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PREGHIERA

41. Preghiera al Volto Santo

Bruno Forte

Signore Gesù,
tu che sei il volto dell'eterno amore,
tu che hai voluto guardarci con occhi nuovi,
parlarci con labbra nuove,
ascoltarci con orecchie nuove,
tu che hai voluto effondere lo Spirito Santo
come profumo della tua grazia e della tua bellezza
nei nostri cuori e nell'universo intero,
tu che hai voluto toccarci per essere toccato da noi,
e ti sei fatto gustare nel pane della vita,
parla ancora al nostro cuore,
inondalo, e fa' che l'incontro con te
in questo luogo santo,
custode del velo nel quale i fedeli venerano
il tuo Volto di infinita misericordia,
possa essere per tutti quelli che vi giungeranno pellegrini
durante questo anno santo,
il nuovo inizio della storia di salvezza e di amore
a cui chiami i nostri cuori...
E Maria, che contemplò il tuo volto per prima
e lo baciò con tenerezza di Madre,
lei che seguì l'evolversi del tuo volto,
e lo vide chiudere gli occhi sulle braccia della croce,
lei che lo contemplò risorto
e ora lo contempla nella gloria,
ci aiuti ad essere quelli che cercano nella verità,
che incontrano nella grazia della santa madre Chiesa,
che riconoscono nei sacramenti, nella carità e nella fede
il tuo volto di Salvatore,
rivelazione dell'infinito amore. Amen!

volto di Gesù

5.0/5 (1 voto)

inviato da Qumran2, inserito il 03/09/2010

PREGHIERA

42. Il coraggio di seguirti

Antonio Merico, Parola pregata. Preghiere dell'anno liturgico A, Elledici

«Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua.» (Mt 16,24)

Signore Gesù, oggi ci proponi gli aspetti scomodi
e onerosi dell'ideale cristiano.
La croce, non si è mai disponibili né pronti
per accettarla, contrasta con l'aspirazione umana
che tende ad allontanare il dolore e raccogliere gioie.
Chi si pone alla tua sequela va incontro
a maltrattamenti e persecuzioni,
va incontro alla tua stessa sorte.
Il prezzo della coerenza
è lo stipendio di chi ti ha scelto.
Ci chiedi fiducia incrollabile in te, in te solo,
senza posare il capo su altre sicurezze.
Ci chiedi tutto, ma non prendi tutto.
Ci chiedi salti nel vuoto e, fin quando non li faremo,
non ci accorgeremo che in fondo ci sei tu
ad aspettarci e non il vuoto.
Non ci chiedi mai di togliere,
ma per poter dare molto di più.
Vinci sempre in generosità.
Donaci il coraggio di seguirti
e la forza di perseverare
anche se bisogna remare contro corrente.

coerenzasequeladiscepolatoimpegnofedeltà

inviato da Titti Scianaro, inserito il 14/08/2010

TESTO

43. Lungo il Calvario

Anna Rita Mazzocco, Il Cantico di Tommaso, Ed. Morlacchi

C'ero anch'io quella mattina
sulla via della croce.
Eri a poca distanza da me
mentre fra sputi ed insulti
arrancavi verso il posto
dove avevamo decretato
che tu morissi.
Attorno a me la folla.
C'era chi voleva solo curiosare
e chi era capitato lì per caso,
ma c'era anche chi voleva partecipare
per vendicarsi di te
almeno solo con lo sguardo.
L'ennesima profanazione di quel corpo
già ridotto ad un'unica piaga:
la miseria umana.

Non so dirti perché accorsi anch'io
a quella sagra dell'ingiustizia
ma, come Zaccheo, mi feci largo tra la folla
per vedere.
Ed ero in prima fila.
Tutto ciò di cui potrei essere capace era lì
davanti ai miei occhi
sprofondati tra quelle piaghe
che invocavano la morte.

Stavi per passarmi davanti
ma io non volevo più vedere oltre.
Avrei voluto essere lontano
il più lontano possibile da quello scempio
ma ormai non potevo più scappare.
Ero imbottigliato tra la folla
che i soldati romani spingevano indietro
per lasciar passare la giustizia dell'uomo.

Ora non eri più una macchia di sangue
sulla via del Calvario.
Ora si riconosceva un volto.
Ed eri ancora umano.
Dicono che tu fossi il più bello fra gli uomini
ma io non ti avevo mai visto prima.
Quella mattina però lo eri davvero
talmente bello da non aver il coraggio di guardarti.
E abbassai lo sguardo
per non correre il rischio d'incontrare il tuo.
Come uno struzzo sperai
d'aver scampato il pericolo di quell'incontro.

E mi passasti davanti
ma io non sollevai gli occhi da terra.
Vidi soltanto i tuoi piedi piagati
che sostarono alcuni secondi davanti a me.
Sicuramente dovevi riprendere fiato.
Ma uno schiocco di frusta
Ti richiamò al tuo dovere di vittima...
E così riprendesti sulle spalle il mio peccato
avanzando ancora con fatica.
Ma sui sassi mi lasciasti il tuo ricordo.

Dicono che moristi alle tre
ma io non venni a vedere.
Ero rimasto lungo la via del Calvario
seduto a terra
davanti a quell'impronta di sangue
che mi schiantava il cuore.

passionecroceGesùCristovia crucis

3.0/5 (2 voti)

inviato da Monache Agostiniane Urbino, inserito il 11/08/2010

TESTO

44. Eucarestia

R. Muscolo, Meditatio Mea

Gesù è presente in te, se sei in grazia di Dio, come sta nel tabernacolo. Sia il tuo cuore lampada sempre accesa. Che guadagna Gesù stando nel tabernacolo? Niente. Al contrario, perde molto, dato che si è reso oggetto di molte irreverenze, o, peggio ancora, sacrilegi.

Gesù sta lì per noi. Vuoi parlargli? Non ti fa attendere; non rimanda l'incontro per un altro momento; non ti dice di sbrigarti perché ha fretta, né che gli chiedi troppo. Vuoi invitarlo a venire in te? È disposto ad accettare il tuo invito e non ti chiede grandi sacrifici, si accontenta di un po' di amore sincero. Ti potrà mancare tutto in questo mondo: salute, beni materiali, famiglia e amici; ma Gesù sarà sempre tuo, se tu lo vuoi. Quando Gesù, quell'ultimo giovedì della sua vita mortale, istituiva il Mistero eucaristico, volle sintetizzare in esso tutto il suo amore. Amore al Padre, la cui volontà compiva, amore per gli uomini, al cui servizio si metteva per sempre, nonostante tanta ingratitudine; amore per te in particolare, le cui comunioni e visite, non sempre ben fatte, vide allora. Sei disposto ad amarlo quanto ti ama lui?

eucaristiacomunioneGesùmessarapporto con Diogiovedì santo

inviato da P. Pier Luca Bancale, inserito il 11/08/2010

PREGHIERA

45. Maria, donna del silenzio   1

Tonino Bello

Santa Maria,
donna del silenzio,
riportaci alle sorgenti della pace.
Liberaci dall'assedio delle parole.
Da quelle nostre, prima di tutto.
Ma anche da quelle degli altri.
Figli del rumore,
noi pensiamo di mascherare l'insicurezza
che ci tormenta
affidandoci al vaniloquio del nostro interminabile dire:
facci comprendere che,
solo quando avremo taciuto noi,
Dio potrà parlare.
Coinquilini del chiasso,
ci siamo persuasi di poter esorcizzare
la paura alzando il volume dei nostri transistor:
facci capire che Dio si comunica all'uomo
solo sulle sabbie del deserto,
e che la sua voce non ha nulla da spartire
con i decibel dei nostri baccani.
Spiegaci il senso profondo di quel brano della Sapienza,
che un tempo si leggeva a Natale
facendoci trasalire di meraviglia:
«Mentre un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose,
e la notte era a metà del suo corso,
la tua Parola onnipotente dal cielo,
dal tuo trono regale, scese sulla terra...».
Riportaci, ti preghiamo,
al trasognato stupore del primo presepe,
e ridestaci nel cuore la nostalgia di quella "tacita notte".
Santa Maria, donna del silenzio,
raccontaci dei tuoi appuntamenti con Dio.
In quali campagne ti recavi nei meriggi di primavera,
lontano dal frastuono di Nazaret, per udire la sua voce?
In quali fenditure della roccia ti nascondevi adolescente,
perché l'incontro con lui non venisse profanato dalla violenza degli umani rumori?
Su quali terrazzi di Galilea,
allagati dal plenilunio,
nutrivi le tue veglie di notturne salmodie,
mentre il gracidare delle rane,
laggiù nella piana degli ulivi,
era l'unica colonna sonora ai tuoi pensieri di castità?
Che discorsi facevi, presso la fontana del villaggio,
con le tue compagne di gioventù?
Che cosa trasmettevi a Giuseppe quando al crepuscolo, prendendoti per mano,
usciva con te verso i declivi di Esdrelon,
o ti conduceva al lago di Tiberiade nelle giornate di sole?
Il mistero che nascondevi nel grembo glielo
confidasti con parole o con lacrime di felicità?
Oltre allo Shemàh Israel
e alla monotonia della pioggia nelle grondaie,
di quali altre voci risonava la bottega del falegname
nelle sere d'inverno?
Al di là dello scrigno del cuore,
avevi anche un registro segreto
a cui consegnavi le parole di Gesù?
Che cosa vi siete detto, per trent' anni,
attorno a quel desco di povera gente?
Santa Maria, donna del silenzio,
ammettici alla tua scuola.
Tienici lontani dalla fiera dei rumori
entro cui rischiamo di stordirei,
al limite della dissociazione.
Preservaci dalla morbosa voluttà di notizie,
che ci fa sordi alla "buona notizia".
Rendici operatori di quell'ecologia acustica,
che ci restituisca il gusto della contemplazione
pur nel vortice della metropoli.
Persuadici che
solo nel silenzio maturano le cose grandi della vita:
la conversione, l'amore, il sacrificio, la morte.
Un'ultima cosa vogliamo chiederti, Madre dolcissima.
Tu che hai sperimentato, come Cristo sulla croce,
il silenzio di Dio,
non ti allontanare dal nostro fianco nell'ora della prova.
Quando il sole si eclissa pure per noi,
e il cielo non risponde al nostro grido,
e la terra rimbomba cava sotto i passi,
e la paura dell'abbandono rischia di farei disperare,
rimanici accanto.
In quel momento, rompi pure il silenzio:
per direi parole d'amore!
E sentiremo sulla pelle i brividi della Pasqua.

Mariasilenziovita quotidianarumore

5.0/5 (1 voto)

inviato da Barbara Battilana, inserito il 30/07/2010

TESTO

46. Scalzarsi per entrare nell'altro   2

Una mattina, riflettendo su un annuncio, mi soffermai di fronte a una espressione che risuonò in un modo molto speciale nel mio cuore: "scalzarsi per entrare nell'altro". Chiesi al Signore che cosa volesse dire. Mi venivano in mente parole come rispetto, delicatezza, attenzione, prudenza.

Ricordai le parole dell' Esodo 3,5: "Non ti avvicinare di più, togliti i sandali perché sei in un luogo sacro". Erano le parole di Yahvé a Mosè davanti al roveto che ardeva senza consumarsi, e pensai: "Se Dio parla al cuore del mio fratello, il suo cuore è un luogo sacro".

Mi misi subito a pregare. Gesù mi presentava uno a uno tutti i miei amici e conoscenti e poi altri ancora e scoprii che come di solito entro nell'interno di ognuno senza togliermi i sandali, semplicemente entro senza badare al modo, entro.

Sentii un bisogno molto forte di chiedere perdono al Signore e ai miei fratelli. Sentii che il Signore mi invitava a scalzarmi e poi a camminare e notai una specie di resistenza: "non volevo sporcarmi".

Mi sentivo più sicuro camminando con i sandali quando mi avvicinavo agli altri: la comodità, la paura...

Superato questo primo momento cominciai a camminare e ad ogni passo il Signore mi faceva vedere qualcosa di nuovo.

Mi accorsi che scalzo potevo scoprire meglio i diversi tipi di terreno su cui camminavo, distinguere quello umido da quello secco, il prato dalla terra. Dovevo guardare ad ogni passo ciò che calpestavo, avere riguardo del luogo dove avrei posato il mio piede.

Mi resi conto che le tante cose di cui sono portatori i miei fratelli mi sfuggono, non le conosco, non ne tengo conto perché entro con i calzari. Ho sperimentato che, scalzo, camminavo più adagio; non usavo il mio ritmo abituale, ma cercavo di posare il piede con maggiore soavità! Ho pensato allora ai tanti segni che ho lasciato nel cuore dei miei fratelli lungo il cammino e ho sentito un forte desiderio di entrare negli altri senza lasciare una scritta che dica: "Qui sono passato io".

Infine, ho attraversato i diversi tipi di terreno, prima prati, poi terra, fino ad arrivare a una salita con pietre.

Avevo voglia di fermarmi e mettermi di nuovo i sandali; ma il Signore mi invitò a camminare scalzo un pochino ancora.

Mi accorsi che tutti i terreni non sono uguali e anche tutti miei fratelli non sono uguali. Perciò, non posso entrare in tutti allo stesso modo.

Questa salita richiedeva di essere fatta ancora più adagio e, più camminavo con passo leggero, più diminuiva il dolore dei miei piedi. Questo mi fece pensare che quanto più difficile è il terreno di mio fratello, tanto più devo entrare con delicatezza e con più attenzione. Dopo questo percorso con il Signore, ho capito che togliersi i calzari è entrare senza pregiudizi… solamente attento ai bisogni del fratello, senza attendersi una risposta determinata ed entrare senza interessi, dopo aver spogliato la mia anima.

Poiché credo, che il Signore, sia vivo e presente nel cuore dei miei fratelli, m'impegno a fermarmi e a togliermi i sandali. Conto per riuscirci sulla sua grazia!

camminovitadelicatezzaincontrorispettoattenzionepazienza

4.0/5 (2 voti)

inviato da Pina Oro, inserito il 26/06/2010

TESTO

47. Io mi impegno - Preghiera per l'adesione all'azione cattolica   1

Azione Cattolica Diocesana di Napoli

Confermando la scelta di aderire all'Azione Cattolica Italiana mi impegno:

- a camminare sulla strada della santità, tenendo fisso lo sguardo su Gesù;
- ad avere un contatto continuo con la Parola di Dio e a vivere una vita sacramentale intensa;
- a curare la mia formazione cristiana, attraverso la meditazione, lo studio personale, la partecipazione alle iniziative di formazione e alla vita dell'associazione parrocchiale, Diocesana e nazionale.
- ad avere a cuore la formazione cristiana dei più piccoli dell'Associazione (ACR);
- a far crescere la qualità della vita dell'AC attraverso la preghiera e la cura delle relazioni con le persone, la condivisione delle proposte che l'associazione offre, la promozione degli obiettivi che si da, la corresponsabilità e il sostegno economico;
- a vivere in comunione con il Vescovo e i sacerdoti, in particolare con il mio parroco, "con tutti i fratelli nella fede e con le altre aggregazioni ecclesiali";
- ad essere "fermento di dialogo con tutti gli uomini di buona volontà" ;
- a spendermi, insieme a tutti gli aderenti all'Associazione, affinché la mia parrocchia sia sempre più accogliente, estroversa, missionaria;
ad andare incontro alle persone che incrocio nelle diverse situazioni della vita;
- a portare da laico, giorno dopo giorno, "il fermento del Vangelo" in famiglia, a scuola, all'università, nei luoghi di lavoro e del tempo libero, nell'economia e nella politica;
- a prendere la vita sul serio e ad essere lievito buono, parola che comunica fiducia, sale che esalta il sapore delle cose.

Affido questi miei santi propositi al cuore e alle mani di Maria, la Madre del Signore Gesù.

azione cattolicaimpegnoevangelizzazionecomunione

inviato da Qumran2, inserito il 07/12/2009

ESPERIENZA

48. Consigli per avvicinarsi all'ammalato

Questo non vuole essere un prontuario o delle istruzioni all'uso, ma dei semplici consigli che ognuno deve interiorizzare e portare nel cuore. Per capire gli ammalati bisogna mettersi al loro posto: cosa molto difficile. Se però non ti sforzerai di farlo, sarà inutile tentare di comunicare con loro. Dire che Dio ama gli ammalati è una cosa molto graziosa e anche vera. Non è l'amore di Dio che devi portare al malato ma il tuo e per questo non bastano solo le parole. Dio non è una persona che va o che viene, lui è fedele e resta. Sarà percepito più o meno dalle condizioni in cui si trova l'ammalato e non solo quelle fisiche. Sforzarti di aiutare l'ammalato su un piano umano e in modo umano: Dio si manifesterà a suo tempo, i tempi di Dio non sono i tempi dell'uomo. Riempiti di Dio e poi va' dagli ammalati come se esistessero solo loro, così senza che per te sia uno scopo primario, sarai strumento dell'amore di Dio.

Ama gli ammalati, ma non farlo solo in riferimento a Dio: amali per se stessi, in se stessi. Coloro che si occupano degli ammalati soltanto per amor di Dio e con una certa freddezza professionale nei loro comportamenti, fanno pensare che gli ammalati siano per loro solo dei modi per proseguire la propria santificazione. Il miglior aiuto che puoi dare ad un ammalato è di aiutarli a ritrovare se stessi. Il tuo deve essere un rapporto d'amore su una base reale, non menzognera o fittizia: sarebbe come costruire sulla sabbia. Anche se il malato ha perso molto, gli rimane sempre qualche cosa, su questo qualche cosa si tratta di costruire con la fede e l'esperienza sorretta dall'amore. Il dolore affina la sensibilità e, se loro vedranno in te, la semplicità, la delicatezza dell'amore di Dio, ti racconteranno la loro storia. Non fare domande, non limitarti a sentire, ascolta con il cuore: sarai sempre tu a ricevere qualcosa. Forse ti sentirai impotente a rimuovere il peso che portano, ma nel loro cuore l'avrai alleggerito sicuramente. Il malato. l'handicappato, non vogliono pietismo. Non chiederti: cosa posso dire, ma sorridi, sii sempre ottimista, allegro, non esiste un ponte più sicuro di una bocca sorridente e anche nei momenti di dolore più acuto e di disperazione più profonda ci sarà uno spiraglio per lasciar passare la speranza e un solco per seminare la gioia. Può essere che il dolore unisca a Dio più che la gioia: limitati a suggerirlo, non con le parole, immagini o sentimenti, ma con il tuo esempio. Qualche volta sarà necessario venire incontro alle loro necessità materiali, far loro qualche dono. E Cristo che ha bisogno di te, vuole che tu doni te stesso come lui si è donato a noi e si dona a noi tutti i giorni senza chiedere nulla in cambio: solo Amore.

amoremalattiamalatoassistenzagratuitàamore di Diosolidarietà

inviato da Forner Fortunato Babbo Lupo, inserito il 06/12/2009

TESTO

49. Solitudine

Madeleine Delbrel, Noi delle Strade

A noi gente della strada sembra che la solitudine non sia l'assenza del mondo, ma la presenza di Dio. E' l'incontrarlo dovunque che fa la nostra solitudine. Essere veramente soli è, per noi, partecipare alla solitudine di Dio. Egli è così grande che non lascia posto a nessun altro, se non in lui. Il mondo intero è come un faccia a faccia con lui dal quale non possiamo evadere.

Incontro della sua causalità viva dove le strade si intersecano accese di movimento.
Incontro con la sua orma sulla terra.
Incontro della sua Provvidenza nelle leggi scientifiche.

Incontro del Cristo in tutti questi «piccoli che sono suoi»: quelli che soffrono nel corpo, quelli che sono presi dal tedio, quelli che si preoccupano, quelli che mancano di qualcosa. Incontro con il Cristo respinto, nel peccato dai mille volti. Come avremmo cuore di deriderli o di odiarli, questi infiniti peccatori ai quali passiamo accanto?

Solitudine di Dio nella carità fraterna: il Cristo che serve il Cristo; il Cristo in colui che serve, il Cristo in colui che è servito.

L'apostolato come potrebbe essere per noi una dissipazione o uno strepito?

solitudinepresenza di Dio

inviato da Maria Rosa Sabella, inserito il 11/10/2009

TESTO

50. Benedizione

Anselm Grun e Maria M. Robben, Come vincere nelle sconfitte, Ed. Queriniana 2003

La Parola di Dio che si è fatta carne in Gesù, è per tutti benedizione e salvezza.

Non ti lascio cadere e non ti abbandono.
Resto presso di te con il mio amore,
ti accompagno dovunque andrai.

Il mio amore sia la tua forza, la mia fedeltà la tua difesa.
Ti avvolga la mia tenerezza,
e ti venga incontro la mia brama.

Se sei triste, ti consolerò,
nella tua inquietudine stendo la mia mano su di te,
nel tuo dolore bacio le tue ferite,
nel tumulto mi metto al tuo fianco
come angelo delle difficoltà.

Se gli uomini ti deridono ti irrobustirò le spalle,
nella tua mutezza ti offrirò la mia voce
e quando sarai ricurvo per il dolore ti solleverò
con uno sguardo d'amore.

Quando tutto inaridirà in te, ti regalerò il mio calore,
e quando le preoccupazioni ti opprimeranno,
ti sussurrerò parole di fiducia.

Se l'affanno colmerà la tua anima, lo caccerò,
e la mia presenza sarà per te luce in tutto quello che farai.

Al mattino ti risveglia il mio desiderio
e alla sera ti ricopre il mio amore;
addormentati nelle mie braccia
faccia a faccia, cuore a cuore...
tendi l'orecchio, batte per te... nella lunga notte,
a ogni nuovo giorno...

amore di Dioprovvidenzabenedizioneauguriopresenza di Diotenerezza di Dioamorecoppiamatrimoniofedeltàaiutotenerezza

5.0/5 (1 voto)

inviato da Monache Benedettine Di S. Margherita, Fabriano (AN), inserito il 14/08/2009

RACCONTO

51. Il pinguino colorato   5

Bruno Ferrero, Storie belle e buone

Quando mise fuori la testa dall'uovo, fu accolto dalla felicità di tutti.
La comunità dei pinguini dell'Isola Azzurra si strinse intorno a Priscilla e Dagoberto, i suoi genitori, che avevano gli occhi luccicanti e non stavano più nel frac per l'orgoglio.
Perché Filippo era davvero un bel neonato di pinguino.
Aprì il becco ed emise un robusto vagito. Tutti i pinguini presenti applaudirono.
"È un ottimo segno!" disse lo zio Fortebecco.
"È impaziente di affrontare la vita".
Filippo, in effetti, partì alla carica della vita con una gran dose di energia.
Appena le sue zampette furono abbastanza robuste, si allontanò dallo sguardo premuroso dei genitori per infilarsi fra i più discoli dei piccoli pinguini della comunità.
Erano tutti più anziani di lui, ma nessuno lo batteva in coraggio e temerarietà.

Fu Filippo il primo piccolo di pinguino che osò scivolare dalla punta del grande iceberg fino al mare, anche se poi non potè sedersi per due settimane a causa del bruciore sotto la coda.

Fu sempre Filippo, il coraggioso piccolo pinguino, che portò via la colazione all'enorme e spaventoso tricheco Baffodiferro.

Nella banda dei "pinguini irsuti", chiamati così perché si rifiutavano sistematicamente di lasciarsi pettinare le piume del capo dalle loro mamme, Filippo divenne l'incontrastato boss.

"Perché sei sempre così agitato, Filippo mio?", gli chiedeva la mamma, un po' in ansia per quel figlio che cresceva così scapestrato.

Con gli amici, Dagoberto era sinceramente preoccupato:
"Quel monello ha bisogno di una bella strigliata!"
Così spesso, alla sera, Dagoberto, Priscilla e Filippo rappresentavano, senza volerlo, la versione pinguinesca del processo di Norimberga.
"E' tutta colpa tua!".
"No, tua!".
"E' colpa di Filippo!".
La mamma piangeva, papà sbatteva la porta e Filippo gridava:
"Non ne posso più!".

I colori della vita
Un giorno il pinguino Filippo se ne stava sdraiato su una roccia a picco sul mare ed osservava annoiato il formicolio dei pinguini della comunità.
Sembravano tutti felici; lui, invece si sentiva pieno di amarezza.
"Che barba! Un posto tutto bianco, grigio e nero. Dove nessuno si fa i fatti suoi... Deve pur esserci un paese colorato. Pieno di gente colorata. Potrei diventare anch'io pieno di colori... Non ne posso più di questa camicia bianca e di questo ridicolo frac!"
E, impulsivo com'era, si lasciò scivolare giù dalla roccia, si tuffò tra le onde e nuotò via dall'Isola Azzurra.

Approdò alla Terraferma.
Gli avevano sempre raccomandato di evitare il litorale. I pinguini si tenevano prudentemente alla larga dagli anfratti in ombra degli scogli, dove le onde infrangevano con violenza rabbiosa, e foche, piccoli cetacei e altri predatori si acquattavano per far strage degli imprudenti.

"Adesso sono libero e faccio come mi pare", si disse Filippo.
Si arrampicò a fatica e si incamminò sulla spiaggia.
Un forte sbattere d'ali alle sue spalle lo mise in guardia. Un giovane cormorano aveva deciso di attaccarlo.
Ma Filippo era robusto e dotato di un becco forte e tagliente.
Lottarono per un po', facendo volare piume da tutte le parti.
Filippo ci mise tutta la sua rabbia. Il cormorano cominciò a perdere sangue da una ferita alla gola e si spaventò. Si ritirò dal combattimento e volo via lamentandosi e imprecando.
"Aah!", fece Filippo, gonfiando il petto con soddisfazione.
Alcune gocce di sangue del cormorano erano finite sulle sue piume bianche. Il pinguino guardò le macchie rosse e disse:
"Bene! Comincio ad essere colorato".
Ondeggiando, ma più che mai risoluto a continuare la sua esplorazione, Filippo si inoltrò tra le rocce.
"Ehi, amico!!", Una voce alle sue spalle lo fece voltare di scatto.
Era pronto di nuovo a combattere, ma di fronte si trovò solo un gabbiano giovane e inoffensivo.
"Ti ho visto sistemare il cormorano", disse il gabbiano. "Sei un duro, tu".
"Certo", rispose Filippo.
"Ti invito a pranzo", insinuò furbescamente il gabbiano.
"Che cosa vuoi dire?".
"Andiamo a rubare le uova dai nidi delle rondini di mare, che ne dici? In due non oseranno farci niente".
Fecero una scorpacciata di uova.
Le povere rondini di mare tentarono invano di difendere i loro nidi. I due briganti mulinavano ali e becchi.
Alla fine, Filippo si guardò il petto: era tutto macchiato dal giallo e arancione dei tuorli d'uovo.
"Altri colori!", si disse. "Questa è vita".
Dietro di lui, si sentiva solo il disperato pigolare delle rondini di mare, che piangevano i nidi e le uova distrutti.

Il grande salto
Si installò in una grotta di ghiaccio azzurra, e ne fece il suo covo.
Un gruppetto di gabbiani e perfino un'otaria con un occhio solo lo riconobbero come capo banda.
Le scorribande del gruppetto furono ben presto temute da tutti.
Filippo veniva chiamato semplicemente "Il pinguino colorato". Infatti la sua elegante livrea bianca e nera era sparita sotto i segni delle imprese che aveva affrontato.
Oltre il rosso del sangue e il giallo delle uova rubate, c'erano tracce verdi, azzurre e anche ciuffi di pelo argentato, che gli erano rimasti attaccati dopo un' epica lotta contro un Husky randagio.
Ma che serviva essere diventato davvero il primo pinguino a colori, se non poteva farsi ammirare dai suoi vecchi amici e dalla sua famiglia?
Il pensiero dell'Isola Azzurra prese a torturarlo.
Anche se non voleva ammettere, sentiva un bel po' di nostalgia dell'allegra comunità dei pinguini.
"Avere una vita colorata non è proprio come me la immaginavo", si diceva sempre più spesso.
Quella esistenza di fughe, attacchi, lotte e brigantaggio non gli piaceva più tanto.

Un mattino riprese la via del mare e tornò a casa
I primi pinguini dell'Isola Azzurra che incontrò erano dei piccoli che giocavano sulle lastre di ghiaccio galleggianti.
Appena lo videro si misero a strillare e scapparono gridando:
"Un mostro! Un mostro!".
Gli adulti fecero largo al suo passaggio, ma non per fargli onore. Lo guardavano tutti con una sorta di ribrezzo.
"Ma perché? Idioti, sono io, non mi riconoscete?", brontolava Filippo.
"Filippo, figliuolo, lo sapevo che saresti tornato". La mamma naturalmente lo riconobbe, ma non osò abbracciarlo.
"Ma in che stato sei...".
"Bentornato, Filippo", gli disse anche il papà. Ma non lo toccò.
Le comari tutt'intorno borbottavano: "Che disgrazia! Poveri genitori...".
Per la prima volta nella sua vita, a Filippo venne voglia di piangere.
Improvvisamente comprese che i suoi colori continuavano a tenerlo lontano; lo rendevano straniero alla comunità dell'Isola Azzurra.
Mentre lui, solo adesso, si accorgeva che soltanto lì poteva essere veramente felice.

Ma come si fa a tornare indietro?
"Papà", chiese.
"Vorrei cancellare questi colori e ricominciare, se è possibile".
Dragoberto esitò, poi guardò Filippo negli occhi e disse:
"C'è un mezzo solo: devi tuffarti dalla Grande Cascata. Laggiù l'acqua è così violenta e rapida che nessun colore può resistere. Ma è tremendamente rischioso. Ci vorrà il tuo coraggio. Te la senti di farlo?".
"Si, papà".
La voce si sparse in un attimo.
Nel giro di pochi minuti c'erano tutti, grandi e piccoli, intorno alla grande cascata.
Non riuscirono a trattenere un "Oh!" sincero quando in alto, dove il fiume precipitava in mare con un fragoroso boato, apparve Filippo. Sembrava così piccolo lassù.
Rimase un attimo fermo a concentrarsi, poi spiccò il salto.
Un salto stupendo, come se improvvisamente gli fossero spuntate le ali.
La corrente lo ghermì come un fuscello e lo scagliò violentemente nel mare ribollente e schiumante.
Il pinguino sparì nel vortice. Tutti trattennero il fiato.
Poi ad un tratto Filippo riemerse.
La forza stessa dell'acqua lo proiettò in alto e tutti videro che le sue piume erano diventate immacolate e che i colori erano scomparsi.
Allora esplosero in un festoso: "Urrà!", che coprì perfino il tuonare dell'acqua.



L'esperienza nascosta nel racconto:
Il pinguino Filippo è annoiato dalla vita di tutti i giorni che è soltanto "bianca, grigia e nera". Sono molti i ragazzi di oggi che considerano noioso ciò che è normale.
La cultura in cui sono immersi è sempre alla ricerca di eccitanti per i sensi, per la mente, per lo spirito.
Questa ricerca travolge limiti e regole. Filippo cerca i colori, li trova diventando ingiusto, ladro, cattivo.
Soltanto quando è davvero diventato colorato si accorge del prezzo da pagare: l'insoddisfazione personale e soprattutto l'allontanamento dalla sua famiglia e dalla comunità. È il prezzo del male, del peccato: essere tagliati fuori, perdere l'identità.
Ma nella comunità dell'Isola Azzurra c'è il modo di cancellare tutto, di ricominciare. E' quello che succede nella Chiesa: Dio ci dà la possibilità di cancellare tutti i colori sbagliati.
Bisogna solo avere il coraggio di buttarsi nella Grande Cascata dell'Amore infinito di Dio che è il Sacramento della Riconciliazione.

Per il dialogo:
L'educatore deve aiutare i ragazzi a percepire il significato simbolico della storia del pinguino Filippo e a riflettere contemporaneamente sulla realtà che anche loro stanno vivendo. Lo può fare con alcune domande:
- Perché il pinguino Filippo decide di partire dalla sua isola?
- Vi è mai venuta la voglia di "mollare tutto"? Quando? Perché?
- Secondo voi, che cosa sono i colori che Filippo cerca?
- Di che tipo sono i colori che Filippo trova? Vi ricordano qualcosa?
- Ci sono certe cose che i ragazzi di oggi desiderano ma che, secondo voi, sono un male? Ne sapete ricordare qualcuna?
- Perché Filippo non viene riconosciuto e accettato nella sua comunità?
- Nella nostra comunità parrocchiale c'è qualche modo particolare per riconoscere di aver sbagliato e per riaccettare quelli che riconoscono di aver commesso il male?

Per l'attività:
I ragazzi possono fare l'esame di coscienza con un cartellone sul quale si trovano i "colori sbagliati": (il rosso dell'ira, il giallo dell'invidia, il viola delle parolacce, il rosa della pigrizia, ecc...)

Anche la Bibbia racconta...
L'evangelista Giovanni (13, 21-30), racconta il tradimento di Giuda e lo conclude con queste parole: "Egli subito uscì. Ed era notte". Il peccato è uscire dalla luce della comunità degli amici di Gesù ed entrare nella notte.

riconciliazioneperdonoconfessionediversitàpeccato

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inviato da Qumran2, inserito il 17/07/2009

TESTO

52. La provvidenza

San Giovanni Maria Vianney, Omelia per la II Domenica dopo Pentecoste

Non temiamo mai che la santa Messa comporti ritardi nei nostri affari temporali; succede tutto il contrario: stiamo certi che tutto andrà meglio, e che anzi i nostri affari riusciranno meglio che se avessimo la disgrazia di non assistervi. Eccone un esempio ammirevole. Viene riferito di due artigiani, che esercitavano lo stesso mestiere e che dimoravano nel medesimo borgo, che uno di essi, carico di una grande quantità di bambini, non mancava mai di ascoltare ogni giorno la santa Messa e viveva assai agevolmente con il suo mestiere; mentre l'altro, che pure non aveva bambini, lavorava parte della notte e tutto il giorno, e spesso il santo giorno della domenica, e a mala pena riusciva a vivere. Costui, che vedeva gli affari dell'altro riuscirgli così bene, gli chiese, un giorno che lo incontrò, dove poteva prendere di che mantenere così bene una famiglia tanto grande come la sua, mentre lui, che non aveva che sé e sua moglie, e lavorava senza posa, era spesso sprovvisto di ogni cosa.

L'altro gli rispose che, se voleva, l'indomani gli avrebbe mostrato da dove gli proveniva tutto il suo guadagno. L'altro, molto contento di una così buona notizia, non vedeva l'ora di arrivare all'indomani che doveva insegnargli a fare la sua fortuna. Infatti, l'altro non mancò di andare a prenderlo. Eccolo che parte di buon animo e lo segue con molta fedeltà. L'altro lo condusse fino alla chiesa, dove ascoltarono la santa Messa. Dopo che furono tornati: "Amico, gli disse colui che stava bene a suo agio, torni pure al suo lavoro". Fece altrettanto l'indomani; ma, essendo andato a prenderlo una terza volta per la stessa cosa: «Come? - gli disse l'altro. Se voglio andare alla Messa, conosco la strada, senza che lei si prenda la pena di venirmi a prendere; non è questo che volevo sapere, bensì il luogo dove trova tutto questo bene che la fa vivere così agiatamente; volevo vedere se, facendo come lei, posso trovarvi il mio tornaconto». «Amico, gli rispose l'altro, non conosco altro luogo oltre la chiesa, e nessun altro mezzo fuorché l'ascoltare ogni giorno la santa Messa; e quanto a me, le assicuro che non ho adoperato altri mezzi per avere tutto il bene che la stupisce. Ma lei non ha letto ciò che Gesù Cristo ci dice nel Vangelo, di cercare anzitutto il regno dei cieli, e che tutto il resto ci sarà dato in soprappiù?».

Forse vi stupisce, fratelli? Me, no. È ciò che vediamo ogni giorno nelle case dove c'è devozione: coloro che vengono spesso alla santa Messa fanno i loro affari molto meglio di quelli ai quali la loro poca fede fa pensare che non ne hanno mai il tempo. Ahimé!, se avessimo riposto tutta la nostra fiducia in Dio, e non contassimo affatto sul nostro lavoro, quanto saremmo più felici di quanto lo siamo!

- Ma, mi direte, se non abbiamo niente, non si dà niente.

- Cosa volete che vi dia il buon Dio, quando non contate che sul vostro lavoro e per niente su di lui? Visto che non vi concedete neanche il tempo per fare le vostre preghiere al mattino né alla sera, e vi accontentate di venire alla santa Messa una volta alla settimana.

Ahimé!, non conoscete le ricchezze della provvidenza del buon Dio per colui che si fida in Lui. Volete una prova evidente? Essa sta dinanzi ai vostri occhi; guardate il vostro pastore e considerate questo. dinanzi al buon Dio.

- Oh!, mi direte, è perché a lei viene dato.

- Ma chi mi dà se non la provvidenza del buon Dio? Ecco dove sono i miei tesori, e non altrove.

provvidenzarapporto con Diointerioritàpreghiera

inviato da Parrocchia S. Giovanni M. Vianney, Roma, inserito il 26/06/2009

TESTO

53. Sogno una grande speranza   1

Cardinale Francesco Saverio Van Thuan, Testimoni della speranza. Esercizi spirituali tenuti alla presenza di Ss. Giovanni Paolo II, Citta Nuova, Roma 2006, pag 58-59

Sogno una Chiesa che è Porta Santa , aperta, che accoglie tutti, piena di compassione e di comprensione per le pene e le sofferenze dell'umanità, tutta protesa a consolarla.

Sogno una Chiesa che è Parola, che mostra il libro del Vangelo ai quattro punti cardinali della terra, in un gesto di annuncio, di sottomissione alla Parola di Dio, come promessa dell'Alleanza eterna.

Sogno una Chiesa che è Pane, Eucaristia, che si lascia mangiare da tutti, affinché il mondo abbia la vita in abbondanza.

Sogno una Chiesa che è appassionata di quella unità che ha voluto Gesù.

Sogno una Chiesa che è in cammino, Popolo di Dio, che dietro al Papa che porta la croce, entra nel tempio di Dio e pregando e cantando va incontro a Cristo Risorto, speranza unica, incontro a Maria e a tutti i Santi.

Sogno una Chiesa che porta nel suo cuore il fuoco dello Spirito Santo, e dove c'è lo Spirito, c'è la libertà, c'è il dialogo sincero con il mondo; e specialmente con i giovani, con i poveri e con gli emarginati, c'è il discernimento dei segni dei nostri tempi.

Sogno una Chiesa che è testimone di speranza e di amore, con fatti concreti, come quando si vede il Papa abbracciare tutti... nella grazia di Gesù Cristo, nell'amore del Padre e nella comunione dello Spirito, vissuti nella preghiera e nell'umiltà.

chiesa

5.0/5 (1 voto)

inviato da Stefano Targa, inserito il 12/06/2009

TESTO

54. La Messa

Già non è facile capire la Messa, farla conoscere ai bambini è impegnativo, ma sarà l'assiduità alla frequentazione a rivelargli il vero volto di Dio. La Messa è un gioioso incontro, è rigenerazione del cuore e della vita. Il compito difficile è avvicinare i bambini al mistero della santa Eucaristia, così come ci è stato trasmesso da Gesù e dalla Chiesa. Far capire ai bambini che la morte è una trasformazione che porta ad una vita nuova. Un'altra difficoltà è rappresentata dall'età dei bambini, certamente essi sono in grado di entusiasmarsi, ma non riescono ancora ad affrontare la riflessione, i momenti di silenzio e il mistero del miracolo che si compie sull'altare: pensiamo a quanto sia difficilmente comprensibile ed accessibile anche a noi adulti!

messaeucaristiabambini

inviato da Eugenia Linari, inserito il 05/06/2009

PREGHIERA

55. Preghiera al Volto Santo

Papa Benedetto XVI

Signore Gesù,
come già i primi apostoli,
ai quali dicesti: "Che cercate?",
ed accolsero il tuo invito: "Venite e vedrete",
riconoscendoti come il Figlio di Dio,
l'atteso e promesso Messia per la redenzione del mondo,
anche noi, discepoli tuoi di questo difficile tempo,
vogliamo seguirti ed esserti amici,
attratti dal fulgore del tuo volto desiderato e nascosto.
Mostraci, ti preghiamo, il tuo volto sempre nuovo,
misterioso specchio dell'infinita misericordia di Dio.
Lascia che lo contempliamo
con gli occhi della mente e del cuore:
volto del Figlio, irradiazione della gloria del Padre
e impronta della sua sostanza (cf Eb 1,3),
volto umano di Dio entrato nella storia
per svelare gli orizzonti dell'eternità.
Volto silenzioso di Gesù sofferente e risorto,
che amato ed accolto cambia il cuore e la vita.
"Il tuo volto, Signore, io cerco.
Non nascondermi il tuo volto" (Sal 27,8s).
Nel corso di secoli e millenni quante volte è risuonata
tra i credenti questa struggente invocazione del Salmista!
Signore, anche noi la ripetiamo con fede:
"Uomo dei dolori, davanti a cui ci si copre la faccia"(Is 53,3),
non nasconderci il tuo volto!
Vogliamo attingere dai tuoi occhi,
che ci guardano con tenerezza e compassione,
la forza di amore e di pace che ci indichi la strada della vita,
ed il coraggio di seguirti senza timori e compromessi,
per diventare testimoni del tuo Vangelo,
con gesti concreti di accoglienza, di amore e di perdono.
Volto Santo di Cristo,
luce che rischiara le tenebre del dubbio e della tristezza,
vita che ha sconfitto per sempre il potere del male e della morte,
sguardo misterioso
che non cessa di posarsi sugli uomini e i popoli,
volto celato nei segni eucaristici
e negli sguardi di coloro che ci vivono accanto,
rendici pellegrini di Dio in questo mondo,
assetati d'infinito e pronti all'incontro dell'ultimo giorno,
quando ti vedremo, Signore, "faccia a faccia" (1 Cor 13,12),
e potremo contemplarti in eterno nella gloria del Cielo.
Maria, Madre del Volto Santo,
aiutaci ad avere "mani innocenti e cuore puro",
mani illuminate dalla verità dell'amore
e cuori rapiti dalla bellezza divina,
perché, trasformati dall'incontro con Cristo,
ci doniamo senza riserve ai fratelli,
specialmente ai poveri e ai sofferenti,
nei cui volti riluce l'arcana presenza
del tuo Figlio Gesù,
che vive e regna nei secoli dei secoli.
Amen!

presenza di Diovolto

inviato da Sandra Aral, inserito il 02/06/2009

PREGHIERA

56. Dal grido, all'inno alla vita   1

Lorena Ercoli

Perché mi hai abbandonato?
È il grido che sale dentro di me quando incontro
le difficoltà, i fallimenti, le delusioni.
È il grido che non sono riuscita a trattenere
quando la Croce della malattia sembrava opporre
un ostacolo alla perfezione.
Ma tu, Gesù, alza gli occhi, vedi la fragilità
della mia fede e proclami le beatitudini.
Ammonisci i ricchi e chiami me beato
donandomi una realtà di amore e di luce,
perché in te e con te, Gesù abbandonato,
ogni dolore, ogni sofferenza si tramuta
nella gioia del Risorto.
Grazie Madre per il tuo sì a Dio.
Donaci di fare sempre la volontà del Padre
e benedici tutti coloro che ci donano un sorriso.
Amen.

malattiafragilitàdifficoltà

inviato da Lorena Ercoli, inserito il 02/06/2009

TESTO

57. Chiostri interiori

Chiara Lubich

Non c'è cuore di un uomo, credo, e tanto meno di donna, che almeno una volta, specie durante la giovinezza, non abbia sentito l'attrattiva del chiostro.

Non è l'attrattiva per una forma claustrale di vita, ma per cosa che pare sia concentrato proprio lì, fra quattro mura, e si fa sentire, sonoro, anche da lontano.

Eppure anche la mia casa può avere il profumo del chiostro; anche le pareti del mio abitato possono divenire regno di pace, fortezze di Dio in mezzo al mondo.

Non è tanto il chiasso esterno della radio aperta a tutto spiano, dell'inquilino accanto, e lo strepito delle macchine, o l'urlo degli strilloni, che tolgono l'incanto alla mia casa; è piuttosto ogni rumore dentro di me che fa del mio abitato una piazza senza protezione di mura, perché senza protezione di amore. Il Signore è dentro di me. Egli vorrebbe muovere i miei atti, permeare della sua luce il mio pensiero, accendere la mia volontà, darmi la legge insomma del mio stare e del mio andare.

Ma c'è il mio io, a volte, che non lo lascia vivere. Se quello cessa di disturbare, Iddio stesso prenderà possesso di tutto il mio essere e saprà dare anche a queste mura l'importanza di un'abbazia e a questa stanza la sacralità di una chiesa, al mio seder a mensa la dolcezza di un rito, alle mie vesti il profumo di un abito benedetto, al suono della porta o del telefono la nota gioiosa di un incontro con i fratelli, che rompe, eppur continua il colloquio con Dio.

Allora sul silenzio di me parlerà un Altro e sullo spegnersi mio si accenderà una luce. Ed essa brillerà molto lontano, oltrepassando e quasi consacrando queste mura che proteggono un membro di Cristo, un tempio dello Spirito Santo. E altra gente verrà alla casa mia per cercare con me il Signore e, nella nostra comune ricerca amorosa, s'accrescerà la fiamma, s'alzerà il tono della melodia divina. E il cuor mio pur stando in mezzo al mondo, non chiederà più altro. Cristo sarà il mio chiostro, il Cristo del mio cuore, Cristo in mezzo ai cuori

preghierarumoresilenzioamorevita interioreinterioritàrapporto con Dio

5.0/5 (1 voto)

inviato da Luca, inserito il 29/05/2009

TESTO

58. Lettera sulla preghiera   7

Bruno Forte, Messaggio per la Quaresima 2007

Mi chiedi: perché pregare? Ti rispondo: per vivere.

Sì: per vivere veramente, bisogna pregare. Perché? Perché vivere è amare: una vita senza amore non è vita. È solitudine vuota, è prigione e tristezza. Vive veramente solo chi ama: e ama solo chi si sente amato, raggiunto e trasformato dall'amore. Come la pianta che non fa sbocciare il suo frutto se non è raggiunta dai raggi del sole, così il cuore umano non si schiude alla vita vera e piena se non è toccato dall'amore. Ora, l'amore nasce dall'incontro e vive dell'incontro con l'amore di Dio, il più grande e vero di tutti gli amori possibili, anzi l'amore al di là di ogni nostra definizione e di ogni nostra possibilità. Pregando, ci si lascia amare da Dio e si nasce all'amore, sempre di nuovo. Perciò, chi prega vive, nel tempo e per l'eternità. E chi non prega? Chi non prega è a rischio di morire dentro, perché gli mancherà prima o poi l'aria per respirare, il calore per vivere, la luce per vedere, il nutrimento per crescere e la gioia per dare un senso alla vita.

Mi dici: ma io non so pregare! Mi chiedi: come pregare? Ti rispondo: comincia a dare un po' del tuo tempo a Dio. All'inizio, l'importante non sarà che questo tempo sia tanto, ma che Tu glielo dia fedelmente. Fissa tu stesso un tempo da dare ogni giorno al Signore, e daglielo fedelmente, ogni giorno, quando senti di farlo e quando non lo senti. Cerca un luogo tranquillo, dove se possibile ci sia qualche segno che richiami la presenza di Dio (una croce, un'icona, la Bibbia, il Tabernacolo con la Presenza eucaristica...). Raccogliti in silenzio: invoca lo Spirito Santo, perché sia Lui a gridare in te "Abbà, Padre!". Porta a Dio il tuo cuore, anche se è in tumulto: non aver paura di dirGli tutto, non solo le tue difficoltà e il tuo dolore, il tuo peccato e la tua incredulità, ma anche la tua ribellione e la tua protesta, se le senti dentro.

Tutto questo, mettilo nelle mani di Dio: ricorda che Dio è Padre - Madre nell'amore, che tutto accoglie, tutto perdona, tutto illumina, tutto salva. Ascolta il Suo Silenzio: non pretendere di avere subito le risposte. Persevera. Come il profeta Elia, cammina nel deserto verso il monte di Dio: e quando ti sarai avvicinato a Lui, non cercarlo nel vento, nel terremoto o nel fuoco, in segni di forza o di grandezza, ma nella voce del silenzio sottile (cf. 1 Re 19,12). Non pretendere di afferrare Dio, ma lascia che Lui passi nella tua vita e nel tuo cuore, ti tocchi l'anima, e si faccia contemplare da te anche solo di spalle.

Ascolta la voce del Suo Silenzio. Ascolta la Sua Parola di vita: apri la Bibbia, meditala con amore, lascia che la parola di Gesù parli al cuore del tuo cuore; leggi i Salmi, dove troverai espresso tutto ciò che vorresti dire a Dio; ascolta gli apostoli e i profeti; innamorati delle storie dei Patriarchi e del popolo eletto e della chiesa nascente, dove incontrerai l'esperienza della vita vissuta nell'orizzonte dell'alleanza con Dio. E quando avrai ascoltato la Parola di Dio, cammina ancora a lungo nei sentieri del silenzio, lasciando che sia lo Spirito a unirti a Cristo, Parola eterna del Padre. Lascia che sia Dio Padre a plasmarti con tutte e due le Sue mani, il Verbo e lo Spirito Santo.

All'inizio, potrà sembrarti che il tempo per tutto questo sia troppo lungo, che non passi mai: persevera con umiltà, dando a Dio tutto il tempo che riesci a darGli, mai meno, però, di quanto hai stabilito di poterGli dare ogni giorno. Vedrai che di appuntamento in appuntamento la tua fedeltà sarà premiata, e ti accorgerai che piano piano il gusto della preghiera crescerà in te, e quello che all'inizio ti sembrava irraggiungibile, diventerà sempre più facile e bello. Capirai allora che ciò che conta non è avere risposte, ma mettersi a disposizione di Dio: e vedrai che quanto porterai nella preghiera sarà poco a poco trasfigurato.

Così, quando verrai a pregare col cuore in tumulto, se persevererai, ti accorgerai che dopo aver a lungo pregato non avrai trovato risposte alle tue domande, ma le stesse domande si saranno sciolte come neve al sole e nel tuo cuore entrerà una grande pace: la pace di essere nelle mani di Dio e di lasciarti condurre docilmente da Lui, dove Lui ha preparato per te. Allora, il tuo cuore fatto nuovo potrà cantare il cantico nuovo, e il "Magnificat" di Maria uscirà spontaneamente dalla tue labbra e sarà cantato dall'eloquenza silenziosa delle tue opere.

Sappi, tuttavia, che non mancheranno in tutto questo le difficoltà: a volte, non riuscirai a far tacere il chiasso che è intorno a te e in te; a volte sentirai la fatica o perfino il disgusto di metterti a pregare; a volte, la tua sensibilità scalpiterà, e qualunque atto ti sembrerà preferibile allo stare in preghiera davanti a Dio, a tempo "perso". Sentirai, infine, le tentazioni del Maligno, che cercherà in tutti i modi di separarti dal Signore, allontanandoti dalla preghiera. Non temere: le stesse prove che tu vivi le hanno vissute i santi prima di te, e spesso molto più pesanti delle tue. Tu continua solo ad avere fede. Persevera, resisti e ricorda che l'unica cosa che possiamo veramente dare a Dio è la prova della nostra fedeltà. Con la perseveranza salverai la tua preghiera, e la tua vita.

Verrà l'ora della "notte oscura", in cui tutto ti sembrerà arido e perfino assurdo nelle cose di Dio: non temere. È quella l'ora in cui a lottare con te è Dio stesso: rimuovi da te ogni peccato, con la confessione umile e sincera delle tue colpe e il perdono sacramentale; dona a Dio ancor più del tuo tempo; e lascia che la notte dei sensi e dello spirito diventi per te l'ora della partecipazione alla passione del Signore. A quel punto, sarà Gesù stesso a portare la tua croce e a condurti con sé verso la gioia di Pasqua. Non ti stupirai, allora, di considerare perfino amabile quella notte, perché la vedrai trasformata per te in notte d'amore, inondata dalla gioia della presenza dell'Amato, ripiena del profumo di Cristo, luminosa della luce di Pasqua.

Non avere paura, dunque, delle prove e delle difficoltà nella preghiera: ricorda solo che Dio è fedele e non ti darà mai una prova senza darti la via d'uscita e non ti esporrà mai a una tentazione senza darti la forza per sopportarla e vincerla. Lasciati amare da Dio: come una goccia d'acqua che evapora sotto i raggi del sole e sale in alto e ritorna alla terra come pioggia feconda o rugiada consolatrice, così lascia che tutto il tuo essere sia lavorato da Dio, plasmato dall'amore dei Tre, assorbito in Loro e restituito alla storia come dono fecondo. Lascia che la preghiera faccia crescere in te la libertà da ogni paura, il coraggio e l'audacia dell'amore, la fedeltà alle persone che Dio ti ha affidato e alle situazioni in cui ti ha messo, senza cercare evasioni o consolazioni a buon mercato. Impara, pregando, a vivere la pazienza di attendere i tempi di Dio, che non sono i nostri tempi, ed a seguire le vie di Dio, che tanto spesso non sono le nostre vie.

Un dono particolare che la fedeltà nella preghiera ti darà è l'amore agli altri e il senso della chiesa: più preghi, più sentirai misericordia per tutti, più vorrai aiutare chi soffre, più avrai fame e sete di giustizia per tutti, specie per i più poveri e deboli, più accetterai di farti carico del peccato altrui per completare in te ciò che manca alla passione di Cristo a vantaggio del Suo corpo, la chiesa. Pregando, sentirai come è bello essere nella barca di Pietro, solidale con tutti, docile alla guida dei pastori, sostenuto dalla preghiera di tutti, pronto a servire gli altri con gratuità, senza nulla chiedere in cambio. Pregando sentirai crescere in te la passione per l'unità del corpo di Cristo e di tutta la famiglia umana. La preghiera è la scuola dell'amore, perché è in essa che puoi riconoscerti infinitamente amato e nascere sempre di nuovo alla generosità che prende l'iniziativa del perdono e del dono senza calcolo, al di là di ogni misura di stanchezza.

Pregando, s'impara a pregare, e si gustano i frutti dello Spirito che fanno vera e bella la vita: "amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé" (Gal 5,22). Pregando, si diventa amore, e la vita acquista il senso e la bellezza per cui è stata voluta da Dio. Pregando, si avverte sempre più l'urgenza di portare il Vangelo a tutti, fino agli estremi confini della terra. Pregando, si scoprono gli infiniti doni dell'Amato e si impara sempre di più a rendere grazie a Lui in ogni cosa. Pregando, si vive. Pregando, si ama. Pregando, si loda. E la lode è la gioia e la pace più grande del nostro cuore inquieto, nel tempo e per l'eternità.

Se dovessi, allora, augurarti il dono più bello, se volessi chiederlo per te a Dio, non esiterei a domandarGli il dono della preghiera. Glielo chiedo: e tu non esitare a chiederlo a Dio per me. E per te. La pace del Signore nostro Gesù Cristo, l'amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo siano con te. E tu in loro: perché pregando entrerai nel cuore di Dio, nascosto con Cristo in Lui, avvolto dal Loro amore eterno, fedele e sempre nuovo. Ormai lo sai: chi prega con Gesù e in Lui, chi prega Gesù o il Padre di Gesù o invoca il Suo Spirito, non prega un Dio generico e lontano, ma prega in Dio, nello Spirito, per il Figlio il Padre. E dal Padre, per mezzo di Gesù, nel soffio divino dello Spirito, riceverà ogni dono perfetto, a lui adatto e per lui da sempre preparato e desiderato. Il dono che ci aspetta. Che ti aspetta.

preghierapregare

5.0/5 (1 voto)

inviato da Qumran2, inserito il 30/04/2009

PREGHIERA

59. O Gesù, mostrati a noi   1

Carlo Maria Martini

O Gesù, tu che risorgerai,
dona a ciascuno di noi di comprendere
che tu sei l'oggetto ultimo, vero,
dei nostri desideri e della nostra ricerca.
Facci capire che cosa c'è
al fondo dei nostri problemi,
che cosa c'è dentro le realtà
che ci danno sofferenza.
Aiutaci a vedere che noi cerchiamo te,
pienezza della vita;
cerchiamo te, pace vera;
cerchiamo una persona
che sei tu Figlio del Padre,
per essere noi stessi figli fiduciosi e sereni.
Mostrati a noi anche oggi
in questa eucaristia,
perché possiamo ascoltare la tua voce
che ci chiama per nome,
perché ci lasciamo attirare da te,
entrando così nella vita trinitaria
dove sei col Padre l'unico Figlio,
nella pienezza dello Spirito. Amen.

ricercadesiderioincontro

inviato da Cesarina, inserito il 07/04/2009

TESTO

60. Correvano insieme   3

C'è una corsa nella vita
che non è possibile eliminare
perché ti avvicina
al senso delle cose.
Non è una corsa solitaria
perché altri, insieme con te,
corrono per la stessa ragione:
arrivare dove anche tu stai andando.

E' più bello correre insieme
perché è bello non sentirsi soli!

Sentire che la corsa
si popola di volti
che non hanno paura di cercare,
che desiderano,
che si pongono domande,
volti partiti forse troppo scettici
ma che restano attratti e conquistati
dalla freschezza e dalla passione
dei tanti che incontrano,
e che li invitano
a non amare troppo le "soste".

Al mattino di Pasqua
è tutta una corsa:
si corre per cercare i segni della Vita,
per trovare il luogo dove abita la Vita,
perché la vita è proprio così...

E allora corriamo insieme
incontro a Gesù,
al mistero della sua Pasqua,
centro della fede dell'uomo.

Chi corre insieme
diventa attento al cammino dell'altro,
impara a riconoscerne i passi,
a gioire del cammino
di chi gli sta intorno,
ad imitarne l'audacia e il coraggio.

Chi sceglie di correre insieme
potrà condividere le fatiche
e moltiplicare la gioia
di aver trovato la vera Vita.

pasquacondivisionecamminoricercavita

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inviato da Cesarina, inserito il 29/03/2009

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