I tuoi ritagli preferiti

PERFEZIONA LA RICERCA

Tutti i ritagli

Indice alfabetico dei temi

Invia il tuo ritaglio

Hai cercato senso

Hai trovato 153 ritagli

Ricerca completaTitolo, fonte, temi e citazioni
Ricerca avanzata
tipo
parole
tema
fonte/autore

Pagina 3 di 8  

RACCONTO

41. L'imperatore e il tempo   3

Un imperatore, in punto di morte, convocò i suoi fidati generali, per dettare loro le sue ultime volontà.
Ho tre precisi desideri da esprimervi, disse:
1) che la mia bara sia trasportata a spalle, da nessun altro se non dai medici che non hanno saputo guarirmi;
2) che i tesori, gli ori e le pietre preziose conquistate ai nemici vengano sparse e disseminate a vantaggio del popolo, lungo la strada che porta alla mia tomba;
3) che le mie mani siano lasciate penzolare fuori della bara, alla chiara vista di tutti.

Uno dei generali, scioccato da queste strane ed inaudite ultime volontà del grande condottiero, chiese: Sire, qual è mai il motivo di tutto questo?
L'imperatore, con la voce ormai bassa e tremula, gli rispose:
1) voglio solo i medici a portarmi all'ultima mia dimora, per dimostrare a tutti che non hanno alcun potere di fronte alla malattia e alla morte;
2) voglio il suolo pubblico ricoperto dai miei tesori, perché la gente umile ne tragga qualche vantaggio, ma soprattutto per ricordare a tutti che i beni materiali, qui conquistati, qui restano;
3) voglio le mie mani penzolanti al vento, perché la gente capisca che a mani vuote veniamo e a mani vuote andiamo via.

Questo episodio ci ricorda e ci insegna che il regalo più prezioso che abbiamo nella nostra vita è il tempo. Possiamo conquistare, possiamo costruire case e palazzi, possiamo dipingere più quadri e scrivere più romanzi, possiamo accumulare più ricchezze, ma non possiamo produrre più tempo.
E' per questo che, quando dedichiamo quel po' di tempo che abbiamo e quel po' che ci rimane a un animale, a un'idea, a una persona che amiamo, alla gente che comprendiamo e rispettiamo... facciamo una grande opera. Il miglior regalo che possiamo fare a qualcuno è, dunque, quello di dedicargli il nostro tempo.

Varie presentazioni trovate in rete attribuiscono questo testo ad Alessandro Magno, ma non ci sono elementi fondati per affermarlo con certezza.

tempovitaricchezzamortesenso della vita

4.3/5 (4 voti)

inviato da Qumran2, inserito il 08/07/2011

RACCONTO

42. Scacco alla morte   1

Nardo Masetti

Un uomo molto ricco sta facendo il calcolo di tutti i suoi beni: può veramente felicitarsi con se stesso. Ha tribolato tutta la vita, ha lavorato come un dannato, ma ora potrà vivere sontuosamente per tutto il resto dei suoi giorni. Ode improvvisamente un tocco delicato alla porta: si tratterà, come al solito, del suo cameriere che viene per augurargli la buona notte. Dice un abituale "Avanti!". Non è il servitore ma un personaggio che davvero non si sarebbe aspettato né così presto né in quel momento: la morte. Terrorizzato la supplica di attendere un giorno... un'ora, affinché possa mettere a posto le sue cose. Da tanto tempo non ha più pensato a Dio; come si fa a comparirgli davanti all'improvviso in uno stato simile?! La morte non risponde, ma continua ad avanzare verso di lui, gli tocca una spalla e compie inesorabilmente il suo ufficio. Dal campanile scoccano le ventuno.

In una soffitta di una vecchia casa un uomo sta armeggiando con alcuni attrezzi, che ripone in una borsa di logora stoffa. Quella sarà la sua notte. Ha stentato tutto una vita, ma questa volta, se il colpo riuscirà, potrà vivere da ricco e levarsi tutte le soddisfazioni. Con due colleghi ha studiato il piano alla perfezione; ancora poche ore e poi via, con passaporti falsi verso un altro mondo. Sente bussare leggermente alla porta: saranno i colleghi. No, è la morte. L'uomo, oltre che terrorizzato, si mostra anche stizzito e protesta: "Tante volte ti ho desiderata, stanco della mia vita grama e mai sei venuta; ora che sto per cominciare a godere, lasciami la possibilità di gustare un solo giorno della nuova vita... almeno un'ora... almeno qualche minuto per pensare a Dio". La morte non risponde, ma continua ad avanzare verso l'uomo, lo tocca sulla spalla e compie inesorabilmente il suo ufficio. Dalla torre civica scoccano le ventidue.

Nel suo studio il vecchio vescovo sta riordinando le sue cose prima del riposo. Sente bussare alla porta: è la morte. Si alza e le va rispettosamente incontro, come è solito fare con ogni persona che vada da lui in udienza. Le dice: "A dire il vero non ti aspettavo questa sera; comunque sì la benvenuta". La morte si meraviglia: questo uomo non ha paura, non supplica, non ha nulla da chiedere; con titubanza avanza verso di lui. Dalla torre della cattedrale scoccano le ventitré. La morte si ferma di scatto e, con un senso di smarrimento, controlla il suo orologio: sono veramente le ventitre. Confusa e incredula si scusa col vescovo: "Non mi è mai capitato di arrivare con un'ora di anticipo; tornerò fra un'ora, l'appuntamento è stabilito per la mezzanotte". Il vescovo la prega di fermarsi e, visto che ormai è lì, dichiara la sua disponibilità a partire in anticipo. La morte afferma che non può; ha ordini tassativi. Allora lui propone di trascorrere l'ora giocando una partita a scacchi, visto che non ha nulla da preparare per il viaggio eterno, avendo cercato di provvedervi, giorno dopo giorno, da moltissimo tempo. È una partita equilibrata, ma alla fine il vescovo, con una mossa pensata ed astuta, dà scacco matto la morte che, rassegnata sorride e allarga le braccia in segno di resa. Dalla torre della cattedrale scoccano le ventiquattro. I due personaggi si alzano e sotto braccio, come due buoni amici, escono dalla porta dello studio.

mortesenso della vitavigilanza

5.0/5 (1 voto)

inviato da Nardo Masetti, inserito il 08/07/2011

TESTO

43. Con o senza amore   1

La povertà senza amore, ti rende orgoglioso.
L'intelligenza senza amore, ti rende perverso.
La giustizia senza amore, ti rende implacabile.
La diplomazia senza amore, ti rende ipocrita.
Il successo senza amore, ti rende arrogante.
La ricchezza senza amore, ti rende avaro.
La docilità senza amore, ti rende servile.
La bellezza senza amore, ti rende ridicolo.
L'autorità senza amore, ti rende tiranno.
Il lavoro senza amore, ti rende schiavo.
La semplicità senza amore, ti sminuisce.
La preghiera senza amore, ti rende introverso.
La legge senza amore, ti schiavizza.
La politica senza amore, ti rende egoista.
La fede senza amore, ti trasforma in fanatico.
La croce senza amore, diventa una tortura.
La vita senza amore, è priva di gioia.

fedeamoresenso della vita

5.0/5 (2 voti)

inviato da Padre Pier Luca Bancale, inserito il 27/06/2011

TESTO

44. Vita e morte

Madeleine Delbrêl

La vita è una prefazione alla morte, la morte è una prefazione all'amore.

vitamortevita eternaparadisosenso della vita

5.0/5 (2 voti)

inviato da Qumran2, inserito il 20/04/2011

TESTO

45. Risurrezione

Ronald Stuart Thomas

Ci sono stati momenti in cui dopo ore passate in ginocchio in una chiesa fredda, una pietra è rotolata via dalla mia mente, e ho guardato dentro e ho visto le vecchie domande giacere piegate e messe in un angolo a parte, come il mucchio di panni funebri di un corpo d'amore risorto.

pasquaresurrezionepreghieraadorazionedomandericerca di sensosenso della vitadubbirisposte

1.0/5 (1 voto)

inviato da Qumran2, inserito il 15/04/2011

TESTO

46. Don Camillo non ti crucciare

Giovannino Guareschi, Tutto don Camillo, volume primo, pag. 248

..."Pioverà, pioverà, don Camillo" lo rassicurò il Cristo. "E' sempre piovuto da che mondo è mondo. La macchina è combinata in modo tale che, a un bel momento, deve piovere. O sei del parere che l'Eterno abbia sbagliato nell'organizzare le cose dell'universo?".

Don Camillo si inchinò. "Sta bene" disse sospirando. "Capisco perfettamente quanto sia giusto quello che voi dite. Però che un povero prete di campagna non possa neanche permettersi di chiedere al suo Dio di far venire giù due catinelle d'acqua, perdonate, ma è sconfortante."

Il Cristo si fece serio. "Hai mille ragioni don Camillo. Non ti resta che far anche uno sciopero di protesta." Don Camillo ci rimase male e si allontanò a capo chino, ma il Cristo lo richiamò.

"Non ti crucciare, don Camillo" sussurrò il Cristo. "Lo so che il vedere uomini che lasciano deperire la grazia di Dio (era in atto uno sciopero degli lavoratori agricoli e la roba del raccolto e degli allevamenti cominciò ad intristire) è per te peccato mortale perché sai che sono sceso da cavallo per raccogliere una briciola di pane. Ma bisogna perdonarli perché non lo fanno per offendere Dio. Essi cercano affannosamente la giustizia in terra perché non hanno più fede nella giustizia divina, e ricercano affannosamente i beni della terra perché non hanno fede nella ricompensa divina. E perciò credono soltanto a quello che si tocca e si vede, e le macchine volanti sono per essi gli angeli infernali di questo inferno terrestre che essi tentano invano di fare diventare un Paradiso. E' la troppa cultura che porta all'ignoranza perché, se la cultura non è sorretta dalla fede, a un certo punto l'uomo vede soltanto la matematica delle cose e l'armonia di questa matematica diventa il suo Dio, e dimentica che è Dio che ha creato questa matematica e questa armonia. Ma il tuo Dio non è fatto di numeri, don Camillo, e nel cielo del tuo Paradiso volano gli angeli del bene. Il progresso fa diventare sempre più piccolo il mondo per gli uomini: un giorno quando le macchine correranno a cento miglia al minuto, il mondo sembrerà agli uomini microscopico e allora l'uomo si troverà come un passero sul pomolo di un altissimo pennone e si affaccerà sull'infinito e nell'infinito ritroverà Dio e la fede nella vera vita. E odierà le macchine che hanno ridotto il mondo a una manciata di numeri e le distruggerà con le sue stesse mani. Ma ci vorrà del tempo ancora, don Camillo. Quindi rassicurati: la tua bicicletta e il tuo motorino non corrono per ora nessun pericolo".

Il Cristo sorrise e don Camillo lo ringraziò di averlo messo al mondo.

progressofedeumanitàscienzasenso della vita

inviato da Osvaldo Pozzi, inserito il 11/01/2011

TESTO

47. Credo in Dio e nell'uomo

p. Giulio Bevilacqua

Credo in Dio e nell'uomo quale immagine di Dio.
Credo nello sforzo dell'uomo.
Credo negli uomini, nel loro pensiero,
nella loro sterminata fatica che ha fatto quello che sono.
Credo nella vita
come gioia e come durata:
non prestito effimero dominato dalla morte, ma dono definitivo.
Credo nella vita come possibilità illimitata di elevazione e di sublimazione.
Credo nella gioia,
la gioia di ogni stagione, di ogni tappa, di ogni aurora,
di ogni tramonto, di ogni volto, di ogni raggio di luce
che parta dal cervello, dai sensi, dal cuore.
Credo nella gioia dell'amicizia,
nella fedeltà e nella parola degli uomini,
Credo in me stesso,
nelle capacità che Dio mi ha conferito,
perché posso sperimentare la più grande tra le gioie,
che è quella del donare e del donarsi.
In questa fede voglio vivere,
per questa fede voglio lottare e con questa fede voglio addormentarmi
in attesa del grande gioioso risveglio.

crederefedecredoottimismopositivitàsperanzavitasenso della vita

5.0/5 (1 voto)

inviato da Beppe Gola, inserito il 03/09/2010

ESPERIENZA

48. Parlare dell'aborto in assemblea di classe   1

C. D'Esposito, Rivista "Vita Francescana", maggio 1975

PAOLO (anni 15): Io dico che l'aborto è lecito, quando si sa che il bambino nascerà deforme. A che serve farlo nascere? Io non vorrei vivere, se fossi deforme.

PROF.: (Eh già, bello e viziato come sei...) Paolo, ma allora lo scopo della vita è essere belli?

PAOLO: No, certo, non è essere belli. Ma nemmeno brutti!

MANUELA (anni 15; meditabonda e sagace): Lui vuol dire che lo scopo della vita è essere felici.

PROF.: E mi sai dire qual è lo scopo dell'aborto? Rendere felice la madre?

GIORGIO (interdetto): Lo scopo dell'aborto...

PROF.: La madre è più felice, dopo?

Vorrei dire a Paolo che il suo è un ragionamento fatto coi piedi. Se chi è deforme non ha diritto di vivere, allora dovremmo uccidere i gobbi, i paralitici, i pazzi.

MANUELA (indignata): Che c'entra! Quelli, ormai, sono nati. Sono vivi, sono interi. Prima di nascere non siamo nemmeno interi.

PROF.: fammi capire: essere uomini significa essere interi?

GIORGIO: Senta, non riattacchiamo con la filosofia.

PROF. (divertita): Io lo facevo per Paolo. Pensa a lui, che ragiona con i piedi. Se si sloga un piede, non è più Paolo. Vi do un suggerimento; facciamo fuori Paolo

GIORGIO (rassegnato): Vi saluto, gente. Parla la professoressa, quindi l'assemblea è finita.

PROF.: Ascolta, Giorgio: un uomo e una donna si sposano, pur sapendo di essere gravemente malati. Incoscienti, no? E fanno pure di peggio: questi criminali, questi irresponsabili, fanno pure cinque figli.

GIORGIO (atterrito): Cinque figli? Ma saranno tutti malati!

PROF.: Tutti malati, è evidente. Chi sordo, chi cieco, chi demente; uno sfacelo, uno spettacolo vergognoso; se ci fosse Hitler li infilerebbe nei forni. E così si perderebbe il sesto figlio.

GIORGIO (stravolto): Il sesto, professoressa?

PROF.: Che è Ludwig van Beethoven. E non dire: è bene inventata; perché è vera.

abortovitasenso della vita

inviato da Angela Muscarella, inserito il 14/08/2010

TESTO

49. Il tempo   2

Il tempo è nelle nostre mani, nella misura in cui l'infinito è nei nostri cuori.

tempovalore del temposenso della vitavita

4.5/5 (2 voti)

inviato da Antonietta Milella, inserito il 14/08/2010

PREGHIERA

50. Ringraziamento

Signore, io pensavo di essere tagliato fuori dal tuo invito alla gioia della vita. Sai io non sono ricco, fortunato, potente, non ho il fisico per farmi largo nella vita, ma ora so che tu inviti anche me; finora sono rimasto fuori ad aspettare ponendo la mia fiducia nel mondo: ma c'è un posto per ciascuno alla tua mensa. Ti ringrazio Signore per avermi convocato: oggi è la mia ora di risponderti sì. Un sì pieno, definitivo, lasciando da parte ogni gelosia, invidia terrena, perché possa anch'io sedermi alla tua mensa ed essere nel numero dei tuoi invitati.

preghierachiamatarispostavocazionevitasenso della vita

inviato da Babbo Lupo, inserito il 11/08/2010

TESTO

51. Cosa serve per apprezzare

Valerio Albisetti, Ascoltiamo le nostre emozioni

Occorre conoscere la notte per apprezzare il giorno.
Occorre stare soli per apprezzare la vita di coppia.
Occorre conoscere la sete per apprezzare l'acqua.
Occorre sapere di morire per dare significato alla vita.

ricerca di sensosenso della vitainteriorità

1.0/5 (1 voto)

inviato da Maria Carmela Moretti, inserito il 11/08/2010

RACCONTO

52. La formica e la foglia   6

Ninon Rose Hawryliszyn e Silva

L'altro giorno ho visto una formica che trasportava una foglia enorme. La formica era piccola e la foglia doveva essere almeno due volte il suo peso. Ora la trascinava, ora la sollevava sopra la testa. Quando soffiava il vento, la foglia cadeva, facendo cadere anche la formica. Fece molti capitomboli, ma nemmeno questo fece desistere la formica dalla sua impresa.

L'osservai e la seguii, finché giunse vicino a un buco, che doveva essere la porta della sua casa. Allora pensai: "Finalmente ha concluso la sua impresa!". Mi illudevo. Perché, anzi, aveva appena terminata solo una tappa.

La foglia era molto più grande del foro, per cui la formica lasciò la foglia di lato all'esterno ed entrò da sola. Così mi dissi: "Poverina, tanto sacrificio per nulla". Mi ricordai del detto popolare: "Nuotò, nuotò e morì sulla spiaggia". Ma la formichina mi sorprese. Dal buco uscirono altre formiche, che cominciarono a tagliare la foglia in piccoli pezzi. Sembravano allegre nel lavoro. In poco tempo, la grande foglia era sparita, lasciando spazio a pezzettini che ormai erano tutti dentro il buco.

Immediatamente mi ritrovai a pensare alle mie esperienze. Quante volte mi sono scoraggiato davanti all'ingorgo degli impegni o delle difficoltà? Forse, se la formica avesse guardato le dimensioni della foglia, non avrebbe nemmeno cominciato a trasportarla. Ho invidiato la perseveranza, la forza di quella formichina. Naturalmente, trasformai la mia riflessione in preghiera e chiesi al Signore che mi desse la tenacia di quella formica, per "caricare" le difficoltà di tutti i giorni. Che mi desse la perseveranza della formica, per non perdermi d'animo davanti alle cadute.

Che io possa avere l'intelligenza, l'abilità di quella formichina, per dividere in pezzi il fardello che, a volte, si presenta tanto grande. Che io abbia l'umiltà per dividere con gli altri i frutti della fatica come se il tragitto non fosse stato solitario.

Chiesi al Signore la grazia di riuscire, come quella formica, a non desistere dal cammino, specie quando i venti contrari mi fanno chinare la testa verso il basso... specie quando, per il peso di ciò che mi carica, non riesco a vedere con nitidezza il cammino da percorrere. La gioia delle larve che, probabilmente, aspettavano il cibo all'interno, ha spinto quella formica a sforzarsi e superare tutte le avversità della strada.

Dopo il mio incontro con quella formica, sono stato rafforzato nel mio cammino. Ringrazio il Signore per averla messa sulla mia strada e per avermi fatto passare sul cammino di quella formichina.

I sogni non muoiono, solo si assopiscono nel cuore della gente. Basta svegliarli, per riprendere il cammino!

faticadifficoltà della vitaandare avantiperseveranzafiduciaimpegno collaborazioneresponsabilitàsenso della vitaforzacoraggio

4.8/5 (4 voti)

inviato da Suor M. Nerina De Simone, inserito il 26/06/2010

RACCONTO

53. Il tesoro nascosto   3

Martin Buber, Il cammino dell'uomo, Qiqajon

Ai giovani che venivano da lui per la prima volta, Rabbi Bunam era solito raccontare la storia di Rabbi Eisik, figlio di Rabbi Jekel di Cracovia. Dopo anni e anni di dura miseria, che però non avevano scosso la sua fiducia in Dio, questi ricevette in sogno l'ordine di andare a Praga per cercare un tesoro sotto il ponte che conduce al palazzo reale. Quando il sogno si ripetè per la terza volta, Eisik si mise in cammino e raggiunse a piedi Praga. Ma il ponte era sorvegliato giorno e notte dalle sentinelle ed egli non ebbe il coraggio di scavare nel luogo indicato. Tuttavia tornava al ponte tutte le mattine, girandovi attorno fino a sera. Alla fine il capitano delle guardie, che aveva notato il suo andirivieni, gli si avvicinò e gli chiese amichevolmente se avesse perso qualcosa o se aspettasse qualcuno. Eisik gli raccontò il sogno che lo aveva spinto fin li dal suo lontano paese. Il capitano scoppiò a ridere: "E tu, poveraccio, per dar retta a un sogno sei venuto fin qui a piedi? Ah, ah, ah! Stai fresco a fidarti dei sogni! Allora anch'io avrei dovuto mettermi in cammino per obbedire a un sogno e andare fino a Cracovia, in casa di un ebreo, un certo Eisik, figlio di Jekel, per cercare un tesoro sotto la stufa! Eisik, figlio di Jekel, ma scherzi? Mi vedo proprio a entrare e mettere a soqquadro tutte le case in una città in cui metà degli ebrei si chiamano Eisik e l'altra metà Jekel!". E rise nuovamente. Eisik lo salutò, tornò a casa sua e dissotterrò il tesoro con il quale costruì la sinagoga intitolata "Scuola di Reb Eisik, figlio di Reb Jekel". "Ricordati bene di questa storia - aggiungeva allora Rabbi Bunam - e cogli il messaggio che ti rivolge: c'è qualcosa che tu non puoi trovare in alcuna parte del mondo, eppure esiste un luogo in cui la puoi trovare".

tesororicchezzaricercascopertainterioritàricerca di senso

5.0/5 (1 voto)

inviato da Luca, inserito il 26/06/2010

TESTO

54. L'amore e la gioia

John Wu

L'amore è legato alla gioia.
Se avete un grammo di amore,
avrete anche un grammo di gioia.
Ma se il vostro amore è senza misura,
così sarà la vostra gioia.

amoredaredonaregratuitàsenso della vita

5.0/5 (1 voto)

inviato da Vanna Lo Re, inserito il 22/12/2009

TESTO

55. Le due sorgenti   2

Tomàs Spidlík, Il professor Ulipispirus e altre storie

La montagna si eleva verso il sole. Ma la montagna pesa. E' fatta di sassi. In qualche recesso delle sue viscere nacquero un giorno due piccole sorgenti d'acqua limpida, che cercavano di uscire all'aperto. Ma la montagna non cedeva: le opprimeva, le soffocava.

Dopo un bel po' di tempo le sorgenti, facendosi largo a poco a poco, riuscirono a venire alla luce ai piedi della montagna. Com'erano stanche! Ma non c'era tempo per riposarsi.

Erano appena scaturite dalla terra quando sentirono delle grida provenienti dal muschio, dall'erba, dai fiorellini, dalle rose alpine: "Dateci da bere! Dateci da bere!"

"Fossi matta!", disse la prima sorgente. "Ho faticato tanto senza sosta laggiù, sottoterra, mentre voi, pigri, ve ne stavate al sole. Non vi darò proprio niente!"

"Non ci darai niente?", disse il muschio piccato. "E allora noi non ti lasceremo passare."

"Ti sbarreremo la strada con le nostre numerose radici", dichiarò l'erba.

"Ti copriremo così nessuno ti troverà", minacciarono i cespugli di rose alpine e di rovi.

La seconda sorgente fu condiscendente: "Bevi, sorella erba, però fatti da parte perché io possa proseguire il mio cammino!" Bevvero un poco anche i cespugli ma si tennero fuori dalla corrente e così il muschio e la rosa alpina.

La sorgente correva. Dava da bere a tutte le piante e tutte le cedevano il passo. La sua acqua era fresca e limpida come cristallo. Lei stessa non sapeva come. Le piante l'amavano e lasciavano che altre sorgenti si unissero a lei. Alla fine arrivò al mare. Quando giunse alla foce, l'azzurro padre Oceano la prese fra le braccia e la baciò sulla fronte. "E dov'è tua sorella sorgente?", le chiese.

"Ah, Padre! Purtroppo è diventata paludosa, marcia e puzzolente."
"Così è la vita, figliola mia", disse padre Oceano.

"Tua sorella non voleva dare agli altri ciò che ha ricevuto. Vedi? Anch'io oggi ti ricevo in restituzione del vapore che da me è salito verso la montagna. La vita è dare. Tenere per sè è la morte."

daredonaresenso della vitagratuitàvita

inviato da Maria Carmela Moretti, inserito il 22/12/2009

TESTO

56. Chi è l'uomo?

L'uomo è ciò che fa durante il giorno.

senso della vitaimpegnouomoidentità

inviato da Giordana Fusco, inserito il 13/12/2009

TESTO

57. La crisi

Don Luigi Verdi

Solo una terra ben lavorata può diventare terra propizia, ci dicono i contadini. Per questo paradossalmente un tempo di difficoltà e sconvolgimenti può rivelarsi come il tempo più adatto a una nuova nascita: ogni parto è preceduto dalle doglie, ogni nuova illuminazione e crecita sconta la propria stagione dell'inferno, ogni passaggio di iniziazione è scandito dal ritmo di notti scure.

E mi piace pensare che ogni crisi abbia l'effetto dei sassi di Pollicino che, nel folto del bosco, riescono sempre a indicare la strada. Ogni crisi ci permette allora di elevarci al di sopra della superficie del mondo, per scorgere le cime inviolate che la nebbia nasconde a coloro che vivono nella pianura. Viene un giorno in cui, dentro la tua penobra o nel tuo labirinto, si apre un varco inaspettato che ti indica il sentiero dentro il non senso. Nel profondo della notte, nel buio della crisi, c'è sempre una luce verso cui andiamo, o che viene verso di noi.

speranzacrisidifficoltàdoloresenso della vitaricerca di sensotenacia

4.0/5 (2 voti)

inviato da Maria Carmela Moretti, inserito il 13/12/2009

TESTO

58. La nave della vita   1

Antoine de Saint-Exupéry, Il Piccolo Principe

Se vuoi costruire una nave non devi per prima cosa affaticarti a chiamare la gente a raccogliere la legna e a preparare gli attrezzi; non distribuire i compiti, non organizzare il lavoro.
Ma invece prima risveglia negli uomini la nostalgia del mare lontano e sconfinato.
Appena si sarà risvegliata in loro questa sete si metteranno subito al lavoro per costruire la nave.

progettoricerca di sensomotivazioniinteriorità

inviato da Maria Carmela Moretti, inserito il 13/12/2009

TESTO

59. Ampi orizzonti

Paulo Coelho, Monte Cinque

Dall'alto della montagna tu puoi vedere come sia grande il mondo, e come siano ampi gli orizzonti.

consapevolezzaumiltàaperturaricerca di sensolarghezza di vedute

inviato da Maria Carmela Moretti, inserito il 13/12/2009

TESTO

60. La preghiera dell'asino di Betlemme   1

Ivan Bodrozic

Signore,
credo d'averti già molestato troppo
chiedendoti di liberarmi da questa stupida vita d'asino
di un piccolo paese ai margini della Palestina.
Quante volte mi è venuto il desiderio di diventare feroce o velenoso
come tante altre bestie,
giusto per obbligare gli uomini ad essere più accorti nei miei confronti,
ma non te ne sei curato.
Con testarda tenacia ho nutrito il desiderio di libertà,
ma non mi è stato possibile fuggire da questo carico,
sempre meno sopportabile;
non mi stato possibile fuggire dal peso
che gli altri hanno caricato sulle mie spalle,
senza chiedermi nulla, né consenso né permesso,
incuranti delle mie ginocchia traballanti.
Ti ho supplicato di allontanare almeno la verga del mio aguzzino,
che batteva la mia schiena ad ogni tentativo di alzare la testa.
Non sapevo neanche com'è il sole di cui sentivo il calore sulle spalle!
Sconosciuta era per me la bellezza della luna e delle stelle
che di notte rischiarano le vie.
Comunque grazie! Per quella notte di grazia.
Doveva essere gravosa e buia come tutte le altre,
invece ha cambiato il contenuto dei miei pensieri,
il corso della mia vita.
L'uomo e la donna che hai mandato nella mia stalla,
non sono venuti né con la forza né con il bastone,
non fremevano né minacciavano.
Sono entrati piano, umilmente e modestamente.
E allora nell'attimo più buio della notte,
ho visto il Sole in persona.
Quella luce e quel calore verso i quali ho anelato tutta la vita.
A notte fonda, attorno al Bambino adagiato sulla greppia
è risuonato un canto:
"Astro del ciel, Pargol divin, mite Agnello Redentor!".
In un istante ho sentito di non valere meno degli angeli.
Davanti a me e davanti a loro si trovava lo stesso mistero.
Non da meno era la mia meraviglia di fronte al miracolo avvenuto!
Proprio quando mi sono inginocchiato davanti a questo Mistero,
hai reso salde le mie ginocchia vacillanti,
con la forza che lui emanava hai dato fermezza alle mie membra.
Grazie Signore,
perché mi hai liberato a modo tuo e non come io ti ho chiesto.
Non mi hai dato una vita lunga, però me l'hai riempita di senso.
Non hai maledetto le tenebre che mi avvolgevano,
però mi hai mostrato la luce.
Quando non ho potuto né saputo alzare la testa,
tu ti sei chinato davanti a me per mostrarti.
Non hai tolto la croce dalle mie spalle,
mi hai insegnato come portarla.
Sono diventato orgoglioso di me imparando
che è virtuoso portare i pesi degli altri.
Mi hai aperto la porta della conoscenza
quando mi hai persuaso che il tuo giogo è dolce,
il carico leggero.
Ora lo sai perché ho accettato con gioia l'ulteriore peso,
perché mi sono offerto per il viaggio in Egitto,
nonostante gli sforzi e i pericoli.
Grazie,
perché hai scelto me e la mia misera specie per servire la Sacra Famiglia.
Una sola cosa mi ha messo in imbarazzo: quando mi hanno cambiato il nome,
ma ora so che il mio nome era proprio quello,
e sono fiero di essere chiamato Cristoforo,
portatore di Cristo.

serviziosenso della vitaumiltà

5.0/5 (1 voto)

inviato da Antonella Fontana, inserito il 08/12/2009

Pagina 3 di 8