I tuoi ritagli preferiti

Tutti i ritagli

Indice alfabetico dei temi

Invia il tuo ritaglio

Hai cercato piazza tra i ritagli medi

Hai trovato 11 ritagli

Ricerca avanzata
tipo
parole
tema
fonte/autore

TESTO

1. La pace è finita, andate a Messa   1

Tonino Bello, Affliggere i consolati

Il frutto dell'eucaristia dovrebbe essere la condivisione dei beni. I nostri comportamenti invece sono l'inversione di questa logica. Le nostre messe dovrebbero smascherare i nuovi volti dell'idolatria. Le nostre messe dovrebbero metterci in crisi ogni volta. Per cui per evitare le crisi bisognerebbe ridurle il più possibile. Non fosse altro che per questo. Dovrebbero smascherare le nostre ipocrisie e le ipocrisie del mondo. Dovrebbero far posto all'audacia evangelica. Non dovrebbero servire agli oppressori.

Bonhoeffer diceva che non può cantare il canto gregoriano colui che sa che un fratello ebreo viene ammazzato. Non si può cantare il canto gregoriano quando si sa che il mondo va così.

Tante volte anche noi, presi da una fede flaccida, svenevole, abbiamo fatto dell'eucaristia un momento di compiacimenti estenuanti, che hanno snervato proprio la forza d'urto dell'eucaristia e ci hanno impedito di udire il grido dei Lazzari che stanno fuori la porta del nostro banchetto.

Se dall'eucaristia non parte una forza prorompente che cambia il mondo, che dà la voglia dell'inedito, allora sono eucaristie che non dicono niente.

Se dall'eucaristia non si scatena una forza prorompente che cambia il mondo, capace di dare a noi credenti l'audacia dello Spirito Santo, la voglia di scoprire l'inedito che c'è ancora nella nostra realtà umana, è inutile celebrare l'eucaristia. Questo è l'inedito nostro: la piazza. Lì ci dovrebbe sbattere il Signore, con una audacia nuova, con un coraggio nuovo. Ci dovrebbe portare là dove la gente soffre oggi. La Messa ci dovrebbe scaraventare fuori.

Anziché dire la messa è finita, andate in pace, dovremmo poter dire la pace è finita, andate a messa. Ché se vai a Messa finisce la tua pace.

eucaristiamessasolidarietàcambiamento

inviato da Eleonora Polo, inserito il 27/06/2019

TESTO

2. E' facile dire Natale

Giuseppe Impastato S.I.

Come dire "Natale" alle giovani braccia alzate
per fermare i carri armati? Che orrore: no! No!
non si sono arrestati quei carri... e fu stritolato
lo sterminato grido di popolo oppresso,
e tanto sangue innocente bagnò la grande piazza
sotto gli occhi muti e increduli del mondo!

Come dire ‘Natale' ad Auschwitz, Dachau, Nagasaki,
alle Fosse Ardeatine e di Katyn, a Piazza Fontana,
al mare di Lampedusa e ai cieli di Ustica? Che orrore,
mio Dio: non tacciono i fucili dei plotoni di esecuzione,
sono accesi i forni crematori, bruciano le Torri Gemelle...
e stadi e carceri sono affollati di nemici del potere!

Come dire ‘Natale' a Tobagi, Bachelet, Dalla Chiesa,
Anna Frank, Martin Luther King, Falcone, Pino Puglisi?
Che orrore, mio Dio! Non si sono inceppate le P38,
si ode il crepitio dei kalashnikov, si propagano le nubi
di Cernobyl, scoppiano le mine antiuomo, crollano
gli ospedali di Siria, il ponte di Mostar... Sangue, sangue.

Come dire ‘Natale' all'immenso coro di dolore,
che si innalza da ghetti, campi di sterminio, al pianto
di neonati buttati tra i rifiuti, di uccisi nelle strade,
agli occhi lucidi di vecchi soli buttati lontano dalla vita...
Cosa dire agli inebetiti dalle droghe e dall'alcool,
dagli istupiditi dal gioco, ad abusati e violentate?

Mescolate col sangue scorrono sangue e bestemmie.
Caino è sempre tra noi, su Abele si dirigono le belve umane,
a Betlem si levano urla di madri, Susanna è condannata a morte.
Su melma e su fango, tra lacrime grida e spari
si spande un biancore puro di luce: sei tu, Gesù. Per tutti
è Natale di attenzione, vicinanza, pace, gioia, speranza.

nataledolorepaceguerra

inviato da Giuseppe Impastato S.I., inserito il 28/12/2016

TESTO

3. Vogliamo essere animatori così - Decalogo animatore   3

1. La direzione dell'animatore è la direzione di Cristo: una e una sola!

2. Se c'è un metodo è lo stesso metodo di Dio: a) non sta dietro la cattedra ad insegnare; si siede in mezzo ai ragazzi per testimoniare, b) Condivide la loro vita e li conosce personalmente uno per uno, li chiama per nome.

3. L'obiettivo è "presentare i ragazzi a Dio oltre che solo Dio ai ragazzi" (la preghiera).

4. Portare nel cuore le realtà di vita di ognuno e farlo diventare un offertorio costante nella propria vita di preghiera (prega per il gruppo e per ciascun componente del gruppo).

5. Non pensare che il gruppo è completo e ti appartiene perché manca sempre qualcuno (la pecorella smarrita da andare a cercare).

6. La cosa bella è che l'animatore cresce nella misura in cui crescono i ragazzi.

7. Ricordati però che non sei solo, condividi questo servizio con altri con i quali devi essere in comunione di preghiera e di azione.

8. Parrocchia ma non troppa: la tua spiritualità è laicale: nel mondo attento alle cose del mondo (non chiudersi in sacrestia). Dì ai tuoi ragazzi di andare in piazza a fare le vasche... da cristiani però.

9. Se riconosci di avere il carisma dell'educatore, coltivalo! (parabola di talenti); prega e usa i mezzi specifici che la Chiesa e/o il tuo gruppo ti da.

10. "Animatore fai da te? no Diotour? AHI - AHI - AHI".

educatoreeducareanimatoregruppo

4.0/5 (1 voto)

inviato da Don Giuseppe Ghirelli, inserito il 23/08/2012

PREGHIERA

4. La candela accesa   5

Tonino Lasconi, Amico Dio, Preghiere di ragazzi

Signore,
oggi ho vissuto un'esperienza nuova.
Visto che la grande chiesa, sulla piazza,
era aperta, sono entrato.
Dentro non c'era nessuno.

Io vado sempre in chiesa,
Signore, ma alla domenica.
C'è la gente, ci sono i canti,
ci sono le luci accese.

Oggi invece non c'era nessuno,
soltanto un raggio di luce
che cadeva dall'alto.
Con un po' di tremore ho attraversato la navata
e sono andato sul fondo, dietro l'altare.

Accanto al tabernacolo,
una candela accesa.
Non l'avevo mai notato
ma oggi, in quella penombra,
mi è sembrata un faro.

Signore,
so che tu sei dovunque,
in cielo, in terra, in ogni luogo.
Ma, oggi, ho sentito un qualcosa...
come se tu, davvero, abitassi la dentro.
Mi sono messo seduto e ho pensato
che deve essere triste per te
quando nessuno ti viene a trovare.

Signore,
so che quella candela arde sempre
e io le ho chiesto di farti compagnia
al posto mio,
anche quando non mi ricordo di te.

E' bello, Signore, pensare che dovunque mi trovi,
qualsiasi cosa faccia, quella fiammella che arde
mi fa rimanere vicino a te.

presenzaeucaristiapreghieratabernacolofedeltàrapporto con Dio

4.8/5 (4 voti)

inviato da Maria Colombo Lge, inserito il 24/06/2012

TESTO

5. Dov'eri tu quei tre giorni?   1

Giuseppe Impastato S.I.

C'eri pure tu tra la folla
a gridare "Osanna" al maestro Gesù
quando entrava su un asinello
tra palme e olivi nella città santa?
Perché allora l'hai lasciato solo
quando in piazza tanti scalmanati
han gridato: "Crocifiggilo"?

Eri tu presente nella sinagoga
quando un uomo paralitico
fu trasportato a braccia da Gesù
che l'ha rinviato a casa risanato?
Perché allora non sei corso anche tu
in piazza quando tanti scalmanati
han gridato a Pilato: "Donaci Barabba"?

Non eri tu fra i discepoli
nel cui cuore Gesù ha letto il tradimento
e a cui il Signore ha lavato i piedi
mentre gli giuravi eterna fedeltà?
Perché allora non sei salito pure tu
sul Gòlgota, aiutandolo a portare il legno
caricandoti il peccato del mondo?

venerdì santotradimentopeccatocrocifissionediscepolatodomenica delle palmesettimana santa

5.0/5 (5 voti)

inviato da Giuseppe Impastato S.I., inserito il 08/04/2012

TESTO

6. Egli viene   1

don Primo Mazzolari, Il compagno Cristo

Egli viene dove volete, dove vi piace,
avendo preso dimora con voi:
in casa vostra, in fabbrica, in piazza.
Ovunque andiate, egli vi segue:
anzi, ci ha preceduto.
Egli occupa ogni cosa nostra,
e ogni nostra abitazione,
da quando si è fatto uomo per stare con noi

Gesù

inviato da Fr. Francesco Bergomi, inserito il 09/12/2011

RACCONTO

7. La fede   4

Bruno Ferrero, La vita è tutto ciò che abbiamo

I campi erano arsi e screpolati dalla mancanza di pioggia. Le foglie pallide e ingiallite pendevano penosamente dai rami. L'erba era sparita dai prati. La gente era tesa e nervosa, mentre scrutava il cielo di cristallo blu cobalto.

Le settimane si succedevano sempre più infuocate. Da mesi non cadeva una vera pioggia.

Il parroco del paese organizzò un'ora speciale di preghiera nella piazza davanti alla chiesa per implorare la grazia della pioggia.

All'ora stabilita la piazza era gremita di gente ansiosa, ma piena di speranza. Molti avevano portato oggetti che testimoniavano la loro fede. Il parroco guardava ammirato le Bibbie, le croci, i rosari. Ma non riusciva a distogliere gli occhi da una bambina seduta compostamente in prima fila. Sulle ginocchia aveva un ombrello rosso.

fedefiduciasperanzafiducia in Dio

5.0/5 (4 voti)

inviato da Qumran2, inserito il 17/07/2009

TESTO

8. Chiostri interiori

Chiara Lubich

Non c'è cuore di un uomo, credo, e tanto meno di donna, che almeno una volta, specie durante la giovinezza, non abbia sentito l'attrattiva del chiostro.

Non è l'attrattiva per una forma claustrale di vita, ma per cosa che pare sia concentrato proprio lì, fra quattro mura, e si fa sentire, sonoro, anche da lontano.

Eppure anche la mia casa può avere il profumo del chiostro; anche le pareti del mio abitato possono divenire regno di pace, fortezze di Dio in mezzo al mondo.

Non è tanto il chiasso esterno della radio aperta a tutto spiano, dell'inquilino accanto, e lo strepito delle macchine, o l'urlo degli strilloni, che tolgono l'incanto alla mia casa; è piuttosto ogni rumore dentro di me che fa del mio abitato una piazza senza protezione di mura, perché senza protezione di amore. Il Signore è dentro di me. Egli vorrebbe muovere i miei atti, permeare della sua luce il mio pensiero, accendere la mia volontà, darmi la legge insomma del mio stare e del mio andare.

Ma c'è il mio io, a volte, che non lo lascia vivere. Se quello cessa di disturbare, Iddio stesso prenderà possesso di tutto il mio essere e saprà dare anche a queste mura l'importanza di un'abbazia e a questa stanza la sacralità di una chiesa, al mio seder a mensa la dolcezza di un rito, alle mie vesti il profumo di un abito benedetto, al suono della porta o del telefono la nota gioiosa di un incontro con i fratelli, che rompe, eppur continua il colloquio con Dio.

Allora sul silenzio di me parlerà un Altro e sullo spegnersi mio si accenderà una luce. Ed essa brillerà molto lontano, oltrepassando e quasi consacrando queste mura che proteggono un membro di Cristo, un tempio dello Spirito Santo. E altra gente verrà alla casa mia per cercare con me il Signore e, nella nostra comune ricerca amorosa, s'accrescerà la fiamma, s'alzerà il tono della melodia divina. E il cuor mio pur stando in mezzo al mondo, non chiederà più altro. Cristo sarà il mio chiostro, il Cristo del mio cuore, Cristo in mezzo ai cuori

preghierarumoresilenzioamorevita interioreinterioritàrapporto con Dio

5.0/5 (1 voto)

inviato da Luca, inserito il 29/05/2009

RACCONTO

9. Il semaforo blu   3

Gianni Rodari, Favole al telefono

Una volta il semaforo che sta a Milano, in piazza del Duomo fece una stranezza.
Tutte le sue luci, ad un tratto, si tinsero di blu, e la gente non sapeva più come regolarsi.
"Attraversiamo o non attraversiamo? Stiamo o non stiamo?"
Da tutti i suoi occhi, in tutte le direzioni, il semaforo diffondeva l'insolito segnale blu, di un blu che così blu il cielo di Milano non era stato mai.
In attesa di capirci qualcosa gli automobilisti strepitavano e strombettavano, i motociclisti facevano ruggire lo scappamento e i pedoni più grassi gridavano:
"Lei non sa chi sono io!"
Gli spiritosi lanciavano frizzi:
"Il verde se lo sarà mangiato il commendatore, per farci una villetta in campagna.
Il rosso lo hanno adoperato per tingere i pesci ai Giardini.
Col giallo sapete che ci fanno? Allungano l'olio d'oliva."
Finalmente arrivò un vigile e si mise in mezzo all'incrocio a districare il traffico. Un altro vigile cercò la cassetta dei comandi per riparare il guasto, e tolse la corrente.
Prima di spegnersi il semaforo blu fece in tempo a pensare:
"Poveretti! Io avevo dato il segnale di - via libera - per il cielo. Se mi avessero capito, ora tutti saprebbero volare. Ma forse gli è mancato il coraggio."

Gli uomini sono abituati, come gli automobilisti, a vivere con la testa china sul volante, badando alla strada, ciascuno chiuso nella sua scatola di ferro, preoccupati del lavoro, del denaro, delle mille "grane" quotidiane.
L'Avvento è come il semaforo blu.
E' qualcosa che ti dice:
"Fermati! Stai buttando via un tesoro!
Non c'è solo la terra! Guarda su! C'è anche il cielo!"
Ma è una voce esile e molti, spesso, la ignorano...

(Commento di Bruno Ferrero).

avventopreghierarapporto con Diointerioritàesteriorità

3.5/5 (2 voti)

inviato da Marcello, inserito il 03/05/2006

RACCONTO

10. La pipa e il pettine   1

Rabindranath Tagore

Era un matrimonio povero.

Lei filava alla porta della sua baracca, pensando a suo marito. Tutti quelli che passavano rimanevano attratti dalla bellezza dei suoi capelli, neri, lunghi, luccicanti.

Lui andava ogni giorno al mercato a vendere un po' di frutta e si sedeva sotto l'ombra di un albero per aspettare i clienti. Stringeva tra i denti una pipa vuota, non aveva soldi per comperare un pizzico di tabacco.

Si avvicinava il giorno del loro anniversario di matrimonio e lei non smetteva di chiedersi che cosa avrebbe potuto regalare al marito. E con quali soldi? Le venne un'idea. Mentre la pensava, ebbe un brivido, però dopo aver deciso, si riempì di gioia: avrebbe venduto i suoi capelli per comperare il tabacco a suo marito.

Già immaginava il suo uomo nella piazza, seduto davanti alla frutta, dando lunghe boccate alla sua pipa: aromi di incenso avrebbero dato, al padrone della piccola bancarella, la solennità e il prestigio di un vero commerciante.

Vendendo i suoi capelli ottenne solo alcune monete, però scelse con attenzione il tabacco più pregiato.

Alla sera, ritornò il marito, arrivò cantando. Portava nelle sue mani un piccolo pacchetto, c'erano alcuni pettini per la sposa, li aveva acquistati dopo aver venduto la sua pipa.

L'amore è puro dono,
pura gioia di pensare all'altro,
di togliersi dal centro della propria vita
per lasciare all'altro lo spazio d'onore.

amoredono di sésposisacrificiomatrimoniocoppia

5.0/5 (3 voti)

inviato da Anna Barbi, inserito il 08/09/2002

RACCONTO

11. La contadina e le candele   1

Anni fa una contadina, essendo il marito ammalato gravemente, fece voto di accendere ogni giorno, per un intero anno, un cero dinanzi all'effige della Santa Vergine.

Tutte le mattine, di buon'ora, correva fino alla piazza principale del paese dove si ergeva la chiesa parrocchiale e, recitato un Pater, Ave e Gloria, offriva la sua candela alla Madonna. Poi se ne tornava velocemente a casa per assistere il marito infermo. Dopo nove giorni, l'uomo si alzò dal letto guarito.

Il decimo giorno, la donna, avendo da lavare tutta la biancheria accumulatasi durante la malattia del marito, disse tra sé: "Oggi ho troppo lavoro da sbrigare. Vorrà dire che andrò in chiesa domani e accenderò due ceri".

L'indomani pioveva grosso un dito, perciò la donna si disse: "Oggi c'è troppa pioggia. Se uscissi, m'inzupperei tutta. Vorrà dire che andrò domani e accenderò tre ceri".

Di giorno in giorno, trovava sempre una scusa buona per non andarci. Però la brava donna si faceva premura di tenere il conto delle candele che avrebbe dovuto accendere.

E così un bel dì si accorse che erano già cinquanta. "Cinquanta candele?!? Ma se io, adesso, vado in chiesa ad accendere cinquanta candele mi prenderanno certamente per matta!".
Perciò decise di lasciar stare.

intercessionepreghiera di domandaingratitudinegratitudinereligiositàpreghierapigrizia

inviato da Don Giovanni Benvenuto, inserito il 09/04/2002