia posso ancora gustare ogni singolo pezzo da solo se voglio, oppure posso mangiare i pezzettini di più frutti insieme con un cucchiaino.
Ognuno mantiene il suo gusto. Ognuno ha perso la sua durezza perché viene tolta la buccia, si viene spezzati (vuol dire morire, morire a se stessi).
Unendoci però prendiamo più gusto!
E' questa la comunità - macedonia.
Ti metti in comune, ti giochi. Per perdere la durezza bisogna essere fatti a fettine.
E... nella comunità-macedonia, quali sono i frutti che vengono spezzati di meno?
Sono i più piccoli: il ribes, i frutti di bosco. Nella macedonia più sei piccolo e meno ti devi spezzare, più sei grande più devi essere fatto a fette per essere gustato.
E' questa anche l'immagine più appropriata della vita della comunità cristiana, della parrocchia. Non è pensare tutti nella stessa maniera, bensì vivere la propria identità, la propria originalità, la propria diversità ma in vista di un bene più grande, di un bene comune.
Nella comunità-macedonia dall'unione di diversi tipi di frutta viene fuori un sapore straordinario e buono; siamo frutti differenti, ma unendoci, prendiamo più gusto e ci arricchiamo a vicenda. Come la macedonia, nello stare insieme e nel rispetto delle diversità, creiamo l'unità.
Solo allora Gesù potrà aggiungere lo zucchero dello Spirito Santo e trasformarci in cibo prelibato!
Da una parabola di Jacques Loew raccontata da Padre Chiodaroli.
comunitàcomunionefraternitàgruppoparrocchiachiesaSpirito Santounità
inviato da Cristina Corradini, inserito il 23/08/2016