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TESTO

41. Grande silenzio

Antica Omelia sul Sabato Santo

Che cosa è avvenuto? Oggi sulla terra c'è grande silenzio, grande silenzio e solitudine. Grande silenzio perché il Re dorme: la terra è rimasta sbigottita e tace perché il Dio fatto carne si è addormentato e ha svegliato coloro che da secoli dormivano. Dio è morto nella carne ed è sceso a scuotere il regno degli inferi.

Certo egli va a cercare il primo padre, come la pecorella smarrita. Egli vuole scendere a visitare quelli che siedono nelle tenebre e nell'ombra di morte. Dio e il Figlio suo vanno a liberare dalle sofferenze Adamo ed Eva che si trovano in prigione.

Il Signore entrò da loro portando le armi vittoriose della croce. Appena Adamo, il progenitore, lo vide, percuotendosi il petto per la meraviglia, gridò a tutti e disse: «Sia con tutti il mio Signore». E Cristo rispondendo disse ad Adamo: «E con il tuo spirito». E, presolo per mano, lo scosse, dicendo: «Svegliati, tu che dormi, e risorgi dai morti, e Cristo ti illuminerà.

Io sono il tuo Dio, che per te sono diventato tuo figlio; che per te e per questi, che da te hanno avuto origine, ora parlo e nella mia potenza ordino a coloro che erano in carcere: Uscite! A coloro che erano nelle tenebre: Siate illuminati! A coloro che erano morti: Risorgete! A te comando: Svegliati, tu che dormi! Infatti non ti ho creato perché rimanessi prigioniero nell'inferno. Risorgi, opera delle mie mani! Risorgi mia effigie, fatta a mia immagine! Risorgi, usciamo di qui! Tu in me e io in te siamo infatti un'unica e indivisa natura.

Per te io, tuo Dio, mi sono fatto tuo figlio. Per te io, il Signore, ho rivestito la tua natura di servo. Per te, io che sto al di sopra dei cieli, sono venuto sulla terra e al di sotto della terra. Per te uomo ho condiviso la debolezza umana, ma poi son diventato libero tra i morti. Per te, che sei uscito dal giardino del paradiso terrestre, sono stato tradito in un giardino e dato in mano ai Giudei, e in un giardino sono stato messo in croce. Guarda sulla mia faccia gli sputi che io ricevetti per te, per poterti restituire a quel primo soffio vitale. Guarda sulle mie guance gli schiaffi, sopportati per rifare a mia immagine la tua bellezza perduta.

Guarda sul mio dorso la flagellazione subita per liberare le tue spalle dal peso dei tuoi peccati.

Guarda le mie mani inchiodate al legno per te, che un tempo avevi malamente allungato la tua mano all'albero. Morii sulla croce e la lancia penetrò nel mio costato, per te che ti addormentasti nel paradiso e facesti uscire Eva dal tuo fianco. Il mio sonno ti libererà dal sonno dell'inferno. La mia lancia trattenne la lancia che si era rivolta contro di te.

Sorgi, allontaniamoci di qui. Il nemico ti fece uscire dalla terra del paradiso. Io invece non ti rimetto più in quel giardino, ma ti colloco sul trono celeste. Ti fu proibito di toccare la pianta simbolica della vita, ma io, che sono la vita, ti comunico quello che sono. Ho posto dei cherubini che come servi ti custodissero. Ora faccio sì che i cherubini ti adorino quasi come Dio, anche se non sei Dio.

Il trono celeste è pronto, pronti e agli ordini sono i portatori, la sala è allestita, la mensa apparecchiata, l'eterna dimora è addobbata, i forzieri aperti. In altre parole, è preparato per te dai secoli eterni il regno dei cieli.»

redenzionesalvezzapasquasabato santo

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inviato da Stefania Raspo, inserito il 08/05/2002

TESTO

42. Guardai a lungo i suoi occhi

Una serva fissandolo disse: "Anche questi era con lui". Ma Pietro negò dicendo: "Donna, non lo conosco!". Poco dopo un altro lo vide e disse: "Anche tu sei di loro!". Ma Pietro rispose: "No, non lo sono!". Passata circa un'ora, un altro insisteva: "In verità, anche questo era con lui; è anche lui un Galileo". Ma Pietro disse: "O uomo, non so quello che dici". E in quell'istante, mentre ancora parlava, un gallo cantò. Allora il Signore, voltatosi, guardò Pietro, e Pietro si ricordò delle parole che il Signore gli aveva detto: "Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte". E uscito pianse amaramente.
(Il rinnegamento di Pietro, Luca 22,54-62)

Avevo un ottimo rapporto con il Signore. Gli chiedevo delle cose, conversavo con lui, lo lodavo, lo ringraziavo...

Ma avevo sempre la sgradevole sensazione che lui volesse che lo guardessi negli occhi, e io non lo facevo. Gli parlavo, ma distoglievo lo sguardo quando sentivo che mi stava guardando.

E sapevo perché: avevo paura. Pensavo che avrei trovato nei suoi occhi l'accusa di un qualche peccato di cui non mi ero pentito. Pensavo che avrei trovato una richiesta nei suoi occhi: ci sarebbe stato qualcosa che lui voleva da me, e che io non volevo dargli.

Un giorno finalmente mi feci coraggio e guardai. Non c'era nessuna accusa. Non c'era nessuna richiesta. Gli occhi dicevano solo: "Ti amo". Guardai a lungo in quegli occhi. Li scrutai. Ma il solo messaggio era: "Ti amo".
E io uscii e, come Pietro, piansi.

misericordiaamore di DiosalvezzaperdonoPietroGesù Cristopentimentorapporto con Dio

inviato da Maria Vitali, inserito il 01/05/2002

TESTO

43. La misericordia di Dio

Sant' Agostino, discorso 207,1

Poteva esserci misericordia verso di noi infelici maggiore di quella che indusse il Creatore del cielo a scendere dal cielo e il Creatore della terra a rivestirsi di un corpo mortale?

Quella stessa misericordia indusse il Signore del mondo a rivestirsi della natura di servo, di modo che
pur essendo pane avesse fame,
pur essendo la sazietà piena avesse sete,
pur essendo la potenza divenisse debole,
pur essendo la salvezza venisse ferito,
pur essendo vita potesse morire.

E tutto questo per saziare la nostra fame,
alleviare la nostra arsura,
rafforzare la nostra debolezza,
cancellare la nostra iniquità,
accendere la nostra carità.

misericordiaamore di Diosalvezza

inviato da Sara D'Erasmo, inserito il 25/04/2002

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