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RACCONTO
C'era una volta un povero spaccapietre che col sole o con la pioggia passava la giornata a spezzar sassi sul ciglio della strada. «Ah, se potessi essere un gran signore», pensò un giorno, «mi riposerei finalmente». C'era per aria un Genio, che lo udì. «Sia esaudito il tuo desiderio!», gli disse.
Detto fatto. Il povero spaccapietre si trovò di colpo in un bel palazzo, servito da uno stuolo di domestici. Poteva riposare a suo agio...
Ma un giorno lo spaccapietre ebbe l'idea di levar gli occhi al cielo, e vide ciò che forse non aveva guardato mai: il Sole! «Ah, se potessi diventare il Sole!», sospirò. «Non avrei neppure il fastidio di vedermi intorno tutti quei domestici». Anche questa volta il Genio buono lo volle far contento: «Sia come vuoi!», gli disse.
Ma quando l'uomo fu diventato il Sole, ecco che una nube venne a passargli innanzi, offuscando il suo splendore. «Potessi essere una Nuvola!», pensò. «Una nuvola è persino più potente del Sole».
Ma esaudito che fu, soffiò il Vento, che ridusse a brandelli le nuvole nel ciclo.
«Vorrei essere il Vento che travolge ogni cosa!». E il Genio compiacente di nuovo lo esaudì.
Ma, divenuto Vento impetuoso e violento, incontrò la Montagna che resiste anche al Vento.
Trasformato in Montagna, si accorse che qualcuno gli spezzava la base a colpi di piccone.
«Ah, poter esser quello che spezza le montagne!». E per l'ultima volta, il Genio lo esaudì.
Così lo Spaccapietre si ritrovò di nuovo sul ciglio della strada, nella sua prima forma di umile operaio. Né mai d'allora in poi si lagnò più.
accontentarsifelicitàinfelicitàimportanza delle piccole coseconsapevolezzalamentarsiricchezza
inviato da Il Patriota Cosmico, inserito il 09/06/2015
RACCONTO
Un uomo, camminando, parlava con se stesso come fanno di solito coloro che nella vita non hanno amici con cui confidarsi.
- Ecco - diceva -, nessuno è più povero di me; avevo un cappello e me l'ha portato via il vento; avevo un mantello e me l'hanno rubato; avevo un bastone e ho dovuto bruciarlo per farne fuoco; avevo una ciotola per il cibo e la bevanda e il fiume me l'ha portata via; non ho che le mani per raccogliere acqua da bere. C'è al mondo qualcuno più povero di me?
- Io fratello.
L'uomo si volta e vede davanti a sé il Signore in abito da pellegrino.
- Io sono più povero di te. Tu, se hai sete, puoi raccogliere acqua con le mani: io no, perché me le hanno trafitte.
passionedolorecompassionepovertàricchezza
inviato da Il Patriota Cosmico, inserito il 09/06/2015
RACCONTO
Nelle città orientali vi sono strade in cui i cuochi preparano le pietanze più squisite sul posto, e la gente si affolla intorno alle loro bancarelle per mangiare e far acquisti. Ad una di queste bottegucce ambulanti, si avvicinò un giorno un povero saraceno. Non avendo denari per comprarsi qualcosa, allungò il suo pane sopra una teglia di arrosto, lo impregnò del fumo appetitoso che ne usciva, e se lo mangiò avidamente.
Ma proprio quella mattina, il cuciniere non aveva fatto buoni affari ed era di malumore. Perciò si rivolse con ira al povero saraceno e gli disse: «Pagami quello che ai preso». «Ma io dalla tua cucina non ho preso altro che fumo», rispose il poveretto. «E tu pagami il fumo!» tuonò il cuoco inviperito.
La cosa finì in tribunale. Il Sultano chiamò a raduno tutti i saggi del regno e propose loro di risolvere la questione. Cominciarono dunque a discutere e sottilizzare: chi dava ragione all'uno col pretesto che il fumo appartiene al padrone dell'arrosto, e chi all'altro, sostenendo che il fumo è di tutti, come l'aria che si respira.
Finalmente, dopo lunghe perplessità, la sentenza fu questa: «Dacché il povero ha goduto il fumo, ma non ha toccato l'arrosto, prenda una moneta e la batta sul banco. Il suono della moneta pagherà il cuciniere».
Così fu fatto. In cambio del fumo dell'arrosto, il cuoco ebbe il suono della moneta.
inviato da Il Patriota Cosmico, inserito il 09/06/2015
RACCONTO
Apoftegmi dei Padri del deserto
Vivevano in una stessa cella due fratelli assai celebrati per la loro umiltà e pazienza. Un po' alla volta, passando gli anni, si erano accomodati il loro nido eremitico in modo perfetto. La cella l'avevano fatta di vinchi e tutta intonacata; attorno poi avevano piantato un bell'orto con rigagnoli d'acqua derivati da una sorgente vicina, che lo mantenevano fresco tutto l'anno e così ricco di erbaggi e di frutti da averne anche da regalare agli altri eremiti. Non mancavano neppure piccole aiuole di fiori e di erbe odorifere che servivano ad adornare il piccolo altare dell'oratorio.
Un giorno un vecchio monaco che aveva sentito parlare delle grandi virtù di questi due fratelli, volle accertarsene di persona: «Andrò a vedere», disse, «se sarà tutto oro o se vi sarà anche del piombo».
Accolto con molta riverenza e fatta orazione, chiese di vedere il giardino. «Venite venite», dissero i due, e vo lo accompagnarono. «Bello bello!», faceva il vecchio arricciando il naso: «anche troppo bello per degli eremiti...» E, preso un bastone, si mise a menarlo con gran furia a destra e a manca, sbattendolo sui cavoli, l'insalata, i cetrioli, i fiori. Pareva impazzito. I due stavano lì a mani giunte a guardarlo, ed ebbero appena il fiato di dire: «O Dio!», ma non aggiunsero altro.
Più tardi, prostratisi ai piedi di quel santo Padre che nel frattempo s'era seduto all'ombra a tergersi il sudore, gli dissero: «Padre, se ti piace, vorremmo andare a cogliere un poco di quel cavolo che c'è rimasto, e così lo cuoceremo e lo mangeremo tutti e tre insieme». Il vecchio non credeva ai propri orecchi: tutto stupefatto, li abbracciò e disse: «Rendo grazie a Dio, perché veramente lo Spirito Santo abita in voi».
fraternitàconcordiapace interiorepazienzaumiltà
inviato da Il Patriota Cosmico, inserito il 09/06/2015
TESTO
Quanto dai al bisognoso, è un guadagno anche per te stesso.
Quanto riduce il tuo capitale, accresce in realtà il tuo profitto.
Il pane che dai ai poveri, è esso ad alimentarti.
Perché chi prova compassione per il bisognoso, coltiva se stesso con i frutti della propria umanità.
generositàamoreelemosinacaritàcondivisionepoverisolidarietà
inviato da Qumran2, inserito il 09/06/2015
PREGHIERA
126. Luci di speranza per la famiglia ferita
don Paolo Gentili e Tommaso e Giulia Cioncolini, Preghiera per il Sinodo dei vescovi sulla famiglia
Signore e Dio di ogni paternità che, con le tue carezze, curi la pecora ferita e lenisci i suoi dolori con il balsamo della tua Parola, illuminaci affinché sappiamo accogliere, con il tuo stesso amore, le persone separate ed i fedeli che, nel divorzio, sono passati ad una nuova unione.
Dai luce ai nostri occhi, affinché possiamo vedere nel dolore delle famiglie spezzate l'apice dell'incapacità di amare che sperimenta qualsiasi uomo e qualsiasi donna.
Insegnaci, con la Grazia dello Spirito, a discernere le differenti situazioni, con sincera fedeltà alle indicazioni del Magistero, evitando inopportune confusioni e illuminando la via buona da seguire.
Sostienici per annunciare loro la Verità del Vangelo e essere, nello stesso tempo, segno della materna tenerezza della Chiesa e delle sue viscere di misericordia.
Fa' che possiamo, come comunità cristiana, divenire locanda per l'umanità ferita, e accompagnare nel doloroso Calvario le persone separate, condividendo con loro la fatica del cammino.
Illumina il nostro cuore affinché, stando accanto, possiamo far percepire loro che non sono sole, e che possono ristorarsi nell'abbraccio dei fratelli, nella presenza feconda della tua Parola, nella preghiera intima e comunitaria, nelle relazioni umane risanate da Cristo.
Concedi ai presbiteri, ai religiosi e religiose, agli sposi e alle persone separate, che si fanno compagni di viaggio per chi vive la separazione ed il divorzio, di educare alla potenza salvifica di Cristo che sa trasformare una vita distrutta nel profumo della vita buona del Vangelo.
Guarda con particolare amore ai figli delle famiglie separate, perché possano scoprire nuovi orizzonti di senso attraverso il dono di sé. Accompagna, in questo tempo, la nostra Chiesa, perché, coniugando Verità e Carità, sia ogni giorno capace di offrire luci di speranza per la famiglia ferita. Amen.
famigliaseparazioneseparatidivorziodivorziatimisericordia
inviato da Qumran, inserito il 09/06/2015
PREGHIERA
Cristo, oggi sono in cerca di pane,
il mio pane quotidiano,
quello che serve per la fame di oggi,
per passare di là oggi,
per avere la forza di remare
sotto la tempesta di oggi.
Il pane che non ha profumo se non di sudore,
il pane che non ha gusto, se non di vita,
il pane che fa stare in piedi,
che serve a camminare,
a remare, a vangare,
a combattere con fede, a morire in pace.
..."in principio era la Parola"
e la parola è il pane quotidiano
per ogni uomo che viene al mondo.
inviato da Don Giovanni Benvenuto, inserito il 26/05/2015
PREGHIERA
Servire, rivista Scout per educatori, 3/2014, p. 50
Signore, ci hai detto di chiederlo ogni giorno ma è per noi più che un bene materiale: è il pane, Signore, che hai misteriosamente scelto per testimoniare tra noi la tua presenza e non possiamo, se non profanandolo, considerarlo solo come il prodotto del fornaio. Non ne ho mai cotto io stesso, non ho mai seminato né frumento né segale nei prati arati; non ne ho mai falciato un covone, non ho mai battuto le spighe sull'aia, non ho né macinato il grano né impastata la farina, né mescolato il lievito alla pasta, non ho sorvegliato la cottura. Tutto questo è stato fatto da altri, e quasi tutti anonimi. Io mi son contentato di tagliare il mio pane e di mangiarlo, senza pesar pensar tanto alla sua storia prodigiosa.
Trovo naturale mangiare il pane, eppure non penso che ogni pezzo di pane può ricondurmi a te.
Non ci hai narrato del lievito che la massaia nasconde in mezzo alle tre misure di farina? E tu, non hai moltiplicato nel deserto i cinque pani d'orzo che stavano con qualche pesce in fondo ad un cestino? Il pane? Ma tu l'hai preso nelle tue mani, l'hai spezzato, l'hai distribuito e l'hai mangiato con i tuoi discepoli, ti sei identificato con il pane della vita e hai scelto una cosa tanto comune, un cibo quotidiano che è nell'ambito del nostro stesso appetito: "Io sono il Pane vero".
Eppure, oggi, io mi nascondo dietro lunghe elucubrazioni e mi pare persino strano che per scorgerti vicino a noi, a tavola, sia sufficiente rompere un pezzo di pane, senza discorsi né laboriose dimostrazioni. E ho bisogno di questo piccolo gesto per sapere che mi sei vicino.
inviato da Don Giovanni Benvenuto, inserito il 26/05/2015
TESTO
Cammina facendo attenzione ai segni.
Non ci sono bussole che indichino da che parte sta Dio,
ma ci sono dei secoli sul cammino.
Il che tuttavia non ti evita di camminare nella notte
e di ferirti incontrando uno spuntone di roccia.
Ma anche nella notte più tenebrosa ci sono delle stelle.
Chi cerca Dio è una persona attenta!
La ricerca di Dio comporta che si rimetta costantemente
in questione la propria esistenza
e che si abbandonino le proprie sicurezze.
Dio lo si incontra al termine di un lungo cammino.
Chi cerca Dio è un nomade!
Gli esploratori senza entusiasmo
non scoprono nulla e soprattutto
non fanno nascere il desiderio di seguirli.
A volte si va avanti vacillando,
ma sempre con la gioia nel cuore,
perché ci si affretta verso colui che attira e seduce.
Chi cerca Dio è un appassionato!
Il mondo deve essere cambiato oggi.
E' oggi, con i compagni di questo momento,
in mezzo alle gioie e alle difficoltà di questo tempo,
con le possibilità che ci sono offerte ora,
che noi dobbiamo intraprendere la grande avventura
per cercare di riportare il mondo a Dio.
Chi cerca Dio appartiene al suo tempo!
Nel cammino fidati di colui che stai cercando!
Anche se tutte le stelle sembrano spegnersi
e tutte le promesse andare a vuoto,
tu sai che Dio non può chiamarti,
ne destare la tua, voglia di esplorare e di trovare,
per abbandonarti, alla fine, nell'oscurità della notte.
Quando sale la nebbia e ti afferrano la paura e il dubbio:
allora, ti resta solo la fiducia in colui che ti ama e ti cerca.
E credere è proprio dare fiducia,
al di là di ogni apparenza contraria.
Chi cerca Dio è fedele!
camminofiduciafedericerca di Dio
inviato da Qumran, inserito il 05/05/2015
PREGHIERA
130. Signore, riconciliami con me stesso 7
Signore, riconciliami con me stesso.
Come potrei incontrare e amare gli altri
se non mi incontro e non mi amo più?
Signore, tu che mi ami cosi come sono
e non come mi sogno,
aiutami ad accettare la mia condizione di uomo,
limitato ma chiamato a superarsi.
Insegnami a vivere con le mie ombre e le mie luci,
con le mie dolcezze e le mie collere,
i miei sorrisi e le mie lacrime,
il mio, passato e il mio presente.
Fa' che mi accolga come tu m'accogli,
che mi ami come tu mi ami.
Liberami dalla perfezione che mi voglio dare,
aprimi alla santità che vuoi accordarmi.
Risparmiami i rimorsi di chi
rientra in se stesso per non uscirne più,
spaventato e disperato di fronte al peccato.
Accordami il pentimento
che incontra il silenzio del tuo sguardo
pieno di tenerezza e di pietà.
E se devo piangere,
non sia su me stesso
ma sull'amore offeso.
La tua tenerezza
mi faccia esistere ai miei stessi occhi!
Spalanca la porta della mia prigione
che io stesso chiudo a chiave!
Dammi il coraggio di uscire da me stesso.
Dimmi che tutto è possibile per chi crede.
Dimmi che posso ancora guarire,
nella luce del tuo sguardo e della tua parola.
accettazione di séperdonomisericordiaaccettazioneamore di Dio
inviato da Qumran, inserito il 05/05/2015
PREGHIERA
Ti ho cercato, o Signore della vita,
e tu mi hai fatto il dono di trovarti:
te io voglio amare, mio Dio.
Perde la vita, chi non ama te:
chi non vive per te, Signore,
è niente e vive per il nulla.
Accresci in me, ti prego,
il desiderio di conoscerti
e di amarti, Dio mio:
dammi, Signore, ciò che ti domando.
Anche se tu mi dessi il mondo intero,
ma non mi donassi te stesso,
non saprei cosa farmene, Signore.
Dammi te stesso, Dio mio!
Ecco, ti amo, Signore:
aiutami ad amarti di più.
ricerca di Dioricercarapporto con Dio
inviato da Qumran, inserito il 06/02/2015
TESTO
Robert Frost, Mountain Interval, 1916
Due strade divergevano in un bosco giallo
e mi dispiaceva non poterle percorrere entrambe
ed essendo un solo viaggiatore, rimasi a lungo
a guardarne una fino a che potei.
Poi presi l'altra, perché era altrettanto bella,
e aveva forse l'aspetto migliore,
perché era erbosa e meno consumata;
Sebbene il passaggio le avesse rese
quasi simili
ed entrambe quella mattina erano lì uguali
con foglie che nessun passo aveva annerito.
Oh, misi da parte la prima per un altro giorno!
Pur sapendo come una strada porti ad un'altra,
dubitavo se mai sarei tornato indietro.
Lo racconterò con un sospiro
da qualche parte tra anni e anni:
due strade divergevano in un bosco, e io -
io presi la meno percorsa,
e quello ha fatto tutta la differenza.
inviato da Qumran, inserito il 06/02/2015
TESTO
San Serafino di Sarov, Detti
Acquista e conserva la pace interiore e migliaia intorno a te troveranno la salvezza.
Nulla aiuta di più la pace interiore che il silenzio: il dialogo incessante con se stessi e il silenzio con gli altri.
Non bisogna mai esagerare in nulla, ma fare in modo che il nostro amico, il corpo, rimanga fedele e partecipi alla nostra vita interiore.
Bisogna essere pazienti verso se stessi e sopportare le proprie mancanze come si sopportano quelle degli altri, ma bisogna anche non lasciarsi prendere dalla pigrizia e sforzarsi di sempre migliorare.
Davanti alle nostre mancanze non arrabbiamoci, non aggiungiamo un male ad un altro male, ma conserviamo la pace interiore, e dedichiamoci con coraggio a convertirci. La virtù non è una pera che si mangia in un solo boccone.
Dobbiamo attenderci gli attacchi del demonio. Come possiamo sperare che ci lascerà tranquilli se ha tentato anche nostro Signore Gesù?
Se Dio abbandonasse l'uomo a se stesso, il diavolo sarebbe pronto a ridurlo in polvere come un chicco di grano sotto la macina.
Guàrdati dallo spirito di scoraggiamento, perché di qui nasce ogni male.
Giudica te stesso, allora cesserai di giudicare gli altri.
gioiapace interioreserenitàmancanzeaccettazione di séinterioritàcrescitatentazionepazienzanon giudicare
inviato da Qumran2, inserito il 21/01/2015
PREGHIERA
134. Preghiera per il nome di Maria 2
Chiunque tu sia,
che nel flusso di questo tempo ti accorgi che,
più che camminare sulla terra,
stai come ondeggiando tra burrasche e tempeste,
non distogliere gli occhi dallo splendore di questa stella,
se non vuoi essere sopraffatto dalla burrasca!
Se sei sbattuto dalle onde della superbia,
dell'ambizione, della calunnia, della gelosia,
guarda la stella, invoca Maria.
Se l'ira o l'avarizia, o le lusinghe della carne
hanno scosso la navicella del tuo animo, guarda Maria.
Se turbato dalla enormità dei peccati,
se confuso per l'indegnità della coscienza,
cominci ad essere inghiottito dal baratro della tristezza
e dall'abisso della disperazione, pensa a Maria.
Non si allontani dalla tua bocca e dal tuo cuore,
e per ottenere l'aiuto della sua preghiera,
non dimenticare l'esempio della sua vita.
Seguendo lei non puoi smarrirti,
pregando lei non puoi disperare.
Se lei ti sorregge non cadi,
se lei ti protegge non cedi alla paura,
se lei ti è propizia raggiungi la mèta.
inviato da Cesarina Volonte', inserito il 08/12/2014
TESTO
135. Perché sia sempre Natale 2
Ragazzi della Piccola Fraternità di S. Zenetto (Verona)
La poesia-preghiera è stata composta, in preparazione al Natale, dai ragazzi della 'Piccola Fraternità' di S. Zenetto (Verona) e rispecchia il cammino di questa Piccola Fraternità per quest'anno, che ha come parole chiave quelle suggerite dal Papa: permesso, grazie, scusa. Alla composizione ha contribuito ciascuno, con la propria sensibilità. La poesia è semplice, scaturita da persone semplici, ma che sanno farsi guidare dallo Spirito Santo. Ci mostra che anche disabili intellettivi, inseriti nella vita della Chiesa, sanno stimolarci ed aiutarci nel nostro cammino.
Guerre, crisi, famiglie distrutte:
quante notizie brutte!
Ma io, cosa posso fare?
Gesù me lo insegna:
bisogna amare!
Amare...non è solo una parola,
ma regola da vivere
in famiglia, sul lavoro, a scuola.
Nelle persone che mi mette accanto
Gesù è presente;
chiedo permesso e lo riconosco,
così non sarò più invadente.
A volte costa fatica chiedere scusa
e dare il perdono,
ma rende il cuore
più leggero e buono.
Spesso ciò che ricevo
lo do per scontato:
se imparo a dire "Grazie"
riconosco i doni che Dio mi ha dato.
Ecco le tre parole
che il Papa ci ha consigliato
per assomigliare alla famiglia
in cui Gesù è nato;
piccoli segni d'amore
per rivivere la nascita
di nostro Signore!
natalesanta famigliapregareamareringraziarescusarsi
inviato da Maria Paola Nicolai, inserito il 06/12/2014
PREGHIERA
Eccoci, o Signore, davanti a te:
sappiamo di non ingannarci
perché crediamo fermamente
che tu sei qui presente
e ti vediamo con gli occhi della fede.
Non osiamo contemplarti,
ma tu guardaci
con lo sguardo pieno di misericordia
con cui hai guardato Pietro:
siamo davanti a te
con le nostre opere cattive
e il nostro grande peccato.
Come potremo restare davanti a te,
come potremo toglierci le macchie
se tu non le cancelli?
Come diverremo mondi
se tu non ci lavi?
Come guariremo
se tu non ci curi?
O Signore, purificaci dai nostri peccati,
lavaci dalle colpe,
guariscici dai nostri mali
e facci degni di ritornare nella tua grazia.
Amen.
adorazione eucaristicaadorazione
inviato da Qumran, inserito il 18/09/2014
PREGHIERA
Carlo Maria Martini, All'alba ti cercherò, 211-212
Signore dell'amore e della pace, noi desideriamo convertirci a te!
Non possiamo illuderci
di giungere a vivere bene, in pace, senza di te.
Non possiamo pensare
di superare le inquietudini interiori
e le nostre guerre personali,
se non ci rivolgiamo a te,
Signore della pace, Gesù Cristo crocifisso e risorto
che hai subito la morte per donarci la pace.
Noi ti chiediamo quella pace
che sorpassa ogni nostro progetto e possibilità
e che può rassicurare i nostri pensieri,
le nostre volontà, i nostri cuori!.
inviato da Cesarina Volontè, inserito il 30/08/2014
ESPERIENZA
138. Vorrei morire al suo posto 2
Le ore passano lente come secoli sotto un sole di piena estate che di ora, in ora si fa più spietato per quegli uomini distrutti dalla fame, dalla sete e dalla fatica. Qualcuno comincia a stramazzare al suolo svenuto. Se non si rianima sotto il grandinare delle percosse, è trascinato via, per i piedi e gettato in un angolo del "piazzale".
Testa di mastino, alle 18, si pianta, a gambe divaricate, davanti alle sue vittime, sul campo un silenzio di tomba.
"L'evaso non è stato ritrovato dieci di voi moriranno nel bunker della fame. La prossima volta toccherà a venti."
Lentamente il capo inizia la sua scelta fissando nello sguardo, uno ad uno i prigionieri e di ciascuno assaporando il terrore.
"Questo qui", Testa di mastino puntava a caso il suo indice sul numero cucito sulla giacca del prigioniero. Il drappello dei martiri è completo.
"Arrivederci amici, ci rivedremo lassù, dove c'è vera giustizia", "viva la Polonia! E' per essa che io do la mia vita".
Francesco G. n° 5659, piange disperato ricordando la moglie e i figli. Tra le file dei risparmiati lo sbigottimento lascia il posto ad un senso di sollievo, alla gioia: vivere ancora, sfuggendo alla morte atroce del bunker della fame. Un uomo esce dalle fila - numero 16.670 - e con passo deciso si presenta a Testa di Mastino.
"Cosa vuole da me questo sporco polacco?"
"Vorrei morire al posto di uno di quelli"
"Perché?"
"Sono vecchio, ormai (aveva 47 anni!) e buono a nulla - La mia vita non può più servire gran che."
"E per chi vuoi morire?"
"Per lui, ha moglie e bambini"
"Ma tu chi sei?"
"Un prete cattolico" P. Massimiliano Kolbe - n° 16.670
Era Massimiliano Maria Kolbe, morto ad Auschwitz il 14 agosto 1941 e proclamato santo nel 1982 da papa Giovanni Paolo II.
sacrificiomartiriotestimonianzaofferta della vitaamoredonogiornata della memoriashoahcampi di concentramentoolocausto
inviato da Qumran, inserito il 11/08/2014
RACCONTO
C'era una volta un possente taglialegna in cerca di lavoro. Dopo aver girato diverse città, il taglialegna trovò finalmente impiego presso un importante commerciante di legno. L'ottima paga e le eccellenti condizioni di lavoro convinsero il taglialegna a dare il meglio di sé.
Il primo giorno il capo diede al nuovo arrivato un'ascia e gli indicò l'area del bosco dove avrebbe dovuto lavorare. Al termine della giornata, il possente taglialegna frantumò il record degli altri dipendenti, raggiungendo i 18 alberi abbattuti. Il capo si congratulò sinceramente con lui e questo motivò ancor più il taglialegna.
Il secondo giorno il taglialegna lavorò con tutte le sue energie, ma al tramonto gli alberi abbattuti furono 15. Per nulla demoralizzato, il terzo giorno il taglialegna si impegnò con ancora più vigore, ma anche questa volta il numero di alberi calò: 10 unità. Per quanta energia mettesse nel suo lavoro, giorno dopo giorno, il numero di alberi abbattuti continuò a calare inesorabilmente.
Mortificato, il taglialegna sì presentò dal capo scusandosi per lo scarso rendimento. Al che l'esperto commerciante di legno pose al suo dipendente una semplice domanda: «Quando è stata l'ultima volta che hai affilato la tua ascia?»
Un po' imbarazzato il taglialegna rispose: «Signore, non ho avuto tempo per affilare la mia ascia, ero troppo impegnato a tagliare gli alberi.»
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inviato da Qumran2, inserito il 31/07/2014
RACCONTO
140. I due fratelli che si amavano 5
Due fratelli, uno scapolo e l'altro sposato, possedevano una fattoria dal suolo fertile, che produceva grano in abbondanza. A ciascuno dei due fratelli spettava la metà del raccolto. All'inizio tutto andò bene.
Poi, di tanto in tanto, l'uomo sposato cominciò a svegliarsi di soprassalto durante la notte e a pensare: "Non è giusto così. Mio fratello non è sposato e riceve metà di tutto il raccolto. Io ho moglie e cinque figli, non avrò quindi da preoccuparmi per la vecchiaia. Ma chi avrà cura del mio povero fratello quando sarà vecchio? Lui deve mettere da parte di più per il futuro di quanto non faccia ora. E' logico che ha più bisogno di me".
E con questo pensiero, si alzava dal letto, entrava furtivamente in casa del fratello e gli versava un sacco di grano nel granaio. Anche lo scapolo cominciò ad avere questi attacchi durante la notte.
Ogni tanto si svegliava e diceva tra sé: "Non è affatto giusto così. Mio fratello ha moglie e cinque figli e riceve metà di quanto la terrà produce. Io non ho nessuno oltre a me stesso da mantenere. E' giusto allora che il mio povero fratello che ha evidentemente molto più bisogno di me riceva la stessa parte?". Quindi si alzava dal letto e andava a portare un sacco di grano nel granaio del fratello.
Un notte si alzarono alla stessa ora e si incontrarono ciascuno con in spalla un sacco di grano!
Molti anni più tardi dopo la loro morte, si venne a sapere la loro storia. Così, quando i loro concittadini decisero di costruire un tempio, essi scelsero il punto in cui i due fratelli si erano incontrati, poiché secondo loro non vi era un luogo più sacro di quello in tutta la città.
sacrificiofratellialtruismogenerositàempatia
inserito il 11/07/2014