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TESTO

1. Betlemme città del pane... Pane nostro

Gianni Fanzolato

Pane nostro, né tuo, né mio, ma nostro, è di tutti.
Nasci in cielo, perché seminato nel cuore di Dio,
ma fiorisci nei prati del mondo dove tutti possono sfamarsi.

Il tuo nome sacro e fragrante sarà onorato e santificato,
se verrà moltiplicato e presente in tutte le mense del mondo.
Se anche un bambino dell'Africa, che non ha neanche acqua
per bere, potrà assaporare la delizia del tuo caldo sapore di pane.

Quando la tua presenza onorerà il desco del povero e del ricco,
e sarai pane di vita in tutti gli altari del mondo per lenire la nostra
fame di Dio, che è grande, allora il tuo regno è una splendida realtà.

E' volontà di Dio che ti condividiamo, che ti spezziamo, rinnovando
il miracolo che un giorno Cristo ha fatto con cinquemila affamati.
Continua a seminare nel tuo cuore questo seme di vita, così in Asia,
Africa, America ed Europa ogni giorno ci darai la pianta con pane per tutti.

Gesù, se imparassimo una buona volta ad essere generosi, a pensare
a chi non ha niente, ci sarebbero perdonati molti peccati, perché
molto abbiamo amato. Il mondo sarebbe una foresta verde piena di vita.

Scuotici, svegliaci, Signore per non lasciarci nella tentazione
dell'egoismo e della chiusura, e liberaci dal male che distrugge
l'umanità. Se il pane ci sarà per tutti, la vita fiorirà come un campo
appena arato e seminato e ci sarà festa per tutti i tuoi figli, che ami.

Loreto, S. Natale 2018, P. Gianni Fanzolato

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inviato da P. Gianni Fanzolato, inserito il 29/12/2018

TESTO

2. Cosa ti manca per essere felice?   4

Simona Atzori, Cosa ti manca per essere felice? Mondadori

Perché ci identifichiamo sempre con quello che non abbiamo, invece di guardare quello che c'è?
Spesso i limiti non sono reali, i limiti sono solo negli occhi di chi ci guarda.
Dobbiamo fermarci in tempo, prima di diventare quello che gli altri si aspettano che siamo. È nostra responsabilità darci la forma che vogliamo, liberarci di un po' di scuse e diventare chi vogliamo essere, manipolare la nostra esistenza perché ci assomigli.
Non importa se hai le braccia o non le hai, se sei lunghissimo o alto un metro e un tappo, se sei bianco, nero, giallo o verde, se ci vedi o sei cieco o hai gli occhiali spessi così, se sei fragile o una roccia, se sei biondo o hai i capelli viola o il naso storto, se sei immobilizzato a terra o guardi il mondo dalle profondità più inesplorate del cielo. La diversità è ovunque, è l'unica cosa che ci accomuna tutti.
Tutti siamo diversi, e meno male, altrimenti vivremmo in un mondo di formiche.
Non c'è nulla che non possa essere fatto, basta trovare il modo giusto per farlo.
Io tengo il microfono con i piedi, altri con le mani, altri ancora lo tengono sull'asta. Sta a noi trovare il modo giusto per noi.
Io credo nella legge dell'attrazione: quello che dai ricevi. Se trasmetti amore, attenzione, serenità; se guardi alla vita con uno sguardo costruttivo; se scegli di essere attento agli altri e al loro benessere; se conservi le cose che ami e lasci scivolare via quelle negative, la vita ti sorriderà.
Se avessi avuto paura sarei andata all'indietro, invece che avanti. Se mi fossi preoccupata mi sarei bloccata, non mi sarei buttata, avrei immaginato foschi scenari e mi sarei ritirata. Invece ho immaginato. Adesso sono felice, smodatamente, spudoratamente felice. Ed è una gioia raccontarla, questa mia felicità.

felicitàlimitiaccettazionegratitudineprogettorealizzazioneimpegnodiversitàpositività

5.0/5 (1 voto)

inserito il 22/03/2018

TESTO

3. Avvento significa saper attendere   1

Dietrich Bonhoeffer, Voglio vivere questi giorni con voi, a cura di M. Weber, Editrice Queriniana, Brescia 2007, p. 37

Festeggiare l'Avvento significa saper attendere: attendere è un'arte che il nostro tempo impaziente ha dimenticato. Esso vuole staccare il frutto maturo non appena germoglia; ma gli occhi ingordi vengono soltanto illusi, perché un frutto apparentemente così prezioso è dentro ancora verde, e mani prive di rispetto gettano via senza gratitudine ciò che li ha delusi. Chi non conosce la beatitudine acerba dell'attendere, cioè il mancare di qualcosa nella speranza, non potrà mai gustare la benedizione intera dell'adempimento.

Chi non conosce la necessità di lottare con le domande più profonde della vita, della sua vita e nell'attesa non tiene aperti gli occhi con desiderio finché la verità non gli si rivela, costui non può figurarsi nulla della magnificenza di questo momento in cui risplenderà la chiarezza; e chi vuole ambire all'amicizia e all'amore di altro, senza attendere che la sua anima si apra all'altra fino ad averne accesso, a costui rimarrà eternamente nascosta la profonda benedizione di una vita che si svolge tra due anime.

Nel mondo dobbiamo attendere le cose più grandi, più profonde, più delicate, e questo non avviene in modo tempestoso, ma secondo la legge divina della germinazione, della crescita e dello sviluppo.

avventoattesaattendereimpazienzapazienzasperanzafretta

inviato da Qumran2, inserito il 25/08/2016

RACCONTO

4. La stella verde   2

Don Angelo Saporiti, Commento sul Natale

In cielo c'erano migliaia di stelle di tutti i colori: bianche, argentate, dorate, rosse, blu e verdi.
Un giorno andarono da Dio e dissero: "Desideriamo andare sulla terra e poter vivere tra la gente".
"Così sia", rispose Dio. "Io vi lascio così piccole come siete, così che discretamente possiate scendere sulla terra".
E così, in quella notte, ci fu una meravigliosa pioggia di stelle. Qualcuna si fermò sul campanile, qualcun'altra volò con le lucciole sopra i campi, qualcun'altra ancora si mescolò tra i giocattoli dei bimbi, così che la terra era meravigliosamente scintillante.
Con il passare del tempo però le stelle decisero di lasciare la gente sulla terra e di fare ritorno in cielo.
"Perché siete tornate indietro?" chiese loro Dio.
"Signore, non potevamo stare sulla terra, dove c'è così tanta miseria, ingiustizia e violenza".
"Sì", disse Dio, "il vostro posto è qui in cielo. La terra è il luogo delle illusioni, il cielo è invece il luogo dell'eternità e della vita senza fine".
Quando tutte le stelle furono tornate indietro, Dio le contò e si accorse che ne mancava una. "Manca una di voi. Ha forse preso la strada sbagliata?"
Un angelo, che era nelle vicinanze, disse: "No, Signore, una stella ha deciso di rimanere tra la gente. Ha scoperto che il suo posto era là, dove c'è l'imperfezione, il limite, la miseria e il dolore".
"E chi è quindi questa stella?", volle sapere Dio.
"E' la stella verde, l'unica con questo colore, la stella della speranza".
Così quando ogni sera le stelle guardavano di sotto vedevano la terra meravigliosamente illuminata, perché in ogni dolore umano c'era una stella verde.

Prendi ora questa stella, la stella verde nel tuo cuore.
La stella della speranza non lasciarla andare via. Non lasciare che si spenga!
Stai sicuro: lei brillerà sul tuo cammino e con il tuo cuore illuminato contagerà altre persone.

speranza

3.8/5 (4 voti)

inviato da Don Angelo Saporiti, inserito il 09/12/2011

RACCONTO

5. L'arcobaleno della nostra vita   3

Nella nostra vita non c'è niente di preconfezionato, ogni cosa ce la dobbiamo costruire con i vari colori che formano la realtà.

Il BIANCO è il colore principale che servirà come base. È la quotidianità, il voler costruire, giorno dopo giorno, pezzo dopo pezzo, la tua vita, che è unica e insostituibile.

Poi c'è il ROSSO che ci ricorda il sangue, la lotta, la passione, la sofferenza, i sacrifici... Sì, lo so, che quest'ultima parola non va di moda, ma è comunque essenziale.

Ecco l'AZZURRO che ricorda il cielo, la serenità, la gioia, la condivisione... l'allegria dello stare insieme agli altri.

Il GIALLO è il colore del successo, del benessere del pane abbondante che ci viene donato ogni giorno.

Il VIOLA è il colore della riflessione, del silenzio, della meditazione... del trovare noi stessi.

Poi c'è il VERDE il colore della natura, della speranza, dei passaggi, dell'attesa, della risurrezione... della vita.

L' ARANCIONE è la capacità di rinnovarsi, di affrontare le cose in modo nuovo, vincendo la noia e la ripetitività di ogni giorno.

Ecco, prendi tutti questi colori e con essi vedi di dipingere l'affresco della tua vita. Non pensare che sarà un lavoro semplice, e nemmeno che te la caverai facilmente. L'affresco finirà solo con la tua vita; ma è nelle sapiente combinazione di questi colori che troverai ciò che hai sempre desiderato.

Come in natura i colori si uniscono formando un unico arcobaleno, così il Dio della vita, fedele alle sue promesse di alleanza, ci invita a divenire UNO in lui armonizzando le nostre ricchezza doni, diversità e carismi. Questo è l'affresco che siamo chiamati a dipingere.

carismiunitàvitadoni di Dio

2.3/5 (3 voti)

inviato da Enrica, inserito il 25/03/2010

RACCONTO

6. Storia di una goccia d'acqua

Allora disse il gran Padre, il Padre di tutte le cose: "Vai, vai e non ritornare da me prima di aver mostrato agli esseri la mia presenza!" E ne fu spaventata. Non era che una piccola goccia d'acqua. Come avrebbe potuto dimostrare la potenza di Dio? Voleva tornare indietro ma non poteva. Era stata mandata.

Quando cadde dal cielo altissimo l'avvolse l'aria e quasi la consumò. Poi fu impastata dalla terra. Si vergognava perché prima era stata un piccolo specchio del cielo, ora invece, era piena di polvere attaccaticcia. E sentì una radice vicina. E la radice l'afferrò. Divenne parte di una pianta. Fu una fibra, un velo verde, un goccio di frutto. Si sentì bere più volte. Spesso soffiata via nel vapore, si rapprese col freddo e ricadde giù. Una lunga storia. Imparò a sentirsi terra e vegetale. Visse molte volte pulsazioni nel sangue dei viventi. E fu fiume, lago, filo di perle quando cadeva nella rugiada del mattino. Le sembrò di perdersi, di sparire. Soffrì molto. Ora cercata con rabbia, ora pestata e dimenticata.

Poi un giorno, il sole la prese con più forza del solito, e la portò con sé in alto. Le disse: "Sono finite le tue stagioni, gocciolina, sali di nuovo. Ti aspetta il Gran Padre!". La goccia salì e le sembrò di essere felice. Ma quando vide protendersi in alto, verso di lei, rami, lingue vive, ebbe nostalgia.

Il Padre delle cose le sorrise: "Hai fatto bene, piccola mia - le disse - ora cosa vuoi?". "Ritornare giù, papà, ritornare giù! Qui vicino a te, sono un cristallo di gioia, ma laggiù, nel mondo pieno di sete, io sono molto di più: sono la tua presenza".

gioiapresenza di Diosegno di Dioamore

3.0/5 (2 voti)

inviato da Assunta Maglione, inserito il 11/06/2009

RACCONTO

7. Il semaforo blu   3

Gianni Rodari, Favole al telefono

Una volta il semaforo che sta a Milano, in piazza del Duomo fece una stranezza.
Tutte le sue luci, ad un tratto, si tinsero di blu, e la gente non sapeva più come regolarsi.
"Attraversiamo o non attraversiamo? Stiamo o non stiamo?"
Da tutti i suoi occhi, in tutte le direzioni, il semaforo diffondeva l'insolito segnale blu, di un blu che così blu il cielo di Milano non era stato mai.
In attesa di capirci qualcosa gli automobilisti strepitavano e strombettavano, i motociclisti facevano ruggire lo scappamento e i pedoni più grassi gridavano:
"Lei non sa chi sono io!"
Gli spiritosi lanciavano frizzi:
"Il verde se lo sarà mangiato il commendatore, per farci una villetta in campagna.
Il rosso lo hanno adoperato per tingere i pesci ai Giardini.
Col giallo sapete che ci fanno? Allungano l'olio d'oliva."
Finalmente arrivò un vigile e si mise in mezzo all'incrocio a districare il traffico. Un altro vigile cercò la cassetta dei comandi per riparare il guasto, e tolse la corrente.
Prima di spegnersi il semaforo blu fece in tempo a pensare:
"Poveretti! Io avevo dato il segnale di - via libera - per il cielo. Se mi avessero capito, ora tutti saprebbero volare. Ma forse gli è mancato il coraggio."

Gli uomini sono abituati, come gli automobilisti, a vivere con la testa china sul volante, badando alla strada, ciascuno chiuso nella sua scatola di ferro, preoccupati del lavoro, del denaro, delle mille "grane" quotidiane.
L'Avvento è come il semaforo blu.
E' qualcosa che ti dice:
"Fermati! Stai buttando via un tesoro!
Non c'è solo la terra! Guarda su! C'è anche il cielo!"
Ma è una voce esile e molti, spesso, la ignorano...

(Commento di Bruno Ferrero).

avventopreghierarapporto con Diointerioritàesteriorità

3.5/5 (2 voti)

inviato da Marcello, inserito il 03/05/2006

TESTO

8. Mangi il pane e non ti tieni in piedi

Mons. Ravasi, Avvenire, 24.02.2005

Mangi il pane e non ti tieni in piedi, bevi l'acqua e non ti disseti, tocchi le cose e non le senti al tatto, annusi il fiore e il suo profumo non arriva alla tua anima. Se però l'amato è accanto a te, tutto, improvvisamente, risorge, e la vita ti inonda con tale forza che ritieni il vaso d'argilla della tua esistenza incapace a sostenerla.

Queste due frasi delle Variazioni sul Cantico dei cantici (Interlogos 1994) del teologo greco-ortodosso Christos Yannaras illustrano in modo nitido la forza dell'amore vero. Tutto ciò che il giorno prima non aveva sapore, colore, profumo, dopo che ci si è innamorati, si trasforma e trasfigura. È come la superficie di un lago che in un giorno nuvoloso è simile a una lastra metallica grigia e che, col sole, si muta in una tavolozza di colori, rispecchiando l'azzurro del cielo e il verde delle sponde.

Se non si conosce l'amore nel senso pieno e assoluto del termine, si può essere allegri ma non veramente felici, si può godere ma non si conosce la gioia, si può agire ma non creare. È la scoperta di una pienezza che l'amato ti dona in modo unico, come cantava anche Rita Pavone in una canzone degli anni Sessanta: «Come te non c'è nessuno. Tu sei l'unico al mondo».

L'amore non è solo unicità, è anche tensione verso l'infinito: per questo non si può avere l'amore ma essere nell'amore; non è un possesso, ma una tensione vitale. Yannaras scriveva ancora: «Se esci dal tuo Io, sia pure per gli occhi belli di una zingara, sai cosa domandi a Dio e perché corri dietro a Lui».

In ogni amore genuino c'è lo slancio verso l'Amore infinito, totale, assoluto. È per questo che l'amore è grazia ed è definizione di Dio.

amoreamare

inviato da Danisa, inserito il 23/09/2005

TESTO

9. L'amicizia   1

Gianni Fanzolato

L'amicizia è fresca e buona
come un sorso d'acqua
dopo una lunga corsa:
è l'unica che desideri veramente.

L'amicizia è un ponte fra due rive:
se non sai nuotare e hai paura dell'acqua,
senza di lei non puoi passare oltre.

L'amicizia è un fiore rosso
nel davanzale di casa tua:
chi lo vede e gode per i suoi colori,
capisce che dentro c'è un cuore che batte.

L'amicizia è un venticello di tramontana
quando fa caldo e l'afa ti toglie il respiro,
lei è balsamo e rigenera la vita
con la sua frescura.

L'amicizia è una luce che scorgi
in una notte nera e disperata:
quando ti appare ritorna il sorriso.

L'amicizia è una mano sullla spalla,
quando cammini solo e il peso ti sovvrasta:
il suo calore scalda le vene e mette ali ai piedi.

L'amicizia è un libro bianco sulla tua tavola:
ci puoi scrivere, inventare storie e perfino sfogarti,
è sempre aperto e pronto per accoglierti.

L'amicizia è un'oasi verde nel deserto,
è una tenda per il pellegrino errante,
è una porta spalancata, un lampo di speranza.

L'amicizia va a braccetto con l'amore:
quando li separi e non l'intendi,
l'una diventa possesso e l'altro tornaconto.

L'amicizia vera nasce dal cuore di Dio,
quando ti illudi di viverla senza Lui,
al primo ostacolo si spezza
come un cristallo infranto ed è rovina.

L'amicizia è dono,
è gratuita come l'aria che respiri,
e come l'acqua che sorseggi.
L'amicizia è gioia,
colora la tua vita di faville.
L'amicizia è pace,
porta calma fra i marosi.
L'amicizia è Dio che ti vuole bene
e niente più.

amicizia

inviato da P. Gianni Fanzolato, inserito il 11/02/2005

RACCONTO

10. Il giardino di Dio   1

Pino Marelli, Nuovi Incontri per i genitori, Elledici

C'era una volta un giardino chiuso da altissime mura, che suscitava la curiosità di molti.
Finalmente una notte quattro uomini si munirono di un'altissima scala per vedere che mai ci fosse di là.
Quando il primo raggiunse la sommità del muro, si mise a ridere forte e saltò nel giardino.
Salì a sua volta il secondo, si mise a ridere e saltò anch'egli.
Così il terzo.
Quando toccò al quarto, questi vide dall'alto del muro uno splendido giardino con alberi da frutta, fontane, statue, fiori di ogni genere e mille altre delizie.
Forte fu il desiderio di gettarsi in quell'oasi di verde e di quiete, ma un altro desiderio ebbe il sopravvento: quello di andare per il mondo a parlare a tutti dell'esistenza di quel giardino e della sua bellezza.

È questo il tipo di uomo che salva l'umanità.
Colui che avendo visto Dio desidera condividerne con gli altri la visione.
Costui avrà un giorno nel giardino un posto speciale, accanto al cuore di Dio.

condivisioneannunciomissione

inviato da Anna Barbi, inserito il 01/04/2003

PREGHIERA

11. L'erba del mio giardino   1

Adriana Zarri

Fa' che non creda che ci siano vocazioni privilegiate, più perfette, e che non presuma di abbracciarle per essere da più degli altri.
Quale che sia, la mia vocazione è la più grande; e l'erba del mio giardino è la più verde perché è quella che tu hai annaffiato per me.
Per seguire la tua voce dammi la generosità di Abramo, la prontezza di Samuele, la naturalezza di Maria.
E dammi la pazienza di attendere e l'umiltà di scegliere quella strada fra tutte, e la capacità di viverle tutte in quella unica che è mia.

vocazionechiamataprogetto di Dioamore di Dioumiltàmissione

inviato da Eleonora Polo, inserito il 18/11/2002

RACCONTO

12. Imparare ad amare   1

Rivista Pregare

Un uomo, che si sentiva orgoglioso del verde tappeto del suo giardino, un brutto giorno scoprì che il suo bel prato era infestato da una grande quantità di "denti di leone". Cercò con tutti i mezzi di liberarsene, ma non poté impedire che divenissero una vera piaga.

Alla fine si decise di scrivere al ministero dell'Agricoltura, riferendo tutti gli sforzi che aveva fatto, e concluse la lettera chiedendo: "Che cosa posso fare?".

Giunse la risposta: "Le suggeriamo d'imparare ad amarli".

Autentica piaga è per una persona non accettare gli avvenimenti, non amare tutto ciò che c'è nel suo giardino. Se non si può averla vinta con tanti "denti di leone" che esistono, è necessario apprendere una nuova tecnica: quella dell'amore. Imparare ad amare non è per nulla facile, poiché bisogna perdere, impiegare molto tempo per ascoltare gli altri: piante, animali, persone.

Il vivere in comunità, è come essere piantato in un giardino. In essa ci ogni specie di fiori, piante... Alcuni fioriscono più degli altri; alcuni in un tempo, altri più tardi. Ci sono addirittura piante che non fioriscono mai. Però tutte hanno una funzione, una missione.

I primi cristiani erano "un cuor solo ed un'anima sola, e nessuno riteneva niente come proprio, anzi tutto era di tutti" (Atti, 4,32). Si distinguevano da coloro che non erano cristiani per il solo fatto d'aver appreso ad amare e di crescere nell'amore. Dei primi cristiani affermava Diogneto:

"Amano tutti e da tutti sono perseguitati... Sono poveri, ma arricchiscono tutti. Sono privi d'ogni cosa, ma abbondano in tutto... Li caricano di vituperi, e loro li benedicono... Li si ingiuria e loro onorano. Si comportano bene e sono castigati come malfattori. Condannati a morte, si rallegrano come se fosse loro donata la vita".

comunitàamoreaccettazionetolleranza

inviato da Luca Mazzocco, inserito il 24/10/2002

TESTO

13. Sorridi alla vita

Rivista il Cenacolo n. 3/99

Sorridi alla vita che viene e avanza, sempre così ricca di sorprese e di novità.
Sorridi alla poesia che ti canta nel cuore, per spingerti alla ricerca di spazi sconfinati.
Sorridi al tuo oggi, così fresco e pulito, per niente corroso dalla pesantezza del tempo.
Sorridi ai fiori gialli del campo e ai convolvoli rosa, aggrappati alla siepe della strada.
Sorridi al cinguettio dei passeri che saltano di ramo in ramo tra il verde dei pini.
Sorridi ai tentativi che fai per diventare creatura nuova.
Sorridi al sudore di colui che scalpellando trae dalle viscere austere della pietra il volto radioso di un bimbo.
Sorridi al vento che, accarezzandoti, reca in dono il profumo ossigenante dei campi vicini e lontani.
Sorridi al sole, che ancora non si è stancato di offrirti una cascata di luce e di calore.
Sorridi ai bambini che incontri, perché sono il grande motore del futuro.
Sorridi all'anziano dal volto grinzoso, perché ha nel cuore una storia che ti è necessario sapere.
Sorridi alla musica silenziosa delle stelle che, di lassù, guidano la danza dell'universo.
Sorridi anche alla pagina del dolore, perché, quando l'avrai completata, voltandola, ne troverai una tutta bianca e sarà l'inizio di una stagione nuova.

vitasorrisosperanzaottimismo

inviato da Anna Barbi, inserito il 30/09/2002

TESTO

14. Avevo una scatola di colori

Tali Sorek, israeliana

Avevo una scatola di colori,
brillanti, decisi e vivaci.

Avevo una scatola di colori.
alcuni caldi, altri molto freddi.

Non avevo il rosso per il sangue dei feriti.
Non avevo il nero per il pianto degli orfani.
Non avevo il bianco per le mani e il volto dei morti.
Non avevo il giallo per le sabbie ardenti.

Ma avevo l'arancio per la gioia della vita.
E il verde per i germogli e i nidi.
E il celeste dei chiari cieli splendenti.
E il rosa per i sogni e il riposo.

Mi sono seduta e ho dipinto la pace.

* note trovate in internet ma non verificate:

si tratta di una poesia trovata nello zainetto di Tali Sarek, una bimba di Beersheba (Israele) di 12 o 13 anni, al tempo della guerra del Kippur.

Esprime con parole semplici e toccanti la reazione di una creatura davanti alla guerra. C'è il rifiuto del dolore, delle atrocità e delle sofferenze. Prevale il sogno e il bisogno della pace.

La poesia è stata inserita nel libro "Mai più la guerra".

paceguerraconflitti

inviato da Barbara, inserito il 27/09/2002

TESTO

15. L'attimo presente

Andrea Panont, L'alfabeto di Dio

Una volta camminavo sul marciapiede mentre infuriava un temporale e il vento soffiava così forte da portarmi via il cappello: davanti a me, a un metro di distanza, cadde improvvisamente dal balcone di un terzo piano, sfracellandosi a terra, un grosso vaso di fiori. Un attimo di smarrimento; ma poi mi resi conto che potevo, dovevo con­tinuare a camminare.

Si deve vivere sempre come se ogni momento, vaso o no, temporale o no, malattia o no, fosse l'ultimo della vita.
L'ultimo attimo può essere il primo: il primo e l'ultimo attimo di una vita coincidono.
È bene, allora, vivere ogni momento come se fosse il primo, l'ultimo, l'unico della vita.
"Chi vive e crede in me - cioè chi ama - non morrà in eterno."

Mi piace canticchiare durante la giornata le parole-preghiera d'una vecchia canzone del Gen verde:
"Fammi parlare sempre come fosse l'ultima parola che dico.
Fammi agire sempre come fosse l'ultima azione che faccio.
Fammi soffrire sempre come fosse l'ultima sofferenza che ho da offrirti.
Fammi pregare sempre come fosse l'ultima possibilità che ho qui in terra di parlare con te".

presentecogliere l'attimo

inviato da Luca Mazzocco, inserito il 24/09/2002

TESTO

16. La gioia dell'acqua

Un fiume lento; un rivo silenzioso, poco profondo. il gorgoglio di una sorgente attraverso mazzetti di violette. Il sussurro di un ruscello in un bosco. Il ruggito di una cascata. Lo zampillo di una canna da giardino. Il luccichio delle fontane. Lo splendore dell'acqua che scivola sulla pietra. Pozzanghere tappezzate di foglie cremisi. Onde solide come vetro verde, che lanciano la loro spuma a cavalcare l'enorme massa marina. Il rumoreggiare dell'acqua dietro uno scafo da corsa. Piccoli arcobaleni nelle ragnatele mattutine. Rugiada sui piedi nudi. Musi di rana in uno stagno. Laghi che catturano cieli estivi. Pioggia che batte sulle finestre della tua casa sicura.

creazionenatura

inviato da Michela De Santis, inserito il 04/05/2002

TESTO

17. La cornacchia e l'abete

Stefan Wyszynski, Appunti dalla prigione

17 gennaio 1954, domenica

Una cornacchia si è seduta in cima ad un alto abete. Si è guardata attorno con espressione autoritaria e ha emesso un grido di vittoria. A questo essere rumoroso sembra davvero che l'abete le debba tutto: la sua esistenza, la sua bellezza slanciata, il verde sempre vivo, la forza nella lotta col vento. Questa superbia della Cornacchia è stupefacente. Grande benefattrice dell'abete silenzioso! E l'abete neppure trema; sembra che non veda la cornacchia; meditabondo leva i suoi rami verso il cielo. Sopporta tranquillamente l'ospite rumoroso. Nulla turba i suoi pensieri, la sua serietà, la sua pace. Tante nubi sono già passate su di lui, tanti uccelli si sono fermati qui! E se ne sono andati, così come tu te ne andrai. Questo non è il tuo posto, non ti senti sicura e urlando così cerchi di supplire alla mancanza di forza. Io sono cresciuto da questa terra e sono piantato con le mie radici nel suo cuore. E tu, nube passeggera, che getti un'ombra di tristezza sulla mia cima dorata, sei in balia dei venti. Bisogna sopportarti tranquillamente. Tu gracchi la tua canzone noiosa, senza anima e povera, poi te ne vai. Che cosa riesci a fare con un urlo? Io resto, per perseverare nel raccoglimento, per costruire la mia pazienza, per sopportare turbini e tempeste, per andare sempre più in alto, tranquillamente. Non mi oscuri il sole, non mi affascini, non muti il fine del mio salire. C'era il bosco e voi non c'eravate, non ci sarete e ci sarà il bosco. Una favola? Non, non è una favola.

Stefan Wyszynski: nato nel 1901, nel 1948 primate di Polonia; nel 1953, dura fase di repressione contro la Chiesa; il 25 settembre è arrestato, internato, isolato da ogni contatto è liberato il 28 ottobre 1956, muore il 28.5.1981. "Appunti... 1953-56" date alle stampe 3 settimane prima di morire, sono note personali.

fortezzaumiltàtempo

inviato da Don Angelo, inserito il 25/04/2002