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RACCONTO

1. Il tavolino della nonna

Robin Sharma, Il monaco che vendette la sua Ferrari

C'era una volta una vecchierella che restò vedova del suo adorato marito. Allora andò a vivere con il figlio, la nuora e la loro figlioletta. Un giorno dopo l'altro la sua vista si indeboliva, e il suo udito peggiorava. Le sue mani tremavano al punto che a volte le cadevano i piselli dal piatto, o versava la zuppa. Non sopportando più il disordine che lei involontariamente creava, un giorno il figlio e la nuora sistemarono un tavolino vicino all'angolo delle scope, e da allora la fecero mangiare lì, tutta sola. All'ora di pranzo la nonnina li guardava con gli occhi pieni di lacrime, ma loro le rivolgevano la parola solo per redarguirla quando le cadeva il cucchiaio.

Una sera, appena prima di cena, la bambina era seduta sul pavimento a giocare con le costruzioni. «Che cosa stai costruendo?», le domandò sollecito suo padre. «Sto costruendo un tavolino per te e la mamma, così quando sarete vecchi potrete mangiare nell'angolino». Per un momento, che sembrò durare un'eternità, il padre e la madre rimasero muti, poi scoppiarono a piangere. Si erano resi conto della crudeltà del loro comportamento, e del dolore arrecato alla vecchierella. Da quel giorno la nonna mangiò insieme a loro al grande tavolo da pranzo e se le cadeva un boccone o la forchetta, nessuno ci faceva più caso.

I genitori di questa storia non sono cattive persone. Avevano bisogno soltanto della scintilla della consapevolezza per accendere la candela della compassione. La compassione e i gesti quotidiani di gentilezza rendono la nostra vita assai più ricca. Ogni mattina rifletti sul bene che potrai fare agli altri durante il giorno. Un elogio sincero a chi meno se lo aspetta, un gesto di affetto regalato a un amico nel momento del bisogno, qualche piccola attenzione dimostrata ai tuoi cari senza nessuna ragione particolare, sono benedizioni della vita.

vecchiaiacompassionegentilezzabontàaccettazionepazienza

inviato da Qumran2, inserito il 22/03/2018

RACCONTO

2. Le chiavi del castello   2

Don Luca Murdaca, ilbuongiorno.wordpress.com

Un giorno un Re, dovette partire per un lungo viaggio e non volle lasciare incustodito il suo castello... allora promise al primo che si fosse reso disponibile di dare le chiavi del castello per poter utilizzare tutte le stanze e viverci finché non fosse tornato. Un giovanotto si rese disponibile. Il re diede a lui un bel mazzo di chiavi, ma presto il giovane si accorse che nel mazzo mancava una chiave, quella del portone principale che il Re chiuse prima di partire. Il giovane quindi fu costretto a vivere per lungo tempo prigioniero nel castello. È vero, aveva accesso ad ogni stanza, ma non aveva la possibilità di uscire dal castello né di far entrare nessuno. Questo per lui divenne motivo di grande tristezza.

Possiamo avere tante chiavi nella nostra vita, ma senza la chiave principale, quella che ci fa uscire da noi stessi, dal nostro egoismo, dalla nostra pigrizia... senza quella chiave che si chiama Amore, resteremo prigionieri della nostra stessa vita.

relazionealtruismolibertàamoresolitudineapertura

4.0/5 (3 voti)

inviato da Luca Murdaca, inserito il 19/02/2018

RACCONTO

3. Le due candele   3

Don Luca Murdaca, ilbuongiorno.wordpress.com

In una piccola chiesetta di montagna, vi era ai piedi di una splendida croce un cesto pieno di candele, pronte per essere accese e così illuminare il volto di Gesù.
Quella mattina, una delle candele iniziò a dire alla sua vicina: «Non vedo l'ora che qualcuno mi prenda e mi accenda per illuminare il volto del mio Signore». L'altra invece preoccupata rispose: «No, io non voglio morire così presto... voglio vivere ancora...». Entra in chiesa una bambina con la sua nonna e prende proprio la candela che non vedeva l'ora di essere accesa, l'altra invece non appena vedeva avvicinarsi qualcuno, scivolava in fondo al cesto per non farsi prendere. A fine giornata la prima candela si era ormai consumata, ma per molte ore aveva fatto luce al volto di Gesù.
Il sacrestano ritirò il cesto con le candele avanzate in sacrestia, ma distrattamente le lasciò sul termosifone. Il mattino le ritrovò tutte sciolte e ormai inutilizzabili.

Vi sono persone che hanno speso la loro vita per illuminare le tenebre del mondo, altre invece che non hanno mai fatto luce e si sono sciolte nelle proprie paure e insicurezze.
Tu che candela vuoi essere?

vocazionesceltaresponsabilitàimpegnosacrificiotestimonianzaluce

4.5/5 (2 voti)

inviato da Luca Murdaca, inserito il 28/12/2016

RACCONTO

4. La lampada del minatore   2

Un uomo scendeva ogni giorno nelle viscere della terra a scavare sale. Portava con sé il piccone e una lampada. Una sera, mentre tornava verso la superficie, in una galleria tortuosa la lampada gli cadde di mano e si infranse al suolo. In un primo tempo il minatore ne fu quasi contento: «Finalmente! Non ne potevo più di questa lampada. Dovevo portarla sempre con me, fare attenzione dove la mettevo, pensare a lei anche durante il lavoro. Adesso ho un ingombro in meno. Mi sento più libero. E poi faccio questa strada da anni, non posso certo perdermi». Ma la strada ben presto lo tradì. Al buio era tutta un'altra cosa. Fece alcuni passi ma urtò contro una parete. Si meravigliò: non era quella la galleria giusta? Come aveva fatto a sbagliarsi così presto? Tentò di tornare indietro gettandosi a terra e camminando a carponi, si ferì le mani e le ginocchia. Gli vennero le lacrime occhi quando si accorse che in realtà era riuscito a fare solo alcuni metri e si ritrovava sempre al punto di partenza. E gli venne un'infinita nostalgia della lampada. Attese umiliato che qualcuno scendesse per venire a cercarlo e gli facesse strada con una lampada.

Alcune domande per capire il senso della storia:
Chi rappresenta il minatore? - Ogni uomo che deve attraversare la vita
Che cos'è la lampada? - La Parola di Dio
Che funzione svolge? - Aiuta i cristiani a trovare la strada giusta, ad illuminare la loro vita
Se la Parola non viene letta né ascoltata? - C'è il buio, l'uomo si accorge che da solo non riesce a vivere bene
L'uomo solo, senza Dio, di chi ha bisogno? - Di qualcuno che lo vada a cercare e gli illumini la vita con la Parola.

Altro finale:
Quando, trascinandosi così sulle ginocchia, mise le mani casualmente sulla sua lampada, provò un piacere immenso, come se avesse incontrato la persona più cara al mondo. La baciò come fosse una reliquia e poi l'accese, con cura. Da allora in avanti non sentì più la noia di portarsela dietro!

Parola di DioSacra Scritturalucestrada

5.0/5 (1 voto)

inviato da Qumran2, inserito il 27/12/2016

RACCONTO

5. Il tassista newyorkese ed il segreto per vivere felici   5

David J.Pollay, Efficacemente.com

David era di fretta, il suo treno sarebbe partito tra meno di mezz'ora e le previsioni del traffico non presagivano nulla di buono. Senza pensarci troppo saltò sul primo taxi libero, in direzione della stazione. Il taxi giallo sfrecciava sulla corsia preferenziale, quando all'improvviso una macchina scura sbucò da un parcheggio poco più avanti: il tassista premette con tutta la sua forza il pedale del freno e le ruote iniziarono a fischiare. Dopo alcuni secondi, che erano sembrati interminabili, il taxi finalmente si fermò, a pochi centimetri dalla macchina scura.

David aveva il cuore in gola, ma le sorprese non era ancora finite. Il guidatore disattento, non solo non si scusò, ma iniziò ad inveire contro il tassista, per poi andarsene con un bel dito medio che sporgeva dal finestrino. David non poteva crederci: quel tizio stava per causare un'incidente potenzialmente mortale ed invece di scusarsi si era comportato da perfetto stronzo. Ma a sorprenderlo davvero fu la reazione del tassista...

Il tassista non solo non si scompose più di tanto: sorrise e salutò amichevolmente il guidatore disattento. David era incredulo: "Come hai potuto lasciarlo andare così? Stava per ucciderci!". Fu allora che David venne a conoscenza della "Legge del Camion della Spazzatura". Continuando a sorridere il tassista guardò David nello specchietto e disse:

"Un sacco di persone sono come camion della spazzatura. Vanno in giro pieni di ‘rifiuti': frustrazioni, rabbia, malcontento. Più questi ‘rifiuti' si accumulano e più loro sentono l'urgenza di cercare un posto dove scaricarli. E se glielo permetti, te li scaricheranno addosso. Quindi amico, quando qualcuno cercherà di scaricare la sua rabbia e la sua frustrazione su di te, non prenderla sul personale. Sorridi, augura loro ogni bene e vai avanti. Credimi: sarai più felice."

tranquillitàcalmaserenità

5.0/5 (3 voti)

inserito il 18/07/2015

RACCONTO

6. La pecora nera alla grotta di Betlemme   8

Angelillo D'Ambrosio, Racconti di Natale, ediz. Aquaviva

C'era una volta una pecora diversa da tutte le altre. Le pecore, si sa, sono bianche; lei invece era nera, nera come la pece. Quando passava per i campi tutti la deridevano, perché in un gregge tutto bianco spiccava come una macchia di inchiostro su un lenzuolo bianco: «Guarda una pecora nera! Che animale originale; chi crede mai di essere?». Anche le compagne pecore le gridavano dietro: «Pecora sbagliata, non sai che le pecore devono essere tutte uguali, tutte avvolte di bianca lana?».

La pecora nera non ne poteva più, quelle parole erano come pietre e non riusciva a digerirle. E così decise di uscire dal gregge e andarsene sui monti, da sola: "Almeno là avrebbe potuto brucare in pace e riposarsi all'ombra dei pini." Ma nemmeno in montagna trovò pace. «Che vivere è questo? Sempre da sola!», si diceva dopo che il sole tramontava e la notte arrivava. Una sera, con la faccia tutta piena di lacrime, vide lontano una grotta illuminata da una debole luce. «Dormirò là dentro!» e si mise a correre. Correva come se qualcuno la attirasse.

«Chi sei?», le domandò una voce appena fu entrata. «Sono una pecora che nessuno vuole: una pecora nera! Mi hanno buttata fuori dal gregge». «La stessa cosa è capitata a noi! Anche per noi non c'era posto con gli altri nell'albergo. Abbiamo dovuto ripararci qui, io Giuseppe e mia moglie Maria. Proprio qui ci è nato un bel bambino. Eccolo!». La pecora nera era piena di gioia. Prima di tutte le altre poteva vedere il piccolo Gesù. «Avrà freddo; lasciate che mi metta vicino per riscaldarlo!». Maria e Giuseppe risposero con un sorriso. La pecora si avvicinò stretta stretta al bambino e lo accarezzò con la sua lana. Gesù si svegliò e le bisbigliò nell'orecchio: «Proprio per questo sono venuto: per le pecore smarrite!».

nataleaccoglienzadiversità

4.6/5 (7 voti)

inviato da Qumran2, inserito il 24/06/2012

RACCONTO

7. La stella verde   2

Don Angelo Saporiti, Commento sul Natale

In cielo c'erano migliaia di stelle di tutti i colori: bianche, argentate, dorate, rosse, blu e verdi.
Un giorno andarono da Dio e dissero: "Desideriamo andare sulla terra e poter vivere tra la gente".
"Così sia", rispose Dio. "Io vi lascio così piccole come siete, così che discretamente possiate scendere sulla terra".
E così, in quella notte, ci fu una meravigliosa pioggia di stelle. Qualcuna si fermò sul campanile, qualcun'altra volò con le lucciole sopra i campi, qualcun'altra ancora si mescolò tra i giocattoli dei bimbi, così che la terra era meravigliosamente scintillante.
Con il passare del tempo però le stelle decisero di lasciare la gente sulla terra e di fare ritorno in cielo.
"Perché siete tornate indietro?" chiese loro Dio.
"Signore, non potevamo stare sulla terra, dove c'è così tanta miseria, ingiustizia e violenza".
"Sì", disse Dio, "il vostro posto è qui in cielo. La terra è il luogo delle illusioni, il cielo è invece il luogo dell'eternità e della vita senza fine".
Quando tutte le stelle furono tornate indietro, Dio le contò e si accorse che ne mancava una. "Manca una di voi. Ha forse preso la strada sbagliata?"
Un angelo, che era nelle vicinanze, disse: "No, Signore, una stella ha deciso di rimanere tra la gente. Ha scoperto che il suo posto era là, dove c'è l'imperfezione, il limite, la miseria e il dolore".
"E chi è quindi questa stella?", volle sapere Dio.
"E' la stella verde, l'unica con questo colore, la stella della speranza".
Così quando ogni sera le stelle guardavano di sotto vedevano la terra meravigliosamente illuminata, perché in ogni dolore umano c'era una stella verde.

Prendi ora questa stella, la stella verde nel tuo cuore.
La stella della speranza non lasciarla andare via. Non lasciare che si spenga!
Stai sicuro: lei brillerà sul tuo cammino e con il tuo cuore illuminato contagerà altre persone.

speranza

3.8/5 (4 voti)

inviato da Don Angelo Saporiti, inserito il 09/12/2011

RACCONTO

8. Il gatto e i topi

In un certo luogo di questo mondo abitava un gatto era il terrore di tutti i topi dei paraggi. Non li lasciava vivere in pace neppure un istante. Li inseguiva di giorno e di di notte e così i poveri animaletti non potevano godere un momento di pace.

Il gatto era molto astuto e i topi, sapendo di non poterlo ingannare, decisero di tenere consiglio. Si salutarono cordialmente, perché il pericolo rende la gente più amabile, e poi diedero inizio all'assemblea.

Dopo lunghe ore di discussione senza concludere nulla, un sorcio si alzò e chiese silenzio. Tutti zittirono, perché erano desiderosi di ascoltare le parole di colui che si era alzato in piedi: chissà, forse aveva la soluzione del problema.

"La cosa migliore sarebbe appendere un sonaglio al collo del gatto; così, tutte le volte che si avvicina, paremmo accorgercene in tempo e scappare!"

I topi si entusiasmarono dell'idea e fecero salti di gioia e corsero ad abbracciare quel sorcio che aveva suggerito la soluzione, come se fosse un eroe. Ma, allorché si furono calmati, il sorcio chiese di nuovo silenzio e disse solennemente: "E chi appenderà il sonaglio al collo del gatto?"

All'udire queste parole, i topi si guardarono l'un l'altro imbarazzati e cominciarono a presentare scuse e a tirarsi fuori, uno alla volta. In breve marciarono tutti verso casa senza avere concluso nulla.

Perché è molto facile proporre soluzioni; il difficile è assumersi la responsabilità e metterle in pratica, farsi avanti per eseguire un'azione concreta che trasformi in realtà le soluzioni proposte.

impegnoproposteresponsabilitàdisimpegnoconcretezza

inviato da Don Giuseppe Ghirelli, inserito il 02/10/2010

RACCONTO

9. La storia della matita   5

Paolo Coelho

Il bambino guardava la nonna che stava scrivendo una lettera. Ad un certo punto, le domandò: "Stai scrivendo una storia che è capitata a noi? E che magari parla di me".

La nonna interruppe la scrittura, sorrise e disse al nipote: "E' vero, sto scrivendo qualcosa di te. Tuttavia, più importante delle parole è la matita con la quale scrivo. Vorrei che la usassi tu, quando sarai cresciuto".

Incuriosito il bimbo guardò la matita senza trovarvi alcunché di speciale.

"Ma è uguale a tutte le altre matite che ho visto nella mia vita!".

"Dipende tutto dal modo in cui guardi le cose. Questa matita possiede cinque qualità: se riuscirai a trasporle nell'esistenza, sarai sempre una persona in pace con il mondo.

Prima qualità: puoi fare grandi cose, ma non devi mai dimenticare che esiste una mano che guida i tuoi passi."Dio": ecco come chiamiamo questa mano! Egli deve condurti sempre verso la sua volontà.

Seconda qualità: di tanto in tanto, devo interrompere la scrittura e usare il temperino. E' un'azione che provoca una certa sofferenza alla matita ma, alla fine, essa risulta più appuntita. Ecco perché devi imparare a sopportare alcuni dolori: ti faranno diventare un uomo migliore.

Terza qualità: il tratto della matita ci permette di usare una gomma per cancellare ciò che è sbagliato. Correggere è un'azione o un comportamento non è necessariamente qualcosa di negativo: anzi, è importante per riuscire a mantenere la retta via della giustizia.

Quarta qualità: ciò che è realmente importante nella matita non è il legno o la sua forma esteriore, bensì la grafite della mina racchiusa in essa. Dunque, presta sempre attenzione a quello che accade dentro di te.

Ecco la quinta qualità della matita: essa lascia sempre un segno. Allo stesso modo, tutto ciò che farai nella vita lascerà una traccia: di conseguenza, impegnati per avere piena coscienza di ogni tua azione".

vitaviverepaceimpegnoresponsabilitàsofferenzacamminocrescitainterioritàesterioritàrapporto con Diocorrezione

5.0/5 (3 voti)

inviato da Raffaella Pisanti, inserito il 07/09/2008

RACCONTO

10. Sei enormemente magnifica!   3

Così scrive una tredicenne nel suo diario personale.

Il mio papà dice che sono enormemente magnifica.
Io mi chiedo se lo sono davvero.

Per essere enormemente magnifica...
Sara dice che bisogna avere bellissimi, lunghi capelli ricci come i suoi.
Io non li ho.

Per essere enormemente magnifica...
Gianni dice che bisogna avere denti bianchi e perfettamente dritti come i suoi.
Io non li ho.

Per essere enormemente magnifica...
Jessica dice che non devi avere quelle piccole macchie marroni sulla faccia che si chiamano lentiggini.
Io le ho.

Per essere enormemente magnifica...
Marco dice che bisogna essere la più intelligente della classe.
Io non lo sono.

Per essere enormemente magnifica...
Stefano dice che bisogna saper dire le battute più buffe della scuola.
Io non lo so fare.

Per essere enormemente magnifica...
Laura dice che bisogna vivere nel quartiere più carino della città e nella casa più graziosa.
Io non lo faccio.

Per essere enormemente magnifica...
Mattia dice che bisogna indossare solo i vestiti più carini e le scarpe più alla moda.
Io non li indosso.

Per essere enormemente magnifica...
Samantha dice che bisogna provenire da una famiglia perfetta.
Non è il mio caso.

Ma ogni sera, quand'è ora di dormire, papà mi abbraccia forte e dice:
«Tu sei enormemente magnifica e io ti voglio bene!».
Papà deve sapere qualcosa che i miei amici non sanno…

Anche Dio, in ogni istante, ti abbraccia forte e dice:
"Tu sei enormemente magnifica, magnifico e io ti voglio bene!"
Dio deve sapere qualcosa di te che gli altri non sanno.

stimaamorefiduciaamore di Dioaccettazioneinterioritàesteriorità

5.0/5 (2 voti)

inviato da Liliana Belloro, inserito il 07/04/2007

RACCONTO

11. Il semaforo blu   3

Gianni Rodari, Favole al telefono

Una volta il semaforo che sta a Milano, in piazza del Duomo fece una stranezza.
Tutte le sue luci, ad un tratto, si tinsero di blu, e la gente non sapeva più come regolarsi.
"Attraversiamo o non attraversiamo? Stiamo o non stiamo?"
Da tutti i suoi occhi, in tutte le direzioni, il semaforo diffondeva l'insolito segnale blu, di un blu che così blu il cielo di Milano non era stato mai.
In attesa di capirci qualcosa gli automobilisti strepitavano e strombettavano, i motociclisti facevano ruggire lo scappamento e i pedoni più grassi gridavano:
"Lei non sa chi sono io!"
Gli spiritosi lanciavano frizzi:
"Il verde se lo sarà mangiato il commendatore, per farci una villetta in campagna.
Il rosso lo hanno adoperato per tingere i pesci ai Giardini.
Col giallo sapete che ci fanno? Allungano l'olio d'oliva."
Finalmente arrivò un vigile e si mise in mezzo all'incrocio a districare il traffico. Un altro vigile cercò la cassetta dei comandi per riparare il guasto, e tolse la corrente.
Prima di spegnersi il semaforo blu fece in tempo a pensare:
"Poveretti! Io avevo dato il segnale di - via libera - per il cielo. Se mi avessero capito, ora tutti saprebbero volare. Ma forse gli è mancato il coraggio."

Gli uomini sono abituati, come gli automobilisti, a vivere con la testa china sul volante, badando alla strada, ciascuno chiuso nella sua scatola di ferro, preoccupati del lavoro, del denaro, delle mille "grane" quotidiane.
L'Avvento è come il semaforo blu.
E' qualcosa che ti dice:
"Fermati! Stai buttando via un tesoro!
Non c'è solo la terra! Guarda su! C'è anche il cielo!"
Ma è una voce esile e molti, spesso, la ignorano...

(Commento di Bruno Ferrero).

avventopreghierarapporto con Diointerioritàesteriorità

3.5/5 (2 voti)

inviato da Marcello, inserito il 03/05/2006

RACCONTO

12. La pecorella di Dio   3

C'era una volta una pecorella ribelle.
Essa vagava senza ben sapere che strada prendere.
Più volte Dio gliel'aveva mostrata ma lei voleva fare di testa sua, voleva cavarsela da sola.
Poiché la strada che si era scelta era comoda e priva di sacrifici.
Un bel giorno stanca di vivere nell'oppio decise di seguire la voce di Dio.
La strada che Dio le mostrò era tutta in salita.
La pecorella voleva tornare indietro, Dio però la incoraggiò ed ella riprese il suo cammino... a volte cadeva a terra, Dio però non la lasciava sola, se la metteva in braccio e l'aiutava nel proseguire.
La pecorella arrivò alla meta proposta da Dio sanguinante e straziata.
Ma quel che è strano è che arrivò felice.
Il Signore se la portò in paradiso.
Ora le disse nessuno ti farà del male sarai tutta mia io che tanto ho sperato in te e che tanto ti ho amata.
La pecorella capì che più grande ricompensa non poteva avere.

amore di Diosequeladoloresofferenzacrocefiduciafede

1.0/5 (1 voto)

inviato da Alessia, inserito il 19/06/2005

RACCONTO

13. La Banca del tempo   3

Immagina che esista una Banca che ogni mattina accredita la somma di 86.400 euro sul tuo conto.

Non conserva il tuo saldo giornaliero. Ogni notte cancella qualsiasi quantità del tuo saldo che non sia stata utilizzata durante il giorno.

Che faresti? Ritireresti fino all'ultimo centesimo ogni giorno, ovviamente!!!

Ebbene, ognuno di noi possiede un conto in questa Banca. Il suo nome? Tempo.

Ogni mattina questa Banca ti accredita 86.400 secondi. Ogni notte questa Banca cancella e dà come perduta qualsiasi quantità di questo credito che tu non abbia investito in un buon proposito. Questa Banca non conserva soldi né permette trasferimenti.

Ogni giorno ti apre un nuovo conto. Ogni notte elimina il saldo del giorno.

Se non utilizzi il deposito giornaliero, la perdita è tua. Non si può fare marcia indietro.
Non esistono accrediti sul deposito di domani.
Devi vivere nel presente con il deposito di oggi.

Investi in questo modo per ottenere il meglio nella salute, felicità e successo. L'orologio continua il suo cammino. Ottieni il massimo da ogni giorno.

tempovalore del tempovitapresentepassatofuturo

4.0/5 (3 voti)

inviato da Giuseppe, inserito il 14/12/2002

RACCONTO

14. Il libro della natura   1

Evagrio Pontico

Venne da Antonio nel deserto uno dei saggi di quel tempo e disse: «Padre, come puoi sopportare di vivere qui, privato come sei di ogni consolazione che viene dai libri?»

Antonio rispose: «Il mio libro, o filosofo, è la natura delle cose create, e ogni volta che lo desidero posso leggerlo nelle opere di Dio.»

naturacreato

inviato da Corradini Don Lorenzo, inserito il 11/12/2002

RACCONTO

15. Trovare le risposte   1

Paulo Coelho, I racconti del maktub

In un bar in un paese remoto della Spagna, vicino alla città di Olite, c'è un'insegna messa dal proprietario: "Non appena arrivavo a trovare tutte le risposte, tutte le domande cambiavano". Dice il maestro: "Siamo sempre preoccupati nel dare risposte. Sentiamo che le risposte sono importanti per capire il significato della vita. E' molto più importante vivere pienamente, e permettere che il tempo ci riveli i segreti della nostra esistenza. Se ci preoccupiamo troppo col dare un senso alla vita, preveniamo la natura dal suo agire, e diventiamo incapaci di leggere i segnali di Dio".

ricerca di sensosenso della vitadomanderisposte

inviato da Anna Lianza, inserito il 24/11/2002

RACCONTO

16. Il tesoro del giardiniere   1

Leone Tolstoi, Racconti

C'era una volta un uomo che faceva il giardiniere. Non era ricco, ma lavorando sodo era riuscito a comperare una bella vigna. Aveva anche allevato tre figli robusti e sani. Ma proprio qui stava il suo cruccio: i tre ragazzi non mostravano in alcun modo di condividere la passione del padre per il lavoro campestre.

Un giorno il giardiniere sentì che stava per giungere la sua ultima ora. Chiamò perciò i suoi ragazzi e disse loro: «Figli miei, debbo rivelarvi un segreto: nella vigna è nascosto tanto oro da bastare per vivere felici e tranquilli. Cercate questo tesoro, e dividetevelo fraternamente tra voi.» Detto questo, spirò.

Il giorno dopo i tre figli scesero nella vigna con zappe, vanghe e rastrelli, e cominciarono a rimuovere profondamente il terreno. Cercarono per giorni e giorni, poiché la vigna era grande e non si sapeva dove il padre avesse nascosto l'oro di cui aveva parlato. Alla fine si accorsero di aver zappato tutta la terra senza aver trovato alcun tesoro. Rimasero molto delusi.

Ma dopo qualche tempo, compresero il significato delle parole del padre: infatti quell'anno la vigna diede una quantità enorme di splendida uva, perché era stata ben curata e zappata.

Vendettero l'uva e ne ricavarono molti rubli d'oro, che poi divisero fraternamente secondo la raccomandazione del padre. E da quel giorno compresero che il più grande tesoro per l'uomo è il frutto del suo lavoro.

impegnolavororesponsabilità

5.0/5 (1 voto)

inviato da Andrea Zamboni, inserito il 23/11/2002

RACCONTO

17. Imparare ad amare   1

Rivista Pregare

Un uomo, che si sentiva orgoglioso del verde tappeto del suo giardino, un brutto giorno scoprì che il suo bel prato era infestato da una grande quantità di "denti di leone". Cercò con tutti i mezzi di liberarsene, ma non poté impedire che divenissero una vera piaga.

Alla fine si decise di scrivere al ministero dell'Agricoltura, riferendo tutti gli sforzi che aveva fatto, e concluse la lettera chiedendo: "Che cosa posso fare?".

Giunse la risposta: "Le suggeriamo d'imparare ad amarli".

Autentica piaga è per una persona non accettare gli avvenimenti, non amare tutto ciò che c'è nel suo giardino. Se non si può averla vinta con tanti "denti di leone" che esistono, è necessario apprendere una nuova tecnica: quella dell'amore. Imparare ad amare non è per nulla facile, poiché bisogna perdere, impiegare molto tempo per ascoltare gli altri: piante, animali, persone.

Il vivere in comunità, è come essere piantato in un giardino. In essa ci ogni specie di fiori, piante... Alcuni fioriscono più degli altri; alcuni in un tempo, altri più tardi. Ci sono addirittura piante che non fioriscono mai. Però tutte hanno una funzione, una missione.

I primi cristiani erano "un cuor solo ed un'anima sola, e nessuno riteneva niente come proprio, anzi tutto era di tutti" (Atti, 4,32). Si distinguevano da coloro che non erano cristiani per il solo fatto d'aver appreso ad amare e di crescere nell'amore. Dei primi cristiani affermava Diogneto:

"Amano tutti e da tutti sono perseguitati... Sono poveri, ma arricchiscono tutti. Sono privi d'ogni cosa, ma abbondano in tutto... Li caricano di vituperi, e loro li benedicono... Li si ingiuria e loro onorano. Si comportano bene e sono castigati come malfattori. Condannati a morte, si rallegrano come se fosse loro donata la vita".

comunitàamoreaccettazionetolleranza

inviato da Luca Mazzocco, inserito il 24/10/2002

RACCONTO

18. La Rosa   1

Bruno Ferrero, L'importante è la rosa

Il poeta tedesco Rilke abitò per un certo periodo a Parigi. Per andare all'Università percorreva ogni giorno, in compagnia di una sua amica francese, una strada molto frequentata.

Un angolo di questa via era permanentemente occupato da una mendicante che chiedeva l'elemosina ai passanti. La donna sedeva sempre allo stesso posto, immobile come una statua, con la mano tesa e gli occhi fissi al suolo.

Rilke non le dava mai nulla, mentre la sua compagna le donava spesso qualche moneta.

Un giorno la giovane francese, meravigliata domandò al poeta: «Ma perché non dai mai nulla a quella poveretta?».

«Dovremmo regalare qualcosa al suo cuore, non alle sue mani», rispose il poeta.

Il giorno dopo, Rilke arrivò con una splendida rosa appena sbocciata, la depose nella mano della mendicante e fece l'atto di andarsene.

Allora accadde qualcosa d'inatteso: la mendicante alzò gli occhi, guardò il poeta, si sollevò a stento da terra, prese la mano dell'uomo e la baciò. Poi se ne andò stringendo la rosa al seno.

Per una intera settimana nessuno la vide più. Ma otto giorni dopo, la mendicante era di nuovo seduta nel solito angolo della via. Silenziosa e immobile come sempre.

«Di che cosa avrà vissuto in tutti questi giorni in cui non ha ricevuto nulla?», chiese la giovane francese.

«Della rosa», rispose il poeta.

«Esiste un solo problema, uno solo sulla terra. Come ridare all'umanità un significato spirituale, suscitare un'inquietudine dello spirito. E' necessario che l'umanità venga irrorata dall'alto e scenda su di lei qualcosa che assomigli a un canto gregoriano. Vedete, non si può continuare a vivere occupandosi soltanto di frigoriferi, politica, bilanci e parole crociate. Non è possibile andare avanti così» (Antoine de Saint-Exupéry).

amoreinterioritàspiritualitàbisogno di affetto

inviato da Maria, inserito il 21/05/2002

RACCONTO

19. Padre Metodio e gli amici

Andrea Panont

Un giorno Padre Metodio, ricevette dai suoi Su­periori l'ordine di partire dal suo convento e di tra­sferirsi in un altro, in una città lontana, molto lontana.

Il Religioso che voleva vivere bene quel vange­lo che aveva tanto studiato e predicato, illuminò subito la sua obbedienza, ricordando quanto Gesù aveva detto ai "superiori": "Chi ascolta voi, ascol­ta me", e disse di sì con la gioia di chi sa che fare la volontà di Dio è la più bella avventura che pos­sa capitare ad un uomo su questa terra.

Certo che il suo "sì" non era detto ad un uomo, ma a Dio che manifestava e manifesta la sua volontà tramite il suo superiore.

Gli amici e i conoscenti di P. Meto­dio, saputa la cosa, si diedero da fare per tratte­nerlo fra loro e per impedirgli di andare lontano.
Del resto gli volevano bene e ne erano ricam­biati.

Vedendoli recalcitranti all'ordine del Supe­riore, padre Metodio li rassicurava:

"Un giorno - raccontò - la terra si svegliò tutta ammantata di piante, di fiori, di frutti, giardini, campagne. Riconoscendosi arricchita di tanti doni e ornata di tanti colori, fu invasa da un'ondata di riconoscen­za verso il sole, autore di tanto splendore e gli disse: Avvicinati, che ti do un bacio per esprimerti il mio grazie.

Il sole rispose: Ti voglio bene ed è per questo che devo stare alla distanza voluta e fissa­ta dal Creatore. Se ti vengo vicino ti farei del ma­le; ti brucerei".

La comunione vitale, fra le creatu­re, sta nel fare ciascuna la volontà di Dio, nel vivere la vocazione che Dio le ha dato.

Per questo il Religioso concluse dicendo agli amici: "Proprio perché vi voglio bene, lasciatemi andare in quella città lontana, ma così... vicina".

vocazioneobbedienza

inviato da Luca Mazzocco, inserito il 09/05/2002

RACCONTO

20. Cosa importa?

Anthony De Mello

Un discepolo disse al suo guru che sarebbe andato in un luogo lontano per meditare e che sperava di tornare illuminato. Così, ogni sei mesi, il discepolo spediva al guru una lettera per riferirgli dei progressi che stava compiendo.

Una prima lettera diceva: "Ora capisco cosa significa rinunciare a se stessi per far posto a Dio". Il guru stracciò il foglio e lo gettò nel cestino della carta.

Dopo sei mesi ricevette un'altra lettera che diceva: "Ora ho raggiunto la sensibilità nei confronti di tutti gli esseri viventi". Il guru la strappò.

Una terza lettera diceva: "Ora capisco il segreto del vivere in comunità". Anche questa fu stracciata.

La cosa andò avanti per quattro anni e poi non arrivarono più missive. Dopo un po' il guru cominciò a preoccuparsi. Finalmente ricevette una lettera dal giovane. C'era scritto: "Cosa importa?". E quando il guru l'ebbe letta, esclamò: "Ce l'ha fatta! Ce l'ha fatta! Finalmente ha capito! Ha capito!".

essenzialitàcrescitaabbandonovita

inviato da Emilio Centomo, inserito il 08/05/2002

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