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TESTO

41. Gesù Risorto non smetterà mai di volerti bene   1

Paolo Spoladore, Tutti ti cercano

Gesù risorto non smetterà di darti amore e capacità di amare, anche quando non vorrai più amare e rispettare nessuno, nemmeno te stesso.
Gesù risorto non smetterà di sceglierti anche quando non sceglierai più niente di vitale e luminoso.
Gesù risorto non smetterà di darti vita anche quando non la saprai usare, né la saprai sfruttare per il bene e la luce.
Gesù risorto non smetterà di darti il "camminare" anche quando non avrai più voglia di muoverti.
Gesù risorto non smetterà di abbracciarti anche quando tu non avrai più voglia di abbracciare nessuno.
Gesù risorto non smetterà di darti le stelle anche quando non avrai più voglia di guardare il cielo e di orientarti.
Gesù risorto non smetterà di darti doni anche quando non farai altro che sprecarli tutti.
Gesù risorto non smetterà di darti occasioni e fortune, anche quando non ti accorgerai delle prime e non benedirai le seconde.
Gesù risorto non smetterà di usarti misericordia, anche quando tu farai da giudice ingiusto dei tuoi simili.
Gesù risorto non smetterà di far crescere i fiori, anche quando tu li comprerai di plastica.
Gesù risorto non smetterà di dar luce ai tuoi occhi, anche quando non vorrai vedere nulla con gioia e gratitudine.
Gesù risorto non smetterà di darti le mani, anche quando le userai solo per sfruttare i poveri e gli innocenti.
Gesù risorto non smetterà di darti la capacità di "prendere la mira" anche quando non la userai per cacciare e mangiare, ma solo per uccidere e devastare.
Gesù risorto non smetterà di darti intelligenza, anche quando la userai da sciocco e da superbo.
Gesù risorto non smetterà di darti fiducia, anche quando non l'avrai più nemmeno per te stesso.
Gesù risorto non smetterà di darti speranza, nemmeno quando tutto ti sembrerà più brutto.
Gesù risorto non smetterà, non smetterà mai di amarti e di chiederti se non puoi amare anche tu un po' di più con gioia e verità, per la tua felicità e la pace di tutti.
Gesù risorto non smetterà mai di volerti bene e non potrai impedirglielo. Tu proprio non potrai impedirglielo.

GesùCristorisurrezionesperanzarapporto con Diofiducia

inviato da Maria Teresa Osele, inserito il 08/12/2009

TESTO

42. Beatitudini degli sposi   5

Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli (Mt 5,3).
Beati voi coniugi, quando siete capaci di fare grandi rinunzie per amore dell'altro; beati voi, quando, consapevoli della vostra inadeguatezza di fronte ai problemi della vita, li deponete insieme ai piedi del Signore.

Beati gli afflitti, perché saranno consolati (Mt 5,4).
Beati voi, quando la prova vi trova uniti, quando la preghiera comune diventa lo strumento per affrontarla, quando vi lasciate illuminare dallo Spirito per gioire e crescere nella conoscenza del progetto di Dio su di voi. La sua consolazione sarà la vostra forza.

Beati i miti, perché erediteranno la terra (Mt 5,5).
Beati voi, quando non date sfogo alla vostra aggressività, quando abbandonate il linguaggio prepotente dell'offesa e della rivendicazione dei meriti, del giudizio o della spartizione fredda dei compiti e assumete le vesti della mitezza inerme e generosa, della tenerezza ospitale e gratuita, del dono disarmato di voi stessi.

Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati (Mt 5,6).
Beati voi, quando vi lasciate guidare dalla Parola di Dio per distinguere ciò che è giusto da ciò che non lo è, quando lo insegnate ai vostri figli, quando desiderate che a tutto il mondo arrivi il messaggio di speranza contenuto nel Vangelo. Beati voi, quando la vostra vita diventa testimonianza viva della Parola che salva.

Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia (Mt 5,7).
Beati voi, quando avrete imparato a perdonarvi, ad accettarvi nella vostra debolezza e fragilità, beati voi, quando della crisi fate un momento di crescita personale e comune, quando la vostra riconciliazione diventa pedagogia d'amore per i vostri figli.

Beati i puri di cuore perché vedranno Dio (Mt 5,8).
Beati voi sposi, quando sgombrate gli occhi e la mente dalle lusinghe del mondo e guardate a ciò che è essenziale, cercandolo nella Parola di Dio. Beati voi, quando la Parola diventa stile di vita, quando vi riconosceranno discepoli di Cristo, pur restando in silenzio.

Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio (Mt 5,9).
Beati voi, uniti nel Sacro Vincolo del Matrimonio, quando coltivate la pace nelle relazioni all'interno della vostra famiglia, beati voi quando, usciti fuori dell'appartamento, sentite insopprimibile il desiderio di creare ponti, di collegare cuori con l'infinita misericordia di Dio.

Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli (Mt 5,10).
Beati voi, quando decidete di andare contro corrente e rimanete sordi alle logiche del mondo. Beati voi, quando mostrate la bellezza del progetto di Dio sulla famiglia e lo sostenete con la tenacia e la forza che solo il Signore può dare. Beati voi quando, attaccati da ogni parte, continuate a mostrare la gioia del mattino di Pasqua.

matrimoniosposicoppiafamigliabeatitudini

4.5/5 (2 voti)

inviato da Antonietta, inserito il 08/12/2009

TESTO

43. Essere adulti   1

Parrocchiando.it

Essere adulti è avere diritto di veto nelle decisioni famigliari.
Essere adulti è avere la capacità di essere responsabili anche per altre persone.
Essere adulti è fare progetti a lunga distanza.
Essere adulti è avere sempre ragione, anche quando ti contraddici.
Essere adulti è tentare di programmare il videoregistratore avendo paura che scoppi il forno a microonde.
Essere adulti è dire "ci penso io", "te lo risolvo io questo problema", "ti do tutto quello che ti serve", senza capire che quello che mi serviva era proprio affrontare quel problema.
Essere adulti è insegnare le cose ai giovani, "come" le hanno insegnate a te.
Essere adulti è stupirsi che dentro la finestrella di messenger c'è l'amico di tuo figlio che si muove e parla.
Essere adulti è sedersi accanto a tuo figlio e dire "mi insegni anche a me?".
Essere adulti è pensare di aver finito di crescere.
Essere adulti è saper mangiare tutto.
Essere adulti è comprare un pacchetto di figurine a tuo figlio e sapere che quando arrivi a casa ti aspetta un grazie che ti fa passare in un attimo la stanchezza della giornata.
Essere adulti è apparecchiare la tavola mentre tuo figlio è davanti al computer.
Essere adulti è fare la spesa e far capire a tuo figlio il costo della vita.
Essere adulti è fare benzina nella macchina di tuo figlio perché altrimenti rischi di spingere la sua auto.
Essere adulti è far un regalo a tuo figlio, proprio quello che desiderava da tempo.
Essere adulti è rimpiangere il passato quando invece si bramava il futuro.
Essere adulti è guardarsi i capelli bianchi chiamandoli "sintomo di saggezza".
Essere adulti è non dire mai l'età che si ha ma considerarsi maturi e vissuti.
Essere adulti è spendersi al lavoro per costruire il futuro dei figli.
Essere adulti è fare ore di straordinari al lavoro per donare a tuo figlio la possibilità di fare quello che tu avresti voluto fare.
Essere adulti è dare consigli grazie all'esperienza che hai acquisito.
Essere adulti è accorgersi quanto è bello essere bambini e cercare di non smettere mai di esserlo.
Essere adulti è non ammettere mai i propri errori.
Essere adulti è credere di poter fare tutto da solo.
Essere adulti è ripetitivo.
Essere adulti è fare delle scelte e avere la forza di perseguirle fino in fondo.
Essere adulti è essere un elemento di riferimento e dare l'esempio.
Essere adulti è essere capaci di farsi una famiglia e portarla avanti.
Essere adulti è vivere ogni giorno.
Essere adulti è avere raggiunto degli obbiettivi importanti nella vita che ti consentono di vedere con speranza il futuro e con gratitudine il passato.
Essere adulti è essere capaci di guardare la propria giovinezza con un sorriso, senza nostalgia o rimpianti.
Essere adulti è guardare la vita con lo stesso stupore e gioia degli occhi dei tuoi figli e con la saggezza e l'esperienza degli occhi dei tuoi genitori.
Essere adulti è sapere dare senza ricevere subito.
Essere adulti è sapere di avere ancora una vita eterna davanti.

In quale di queste affermazioni ti riconosci?

giovanigioventùadulti

inviato da Marco Malatesta, inserito il 07/12/2009

TESTO

44. Io mi impegno - Preghiera per l'adesione all'azione cattolica   1

Azione Cattolica Diocesana di Napoli

Confermando la scelta di aderire all'Azione Cattolica Italiana mi impegno:

- a camminare sulla strada della santità, tenendo fisso lo sguardo su Gesù;
- ad avere un contatto continuo con la Parola di Dio e a vivere una vita sacramentale intensa;
- a curare la mia formazione cristiana, attraverso la meditazione, lo studio personale, la partecipazione alle iniziative di formazione e alla vita dell'associazione parrocchiale, Diocesana e nazionale.
- ad avere a cuore la formazione cristiana dei più piccoli dell'Associazione (ACR);
- a far crescere la qualità della vita dell'AC attraverso la preghiera e la cura delle relazioni con le persone, la condivisione delle proposte che l'associazione offre, la promozione degli obiettivi che si da, la corresponsabilità e il sostegno economico;
- a vivere in comunione con il Vescovo e i sacerdoti, in particolare con il mio parroco, "con tutti i fratelli nella fede e con le altre aggregazioni ecclesiali";
- ad essere "fermento di dialogo con tutti gli uomini di buona volontà" ;
- a spendermi, insieme a tutti gli aderenti all'Associazione, affinché la mia parrocchia sia sempre più accogliente, estroversa, missionaria;
ad andare incontro alle persone che incrocio nelle diverse situazioni della vita;
- a portare da laico, giorno dopo giorno, "il fermento del Vangelo" in famiglia, a scuola, all'università, nei luoghi di lavoro e del tempo libero, nell'economia e nella politica;
- a prendere la vita sul serio e ad essere lievito buono, parola che comunica fiducia, sale che esalta il sapore delle cose.

Affido questi miei santi propositi al cuore e alle mani di Maria, la Madre del Signore Gesù.

azione cattolicaimpegnoevangelizzazionecomunione

inviato da Qumran2, inserito il 07/12/2009

PREGHIERA

45. Preghiera per iniziare la riunione

Il mio sguardo è rivolto a te, Signore
e il mio cuore inizia timidamente
a fare spazio a quanto tu vorrai.

Sono venuto qui ad imparare
a divertirmi, a crescere e a maturare.

Sono venuto a cercare gli strumenti
che faranno di me un buon animatore.

Tu mi accogli così come sono perché sono nel tuo cuore.
Tu vuoi vedere i frutti di quei talenti che mi hai gratuitamente offerto.

So che, con il tuo aiuto,
qui sono chiamato a mettermi in gioco
e a scoprire il dono dell'amicizia che nasce
quando si sta insieme nel modo migliore.
Grazie!

educareanimareeducatoreanimatoreformazione

inviato da Qumran2, inserito il 07/12/2009

PREGHIERA

46. Preghiera a Maria

Henri Caldelari - Isabelle Barman, dal mensile "Dall'alba al tramonto"

Umile serva del Signore,
come hai formato Gesù
a tua somiglianza
forma anche me,
a immagine del tuo diletto Figlio.
Insegnami l'umiltà, la dolcezza,
la pazienza e la bontà.
Fa' crescere in me la fede,
la speranza e la carità.
Fa' che io sia fedele
all'alleanza del mio battesimo
e aperto al soffio dello Spirito.
Uniscimi a Gesù; che io lo segua
fino alla croce per condividere
un giorno la sua gloria!
Aiutami nella prova
e preservami dal peccato.
Che il mio cuore sia radicato
nella fiducia e nella riconoscenza.

preghieramaria

inviato da Bruna Coin, inserito il 25/11/2009

TESTO

47. Caro Gesù bambino, non ti chiedo...

Liana Paciaroni

Caro Gesù bambino,
il nostro sacerdote mi ha chiesto una preghiera speciale per questo giorno speciale...
Ma io non so dove cominciare perché sia davvero degna di te.
Caro Gesù bambino,
non ti chiedo che ogni bimbo possa avere un bacio dalla sua mamma,
ma che ogni mamma con un bacio possa trasmettere ad ogni bimbo il grande amore che nutre per lui.
Non ti chiedo che le coppie in rottura possano riappacificarsi,
ma che ognuno possa amare i difetti del compagno arrivando a fare della felicità dell'altro lo scopo di una vita insieme.
Non ti chiedo che i bambini non siano più vittime di pedofilia e le donne non più vittime di violenza,
ma che il sesso esista solo come massina espressione dell'amore fra due sposi.
Non ti chiedo che i giovani di oggi non siano più sballati dall'alcool e dalla polvere bianca,
ma che possano scoprire i valori essenziali della vita,
aiutandosi con amore fraterno nella scuola, nel lavoro e nel divertimento.
Non ti chiedo che i paesi più poveri possano avere cibo per sopravviere ,
ma che l'amore generoso dei popoli ricchi li aiutino a crescere in una vita accettabile e dignitosa.
Non ti chiedo che finiscano le guerre e le lotte fra gli stati,
ma che tutti i popoli imparino ad accettarsi nelle loro differenze politiche e sociali e ad amarsi proprio perché diversi, ma tutti speciali.
Non ti chiedo che gli anziani, guardandosi indietro, vedano una vita di capitali e di successo,
ma che scoprano di aver tanto amato il prossimo.
Non ti chiedo un mondo perfetto e bellissimo,
ma che ognuno di noi sappia renderlo tale
amando lo splendore della natura che ci hai donato, il bagliore del sole che hai creato, lo sguardo di chi ci hai messo nella tortuosa strada della nostra esistenza.
Non ti chiedo di non essere attaccati ai beni materiali,
tu stesso ti sei fatto materia per noi,
ma che ogni uomo possa comprendere e attendere
qualcosa di più importante e prezioso oltre il materiale
perché la nostra vita non sia nauseante e vuota
ma abbia mille motivi per essere pienamente vissuta.
Caro Gesù bambino,
non so se la mia preghiera ti piace
ma io riesco a chiederti solo amore.
Quell'amore perfetto e totale che proprio tu ci hai insegnato
ma che per noi è tanto difficile da capire.
Quel sentimento così importante da essere il perno di ogni esistenza,
da essere quel battito in più che muove ogni cuore.
L'amore per l'uomo, per la società, per la comunità della Chiesa, per la comunità degli uomini, l'amore per il Signore nostro Dio, il Creatore e il Redentore.
Caro Gesù bambino,
ti prego,
perché il mondo possa finalmente cambiare
insegnaci ad amare.
Ma di un amore che sia solo tanta gioia di donare,
incuranti di ricevere.

preghieraamore

inviato da Liana Paciaroni, inserito il 21/11/2009

TESTO

48. Il Dio in cui non credo   1

Arias Juan

Sì, io non crederò mai in:
Il Dio che «sorprenda» l'uomo in un peccato di debolezza.
Il Dio che condanni la materia.
Il Dio incapace di dare una risposta ai problemi gravi di un uomo sincero e onesto che dice piangendo: «non posso».
Il Dio che ami il dolore.
Il Dio che metta la luce rossa alle gioie umane. Il Dio che sterilizza la ragione dell'uomo.
Il Dio che benedica i nuovi Caini dell'umanità.
Il Dio mago e stregone.
Il Dio che si faccia temere.
Il Dio che non si lasci dare del tu.
Il Dio nonno di cui si possa abusare.
Il Dio che si faccia monopolio di una Chiesa, di una razza, di una cultura, di una casta.
Il Dio che non abbia bisogno dell'uomo.
Il Dio lotteria con cui si vinca solo a sorte.
Il Dio arbitro che giudichi sempre col regolamento alla mano.
Il Dio solitario.
Il Dio incapace di sorridere di fronte a molte monellerie degli uomini.
Il Dio che «giochi» a condannare.
Il Dio che «mandi» all'inferno.
Il Dio che non sappia aspettare.
Il Dio che esiga sempre dieci agli esami.
Il Dio capace di essere spiegato da una filosofia.
Il Dio che adorano quelli che sono capaci di condannare un uomo.
Il Dio incapace di amare quello che molti disprezzano.
Il Dio incapace di perdonare tante cose che gli uomini condannano.
Il Dio incapace di redimere la miseria.
Il Dio incapace di capire che i «bambini» debbono insudiciarsi e sono smemorati.
Il Dio che impedisca all'uomo di crescere, di conquistare, di trasformarsi, di superarsi fino a farsi «quasi un Dio».
Il Dio che esiga dall'uomo, perché creda, di rinunciare a essere uomo.
Il Dio che non accetti una sedia nelle nostre feste umane.
Il Dio che è capito soltanto dai maturi, i sapienti, i sistemati.
Il Dio che non è temuto dai ricchi alla cui porta sta la fame e la miseria.
Il Dio capace di essere accettato e compreso dagli egoisti.
Il Dio onorato da quelli che vanno a messa e continuano a rubare e a calunniare.
Il Dio asettico, elaborato in un gabinetto scientifico da tanti teologi e canonisti.
Il Dio che non sappia scoprire qualcosa della sua bontà, della sua essenza là dove vibra un amore per quanto sbagliato.
Il Dio a cui piaccia la beneficenza di chi non pratica la giustizia.
Il Dio per cui è il medesimo peccato compiacersi alla vista di due belle gambe, distrarsi nelle preghiere, calunniare il prossimo, frodare del salario gli operai o abusare del potere.
Il Dio che condanni la sessualità.
Il Dio del «me la pagherai».
Il Dio che si penta, qualche volta di aver regalato la libertà all'uomo.
Il Dio che preferisca l'ingiustizia al disordine.
Il Dio che si accontenti che l'uomo si metta in ginocchio anche se non lavora,
il Dio muto e insensibile nella storia di fronte ai problemi angosciosi della umanità che soffre.
Il Dio a cui interessino le anime e non gli uomini.
Il Dio morfina per il rinnovamento della terra e speranza soltanto per la vita futura.
Il Dio che crei discepoli che disertano i compiti del mondo e sono indifferenti alla storia dei loro fratelli.
Il Dio di quelli che credono di amare Dio, perché non amano nessuno.
Il Dio che è difeso da quanti non si macchiano mai le mani, non si affacciano mai alla finestra, non si gettano mai nell'acqua.
Il Dio a cui piacciano quelli che dicono sempre: «tutto va bene».
Il Dio di quelli che pretendono che il sacerdote cosparga di acqua benedetta i sepolcri imbiancati delle loro sporche manovre.
Il Dio che predicano i preti che credono che l'inferno è pieno e il cielo quasi vuoto.
Il Dio dei preti che pretendono che si possa criticare tutto e tutti all'infuori di loro.
Il Dio che giustifichi la guerra.
Il Dio che ponga la legge al di sopra della coscienza.
Il Dio che sostenga una chiesa statica, immobile, incapace di purificarsi, di perfezionarsi e di evolversi.
Il Dio dei preti che hanno risposte prefabbricate per tutto.
Il Dio che neghi all'uomo la libertà di peccare.
Il Dio che non continui a scomunicare i nuovi farisei della storia.
Il Dio che non sappia perdonare qualche peccato.
Il Dio che preferisca i ricchi.
Il Dio che «causi» il cancro, che «invii» la leucemia, che «renda sterile» la donna o che «si porti via» il padre di famiglia che lascia cinque creature nella miseria.
Il Dio che possa essere pregato solo in ginocchio, che si possa incontrare solo in chiesa.
Il Dio che accetti e dia per buono tutto ciò che i teologi dicono di lui.
Il Dio che non salvi quanti non lo hanno conosciuto ma lo hanno desiderato e cercato.
Il Dio che «mandi» all'inferno il bambino dopo il suo primo peccato.
Il Dio che non dia all'uomo la possibilità di potersi condannare.
Il Dio per cui l'uomo non sia la misura di tutto il creato.
Il Dio che non vada incontro a chi lo ha abbandonato.
Il Dio incapace di far nuove tutte le cose.
Il Dio che non abbia una parola diversa, personale, propria per ciascun individuo.
Il Dio che non abbia mai pianto per gli uomini.
Il Dio che non sia la luce.
Il Dio che preferisca la purezza all'amore.
Il Dio insensibile di fronte a una rosa.
Il Dio che non possa scoprirsi negli occhi di un bambino o di una bella donna o di una madre che piange.
Il Dio che non sia presente dove vibra l'amore umano.
Il Dio che si sposi con una politica.
Il Dio di quanti pregano perché gli altri lavorino.
Il Dio che non possa essere pregato sulle spiagge.
Il Dio che non si riveli qualche volta a colui che lo desidera onestamente.
Il Dio che distrugga la terra e le cose che l'uomo ama di più invece di trasformarle.
Il Dio che non abbia misteri, che non fosse più grande di noi.
Il Dio che per renderci felici ci offra una felicità separata dalla nostra natura umana.
Il Dio che annichilisca per sempre la nostra carne invece di risuscitarla.
Il Dio per cui gli uomini valgono non per ciò che sono ma per ciò che hanno o che rappresentano.
Il Dio che accetti come amico chi passa per la terra senza far felice nessuno.
Il Dio che non poserà la generosità del sole che bacia quanto tocca, i fiori e il concime.
Il Dio incapace di divinizzare l'uomo facendolo sedere alla sua tavola e dandogli la sua eredità.
Il Dio che non sappia offrire un paradiso in cui noi ci sentiamo fratelli e in cui la luce non venga solo dal sole e dalle stelle ma soprattutto dagli uomini che amano.
Il Dio che non sia l'amore e che non sappia trasformare in amore quanto tocca.
Il Dio che abbracciando l'uomo già qui sulla terra non sappia comunicargli il gusto, la gioia, il piacere, la dolce sensazione di tutti gli amori umani messi insieme.
Il Dio incapace di innamorare l'uomo.
Il Dio che non si sia fatto vero uomo con tutte le sue conseguenze.
Il Dio che non sia nato dal ventre di una donna.
Il Dio che non abbia regalato agli uomini la sua stessa madre.
Il Dio nel quale io non possa sperare contro ogni speranza.
Sì, il mio Dio è l'altro Dio.

Diocrederefede

4.0/5 (3 voti)

inviato da Busato Don Paolo, inserito il 19/07/2009

TESTO

49. Sete di risurrezione   1

Mariangela Forabosco

E' arrivata la Primavera ed ogni anno, in natura, si ripete puntuale il miracolo della rinascita, e tutte le creature rinnovano in sé l'energia vitale per dimostrare e donare, ad un mondo distratto ed indifferente, la potenza creatrice e amorosa del Creatore.

Passeggiando in giardino, davanti al mistero di una piccolissima gemma che diventa un turgido bocciolo, quasi geloso di svelare la meraviglia dei suoi petali, mi afferra uno stupore crescente.

C'è un giardino, però, in cui non è necessario aspettare la primavera per vedere realizzati i miracoli della creazione ed è il " cuore dell'uomo".

Dio ha creato l'uomo e la donna per "sete d'amore", perché, essendo lui amore, non poteva fare a meno di amare e di essere amato. Ed ecco il miracolo: uomo e donna, creati a sua immagine, ricevono il suo amore e sono chiamati a diventarne messaggeri e testimoni, per diffonderlo a chi sta loro accanto e al mondo intero.

Le vite che si donano diventano, così, veicolo dell'Amore di Dio e vanno a saziare l'incontenibile e misteriosa sete d'amore delle creature, come un fiore sbocciato e donato sazia la sete di bellezza e di armonia.

L'uomo, però, non ha accolto il dono dell'Amore di Dio, che significa donarsi, perdonarsi, compatirsi, comprendersi, ed ha messo al primo posto l'amore per se stesso e per gli idoli creati dalle sue stesse mani, diventandone schiavo (Salmo 113 B, 4-8). Allora Dio, non potendo fare a meno di amare l'uomo e di essergli fedele, ha giocato l'ultima carta per salvarlo ed è sceso in terra nella Persona del Figlio, Gesù Cristo, facendosi "peccato" ( cfr. 2 Corinzi 5,21 ) lui stesso, Innocente, per liberare l'umanità dal peccato e dalla morte. Gesù, sulla terra, ha camminato con gli uomini ed ha parlato del Padre che è nei Cieli come del "nostro Padre" ( Matteo 6,9 ) che, dalla creazione, non vuole forzare i figli ad amarlo, avendoli resi liberi di accettare o rifiutare il suo amore. Il Padre, però, non smette mai di aspettare che i figli tornino per lasciarsi amare da lui, per poter dire loro parole d'amore e fare festa ( Luca 15, 11-24 )! Gli uomini, ancora una volta, non hanno saputo e voluto rispondere con l'amore alla richiesta d'amore del loro Creatore e così l'hanno ucciso: hanno crocifisso l'amore, pensando di poter togliere di mezzo l'imbarazzante "Rabbì " che parlava di cose troppo scomode per le coscienze: pace, perdono, conversione, riconciliazione, giustizia, dignità umana, strane beatitudini che fanno "vincere" i poveri, gli ultimi, gli affamati, i perseguitati..., amore addirittura per i nemici, misericordia, dono totale di se stessi agli altri fino a perdere la propria vita...
"Il mondo non lo riconobbe" (Giovanni 1,10).

Ognuno di noi c'era, quel venerdì che chiamiamo Santo, sul Calvario, ed ognuno di noi, con la parte del proprio cuore in cui vince l'avidità, la gelosia, l'invidia, la lussuria, il risentimento, la rabbia, ha battuto i chiodi nelle mani e nei piedi dell'Innocente. "Dio è morto", ha scritto qualcuno. Si, Dio è morto facendo suo il peccato e la morte dell'uomo, ma non poteva finire così, con il buio di quel venerdì e col silenzio di quel sabato. Se Dio fosse morto, tutta la creazione sarebbe morta, io sarei morta, la primavera sarebbe morta.

No! Dio ha trascinato in sé la morte e l'ha distrutta, trasformandola in vita, nella sua vita, che è immortale, incorruttibile (Corinzi 15, 20-27, 53-55). Essendo vero uomo, Gesù ha, con la sua Passione, Morte e Risurrezione, innalzato a sé ogni uomo, ogni vita umana (Giovanni 3,14-17) donando ognuno di noi all'abbraccio misericordioso del Padre, che dalla creazione non aspetta altro che ritorniamo a lui, bisognosi del suo perdono e, a nostra volta, capaci di perdonare.

La sete d'amore di Dio lo ha portato a farsi lui stesso creatura, affinché nel cuore dell'uomo si continuasse a compiere il miracolo per cui era stato creato: l'amore vissuto, rinnovato, donato, gratuito, generoso, spassionato, umile, felice, sofferto, offerto, coraggioso, sorridente, radicale, ingenuo, totale.

La capacità di amarsi viene solo da Dio e se ci allontaniamo da lui, nostra unica fonte del vero amore, perdiamo la capacità di amare e accadono le cose che quotidianamente tutti vediamo e di cui ci lamentiamo. "La società va male", diciamo, "è tutta colpa della società...".

No, sono io, siamo noi che abbiamo perso il contatto con la fonte della vera vita, diventando schiavi dei vitelli d'oro che ci siamo costruiti.

L'uomo, però, ha fame d'amore, continua a cercare qualcuno o qualcosa da amare, perché è Dio stesso che ha posto nel nostro cuore il seme del suo amore.

Che fare? Perché non provare a diventare "distributori" consapevoli di amore? Perché abbiamo così tanta paura di amare? Perché temiamo di assecondare il nostro bisogno di Risurrezione? Perché non ci opponiamo alla tentazione di seguire la corrente, che ci invita a privilegiare i pensieri e le scelte di morte?

Noi cristiani siamo tali perché crediamo in Cristo, il Vivente, il Risorto, Colui grazie al quale siamo destinati, a nostra volta, ad essere eternamente viventi e risorti: perché, allora, non scegliere di vivere secondo la Sua Parola, che è Parola di vita eterna? (Giovanni 6, 67-69)

Se i genitori, ad esempio, avessero il coraggio di raccontare ai loro figli le meraviglie che ogni giorno compie in noi l'Amore di Dio, se vivessero la Risurrezione nelle scelte di vita quotidiane, se trasmettessero loro la Speranza che deriva dalla Risurrezione di Cristo, allora ogni giorno sarebbe Pasqua, ogni giorno l'amore vincerebbe e non saremmo sconvolti da tante notizie che parlano di delitti in famiglia, di ragazzi che filmano violenze sui coetanei più deboli, di famiglie distrutte da odi e rancori, di stragi del sabato sera...L'elenco non finirebbe mai, ma io propongo che ognuno di noi, nel suo piccolo, anziché soffermarsi sulle cose negative, faccia l'elenco di tutte le cose belle che ogni giorno ci vengono donate. Cerchiamo poi di arricchire l'elenco con le cose belle, dettate dall'amore, che nel nostro quotidiano possiamo fare. Facciamo crescere, nel giardino del nostro cuore, la parte divina che Dio ha preso da sé e ci ha donato.

Scegliamo consapevolmente di soddisfare la nostra "sete di Risurrezione", affinché il Signore, nostro Dio, possa dirci parole di bene e d'Amore per l'eternità.

risurrezioneamoreparolafamiglia

inviato da Mariangela Forabosco, inserito il 02/06/2009

RACCONTO

50. Il macigno e il seme   4

Luigi Guglielmoni - Fausto Negri

«Guarda come sono forte» disse un grosso macigno a un piccolo seme.
Ciò detto si lanciò da un'altura abbattendo tutto ciò che incontrava: non si fermava davanti a nessun ostacolo e finì la sua corsa facendo un grosso buco nel terreno.
«Vedi - continuò il macigno - i miei risultati sono rapidi ed eclatanti».
Il seme sorrideva calmo. Una mano lo prese e lo seminò nel terreno. Anche il macigno fu sepolto dal vento sotto un manto di foglie di terra.
Passarono i giorni e dal seme nacque una spiga. Passò un anno e nacquero tante spighe. Dopo pochi anni, il macigno era sempre più sprofondato nel terreno mentre il seme era diventato un biondo campo di grano.
«Povero me», gemette il masso, «cosa ci sto a fare al mondo? Se qualcuno si ricorda di me, è solo per maledirmi. Come hai fatto ad essere tu il più forte?».
«Siamo forti tutti e due, ma di una forza diversa», rispose il seme.
«Tu hai bisogno di "spinte" per salire in alto, io mi affido ad una mano amica per scendere in un solco.
Tu fai molto rumore per essere vincente, io mi nascondo per crescere e lasciarmi mangiare.
Tu puoi servire al massimo per costruire archi di trionfo e lapidi da cimitero, io tolgo la fame e divento carne e sangue vitali.
Tu ti imponi con la tua mole, io attraggo per la mia bellezza.
Io sono piccolo ma ho una grande energia di dentro. Tu non puoi trascorrere una vita felice per il semplice motivo che in te non c'è neppure vita!».

piccolezzaforzavitainterioritàesterioritàdebolezzafecondità

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inviato da Leonardo Salutati, inserito il 03/05/2009

TESTO

51. Lettera sulla preghiera   7

Bruno Forte, Messaggio per la Quaresima 2007

Mi chiedi: perché pregare? Ti rispondo: per vivere.

Sì: per vivere veramente, bisogna pregare. Perché? Perché vivere è amare: una vita senza amore non è vita. È solitudine vuota, è prigione e tristezza. Vive veramente solo chi ama: e ama solo chi si sente amato, raggiunto e trasformato dall'amore. Come la pianta che non fa sbocciare il suo frutto se non è raggiunta dai raggi del sole, così il cuore umano non si schiude alla vita vera e piena se non è toccato dall'amore. Ora, l'amore nasce dall'incontro e vive dell'incontro con l'amore di Dio, il più grande e vero di tutti gli amori possibili, anzi l'amore al di là di ogni nostra definizione e di ogni nostra possibilità. Pregando, ci si lascia amare da Dio e si nasce all'amore, sempre di nuovo. Perciò, chi prega vive, nel tempo e per l'eternità. E chi non prega? Chi non prega è a rischio di morire dentro, perché gli mancherà prima o poi l'aria per respirare, il calore per vivere, la luce per vedere, il nutrimento per crescere e la gioia per dare un senso alla vita.

Mi dici: ma io non so pregare! Mi chiedi: come pregare? Ti rispondo: comincia a dare un po' del tuo tempo a Dio. All'inizio, l'importante non sarà che questo tempo sia tanto, ma che Tu glielo dia fedelmente. Fissa tu stesso un tempo da dare ogni giorno al Signore, e daglielo fedelmente, ogni giorno, quando senti di farlo e quando non lo senti. Cerca un luogo tranquillo, dove se possibile ci sia qualche segno che richiami la presenza di Dio (una croce, un'icona, la Bibbia, il Tabernacolo con la Presenza eucaristica...). Raccogliti in silenzio: invoca lo Spirito Santo, perché sia Lui a gridare in te "Abbà, Padre!". Porta a Dio il tuo cuore, anche se è in tumulto: non aver paura di dirGli tutto, non solo le tue difficoltà e il tuo dolore, il tuo peccato e la tua incredulità, ma anche la tua ribellione e la tua protesta, se le senti dentro.

Tutto questo, mettilo nelle mani di Dio: ricorda che Dio è Padre - Madre nell'amore, che tutto accoglie, tutto perdona, tutto illumina, tutto salva. Ascolta il Suo Silenzio: non pretendere di avere subito le risposte. Persevera. Come il profeta Elia, cammina nel deserto verso il monte di Dio: e quando ti sarai avvicinato a Lui, non cercarlo nel vento, nel terremoto o nel fuoco, in segni di forza o di grandezza, ma nella voce del silenzio sottile (cf. 1 Re 19,12). Non pretendere di afferrare Dio, ma lascia che Lui passi nella tua vita e nel tuo cuore, ti tocchi l'anima, e si faccia contemplare da te anche solo di spalle.

Ascolta la voce del Suo Silenzio. Ascolta la Sua Parola di vita: apri la Bibbia, meditala con amore, lascia che la parola di Gesù parli al cuore del tuo cuore; leggi i Salmi, dove troverai espresso tutto ciò che vorresti dire a Dio; ascolta gli apostoli e i profeti; innamorati delle storie dei Patriarchi e del popolo eletto e della chiesa nascente, dove incontrerai l'esperienza della vita vissuta nell'orizzonte dell'alleanza con Dio. E quando avrai ascoltato la Parola di Dio, cammina ancora a lungo nei sentieri del silenzio, lasciando che sia lo Spirito a unirti a Cristo, Parola eterna del Padre. Lascia che sia Dio Padre a plasmarti con tutte e due le Sue mani, il Verbo e lo Spirito Santo.

All'inizio, potrà sembrarti che il tempo per tutto questo sia troppo lungo, che non passi mai: persevera con umiltà, dando a Dio tutto il tempo che riesci a darGli, mai meno, però, di quanto hai stabilito di poterGli dare ogni giorno. Vedrai che di appuntamento in appuntamento la tua fedeltà sarà premiata, e ti accorgerai che piano piano il gusto della preghiera crescerà in te, e quello che all'inizio ti sembrava irraggiungibile, diventerà sempre più facile e bello. Capirai allora che ciò che conta non è avere risposte, ma mettersi a disposizione di Dio: e vedrai che quanto porterai nella preghiera sarà poco a poco trasfigurato.

Così, quando verrai a pregare col cuore in tumulto, se persevererai, ti accorgerai che dopo aver a lungo pregato non avrai trovato risposte alle tue domande, ma le stesse domande si saranno sciolte come neve al sole e nel tuo cuore entrerà una grande pace: la pace di essere nelle mani di Dio e di lasciarti condurre docilmente da Lui, dove Lui ha preparato per te. Allora, il tuo cuore fatto nuovo potrà cantare il cantico nuovo, e il "Magnificat" di Maria uscirà spontaneamente dalla tue labbra e sarà cantato dall'eloquenza silenziosa delle tue opere.

Sappi, tuttavia, che non mancheranno in tutto questo le difficoltà: a volte, non riuscirai a far tacere il chiasso che è intorno a te e in te; a volte sentirai la fatica o perfino il disgusto di metterti a pregare; a volte, la tua sensibilità scalpiterà, e qualunque atto ti sembrerà preferibile allo stare in preghiera davanti a Dio, a tempo "perso". Sentirai, infine, le tentazioni del Maligno, che cercherà in tutti i modi di separarti dal Signore, allontanandoti dalla preghiera. Non temere: le stesse prove che tu vivi le hanno vissute i santi prima di te, e spesso molto più pesanti delle tue. Tu continua solo ad avere fede. Persevera, resisti e ricorda che l'unica cosa che possiamo veramente dare a Dio è la prova della nostra fedeltà. Con la perseveranza salverai la tua preghiera, e la tua vita.

Verrà l'ora della "notte oscura", in cui tutto ti sembrerà arido e perfino assurdo nelle cose di Dio: non temere. È quella l'ora in cui a lottare con te è Dio stesso: rimuovi da te ogni peccato, con la confessione umile e sincera delle tue colpe e il perdono sacramentale; dona a Dio ancor più del tuo tempo; e lascia che la notte dei sensi e dello spirito diventi per te l'ora della partecipazione alla passione del Signore. A quel punto, sarà Gesù stesso a portare la tua croce e a condurti con sé verso la gioia di Pasqua. Non ti stupirai, allora, di considerare perfino amabile quella notte, perché la vedrai trasformata per te in notte d'amore, inondata dalla gioia della presenza dell'Amato, ripiena del profumo di Cristo, luminosa della luce di Pasqua.

Non avere paura, dunque, delle prove e delle difficoltà nella preghiera: ricorda solo che Dio è fedele e non ti darà mai una prova senza darti la via d'uscita e non ti esporrà mai a una tentazione senza darti la forza per sopportarla e vincerla. Lasciati amare da Dio: come una goccia d'acqua che evapora sotto i raggi del sole e sale in alto e ritorna alla terra come pioggia feconda o rugiada consolatrice, così lascia che tutto il tuo essere sia lavorato da Dio, plasmato dall'amore dei Tre, assorbito in Loro e restituito alla storia come dono fecondo. Lascia che la preghiera faccia crescere in te la libertà da ogni paura, il coraggio e l'audacia dell'amore, la fedeltà alle persone che Dio ti ha affidato e alle situazioni in cui ti ha messo, senza cercare evasioni o consolazioni a buon mercato. Impara, pregando, a vivere la pazienza di attendere i tempi di Dio, che non sono i nostri tempi, ed a seguire le vie di Dio, che tanto spesso non sono le nostre vie.

Un dono particolare che la fedeltà nella preghiera ti darà è l'amore agli altri e il senso della chiesa: più preghi, più sentirai misericordia per tutti, più vorrai aiutare chi soffre, più avrai fame e sete di giustizia per tutti, specie per i più poveri e deboli, più accetterai di farti carico del peccato altrui per completare in te ciò che manca alla passione di Cristo a vantaggio del Suo corpo, la chiesa. Pregando, sentirai come è bello essere nella barca di Pietro, solidale con tutti, docile alla guida dei pastori, sostenuto dalla preghiera di tutti, pronto a servire gli altri con gratuità, senza nulla chiedere in cambio. Pregando sentirai crescere in te la passione per l'unità del corpo di Cristo e di tutta la famiglia umana. La preghiera è la scuola dell'amore, perché è in essa che puoi riconoscerti infinitamente amato e nascere sempre di nuovo alla generosità che prende l'iniziativa del perdono e del dono senza calcolo, al di là di ogni misura di stanchezza.

Pregando, s'impara a pregare, e si gustano i frutti dello Spirito che fanno vera e bella la vita: "amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé" (Gal 5,22). Pregando, si diventa amore, e la vita acquista il senso e la bellezza per cui è stata voluta da Dio. Pregando, si avverte sempre più l'urgenza di portare il Vangelo a tutti, fino agli estremi confini della terra. Pregando, si scoprono gli infiniti doni dell'Amato e si impara sempre di più a rendere grazie a Lui in ogni cosa. Pregando, si vive. Pregando, si ama. Pregando, si loda. E la lode è la gioia e la pace più grande del nostro cuore inquieto, nel tempo e per l'eternità.

Se dovessi, allora, augurarti il dono più bello, se volessi chiederlo per te a Dio, non esiterei a domandarGli il dono della preghiera. Glielo chiedo: e tu non esitare a chiederlo a Dio per me. E per te. La pace del Signore nostro Gesù Cristo, l'amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo siano con te. E tu in loro: perché pregando entrerai nel cuore di Dio, nascosto con Cristo in Lui, avvolto dal Loro amore eterno, fedele e sempre nuovo. Ormai lo sai: chi prega con Gesù e in Lui, chi prega Gesù o il Padre di Gesù o invoca il Suo Spirito, non prega un Dio generico e lontano, ma prega in Dio, nello Spirito, per il Figlio il Padre. E dal Padre, per mezzo di Gesù, nel soffio divino dello Spirito, riceverà ogni dono perfetto, a lui adatto e per lui da sempre preparato e desiderato. Il dono che ci aspetta. Che ti aspetta.

preghierapregare

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inviato da Qumran2, inserito il 30/04/2009

RACCONTO

52. La pietra e la farfalla   2

Lovecchio Stefano

Un giorno, in un bosco di montagna, una farfalla meravigliosa svolazzando tra un fiore e l'altro, si posò su di un fiore nato vicino ad una pietra. La pietra vedeva passare ogni giorno quella farfalla e quel giorno, visto che le era così vicina, le disse: "Ciao, che meravigliosi colori che hai e come è bello vederti svolazzare, io invece sono qui immobile e posso vedere ben poco del mondo e poi..., ho solo questo colore grigio!".

La farfalla un po' vanitosa rispose: "Si, ho dei bellissimi colori, tutti mi ammirano e vado dove voglio. Tu invece sei sempre lì. Ma non ti annoi?". La pietra ci pensò un poco e rispose: "No, non mi annoio perché comunque posso vedere le cose belle del mondo che riesco a vedere di qui e ho tanti amici alberi attorno a me, però mi sento un po' male se penso che non posso andare dove vorrei, come te".

A quel sentire, un faggio maestoso che aveva ascoltato tutto intervenne e disse: "Cara mia vecchia amica pietra, se tu non fossi qui, io come altri alberi e altra vegetazione attorno a te non potremmo vivere perché le nostre radici sono affondate nel terreno e si abbracciano con forza a te per sostenerci. Tu che sembri una piccola pietra sei invece maestosa e imponente ed è proprio perché sei lì da secoli immobile che hai permesso a noi alberi attorno a te di crescere stabili. E' vero quindi che non hai i colori della farfalla ma la tua bellezza sta nell'essere roccia.

Tu invece cara piccola farfalla, è vero che sei splendida con i tuoi colori ed è bello vederti volare quei pochi giorni della tua vita, ma non potresti esistere se non ci fosse questa vegetazione che abbraccia le proprie radici a rocce maestose come questa che sembra una piccola pietra, ma non lo è".

Da quel giorno, la farfalla andò a trovare ogni giorno la pietra per raccontarle del creato che lei vedeva, e quando la farfalla fu sul punto di morire la pietra le disse: "Cara amica mia ti ricorderò per sempre perché, anche se pochi giorni, hai rinunciato a svolazzare un po' del tuo tempo per raccontarmi le cose belle del mondo che io da qui non posso vedere".

umiltàgruppocomunitàreciprocitàdifferenzediversità

1.0/5 (1 voto)

inviato da Stefano Lovecchio, inserito il 03/12/2008

PREGHIERA

53. A Maria, Madre della Pietà

preghiera 16a Giornata Mondiale del Malato - 2008

Ti salutiamo Vergine Santissima,
Madre e Salute degli Infermi.

Ci rivolgiamo a te o Madre della Pietà,
che sai precorrere i nostri bisogni
e sai ascoltare anche il gemito nascosto,
che non ha più parole e lacrime.

Soccorrici e intercedi per noi
nelle prove e nelle tribolazioni della malattia,
donaci in ogni momento il coraggio e la pazienza.

Premurosa Sposa della Carità, modello di ogni cura,
consiglia e sostieni quanti sono chiamati
a lenire le sofferenze del prossimo.

A Te rimasta sotto la Croce del Salvatore del mondo,
affidiamo le fatiche e le pene delle famiglie nel tempo della malattia e del lutto.

Tu, che lì sei diventata Madre dell'umanità, aiuta e consola
chi è nel dolore, rinsalda e proteggi i vincoli familiari, ispira le azioni di chi cura, fa' che popoli e governanti siano sempre solleciti verso gli ammalati, in particolare se poveri e soli.

Sii per noi Stella e Madre della Speranza e,
come facesti a Betlemme e a Nazareth,
continua a generare e a far crescere nei nostri cuori Gesù,
il fondamento e la meta di ogni speranza.

La sua Risurrezione e la certezza del suo ritorno glorioso,
ci confortino nelle nostre attese e riempiano di gioia
i nostri volti perché nel suo Nome saremo salvi,
nel suo Amore avremo la vita per l'eternità. Amen.

malatomalattiamariamadonna

inviato da Qumran2, inserito il 11/02/2008

TESTO

54. Essere se stessi   1

Jean Rhys, Addio, Mr.Mckenzie

Da bambini si è se stessi e si sa e si capisce tutto, come dei piccoli profeti. Poi all'improvviso accade qualcosa e si cessa di essere se stessi, si diventa ciò che gli altri costringono a essere. Si perde la saggezza, e l'anima.

identitàprofeziacrescereaccettazione di sé

inviato da Luca, inserito il 19/08/2007

PREGHIERA

55. Preghiera della suocera

Jacqueline Masi Lanteri

Maria, tu sei la sempre Vergine Madre di Dio. Sei stata la castissima sposa di San Giuseppe e la sua giovane vedova. Hai sofferto il dolore dei dolori: l'atroce morte del Divin Figlio. Nella tua vita terrena hai sperimentato tutte le nostre esperienze tranne quella del peccato e permettimi l'audacia, quella di essere... suocera.
Sai Maria, essere suocere non è facile. Si ha sempre paura di sbagliare. Interessarsi ai figli sposati può sembrare indiscreto, non interessarsene, almeno in apparenza, indice di durezza di cuore, indifferenza. La suocera di solito, ha cattiva fama e incontra grosse difficoltà a muoversi con disinvoltura e naturalezza. Ogni cosa che dice o fa', può essere travisato in perfetta buona fede. Perciò, ti chiedo il dono della discrezione e del silenzio; della delicatezza nell'esprimermi e la pazienza nel saper tacere. Ti prego per mio figlio e ancora di più per la madre dei suoi figli, i miei nipotini. Maria, ringrazia tu il Signore per me. Mi ha concesso il dono di una figlia da amare, aiutami ad aiutarla nell'umiltà e nel nascondimento. Aiutala a gestire e crescere la sua famiglia come più le piace. Contribuirò così, nel mio piccolo, a costruire la Pace.

suocerafamiglia

inviato da Jacqueline Masi Lanteri, inserito il 01/05/2007

TESTO

56. Cos'è per me la preghiera

Don Gasparino, Domande difficili, Città Nuova editrice

Credo che la preghiera non sia tutto, ma che tutto cominci dalla preghiera: perché l'intelligenza umana è troppo corta e la volontà dell'uomo troppo debole: perché l'uomo che agisce senza Dio non dà mai il meglio di sè. Credo che Gesù Cristo, donandoci il Padre Nostro, ci abbia voluto insegnare che la preghiera è amore.

Credo che si possa pregare tacendo, soffrendo, lavorando; ma il silenzio è preghiera solo se si ama, la sofferenza è preghiera solo se si ama, il lavoro è preghiera solo se si ama.

Credo che non sapremo mai con esattezza se la nostra è preghiera o non lo è.

Ma esiste un test infallibile della preghiera: è riuscire a crescere nell'amore, nel distacco dal male, nella fedeltà all'amore di Dio.

Credo che impara a pregare solo chi impara a tacere davanti a Dio, a resistere al silenzio di Dio.

Credo che tutti i giorni dobbiamo chiedere al Signore il dono della preghiera, perché chi impara a pregare impara a vivere.

Ma cosa significa pregare? Forse, nessuno sarà mai capace di dare una risposta esauriente, perché è un problema che parte dal mistero dell'uomo e si perde nel mistero di Dio.

Forse, sarebbe più facile dire ciò che non è pregare.

Pregare non è recitare.
Il teatro non serve a Dio. Recitar formule ci fa dei robot e i robot non possono piacere a Dio, perché Dio ci ha fatti figli e ci considera figli.

Pregare non è dire parole.
Dio non ne ha bisogno e l'uomo può comunicare con lui con mezzi più semplici che le parole.

Pregare non è dialogare.
Si dialoga con un eguale, non quando c'è un abisso invalicabile e si manca di strumenti adeguati per comunicare con lui.

Pregare non è dilettarsi dei bei sentimenti e dei bei pensieri.
A Dio non si raccontano storie; davanti a Dio siamo quello che siamo e le belle parole, i bei pensieri non cambiano la situazione reale del nostro intimo.

Pregare non è nemmeno riflettere.
Anche se la riflessione è il potere più straordinario dell'uomo. Per Dio il nostro riflettere non conta di più di una pausa vegetativa.

È il nostro amore che Dio aspetta.
Pregare forse è solo questo: lasciarsi amare da Dio e rendersene conto, godere e sforzarsi di rispondere, perché non sappiamo mai come e quando comunichiamo con Dio. Ma sforzarsi è già andare a lui. E' già amare.

preghiera

inviato da Qumran2, inserito il 21/11/2006

TESTO

57. Il presepe siamo noi

Marco Pappalardo

Il nostro corpo presepe vivente,
nei luoghi dove siamo chiamati a vivere e lavorare.
Le nostre gambe come quelle degli animali
che hanno visitato la grotta "quella notte".
Il nostro ventre come quello di Maria
che ha accolto e fatto crescere Gesù.
Le nostre braccia come quelle di Giuseppe
che l'hanno cullato, sollevato, abbracciato e lavorato per lui.
La nostra voce come quella degli angeli
per lodare il Verbo che si è fatto carne.
I nostri occhi come quelli stupiti di tutti coloro
che la Notte Santa l'hanno visto nella mangiatoia.
Le nostre orecchie come quelle dei pastori
che hanno ascoltato attoniti il canto divino proveniente dal cielo.
La nostra intelligenza come quella dei Magi
che hanno seguito la stella fino alla Sua casa
Il nostro cuore come la mangiatoia
che ha accolto l'Eterno
che si è fatto piccolo e povero come uno di noi.

Natalepresepepresepiofede

inviato da Luca Mazzocco, inserito il 27/06/2006

RACCONTO

58. I tre alberi   1

Sulla vetta di una montagna, coperta di pascoli e pinete profumate di resina, spuntarono un giorno tre piccoli alberi. Nei primi tempi erano così teneri e verdi che si confondevano con l'erba e i fiori che prosperavano intorno a loro.
Ma, primavera dopo primavera, il loro piccolo tronco si irrobustì. Le sfide autunnali e invernali per fronteggiare i venti e le bufere li riempivano di gioia baldanzosa.
Dall'alto della loro casa verde guardavano il mondo e sognavano.
Come tutti coloro che stanno crescendo, sognavano quello che avrebbero voluto diventare da grandi.

Il primo albero guardava le stelle che brillavano come diamanti trapuntati sul vestito di velluto nero della notte.
"Io sopra ogni cosa vorrei essere bello. Vorrei custodire un tesoro" disse. "Vorrei essere coperto d'oro e contenere pietre preziose. Diventerò il più bello scrigno per tesori del mondo".
Il secondo alberello guardava il torrente che scendeva serpeggiando dalla montagna, aprendosi il cammino verso il mare. L'acqua correva e correva, gorgogliando e scherzando con i sassi, un momento era lì e poco dopo già era scomparsa all'orizzonte. E niente riusciva a fermarla. "Io voglio essere forte. Sarò un grande veliero" disse. "Voglio navigare sugli oceani sconfinati e trasportare capitani e re potenti. Io sarò il galeone più forte del mondo".
Il terzo alberello contemplava la valle che si stendeva ai piedi della montagna e guardava la città che si indovinava nella foschia azzurrina.
Laggiù formicolavano uomini e donne. "Io non voglio lasciare questa montagna" disse. "Voglio crescere tanto che quando la gente si fermerà per guardarmi, dovrà alzare gli occhi al cielo e pensare a Dio. Io diventerò il più grande albero del mondo!".

Gli anni passarono. Caddero le piogge, brillò il sole, e i piccoli alberelli divennero tre alberi alti e imponenti.
Un giorno, tre boscaioli salirono sulla montagna, con le loro scuri a tracolla.
Uno dei boscaioli squadrò ben bene il primo albero e disse: "E' un bell'albero. E' perfetto".
Dopo pochi minuti, stroncato da precisi colpi d'ascia, il primo albero piombò al suolo.
"Ora sto per trasformarmi in un magnifico forziere" pensò l'albero. "Mi affideranno in custodia un tesoro favoloso".
Il secondo boscaiolo guardò il secondo albero e disse: "Questo albero è vigoroso e solido. E' proprio quello che ci vuole". Sollevò la scure, che lampeggiò al sole, e abbatté l'albero.
"D'ora in poi, navigherò sui mari infiniti e i vasti oceani" pensò il secondo albero. "Sarò una nave importante, degna dei re".
Il terzo albero si sentì mancare il cuore, quando il boscaiolo lo fissò.
"Per me va bene qualunque albero" pensò il boscaiolo. L'ascia balenò nell'aria e, poco dopo, anche il terzo albero giaceva sul terreno.
I loro bei rami, che fino a poco prima avevano scherzato con il vento e protetto uccelli e scoiattoli, furono stroncati uno a uno.
I tre tronchi furono fatti rotolare lungo il fianco della montagna, fino alla pianura.

Il primo albero esultò quando il boscaiolo lo portò da un falegname. Ma il falegname aveva ben altri pensieri che mettersi a fabbricare forzieri. Con le sue mani callose trasformò l'albero in una mangiatoia per animali. L'albero che era stato un tempo bellissimo non fu ricoperto di lamine d'oro né riempito di tesori. Era coperto di rosicchiature e riempito di fieno per nutrire gli animali affamati della fattoria.
Il secondo albero sorrise quando il boscaiolo lo trasportò al cantiere navale, ma quel giorno nessuno pensava a costruire un veliero. Con grandi colpi di martello e di sega, l'albero fu trasformato in una semplice barca da pescatori.
Troppo piccola, troppo fragile per navigare su un oceano o anche solo su un fiume, la barca fu portata in un laghetto. Tutti i giorni, trasportava carichi di pesce, che la impregnavano di odore sgradevole.
Il terzo albero divenne tristissimo quando il boscaiolo lo squadrò per farne rozze travi che accatastò nel cortile della sua casa.
"Perché mi succede questo?" si domandava l'albero, ricordando il tempo in cui lottava con il vento sulla cima della montagna.
"Tutto quello che volevo era svettare sul monte per invitare la gente a pensare a Dio".
Passarono molti giorni e molte notti. I tre alberi quasi dimenticarono i loro sogni.

Ma una notte, la luce dorata di una stella accarezzò con i suoi raggi il primo albero, proprio nel momento in cui una giovane donna con infinita tenerezza sistemava nella mangiatoia il suo bambino appena nato.
"Avrei preferito costruirgli una culla" mormorò suo marito. La giovane mamma gli sorrise, mentre la luce della stella scintillava sulle assi lucide e consunte che un tempo erano state il primo albero.
"Questa mangiatoia è magnifica" rispose la mamma.
In quel momento, il primo albero capì di contenere il tesoro più prezioso del mondo.
Altri giorni e altre notti passarono. Una notte, un viaggiatore stanco e i suoi amici si imbarcarono sul vecchio battello da pesca, che un tempo era stato il secondo albero.
Mentre il secondo albero, diventato barca, scivolava tranquillamente sull'acqua del lago, il viaggiatore si addormentò.
All'improvviso, dopo lo schianto di un tuono, in una ridda di fulmini e violente ondate, scoppiò la tempesta.
Il piccolo albero tremò. Sapeva di non avere la forza di trasportare in salvo tante persone con quel vento e con la violenza di quelle onde. Le sue fiancate scricchiolavano penosamente per lo sforzo.
Preoccupati, gli amici svegliarono il misterioso viaggiatore. L'uomo si alzò, spalancò le braccia, sgridò il vento e disse all'acqua del lago: "Fa' silenzio! Calmati!". La tempesta si quietò immediatamente e si fece una grande calma.
In quel momento, il secondo albero capì che stava trasportando, come desiderava, un re, anzi, il re dei cieli, della Terra e degli infiniti oceani.
Poco tempo dopo, un Venerdì mattino, il terzo albero fu molto sorpreso quando le sue rozze travi furono tolte di malagrazia dalla catasta di legname dimenticato.
Furono trasportate nel mezzo di una folla vociante e irosa, sbattute sulle spalle torturate di un uomo, che poi su di esse fu inchiodato. Il povero albero si sentì orribile e crudele. E piangeva, reggendo quel povero corpo tormentato... lui che voleva che la gente grazie a lui vedesse Dio!

Ma la Domenica mattina, quando il sole si levò alto nel cielo e tutta la Terra vibrò di una gioia immensa, il terzo albero seppe che non aveva trasportato un uomo qualunque, ma aveva trasportato Dio!
In quel mattino seppe e capì che l'amore di Dio aveva trasformato tutto.
Aveva fatto del primo albero il meraviglioso scrigno del più tenero e incredibile dei tesori. Aveva reso il secondo albero forte portatore del Creatore del cielo e della Terra.
E ogni volta che una persona avesse guardato il terzo albero avrebbe visto Dio! Ogni persona, anche noi, non solo i pochi della Valle...
E questo era più che essere solo il più bello, il più forte o il più grande albero del mondo...

Clicca qui per una versione simile.

Il racconto ci è stato inviato nel 2005 indicando come autore Paulo Coelho, nel tempo però abbiamo avuto segnalazioni che lo attribuiscono a Stefano Valeri:
http://www.club.it/autori/sostenitori/stefano.valeri/prefazione2.html
ed Elena Pasquali ne ha fatto una riscrizione definendolo un racconto popolare:
http://www.paolinestore.it/shop/la-leggenda-dei-tre-alberi.html

desideriprogetto di Diocroce

inviato da Fabio, inserito il 03/05/2006

TESTO

59. La formazione

Paola Bignardi

La formazione è l'esperienza in cui ciascuno prende in mano la propria vita per capire chi è, per decidere chi vuole essere.
La formazione è l'impegno a trovare e ritrovare di continuo dentro di sé la via del cuore, che non significa seguire l'emozionalità, ma seguire la via dell'essenziale della nostra esistenza, ciò che sta al centro della nostra vita.
Riuscire a trovare le poche cose che contano veramente non perché povere ma, perché ricche di essenzialità...
La via del cuore non è mai scontata, non la possediamo una volta per tutte, ma si percorre ogni giorno, ci porta al centro della nostra esistenza, alla nostra coscienza, ad esser in contatto con le poche cose importanti.
La via del cuore è il luogo anche del dubbio, delle domande mai sopite; è il luogo di solitudine con Dio.
La via del cuore è il luogo in cui il Signore ci consente di crescere, di cercarlo, di essergli di fronte.
La via del cuore è la via della libertà.

formazionecrescitainterioritàcoscienza

inviato da Don Raffaele Gobbi, inserito il 26/02/2006

TESTO

60. Cultura e religione

Rino Fisichella, Path, 3, 2004

Non esiste di fatto, una cultura senza religione, come se questo le fosse un corpo estraneo innestato in un imprecisato momento del suo sviluppo storico. La religione, al contrario, favorisce il nascere, il crescere e lo sviluppo della cultura e in essa immette i germi fondamentali che le permettono di comprendere e descrivere l'uomo con la sua storia. Imporre una divisione tra religione e cultura è un processo ideologico sterile che non porta lontano e concretamente conduce alla stessa cultura dell'asfissia. L'incontro tra la religione e la cultura, dunque, è una realtà che appartiene alla natura stessa delle cose, perché partecipe dell'essere stesso dell'uomo nel suo auto-comprendersi e progettarsi.

culturareligionesocietà

inviato da Luca, inserito il 26/02/2006

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