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RACCONTO

41. La principessa   4

Bruno Ferrero, 365 storie per l'anima

C'era una volta un re che aveva una figlia di grande bellezza e straordinaria intelligenza.

La principessa soffriva però di una misteriosa malattia. Man mano che cresceva, si indebolivano le sue braccia e le sue gambe, mentre vista e udito si affievolivano. Molti medici avevano invano tentato di curarla.

Un giorno arrivò a corte un vecchio, del quale si diceva che conoscesse il segreto della vita. Tutti i cortigiani si affrettarono a chiedergli di aiutare la principessa malata. Il vecchio diede alla fanciulla un cestino di vimini, con un coperchio chiuso, e disse: «Prendilo e abbine cura. Ti guarirà».

Piena di gioia e attesa, la principessa aprì il coperchio, ma quello che vide la sbalordì dolorosamente. Nel cestino giaceva infatti un bambino, devastato dalla malattia, ancor più miserabile e sofferente di lei.

La principessa lasciò crescere nel suo cuore la compassione. Nonostante i dolori prese in braccio il bambino e cominciò a curarlo. Passarono i mesi: la principessa non aveva occhi che per il bambino. Lo nutriva, lo accarezzava, gli sorrideva. Lo vegliava di notte, gli parlava teneramente. Anche se tutto questo le costava una fatica intensa e dolorosa.

Quasi sette anni dopo, accadde qualcosa di incredibile. Un mattino, il bambino cominciò a sorridere e a camminare. La principessa lo prese in braccio e cominciò a danzare, ridendo e cantando. Leggera e bellissima come non era più da gran tempo. Senza accorgersene era guarita anche lei.

Signore, quando ho fame mandami qualcuno che ha bisogno di cibo;
quando ho sete, mandami qualcuno che ha bisogno di acqua;
quando ho freddo, mandarmi qualcuno da riscaldare;
quando sono nella sofferenza, mandami qualcuno da consolare;
quando la mia croce diviene pesante, dammi la croce di un altro da condividere;
quando sono povero, portami qualcuno che è nel bisogno;
quando non ho tempo, dammi qualcuno da aiutare per un momento;
quando mi sento scoraggiato, mandami qualcuno da incoraggiare;
quando sento il bisogno di essere compreso, dammi qualcuno che ha bisogno della mia comprensione;
quando vorrei che qualcuno si prendesse cura di me, mandami qualcuno di cui prendermi cura;
quando penso a me stesso, rivolgi i miei pensieri ad altri.

compassionetenerezzamalattiadonaredonoapertura verso gli altrialtruismochiusura

4.0/5 (5 voti)

inviato da Stefania Chiari, inserito il 21/12/2009

TESTO

42. La preghiera dell'asino di Betlemme   1

Ivan Bodrozic

Signore,
credo d'averti già molestato troppo
chiedendoti di liberarmi da questa stupida vita d'asino
di un piccolo paese ai margini della Palestina.
Quante volte mi è venuto il desiderio di diventare feroce o velenoso
come tante altre bestie,
giusto per obbligare gli uomini ad essere più accorti nei miei confronti,
ma non te ne sei curato.
Con testarda tenacia ho nutrito il desiderio di libertà,
ma non mi è stato possibile fuggire da questo carico,
sempre meno sopportabile;
non mi stato possibile fuggire dal peso
che gli altri hanno caricato sulle mie spalle,
senza chiedermi nulla, né consenso né permesso,
incuranti delle mie ginocchia traballanti.
Ti ho supplicato di allontanare almeno la verga del mio aguzzino,
che batteva la mia schiena ad ogni tentativo di alzare la testa.
Non sapevo neanche com'è il sole di cui sentivo il calore sulle spalle!
Sconosciuta era per me la bellezza della luna e delle stelle
che di notte rischiarano le vie.
Comunque grazie! Per quella notte di grazia.
Doveva essere gravosa e buia come tutte le altre,
invece ha cambiato il contenuto dei miei pensieri,
il corso della mia vita.
L'uomo e la donna che hai mandato nella mia stalla,
non sono venuti né con la forza né con il bastone,
non fremevano né minacciavano.
Sono entrati piano, umilmente e modestamente.
E allora nell'attimo più buio della notte,
ho visto il Sole in persona.
Quella luce e quel calore verso i quali ho anelato tutta la vita.
A notte fonda, attorno al Bambino adagiato sulla greppia
è risuonato un canto:
"Astro del ciel, Pargol divin, mite Agnello Redentor!".
In un istante ho sentito di non valere meno degli angeli.
Davanti a me e davanti a loro si trovava lo stesso mistero.
Non da meno era la mia meraviglia di fronte al miracolo avvenuto!
Proprio quando mi sono inginocchiato davanti a questo Mistero,
hai reso salde le mie ginocchia vacillanti,
con la forza che lui emanava hai dato fermezza alle mie membra.
Grazie Signore,
perché mi hai liberato a modo tuo e non come io ti ho chiesto.
Non mi hai dato una vita lunga, però me l'hai riempita di senso.
Non hai maledetto le tenebre che mi avvolgevano,
però mi hai mostrato la luce.
Quando non ho potuto né saputo alzare la testa,
tu ti sei chinato davanti a me per mostrarti.
Non hai tolto la croce dalle mie spalle,
mi hai insegnato come portarla.
Sono diventato orgoglioso di me imparando
che è virtuoso portare i pesi degli altri.
Mi hai aperto la porta della conoscenza
quando mi hai persuaso che il tuo giogo è dolce,
il carico leggero.
Ora lo sai perché ho accettato con gioia l'ulteriore peso,
perché mi sono offerto per il viaggio in Egitto,
nonostante gli sforzi e i pericoli.
Grazie,
perché hai scelto me e la mia misera specie per servire la Sacra Famiglia.
Una sola cosa mi ha messo in imbarazzo: quando mi hanno cambiato il nome,
ma ora so che il mio nome era proprio quello,
e sono fiero di essere chiamato Cristoforo,
portatore di Cristo.

serviziosenso della vitaumiltà

5.0/5 (1 voto)

inviato da Antonella Fontana, inserito il 08/12/2009

TESTO

43. Sai invecchiare?   1

Non è tanto l'eta, ma certi pensieri a farti vecchio.
Come quando ricordi disgrazie e torti subiti,
dimenticando gioie gustate e doni ricevuti.
Quando ti danno fastidio giochi e corse di bambini
il cinguettio di ragazzine e il bacio dei giovani.
Sei vecchio quando continui a dire
che bisogna tenere i piedi per terra,
e cancelli dalla tua vita la fantasia,
il rischio, la poesia la musica.
Quando non gusti piu i canti degli uccelli,
l'azzurro del cielo, il sapore del pane,
la freschezza dell'acqua, la bellezza dei fiori.
Sei vecchio quando pensi che sia finita per te
la stagione della speranza e dell'amore.
Sei vecchio quando pensi alla morte
come al calar della tomba,
invece che come al salire verso il cielo.
Se invece ami, speri e ridi, allora Dio
allieta la tua giovinezza anche se hai novant'anni.

vecchiaiagiovinezzasperanza

2.0/5 (1 voto)

inviato da Giovanna Pirronitto, inserito il 07/12/2009

PREGHIERA

44. A Maria, Madre del Bell'Amore

Bruno Forte, I gradi dell'amore, ed. S. Paolo 2007, p. 67-68

Maria, vergine dell'ascolto,
silenzio in cui la Parola
venne ad abitare fra noi,
affido a te tutto me stesso,
la mia mente e il mio cuore,
la mia carne e i miei sensi,
perché alla tua scuola e col tuo aiuto
io sia silenzio e ascolto
per lasciarmi amare senza difese dal mio Dio
e divenire come te deserto fiorito,
giardino del sempre nuovo inizio dell'amore.
A te, Madre del bell'Amore,
consacro il mio cuore,
perché il mio sì divenga come il tuo
sorgente d'amore tenero e attento,
umile e concreto,
e, come te, arca dell'Alleanza,
porti a quanti incontrerò
la gioia della presenza dell'Amato.
A te, sposa delle nozze eterne,
che canti le meraviglie
compiute dallo sposo
nell'umiltà della tua storia e della nostra,
affido pensieri, parole e opere di ogni giorno,
perché nella fedeltà al dono dell'Amore
siano tutti pensieri di pace,
cantico di lode, parole di speranza,
opere di giustizia e carità dolcissima.
Vergine, Madre e Sposa,
tutta bella regina del cielo e della terra,
intercedi per me perché venga a cantare
con te e con tutti i Santi
insieme a chi mi fu affidato nell'amore
cantico nuovo dell'Agnello
nella Gerusalemme eterna,
splendente della bellezza
del giorno dell'amore che non muore.
Amen. Alleluia!

MariaMadonna

5.0/5 (1 voto)

inviato da Cristina Catapano, inserito il 25/11/2009

PREGHIERA

45. Per la mamma   1

Liana Paciaroni

Signore,
con questa preghiera vogliamo ringraziarti per il regalo più bello che ci hai fatto.
Dopo le stelle nel cielo di notte, la luce e il calore del sole germe di vita, la profondità degli oceani,
l'armonia del canto degli uccelli, i mille colori del mondo, il profumo dei fiori più rari,
la vastità dell'orizzonte lontano...
dopo tutto questo, hai dato ad ognuno di noi un pezzetto del tuo cuore:
l'amore della mamma.
Lei ci tiene sotto al suo cuore per nove mesi già con tanto amore.
Mamma,
è la prima parola che ogni figlio del cielo pronuncia
e l'ultima che ogni figlio sussurra prima che al cielo torni.
Quando la pronunciamo per la prima volta ancora non ne conosciamo il senso,
ma sorridiamo quando lei si avvicina.
Mamma,
sei l'unica al mondo che dona tutto senza chiedere nulla
come Gesù, sai soltanto amare.
Sei la nostra ancora di salvezza, lo spiraglio di luce in mezzo a un cielo scuro,
un guerriero pieno d'amore che combatte per noi, una dolce melodia che consola il dolore,
la spinta giusta per scavalcare ogni barriera,
sei il riparo dal freddo e dalle tempeste, il camino che nelle notti gelide riscalda il cuore.
Sei l'angelo custode della nostra esistenza.
Un angelo al quale il Signore ha donato un corpo e un anima
e ti ha avvolta nel fuoco dello Spirito Santo per esserne sempre illuminata.
Ci accompagni per le ripide strade della vita,
schiarendoci il cammino col bagliore dei tuoi sorrisi carichi di un amore eterno ed immortale
e ci segui passo dopo passo col tuo cuore,
anche quando cominciamo a volare da soli.
Ci hai dato la luce, tu, che la luce sei.
Ci dai sicurezza con la tua dolcezza, serenità con la tua bontà,
stabilità con il tuo amore per il papà, l'unica che sa adorare i nostri difetti
e il tuo saper perdonare ci insegna ad amare.
Vivi in simbiosi con noi nei pensieri, ci vedi anche se ci nascondiamo,
ci senti anche se stiamo zitti, in segreto asciughi le nostre lacrime,
incoraggi i nostri passi, correggi i nostri errori,
e ci consoli quando siamo inconsolabili.
Sei l'arbitro indiscusso della difficile partita della vita di ogni figlio.
Ci insegni ad essere migliori, non i migliori.
In ogni tuo respiro, sguardo, sorriso, in ogni tuo gesto si legge sempre una grande felicità dell'essere mamma,
la mamma di figli come noi, forti o fragili, belli o brutti, bravi o stolti, sani o malati,
in ogni angolo di te si legge che siamo il tuo bene più prezioso,
pur sapendo che non siamo di tua proprietà.
Mamma,
non ci siamo scelti
ma Dio ti scelse per ognuno di noi perché voleva anticiparci il Paradiso.
Sei il filo sottile dell'immortalità, che lega lo spirito al corpo.
Come il Signore, anche tu operi il mistero della creazione.
Sei la serva fedele al progetto di Dio.
Nel suo progetto d'amore per te c'eravamo noi,
nel suo progetto di vita per noi
c'eri tu.
In questo momento della Santa Comunione vogliamo ringraziare il Signore,
per questo dono inestimabile,
e pregare lo Spirito Santo, che in te li ha risposti tutti i suoi sette doni,
perché ogni figlio sappia sempre curarlo e custodirlo come merita.
Amen

mammamadrematernità

5.0/5 (2 voti)

inviato da Liana Paciaroni, inserito il 21/11/2009

TESTO

46. Maria, donna di parte   1

Tonino Bello

No, non fu neutrale. Basta leggere il Magnificat per rendersi conto che Maria si è schierata. Ha preso posizione, cioè dalla parte dei poveri, naturalmente.

Degli umiliati e offesi di tutti i tempi. Dei discriminati dalla cattiveria umana e degli esclusi dalla forza del destino. Di tutti coloro, insomma, che non contano nulla davanti agli occhi della storia.

Non mi va di avallare certe interpretazioni che favoriscono una lettura puramente politica del Magnificat quasi fosse, nella lotta continua tra oppressi e oppressori, una specie di marsigliese ante litteram del fronte cristiano di liberazione.

Significherebbe ridurre di gran lunga gli orizzonti dei sentimenti di Maria, che ha cantato liberazioni più profonde e durature di quelle provocate dalle semplici rivolte sociali. I suoi accenti profetici, pur includendole, vanno oltre le rivendicazioni di una giustizia terrena, e scuotono l'assetto di ben più radicali iniquità.

Sta di fatto, però, che, sul piano storico, Maria ha fatto una precisa scelta di campo. Si è messa dalla parte dei vinti, ha deciso di giocare con la squadra che perde. Ha scelto di agitare come bandiera gli stracci dei miserabili e non di impugnare i lucidi gagliardetti dei dominatori.

Si è arruolata, per così dire, nell'esercito dei poveri. Ma senza roteare le armi contro i ricchi. Bensì, invitandoli alla diserzione. E intonando, di fronte ai bivacchi notturni del suo accampamento, perché le udissero dall'alto, canzoni cariche di nostalgia. Ha esaltato, così, la misericordia di Dio. E ci ha rivelato che è partigiano anche lui, visto che prende le difese degli umili e disperde i superbi nei pensieri del loro cuore; stende il suo braccio a favore dei deboli e fa rotolare i violenti dai loro piedistalli con le ossa in frantumi; ricolma di beni gli affamati e si diverte a rimandare i possidenti con un pugno di mosche in mano e con un palmo di naso in fronte.

Qualcuno forse troverà discriminatorio questo discorso, e si chiederà come possa conciliarsi la collocazione di Maria dalla parte dei poveri con l'universalità del suo amore e con la sua riconosciuta tenerezza per i peccatori, di cui i superbi, i prepotenti e i senza cuore sono la razza più inquietante.

La risposta non è semplice. Ma diventa chiara se si riflette che Maria non è come certe madri che, per amor di quieto vivere, danno ragione a tutti e, pur di non creare problemi, finiscono con l'assecondare i soprusi dei figli più discoli. No. Lei prende posizione. Senza ambiguità e senza mezze misure. La parte, però, su cui sceglie di attestarsi non è il fortilizio delle rivendicazioni di classe, e neppure la trincea degli interessi di un gruppo. Ma è il terreno, l'unico, dove lei spera che un giorno, ricomposti i conflitti, tutti i suoi figli, ex oppressi ed ex oppressori, ridiventati fratelli, possano trovare finalmente la loro liberazione.

MariaMadonnamagnificatpovertàpoverisconfittadebolidebolezza

inviato da Federica Mancinelli, inserito il 06/08/2009

TESTO

47. Così il padre ci ama

John Henry Newman

Il Padre ci vede e ci conosce tutti, uno ad uno.
Chiunque tu sia egli ti vede individualmente,
egli ti chiama con il tuo nome,
egli ti comprende quale realmente ti ha fatto.

Egli conosce ciò che è in te,
tutti i tuoi sentimenti e pensieri più intimi,
le tue disposizioni e preferenze,
la tua forza e la tua debolezza.

Egli ti guarda nel giorno della gioia e nel giorno della tristezza,
ti ama nella speranza e nella tua tentazione,
s'interessa di tutte le tue ansietà, di tutti i tuoi ricordi,
di tutti gli alti e bassi del tuo spirito.

Egli ha perfino contato i capelli del tuo capo
e misurato la tua statura,
ti circonda e ti sostiene con le sue braccia
ti solleva e ti depone.

Egli osserva i tratti del tuo volto,
quando piangi e sorridi,
quando sei malato o godi buona salute.

Con tenerezza egli guarda le tue mani e i tuoi piedi,
sente la tua voce, il battito del tuo cuore,
ode perfino il tuo respiro,
tu non ami te stesso più di quanto egli ti ama.

Tu non puoi fremere dinanzi al dolore,
come egli freme vedendolo venire sopra di te,
e se tuttavia te lo impone è perché anche tu se fossi saggio
lo sceglieresti per un maggior bene futuro.

amore di Diovicinanza di DioDio Padrerapporto con Dio

inviato da Qumran2, inserito il 12/06/2009

TESTO

48. Non scoraggiarti

Elisabetta della Trinità, Pensieri, Il passero solitario

Non scoraggiarsi mai. E' più difficile liberarsi dallo scoraggiamento che dal peccato. Non inquietarsi se non si constatano progressi nello stato della propria anima. Spesso Dio permette questo per evitare un sentimento di orgoglio. Egli sa vedere i nostri progressi e contare ogni nostro sforzo.

coraggioforzapeccatoperdonomalesantità

5.0/5 (2 voti)

inviato da Luca, inserito il 05/06/2009

TESTO

49. Sete di risurrezione   1

Mariangela Forabosco

E' arrivata la Primavera ed ogni anno, in natura, si ripete puntuale il miracolo della rinascita, e tutte le creature rinnovano in sé l'energia vitale per dimostrare e donare, ad un mondo distratto ed indifferente, la potenza creatrice e amorosa del Creatore.

Passeggiando in giardino, davanti al mistero di una piccolissima gemma che diventa un turgido bocciolo, quasi geloso di svelare la meraviglia dei suoi petali, mi afferra uno stupore crescente.

C'è un giardino, però, in cui non è necessario aspettare la primavera per vedere realizzati i miracoli della creazione ed è il " cuore dell'uomo".

Dio ha creato l'uomo e la donna per "sete d'amore", perché, essendo lui amore, non poteva fare a meno di amare e di essere amato. Ed ecco il miracolo: uomo e donna, creati a sua immagine, ricevono il suo amore e sono chiamati a diventarne messaggeri e testimoni, per diffonderlo a chi sta loro accanto e al mondo intero.

Le vite che si donano diventano, così, veicolo dell'Amore di Dio e vanno a saziare l'incontenibile e misteriosa sete d'amore delle creature, come un fiore sbocciato e donato sazia la sete di bellezza e di armonia.

L'uomo, però, non ha accolto il dono dell'Amore di Dio, che significa donarsi, perdonarsi, compatirsi, comprendersi, ed ha messo al primo posto l'amore per se stesso e per gli idoli creati dalle sue stesse mani, diventandone schiavo (Salmo 113 B, 4-8). Allora Dio, non potendo fare a meno di amare l'uomo e di essergli fedele, ha giocato l'ultima carta per salvarlo ed è sceso in terra nella Persona del Figlio, Gesù Cristo, facendosi "peccato" ( cfr. 2 Corinzi 5,21 ) lui stesso, Innocente, per liberare l'umanità dal peccato e dalla morte. Gesù, sulla terra, ha camminato con gli uomini ed ha parlato del Padre che è nei Cieli come del "nostro Padre" ( Matteo 6,9 ) che, dalla creazione, non vuole forzare i figli ad amarlo, avendoli resi liberi di accettare o rifiutare il suo amore. Il Padre, però, non smette mai di aspettare che i figli tornino per lasciarsi amare da lui, per poter dire loro parole d'amore e fare festa ( Luca 15, 11-24 )! Gli uomini, ancora una volta, non hanno saputo e voluto rispondere con l'amore alla richiesta d'amore del loro Creatore e così l'hanno ucciso: hanno crocifisso l'amore, pensando di poter togliere di mezzo l'imbarazzante "Rabbì " che parlava di cose troppo scomode per le coscienze: pace, perdono, conversione, riconciliazione, giustizia, dignità umana, strane beatitudini che fanno "vincere" i poveri, gli ultimi, gli affamati, i perseguitati..., amore addirittura per i nemici, misericordia, dono totale di se stessi agli altri fino a perdere la propria vita...
"Il mondo non lo riconobbe" (Giovanni 1,10).

Ognuno di noi c'era, quel venerdì che chiamiamo Santo, sul Calvario, ed ognuno di noi, con la parte del proprio cuore in cui vince l'avidità, la gelosia, l'invidia, la lussuria, il risentimento, la rabbia, ha battuto i chiodi nelle mani e nei piedi dell'Innocente. "Dio è morto", ha scritto qualcuno. Si, Dio è morto facendo suo il peccato e la morte dell'uomo, ma non poteva finire così, con il buio di quel venerdì e col silenzio di quel sabato. Se Dio fosse morto, tutta la creazione sarebbe morta, io sarei morta, la primavera sarebbe morta.

No! Dio ha trascinato in sé la morte e l'ha distrutta, trasformandola in vita, nella sua vita, che è immortale, incorruttibile (Corinzi 15, 20-27, 53-55). Essendo vero uomo, Gesù ha, con la sua Passione, Morte e Risurrezione, innalzato a sé ogni uomo, ogni vita umana (Giovanni 3,14-17) donando ognuno di noi all'abbraccio misericordioso del Padre, che dalla creazione non aspetta altro che ritorniamo a lui, bisognosi del suo perdono e, a nostra volta, capaci di perdonare.

La sete d'amore di Dio lo ha portato a farsi lui stesso creatura, affinché nel cuore dell'uomo si continuasse a compiere il miracolo per cui era stato creato: l'amore vissuto, rinnovato, donato, gratuito, generoso, spassionato, umile, felice, sofferto, offerto, coraggioso, sorridente, radicale, ingenuo, totale.

La capacità di amarsi viene solo da Dio e se ci allontaniamo da lui, nostra unica fonte del vero amore, perdiamo la capacità di amare e accadono le cose che quotidianamente tutti vediamo e di cui ci lamentiamo. "La società va male", diciamo, "è tutta colpa della società...".

No, sono io, siamo noi che abbiamo perso il contatto con la fonte della vera vita, diventando schiavi dei vitelli d'oro che ci siamo costruiti.

L'uomo, però, ha fame d'amore, continua a cercare qualcuno o qualcosa da amare, perché è Dio stesso che ha posto nel nostro cuore il seme del suo amore.

Che fare? Perché non provare a diventare "distributori" consapevoli di amore? Perché abbiamo così tanta paura di amare? Perché temiamo di assecondare il nostro bisogno di Risurrezione? Perché non ci opponiamo alla tentazione di seguire la corrente, che ci invita a privilegiare i pensieri e le scelte di morte?

Noi cristiani siamo tali perché crediamo in Cristo, il Vivente, il Risorto, Colui grazie al quale siamo destinati, a nostra volta, ad essere eternamente viventi e risorti: perché, allora, non scegliere di vivere secondo la Sua Parola, che è Parola di vita eterna? (Giovanni 6, 67-69)

Se i genitori, ad esempio, avessero il coraggio di raccontare ai loro figli le meraviglie che ogni giorno compie in noi l'Amore di Dio, se vivessero la Risurrezione nelle scelte di vita quotidiane, se trasmettessero loro la Speranza che deriva dalla Risurrezione di Cristo, allora ogni giorno sarebbe Pasqua, ogni giorno l'amore vincerebbe e non saremmo sconvolti da tante notizie che parlano di delitti in famiglia, di ragazzi che filmano violenze sui coetanei più deboli, di famiglie distrutte da odi e rancori, di stragi del sabato sera...L'elenco non finirebbe mai, ma io propongo che ognuno di noi, nel suo piccolo, anziché soffermarsi sulle cose negative, faccia l'elenco di tutte le cose belle che ogni giorno ci vengono donate. Cerchiamo poi di arricchire l'elenco con le cose belle, dettate dall'amore, che nel nostro quotidiano possiamo fare. Facciamo crescere, nel giardino del nostro cuore, la parte divina che Dio ha preso da sé e ci ha donato.

Scegliamo consapevolmente di soddisfare la nostra "sete di Risurrezione", affinché il Signore, nostro Dio, possa dirci parole di bene e d'Amore per l'eternità.

risurrezioneamoreparolafamiglia

inviato da Mariangela Forabosco, inserito il 02/06/2009

TESTO

50. La vita

La vita è come un soffio di vento, che soffia, ti attraversa e va via lontano... E mentre ti attraversa, ti leva le gioie, i dolori, le sensazioni e le situazioni che hai dentro e le porta via con se... Non illuderti di poter cambiare la vita, perché sarà lei a cambiare te... Ti plasmerà a suo piacimento, sarai come argilla nelle mani di uno scultore...

La vita è qualcosa che ti brucia dentro, che brucia senza sosta e ti consuma... Tu puoi viverla bene o male, ma l'importante è che non lasci mai spegnere quella fiamma... perché se l'avrai alimentata bene, continuerà a bruciare anche dopo la tua morte, per i secoli dei secoli, o forse anche di più...

La vita è quella cosa che non sai cos'è, ma sai che c'è; c'è nell'aria, c'è stasera... E se saprai usarla, se saprai tramandare quella tua voglia di vivere, quelle tue opere, anche se chi ti è nemico ti ucciderà, ucciderà quel tuo corpo, tu morirai con il sorriso sulle labbra, perché saprai che la tua vita non è stata sprecata...infatti la tua voce calda e accogliente, i tuoi meravigliosi occhi che ispirano allegria a chiunque li guardi, continueranno a rivivere, negli occhi e nella voce di chi come te ha fatto della sua vita uno strumento...E se il nemico che sicuramente incontrerai riuscirà per un attimo ad offuscare i tuoi bei pensieri beh allora pensa ad una giornata al mare, ad un gelato al cioccolato, alla faccia di quella figlia che non hai avuto, alla felicità, alla vita stessa...e vola lontano, sui campi di grano e non chiederti il perché... Vai dove la vita ti porta... Dove quella brezza leggera, calma ma continua, ti spinge... Lasciati andare...

Seconda stella a destra questo è il cammino e poi dritto fino al mattino; poi la strada la trovi da te, porta all'isola, l'isola che non c'è... No. Fai tutto ma non questo. Non illuderti che possa esistere un mondo dove c'è solo il bello ed il buono... Perché sul più bello ricadrai sulla dura realtà e ti farai male, molto più male di quanto tu possa pensare... Perché la vita è la vita, non la puoi cambiare, la puoi vivere, quello sì, ma non cambiare...

E quando tutto sembra abbandonarti, pensa a quelle persone che avrebbero voluto vivere anche solo un istante in più, per dire "andrà tutto bene", "ti amo" oppure solamente "arrivederci"; ma non hanno potuto... Pensa al male che c'è nel mondo, può sembrare strano ma ti sentirai meglio.

Poi penserai a quanto pesano le lacrime. Sì. Perché le lacrime di un bambino capriccioso pesano meno del vento, ma quelle di un bimbo affamato, più di tutta la terra... E se pensi a questo ti viene una gran voglia di vivere la vita... E scoprirai che è proprio questo lo scopo... Vivi la vita!!

vita

inviato da Giuseppe Nesi, inserito il 02/06/2009

TESTO

51. Farmaco d'immortalità   2

Suor M. Gioia Agnetta

Farmaco d'immortalità: l'Eucaristia

Composizione JHS non è una formula chimica, ma sigla che marca il Pane Eucaristico, Pane di frumento, consacrato nella Messa, dallo Spirito Santo di Dio, nelle mani del sacerdote e divenuto Corpo e Sangue vivo di Cristo Gesù; destinato ad essere mangiato dai battezzati convocati in Assemblea alla Celebrazione e conservato per gli invitati assenti.

JHS tre lettere dell'alfabeto latino, iniziali di tre parole:
Jesus = Gesù;
Hominum = degli uomini;
Salvator = Salvatore.
Gesù Salvatore degli uomini.

Come si presenta: allo sguardo appare un dischetto bianco di pane e nel calice un po' di vino. In effetti è il corpo e il sangue del Signore Gesù, vivo e presente per noi. Apparenza umile, silenziosa. Solo chi possiede la parola del Signore può capire il silenzio dell'Eucaristia.

Indicazioni: Anemia spirituale, perdita del gusto delle cose di Dio, disorientamento nella guida della propria vita e della propria famiglia, indifferenza, idolatria. Facilità di giudizio di condanna su tutto e su tutti, irascibilità, indebolimento della decisionalità a partire dal Vangelo. Disidratazione, sterilità di opere, causate dal poco bere linfa della Vite di cui si è tralci. Farmaco indicato non appena le conoscenze e le informazioni del proprio credo appaiono dei fantasmi, come numerose piante di un bosco nel quale si esita ad addentrarsi; difficoltà di dialogo, senso di emarginazione, di orfanezza, percezione di isolamento. Nausea per il sacro.

Controindicazioni: Nessuna, per nessuno al mondo, nonostante una Bimillennaria sperimentazione del suo Principio Attivo; l'JHS è risultato l'unico farmaco omopato-compatibile

Posologia: Bambini: ½ ora / 45 minuti alla settimana sotto vigile osservazione e gustosa scorta dei genitori a Messa.

Adulti: la cura va da 1 ora alla settimana (Messa-Domenicale), a un'aggiunta di ½ ora al giorno. Il dosaggio si intensifica con 1 ora al giorno, quando l'attrazione di Gesù interessa le pulsazioni del cuore, si rende sintomatico l'invaghimento per Dio e si sta bene con lui. La frequenza battiti in consonanza a quelli del cuore di Cristo, i pensieri a quelli di lui, e così i sogni e progetti, sono test di dosaggio equo. N.B. Il farmaco agisce solamente se si combina alla volontà di volere guarire.

Effetti indesiderati - Reazioni negative possono apparire non in chi assume il farmaco ma in parenti e amici che possono definire l'assenza (del paziente, di mezz'ora o di un'ora) un danno per la famiglia. Derisioni e insulti, attribuzione di bigottismo e di debolezza. Altri effetti indesiderati da JHS: Assuefazione, indifferenza o nei casi più gravi, acquisizione del magico.

Precauzioni - Non agitarsi prima dell'uso, prima di decidersi a fare questo passo. La notizia che l'assunzione del farmaco fa cambiar vita e può attivare la guarigione della memoria, della volontà, della capacità di giudicare e di progettare, di fraternizzare,... farla circolare nell'ambiente con cautela, ma senza prorogarla. La fede si rafforza donandola. Nel caso di un convincimento debole, frequentare opportune catechesi parrocchiali o gruppi e movimenti ecclesiali. Esporsi al rischio di far parte della comunità di fede a tutti gli effetti. Le forze del male non prevarranno.

Scadenza - Mt 28,20 - Il prodotto, in sé corruttibile, veicola e deposita germi positivi di incorruttibilità e di risurrezione. Viene confezionato ogni giorno e adempie la promessa di Gesù: "Sarò con voi sempre, fino alla fine del mondo".

eucaristiacorpocomunione

inviato da Suor M.Gioia Agnetta, inserito il 02/06/2009

TESTO

52. Dio si fa uomo: perché?

S. Lucia Filippini, Pensieri

Soggiorna egli sulla terra,
perché a noi ha ceduto il cielo;
giace sul fieno,
per dare a noi di calpestar le stelle;
vagisce tra due animali,
per farci conversare con gli angeli;
trema nudo di panni,
per ammantare noi
di luce e di gloria immortale.

elevazionegratitudinenascitanatale

inviato da Suor Antonina Bonomo, Maestra Pia Filippini, inserito il 29/05/2009

RACCONTO

53. Storia di un pezzo di pane   1

don Angelo Saporiti

Quando l'anziano dottore morì, arrivarono i suoi tre figli per sistemare l'eredità: i pesanti vecchi mobili, i preziosi quadri e i molti libri. In una finissima vetrinetta il padre aveva conservato i pezzi delle sua memoria: bicchieri delicati, antiche porcellane, pensieri di viaggio e tante altre cose ancora. Nel ripiano più basso, in fondo all'angolo, venne trovato un oggetto strano: sembrava una zolletta dura e grigia. Come venne portata alla luce, si bloccarono tutti: era un antichissimo pezzo di pane rinsecchito dal tempo. Come era finito in mezzo a tutte quelle cose preziose? La donna che si occupava della casa raccontò:

Negli anni della fame, alla fine della grande guerra, il dottore si era ammalato gravemente e per lo sfinimento le energie lo stavano lasciando. Un suo collega medico aveva borbottato che sarebbe stato necessario procurare del cibo. Ma dove poterlo trovare in quel tempo?

Un amico del dottore portò un pezzo di pane sostanzioso cucinato in casa, che lui aveva ricevuto in dono. Nel tenerlo tra le mani, al dottore ammalato vennero le lacrime agli occhi. E quando l'amico se ne fu andato, non volle mangiarlo, bensì donarlo alla famiglia della casa vicina, la cui figlia era ammalata. "La giovane vita ha più bisogno di guarire, di questo vecchio uomo", pensò il dottore.

La mamma della ragazza ammalata portò il pezzo di pane donatole dal dottore alla donna profuga di guerra che alloggiava in soffitta e che era totalmente una straniera nel paese. Questa donna straniera portò il pezzo di pane a sua figlia, che viveva nascosta con due bambini in uno scantinato per la paura di essere arrestata.

La figlia si ricordò del dottore che aveva curato gratis i suoi due figli e che adesso giaceva ammalato e sfinito. Il dottore ricevette il pezzo di pane e subito lo riconobbe e si commosse moltissimo. "Se questo pane c'è ancora, se gli uomini hanno saputo condividere tra di loro l'ultimo pezzo di pane, non mi devo preoccupare per la sorte di tutti noi", disse il dottore. "Questo pezzo di pane ha saziato molta gente, senza che venisse mangiato. È un pane santo!".

Chi lo sa quante volte l'anziano dottore avrà più tardi guardato quel pezzo di pane, contemplandolo e ricevendo da esso forza e speranza specialmente nei giorni più duri e difficili!.

I figli del dottore sentirono che in quel vecchio pezzo di pane il loro papà era come più vicino, più presente, che in tutti i costosi mobili e i tesori ammucchiati in quella casa. Tennero quel pezzo di pane, quella vera preziosa eredità tra le mani come il mistero più pieno della forza della vita. Lo condivisero come memoria del loro padre e dono di colui che una volta, per primo, lo aveva spezzato per amore.

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inviato da Don Angelo Saporiti, inserito il 17/05/2009

RACCONTO

54. Tra Marta e Maria

Vita di Antonio, Atanasio

Un giorno il santo padre Antonio, mentre sedeva nel deserto, fu preso da sconforto e da fitta tenebra di pensieri e diceva a Dio: "O Signore, io voglio salvarmi, ma i pensieri me lo impediscono. Che posso fare nella mia afflizione?".

Ora, sporgendosi un po', Antonio vede un altro come lui, che sta seduto e lavora, poi interrompe il lavoro, si alza in piedi e prega, poi di nuovo si mette seduto ad intrecciare corde, e poi ancora si alza e prega. Era un angelo del Signore, mandato per correggere Antonio e dargli forza. E udì l'angelo che diceva: "Fa' così e sarai salvo". All'udire queste parole, fu preso da grande gioia e coraggio: così fece e si salvò.

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3.0/5 (2 voti)

inviato da Luca Peyron, inserito il 07/09/2008

PREGHIERA

55. Dio onnipotente, che io possa risorgere con Gesù

Adattamento dalla liturgia del sabato dopo le ceneri

Dio onnipotente,
grazie perché hai mandato il tuo divin Figlio Gesù
a chiamare non i giusti, ma i peccatori.
Grazie perché tu sei buono, pieno di misericordia
e sempre pronto al perdono.
Gazie perché guardi con bontà la debolezza dei tuoi figli,
tra i quali sono pure io con le mie fragilità e miserie;
grazie perché la tua misericordia è generosa
e ti rivolgi a me con una clemenza grande;
grazie perché mi difendi dal male
e mi assicuri la tua paterna protezione;
grazie perché tendi il tuo orecchio a me
che sono povero e infelice.
Ho bisogno, ogni giorno e tutto il giorno, della tua pietà
perché non muoia nei miei peccati
ma cambi vita e direzione di cammino e viva.
Per questo, fa' che partecipi alla Pasqua del tuo divin Figlio Gesù
e con lui io risorga:
almeno da una mia pigrizia e inerzia costante,
almeno da un mio rimando ricorrente,
almeno da un mio ritardo abituale,
almeno da una mia omissione comoda,
almeno da una mia indecisione irresponsabilizzante,
almeno da una mia trascuratezza danneggiante.
Insegnami a camminare sulla tua strada e per la tua strada
con pensieri e azioni conformi alla tua volontà.
Ascolta, per intercessione di Maria, la mia preghiera di supplica
e custodiscimi nella fedeltà al mio unico Salvatore e al suo Vangelo.
Amen.

risurrezioneresurrezionepasquaconversionequaresimacambiamentoresponsabilità

inviato da Don Guido Olivieri, inserito il 06/02/2008

TESTO

56. Maria, donna accogliente

Tonino Bello, Nigrizia, giugno 1991, p. 58

La frase si trova in un testo del Concilio Vaticano II, ed è splendida per dottrina e concisione. Dice che, all'annuncio dell'Angelo, Maria «accolse nel cuore e nel corpo il Verbo di Dio».

Nel cuore e nel corpo
Fu, cioè, discepola e madre del Verbo. Discepola, perché si mise in ascolto della Parola e la conservò per sempre nel cuore. Madre, perché offrì il suo grembo alla Parola e la custodì per nove mesi nello scrigno del corpo.
Forse per capire fino in fondo la bellezza di questa verità, il vocabolario non basta. Bisogna ricorrere alle espressioni visive. E allora non c'è di meglio che rifarsi ad una celebre icona orientale, che raffigura Maria con il divin Figlio Gesù inscritto sul petto. È indicata come "la Madonna del segno", ma potrebbe essere chiamata "la Madonna dell'accoglienza", perché, con gli avambracci levati in alto, in atteggiamento di offertorio o di resa, essa appare il simbolo della più gratuita ospitalità.

Accolse nel cuore
Fece largo, cioè, nei suoi pensieri ai pensieri di Dio. ma non si sentì, per questo, ridotta al silenzio. Offrì volentieri il terreno vergine della sua intimità alla germinazione del Verbo, ma non si considerò espropriata di nulla. Gli cedette con gioia il suolo più inviolabile della sua vita, ma senza dover ridurre gli spazi della sua libertà. Diede alloggio al Signore nella sua casa, ma non ne sentì, la presenza come violazione di domicilio. Gli aprì le porte delle stanze più segrete, ma senza subirne lo sfratto.

Accolse nel corpo
Sentì, cioè, il peso fisico di un altro essere che prendeva dimora nel suo grembo di madre. Adattò, quindi, i suoi ritmi a quelli dell'ospite. Modificò le sue abitudini in funzione di un compito che non le alleggeriva certo la vita. Consacrò i suoi giorni alla gestazione di una creatura che non le avrebbe risparmiato preoccupazioni e fastidi. E poiché il frutto benedetto del seno suo era il Verbo di Dio che s'incarnava per la salvezza dell'umanità, capì di aver contratto con tutti i figli di Eva un debito di accoglienza che avrebbe pagato con cambiali di lacrime.

Quell'ospitalità fondamentale la dice lunga sullo stile di Maria e delle sue mille altre accoglienze di cui il vangelo non parla, ma che non ci è difficile intuire. Nessuno fu mai respinto da lei. Tutti trovarono riparo sotto la sua ombra. Dalle vicine di casa, alle antiche compagne di Nazaret. Dai parenti di Giuseppe, agli amici di gioventù di suo figlio. Dai poveri della contrada, ai pellegrini di passaggio. Da Pietro, in lacrime dopo il tradimento, a Giuda che, forse, quella notte non riuscì a trovarla in casa.

Santa Maria, donna accogliente, aiutaci ad accogliere la Parola nell'intimo del cuore. A capire, cioè, come hai saputo fare tu, le irruzioni di Dio nella nostra vita. Egli non bussa alla porta per intimarci lo sfratto, ma per riempire di luce la nostra solitudine. Non entra in casa per metterci le manette, ma per restituirci il gusto della vera libertà.

Lo sappiamo: è la paura del nuovo a renderci spesso inospitali nei confronti del Signore che viene. I cambiamenti ci danno fastidio. E siccome lui scombina sempre i nostri pensieri, mette in discussione i nostri programmi e manda in crisi le nostre certezze, ci nascondiamo come Adamo nell'Eden, ogni volta che sentiamo i suoi passi. Facci comprendere che Dio, se ci guasta i progetti, non ci rovina la festa; se disturba i nostri sonni, non ci toglie la pace. E una volta che l'avremo accolto nel cuore, anche il nostro corpo brillerà della sua luce.

Santa Maria, donna accogliente, rendici capaci di gesti ospitali verso i fratelli. Sperimentiamo tempi difficili, in cui il pericolo di essere defraudati dalla cattiveria della gente ci fa vivere dietro porte blindate e sistemi di sicurezza. Non ci fidiamo più l'uno dell'altro. Vediamo agguati dappertutto. Il sospetto è diventato organico nei rapporti con il prossimo. Il terrore di essere ingannati ha preso il sopravvento sugli istinti di solidarietà che pure ci portiamo dentro. E il cuore se ne va a pezzi, dietro i cancelli dei nostri recinti.

Disperdi, ti preghiamo, le nostre diffidenze. Facci uscire dalla trincea degli egoismi corporativi. Sfascia le cinture delle leghe. Allenta le nostre ermetiche chiusure nei confronti di chi è diverso da noi. Abbatti le nostre frontiere. Quelle culturali, prima di quelle geografiche. Queste ultime cedono ormai sotto l'urto dei popoli "altri", ma le prime restano tenacemente impermeabili. Visto allora che siamo costretti ad accogliere stranieri nel corpo della nostra terra, aiutaci ad accoglierli anche nel cuore della nostra civiltà.

Santa Maria, donna accogliente, ostensorio del corpo di Gesù deposto dalla croce, accoglici sulle tue ginocchio, quando avremo reso lo spirito anche noi. Dona alla nostra morte la quiete fiduciosa di chi poggia il capo sulla spalla della madre e si addormenta sereno. Tienici per un poco sul tuo grembo, così come ci hai tenuti nel cuore per tutta la vita. Compi su di noi i rituali delle ultime purificazioni. E portaci, finalmente, sulle tue braccia davanti all'Eterno.

Perché solo se saremo presentati da te, sacramento della tenerezza, potremo trovare pietà.

mariamadonnaaccoglienzastranieriospitalitàmigrazione

inviato da Giovanni Graziano Tassello, inserito il 11/01/2008

PREGHIERA

57. Preghiera per gli insegnanti   1

Ti prego, Signore per gli insegnanti, per tutti gli insegnanti.
Fa' che si convincano che i pensieri veri, i pensieri grandi
- quelli che devono propormi -
sono come l'acqua buona:
vengono o dall'Alto o dal profondo;
fa' che mi aiutino a distinguere
tra ciò che vale e ciò che appare.

Dammi, Signore, insegnanti
a cui la scienza non abbia inaridito il cuore;
insegnanti maestri di vita,
non solo professionisti d'istruzione,
insegnanti sapienti e pazienti:
noi alunni non siamo melanzane che maturiamo
tutti alla stessa ora.

Signore, dammi insegnanti che quando parlano delle foglie
non si limitino a dire che sono aghiformi o lanceolate...
ma dicano anche che sono colorate
e che con il loro colore rallegrano il mondo;
insegnanti che di tanto in tanto si lascino sfuggire un sorriso.
Vivere per tante ore con facce oscure
è la peggiore delle torture!

Signore, questa preghiera
è un sogno, ma anche una speranza;
la speranza che il nuovo anno scolastico
mi regali insegnanti "nuovi".
Perché il regalo duri fino a giugno,
continuerò ad affidarli a te.
Amen!

insegnantiinsegnamentoeducazioneeducatori

inviato da Qumran2, inserito il 04/06/2007

PREGHIERA

58. Apri a noi la tua porta

Giacomo di Sarug

Apri a noi la tua porta, Signore,
e da te, come dal giorno,
io sarò illuminato.
Alla luce canterò la tua gloria.

Al mattino mi risveglio
per lodare la tua divinità
e mi affretto
per impregnarmi della tua Parola.

Con il giorno la tua luce
brilli sui nostri pensieri,
e le tenebre dell'errore
siano cacciate dalle nostre anime.

Tu che rischiari ogni creatura,
rischiara anche i nostri cuori
perché ti diano lode
lungo tutto il fluire dei giorni.

lucebuongiornonuovo giornolode

inviato da Bianchi Vittoria, inserito il 01/05/2007

TESTO

59. Cos'è per me la preghiera

Don Gasparino, Domande difficili, Città Nuova editrice

Credo che la preghiera non sia tutto, ma che tutto cominci dalla preghiera: perché l'intelligenza umana è troppo corta e la volontà dell'uomo troppo debole: perché l'uomo che agisce senza Dio non dà mai il meglio di sè. Credo che Gesù Cristo, donandoci il Padre Nostro, ci abbia voluto insegnare che la preghiera è amore.

Credo che si possa pregare tacendo, soffrendo, lavorando; ma il silenzio è preghiera solo se si ama, la sofferenza è preghiera solo se si ama, il lavoro è preghiera solo se si ama.

Credo che non sapremo mai con esattezza se la nostra è preghiera o non lo è.

Ma esiste un test infallibile della preghiera: è riuscire a crescere nell'amore, nel distacco dal male, nella fedeltà all'amore di Dio.

Credo che impara a pregare solo chi impara a tacere davanti a Dio, a resistere al silenzio di Dio.

Credo che tutti i giorni dobbiamo chiedere al Signore il dono della preghiera, perché chi impara a pregare impara a vivere.

Ma cosa significa pregare? Forse, nessuno sarà mai capace di dare una risposta esauriente, perché è un problema che parte dal mistero dell'uomo e si perde nel mistero di Dio.

Forse, sarebbe più facile dire ciò che non è pregare.

Pregare non è recitare.
Il teatro non serve a Dio. Recitar formule ci fa dei robot e i robot non possono piacere a Dio, perché Dio ci ha fatti figli e ci considera figli.

Pregare non è dire parole.
Dio non ne ha bisogno e l'uomo può comunicare con lui con mezzi più semplici che le parole.

Pregare non è dialogare.
Si dialoga con un eguale, non quando c'è un abisso invalicabile e si manca di strumenti adeguati per comunicare con lui.

Pregare non è dilettarsi dei bei sentimenti e dei bei pensieri.
A Dio non si raccontano storie; davanti a Dio siamo quello che siamo e le belle parole, i bei pensieri non cambiano la situazione reale del nostro intimo.

Pregare non è nemmeno riflettere.
Anche se la riflessione è il potere più straordinario dell'uomo. Per Dio il nostro riflettere non conta di più di una pausa vegetativa.

È il nostro amore che Dio aspetta.
Pregare forse è solo questo: lasciarsi amare da Dio e rendersene conto, godere e sforzarsi di rispondere, perché non sappiamo mai come e quando comunichiamo con Dio. Ma sforzarsi è già andare a lui. E' già amare.

preghiera

inviato da Qumran2, inserito il 21/11/2006

PREGHIERA

60. Che tutto in me sia Amore   1

Beata Elena Guerra

Che tutto in me sia Amore.
Che la fede,
sia l'Amore che crede.
Che la speranza,
sia l'Amore che attende.
Che l'adorazione,
sia l'Amore che si prostra.
Che la preghiera,
sia l'Amore che t'incontra.
Che la fatica,
sia l'Amore che lavora.
Che la mortificazione,
sia l'Amore che s'immola.
Che soltanto il tuo amore, o Dio,
diriga i miei pensieri,
le mie parole e le mie opere.

amoreoffertasacrificio

inviato da Qumran2, inserito il 29/10/2006

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