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RACCONTO

1. Ciò che porti nel cuore   10

Storia Zen

C'era una volta un vecchio saggio seduto ai bordi di un'oasi all'entrata di una città del Medio Oriente.
Un giovane si avvicinò e gli domandò: "Non sono mai venuto da queste parti. Come sono gli abitanti di questa città?"
L'uomo rispose a sua volta con una domanda: "Come erano gli abitanti della città da cui venivi?"
"Egoisti e cattivi. Per questo sono stato contento di partire di là".
"Così sono gli abitanti di questa città", gli rispose il vecchio saggio.

Poco dopo, un altro giovane si avvicinò all'uomo e gli pose la stessa domanda: "Sono appena arrivato in questo paese. Come sono gli abitanti di questa città?"
L'uomo rispose di nuovo con la stessa domanda: "Com'erano gli abitanti della città da cui vieni?"
"Erano buoni, generosi, ospitali, onesti. Avevo tanti amici e ho fatto molta fatica a lasciarli!"
"Anche gli abitanti di questa città sono così", rispose il vecchio saggio.

Un mercante che aveva portato i suoi cammelli all'abbeveraggio aveva udito le conversazioni e quando il secondo giovane si allontanò si rivolse al vecchio in tono di rimprovero: "Come puoi dare due risposte completamente differenti alla stessa domanda posta da due persone?
"Figlio mio", rispose il saggio, "ciascuno porta nel suo cuore ciò che è. Chi non ha trovato niente di buono in passato, non troverà niente di buono neanche qui. Al contrario, colui che aveva degli amici leali nell'altra città, troverà anche qui degli amici leali e fedeli. Perché, vedi, ogni essere umano è portato a vedere negli altri quello che è nel suo cuore."

conviverearmoniapaceviolenzaconflitticomunitàamiciziainterioritàesterioritàottimismopessimismosperanzabontà

5.0/5 (1 voto)

inviato da Don Giovanni Benvenuto, inserito il 08/06/2017

TESTO

2. Un delitto perfetto   1

Josuè de Castro, Uomini e granchi

Chiesi agli uomini: "Che cosa state portando avvolto in quella coperta, fratelli?". Mi risposero: "Portiamo un corpo morto, fratello". Chiesi: "E' stato ucciso o è morto di morte naturale?". "E' una domanda difficile, fratello! Ha tutta l'aria di essere stato un assassinio", mi risposero. "Com'è stato ucciso quest'uomo! Con un coltello o una pallottola, fratelli?", chiesi. "Non è stato né un coltello né una pallottola. Si è trattato di un delitto perfetto, un delitto che non lascia tracce". "Ma allora come è stato ucciso quest'uomo?", insistetti, ed essi mi risposero con calma: "Quest'uomo è stato ucciso dalla fame, fratello".

denutrizionefamepovertàricchezzaingiustizia

inviato da Qumran2, inserito il 05/09/2016

RACCONTO

3. Dio è come lo zucchero   8

Mancavano cinque minuti alle 16. Trenta bambini, tutti della quinta elementare, quel pomeriggio, erano eccezionalmente irrequieti, agitati, emozionati, chiassosi, rumorosi. Alle ore 16 in punto arrivò la maestra per iniziare l'esame scritto di catechismo: i promossi sarebbero stati ammessi alla prima comunione, esattamente una settimana dopo. Immediatamente un silenzio generale piombó nella sala dove erano seduti i bambini in attesa delle domande.

Prima domanda: "Chi mi sa dire con parole sue chi è Dio?", cominciò a dettare la maestra.
Seconda domanda: "Come fate a sapere che Dio esiste, se nessuno l'ha mai visto?".

Dopo venti minuti, tutti avevano consegnate le risposte. La maestra lesse ad una ad una le prime ventinove; erano piú o meno ripetizione di parole dette e ascoltate molte volte: "Dio è nostro Padre, ha fatto la terra, il mare e tutto ciò che esiste" Le risposte erano esatte, per cui si erano guadagnati la promozione alla Prima Comunione.

Poi chiamò Ernestino, un piccolo vispo bambino biondo, lo fece avvicinare al suo tavolo e gli consegnò il suo foglietto, dicendogli di leggerlo ad alta voce davanti a tutti i suoi compagni. Ernestino, temendo una pesante umiliazione davanti a tutta la classe, con la conseguente bocciatura, cominciò a piangere. La maestra lo rassicurò e lo incoraggiò. Singhiozzando Ernestino lesse:

"Dio è come lo zucchero che la mamma ogni mattina scioglie nel latte per prepararmi la colazione. Io non vedo lo zucchero nella tazza, ma se la mamma non lo mette, ne sento subito la mancanza. Ecco, Dio è così, anche se non lo vediamo. Se lui non c'è la nostra vita è amara, è senza gusto".

Un applauso forte riempì l'aula e la maestra ringraziò Ernestino per la risposta così originale, semplice e vera. Poi completò: "Vedete bambini, ciò che ci fa saggi non è il sapere molte cose, ma l'essere convinti che Dio fa parte della nostra vita".

Se la nostra vita è amara, forse è perché manca lo zucchero...

rapporto con Diopreghierainterioritàfede

4.0/5 (5 voti)

inviato da Qumran2, inserito il 08/02/2016

PREGHIERA

4. Quando Dio ci fa aspettare

Charles de Foucauld

O Gesù, crediamo che puoi tutto e che concederai tutto quello che domandiamo con fede; ce lo concederai perché sei infinitamente buono e onnipotente. Se ci fai aspettare, se riceviamo tardi oppure mai, siamo certi che l'attesa è la cosa migliore per noi; che ricevere tardi oppure mai è meglio per noi che ricevere subito.

preghierapreghiera di domandaattesatempi di Diointercessione

5.0/5 (1 voto)

inviato da Paola Berrettini, inserito il 07/02/2016

TESTO

5. Dio ci vuole leggeri come i bambini

Luigi Pozzoli, Elogio della piccolezza, Edizioni Paoline, Milano 2002

Dio non vuole gente che abbia delle virtù, ma fanciulli che egli possa prendere come si solleva un bambino, in un momento, perché è leggero e ha grandi occhi; non è una santità a basso prezzo, ma una «piccola via», per collegare la santità allo spirito d'infanzia evangelico, che è spirito di semplicità, di fiducia, di abbandono incondizionato alle iniziative di Dio. C'è un complotto dei «grandi» contro l'infanzia forse? Basta leggere il vangelo per rendersene conto. Leggeri, come quella lunga schiera di piccoli che attraversano la storia senza che la storia parli di essi: sono uomini e donne che hanno nel cuore le parole della leggerezza, che sono capaci di solitudine e silenzio, che sono guariti da ogni smania di apparire e da ogni pretesa di sapere. Ancora la domanda: perché Dio si è convertito al fascino della piccolezza? Perché la piccolezza è libertà. Chi è evangelicamente piccolo, non solo è leggero, ma anche libero. È il bambino che può dire tutto quello che vuole, non l'adulto. Potremmo dire: i bambini sono «pericolosi» perché non hanno il buon senso di tenersi per sé la verità. Allo stesso modo i piccoli del vangelo sono le persone più libere. E si potrebbe facilmente dimostrare che le persone grandi e «pesanti», attaccate al potere e alle cose, non sono libere. Nessuno è più libero di Gesù, perché nessuno è più povero di lui. È povero di beni, è povero di legami familiari, è povero di successi umani. Per questo, non avendo nulla da difendere è libero anche di fronte alla morte.

piccolezzalibertàsantitàsemplicitàbambiniinfanziapovertàricchezza

5.0/5 (1 voto)

inviato da Padre Franco Naldi Ofm, inserito il 06/02/2016

RACCONTO

6. Il taglialegna   5

C'era una volta un possente taglialegna in cerca di lavoro. Dopo aver girato diverse città, il taglialegna trovò finalmente impiego presso un importante commerciante di legno. L'ottima paga e le eccellenti condizioni di lavoro convinsero il taglialegna a dare il meglio di sé.

Il primo giorno il capo diede al nuovo arrivato un'ascia e gli indicò l'area del bosco dove avrebbe dovuto lavorare. Al termine della giornata, il possente taglialegna frantumò il record degli altri dipendenti, raggiungendo i 18 alberi abbattuti. Il capo si congratulò sinceramente con lui e questo motivò ancor più il taglialegna.

Il secondo giorno il taglialegna lavorò con tutte le sue energie, ma al tramonto gli alberi abbattuti furono 15. Per nulla demoralizzato, il terzo giorno il taglialegna si impegnò con ancora più vigore, ma anche questa volta il numero di alberi calò: 10 unità. Per quanta energia mettesse nel suo lavoro, giorno dopo giorno, il numero di alberi abbattuti continuò a calare inesorabilmente.

Mortificato, il taglialegna sì presentò dal capo scusandosi per lo scarso rendimento. Al che l'esperto commerciante di legno pose al suo dipendente una semplice domanda: «Quando è stata l'ultima volta che hai affilato la tua ascia?»

Un po' imbarazzato il taglialegna rispose: «Signore, non ho avuto tempo per affilare la mia ascia, ero troppo impegnato a tagliare gli alberi.»

efficaciainterioritàesterioritàspiritualitàallenamento

4.6/5 (9 voti)

inviato da Qumran2, inserito il 31/07/2014

TESTO

7. La rondine e la piuma   4

Gianfranco Ravasi, Le parole e i giorni. Nuovo breviario laico

Certo, sia la rondine sia la piuma si librano nell'aria, ma la differenza è netta: la rondine sceglie la traiettoria, naviga contro il vento opponendogli il suo petto carenato; la piuma, invece, è sospinta da ogni corrente d'aria, è succube a ogni soffio. Una domanda s'impone: e noi come siamo? Siamo rondini libere e sicure o piume agitate da ogni brezza e variabilità?

libertàforzadeterminazionesicurezzadecisionescegliere

4.7/5 (7 voti)

inviato da Qumran2, inserito il 23/10/2013

RACCONTO

8. Ma Gesù è morto o vivo?   7

«Ma Gesù è morto o vivo?», chiese la piccola Lucia alla nonna. A dire il vero, era un po' che le frullava in testa questa domanda, il parroco era arrivato alla scuola materna e aveva spiegato a lungo che Gesù era stato crocifisso e sepolto.

La nonna capì molto bene la domanda della sua nipotina, andò ad aprire il vangelo, le lesse alcuni fatti: le donne erano andate al sepolcro il mattino dopo il sabato e avevano trovato il sepolcro vuoto! E proprio lì stava un angelo ad annunciare che Gesù era vivo! È risorto, è glorificato dal Padre che non l'ha lasciato nella tomba! E Lucia era piena di gioia.

Qualche giorno dopo, la nonna si recò con Lucia alla messa domenicale. C'era in mezzo all'altare un prete e tra i banchi poca gente, un po' triste e un po' annoiata. Anche le canzoni che una donna dal primo banco intonava erano basse, lente, cantate da pochi e senza convinzione. Allora Lucia, dopo essersi guardata ben bene in giro, disse alla nonna: «Ma loro lo sanno che Gesù è risorto?»

risortorisurrezioneresurrezionegioiapasqua

4.5/5 (14 voti)

inviato da Qumran2, inserito il 25/03/2013

RACCONTO

9. La ragione dell'asino   7

Bruno Ferrero, Tante storie per parlare di Dio

Una volta gli animali fecero una riunione.
La volpe chiese allo scoiattolo:"Che cos'è per te Natale?"
Lo scoiattolo rispose: "Per me è un bell'albero con tante luci e tanti dolci da sgranocchiare appesi ai rami".
La volpe continuò: "Per me naturalmente è un fragrante arrosto d'oca. Se non c'è un bell'arrosto d'oca non c'è Natale".
L'orso l'interruppe: "Panettone! Per me Natale è un enorme profumato panettone!".
La gazza intervenne: "Io direi gioielli sfavillanti e gingilli luccicanti. Il Natale è una cosa brillante!".
Anche il bue volle dire la sua: "E' lo spumante che fa il Natale! Me ne scolerei anche un paio di bottiglie".
L'asino prese la parola con foga: "Bue sei impazzito? E' il Bambino Gesù la cosa più importante del Natale. Te lo sei dimenticato?".
Vergognandosi, il bue abbassò la grossa testa e disse: "Ma questo gli uomini lo sanno?".

Solo l'asino conosce la risposta giusta alla domanda fondamentale: «Ma che cosa si festeggia a Natale?».
Anche noi oggi vogliamo chiederci: "Qual è l'elemento essenziale del Natale?" Proviamo a dire il nostro parere.

natale

3.5/5 (2 voti)

inviato da Qumran2, inserito il 28/12/2010

RACCONTO

10. Perché le persone gridano quando sono arrabbiate   3

Mahatma Gandhi

Un giorno un pensatore indiano fece la seguente domanda ai suoi discepoli:
"Perché le persone gridano quando sono arrabbiate?".
"Gridano perché perdono la calma", rispose uno di loro.
"Ma perché gridare, se la persona è vicina?", disse nuovamente il pensatore.
"Bene, gridiamo perché desideriamo che l'altra persona ci ascolti", replicò un altro discepolo.
E il maestro tornò a domandare: "Allora non è possibile parlargli a voce bassa?".
Varie altre risposte furono date ma nessuna convinse il pensatore.

Allora egli esclamò: "Voi sapete perché si grida contro un'altra persona quando si è arrabbiati? Il fatto è che, quando due persone sono arrabbiate, i loro cuori si allontanano molto. Per coprire questa distanza bisogna gridare per potersi ascoltare. Quanto più arrabbiati sono, tanto più forte dovranno gridare per sentirsi l'uno con l'altro. D'altra parte, che succede quando due persone sono innamorate? Loro non gridano, parlano soavemente. E perché? Perché i loro cuori sono molto vicini. La distanza tra loro è piccola. A volte sono talmente vicini i loro cuori che neanche parlano, solamente sussurrano. E, quando l'amore è più intenso, non è necessario nemmeno sussurrare, basta guardarsi. I loro cuori si intendono. E' questo che accade quando due persone che si amano si avvicinano!".

Infine il pensatore concluse dicendo: "Quando voi discuterete, non lasciate che i vostri cuori si allontanino, non dite parole che li possano distanziare di più, perché arriverà un giorno in cui la distanza sarà tanta che non incontreranno mai più la strada per tornare".



amoreaffettodistanzavicinanzaascoltodialogovocecoppiamatrimoniosposicomunicarecomunicazioneurlaurlare

4.5/5 (4 voti)

inviato da Massimo Fasanaro, inserito il 22/06/2009

TESTO

11. Dove sei?

Abraham Eschel, teologo ebreo

Quando Adamo ed Eva si nascosero dalla sua presenza, il Signore chiamò: "Dove sei?".
Questo richiamo risuona senza tregua. E' l'eco impalpabile di una flebile voce, non compresa nella categoria dei sensi, mai tradotta in parole, ineffabile e misteriosa... Soffocata, attutita, si ammanta di silenzio, ma è come se tutto ciò che esiste fosse l'eco di questa domanda: dove sei?

coscienzarapporto con Dio

inviato da Elena Calvini, inserito il 07/09/2008

TESTO

12. Vi auguro la fede!

Filippo Franceschi

È la stessa espressione che uso nelle omelie in parrocchia quando mi rivolgo ai ragazzi che si preparano a ricevere la Confermazione. Dico quelle parole per dirle anche a me stesso. Auguro la fede. Ai ragazzi verrebbe anche voglia di augurare la felicità, ma noi che abbiamo vissuto sappiamo che rischia di essere una parola, un miraggio, un sogno che si dissolve all'alba. Allora auguro la fede. Non so dirvi molto di più. Io vi auguro che custodiate la fede nel Signore, la fede nel suo significato più profondo, più vero, che è la certezza che Dio c'è, ed è anche la certezza che Dio ci ama, anche nei momenti più drammatici in cui siamo più soli, in cui intorno a noi sembra esserci soltanto il deserto. Anche nei momenti della prova, anche nei momenti della sofferenza. Questa fede che è grazia e domanda.
Custodire la fede. Non vi sembri soltanto una cosa pia o una esortazione buona: è qualcosa di molto di più. Custodire la fede come un dono prezioso, come ciò che di più grande abbiamo. Poi toccherà a ciascuno di noi pagare il prezzo della propria fede, viverla. Ma custoditela!

fede

5.0/5 (1 voto)

inviato da Cristiano Ballan, inserito il 25/02/2007

PREGHIERA

13. Nelle tue mani, o Dio

Mi abbandono, o Dio, nelle tue mani.
Gira e rigira quest'argilla,
come creta nelle mani del vasaio.
Dalle una forma e poi spezzala, se vuoi.
Domanda, ordina, cosa vuoi che io faccia?
Innalzato, umiliato, perseguitato,
incompreso, calunniato, sconsolato,
sofferente, inutile a tutto,
non mi resta che dire,
sull'esempio della tua Madre:
«Sia fatto di me secondo la tua parola».
Dammi l'amore per eccellenza,
l'amore della croce,
ma non delle croci eroiche
che potrebbero nutrire l'amor proprio,
ma di quelle croci volgari,
che purtroppo porto con ripugnanza...
Di quelle croci che si incontrano
ogni giorno nella contraddizione,
nell'insuccesso, nei falsi giudizi,
nella freddezza, nel rifiuto
e nel disprezzo degli altri,
nel malessere e nei difetti del corpo,
nelle tenebre della mente
e nel silenzio e aridità del cuore.
Allora solamente Tu saprai che Ti amo,
anche se non lo saprò io,
ma questo mi basta.

n.d.r. autore incerto: sembra sia la preghiera che Robert Kennedy lesse nel giorno del funerale del fratello John Kennedy.

E' stata però pubblicata in "Piccolo Breviario" di P. Lippini, Edizioni Studio Domenicano, nel 1992, come preghiera di Sant'Agostino.

abbandono in Diocroceaccettazione

inviato da Suor Irina Mandro, inserito il 02/05/2006

ESPERIENZA

14. Dio, nella sofferenza ci ama in modo particolare.

Ercoli Lorena

Spesso sento rivolgermi questa domanda: "Dove trovi la forza di reagire nonostante la tua malattia?".

Nella mia malattia, ho da 10 anni una forma di sclerosi multipla progressiva, ho visto un disegno di Dio, un qualcosa di prezioso, perché Gesù ha scelto, per la redenzione del mondo, il dolore.

Nella sofferenza ho sempre abbracciato, con Amore, la croce che Gesù mi ha donato con la malattia è per questo che Lo ringrazio nel più profondo del cuore. Al mattino il mio primo pensiero è per Lui: "Gesù tu sei tutto il mio bene, la cosa più preziosa che io ho, ti offro la mia giornata, ma soprattutto la mia sofferenza, il mio corpo debilitato dalla malattia, mi rimetto alla Tua volontà".

Io non amo certo il dolore in sé, ma amo Gesù crocifisso e abbandonato che è in me e in ogni persona provata dalla sofferenza, per questo mi sento amata da Dio in modo particolare perché mi fa sentire simile a Suo Figlio.

Non è facile seguire Gesù, mi capita di attraversare momenti di buio dove non riesco più a trovare un rapporto così profondo con Lui.

E' con la preghiera che riesco, con fatica ma poi con gioia, a ritrovare la comunione spirituale con Lui e dirGli: "Donami la forza non solo di un rapporto con Te, ma il coraggio di amarti".

Gesù poteva scegliere mille modi per salvarci, ma ha scelto il dolore per redimerci.

Nei momenti difficili della vita, causati da una sofferenza, da una malattia ricordiamoci che tutto questo è un tesoro, una perla che la comunità e i famigliari stessi, non devono disprezzare ed emarginare.

Io credo, che Dio ci ama tutti di un amore infinito e ad uno ad uno. Gesù sulla croce ha gridato: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato". Un malato non va mai abbandonato, ma ognuno di noi diventi prossimo per l'altro.

amorerapporto con Diocrocesofferenzadoloreredenzionesacrificiosolitudinesolidarietà

5.0/5 (1 voto)

inviato da Ercoli Lorena, inserito il 08/12/2005

RACCONTO

15. L'incendio e l'uccellino

Paulo Coelho

Un giorno, la foresta prende fuoco e gli animali fuggono in cerca di un luogo sicuro. Mentre fugge, la scimmia nota un uccellino che vola in direzione delle fiamme.
"Che cosa stai facendo?" domanda la scimmia. "Non vedi che la foresta si è incendiata?"
"Sì," risponde l'uccellino. "Ma sto portando nel becco alcune gocce d'acqua, per spegnere il fuoco."
La scimmia scoppia a ridere: "Uccellino scemo e presuntuoso. Come puoi spegnere quel fuoco con poche gocce d'acqua?"
"So che non posso. Ma, per lo meno, sto facendo la mia parte e mi auguro che gli altri avvertano il mio sforzo. Se tutti gli animali seguiranno il mio esempio, riusciremo a dominare le fiamme e a salvare la nostra foresta."

Il povero uccellino pur consapevole della sua inadeguatezza, nutre ancora una fievole speranza di salvare la foresta che sta bruciando, mentre gli altri animali scappano e lo scherniscono pure. Ma la "grandezza" del nostro piccolo eroe si evince proprio dalla consapevolezza (so che non posso...) e dalla sua caparbietà e fiducia (lottare comunque e fare fino all'ultimo quel che si può). Ultimato il suo lavoro, con la speranza nel cuore che altri seguano il suo esempio, potrà riposarsi e dormire sonni tranquilli. La sua parte lui l'ha fatta....

impegno

inviato da Valter, inserito il 02/10/2005

PREGHIERA

16. Inno di san Bernardo alla Vergine

Dante, Paradiso XXXIII

Vergine Madre, figlia del tuo figlio,
umile e alta più che creatura,
termine fisso d'etterno consiglio,

tu se' colei che l'umana natura
nobilitasti sì, che ‘l suo fattore
non disdegnò di farsi sua fattura.

Nel ventre tuo si raccese l'amore,
per lo cui caldo ne l'etterna pace
così è germinato questo fiore.

Qui se' a noi meridiana face
di caritate, e giuso, intra ‘ mortali,
se' di speranza fontana vivace.

Donna, se' tanto grande e tanto vali,
che qual vuol grazia e a te non ricorre
sua disianza vuol volar sanz'ali.

La tua benignità non pur soccorre
a chi domanda, ma molte fiate
liberamente al dimandar precorre.

In te misericordia, in te pietate,
in te magnificenza, in te s'aduna
quantunque in creatura è di bontate.

MariaMadonnaVergine

inviato da Don Michelangelo Tondolo, inserito il 18/04/2005

PREGHIERA

17. Colloquio d'amore

Luigi di Blois, 1506-1566, abate benedettino

Signore, sono affamato di te!
Nutri questo mendicante
col flusso continuo della tua divinità.
Rallegrami con la presenza che tanto desidero della tua grazia.
Ecco la mia domanda, ecco il mio desiderio:
che il tuo amore che arde mi penetri interamente,
mi riempia e mi trasformi a sua immagine.

O luce che sempre brilla e non è mai oscurata, illuminami!
Fuoco che sempre brucia e non si estingue mai, abbracciami!
O amore, sempre ardente e che mai s'intiepidisce, assobrimi e trasformami in te!

O amato, donami di trovarti,
e poi tenerti e di stringerti forte a me
in un abbraccio spirituale.
Io ti desidero, sospiro verso di te.
Concediti a me,
unisciti intimamente alla mia anima
e inebriami con il vino del tuo amore.

O Gesù, fiore più bello
della più bella primavera;
vita eterna, vita che sei la mia vita
e senza la quale muoio;
vita che sei la mia gioia
e senza la quale piango;
amabile e dolce vita,
donami di essere unito
e di addormentarmi nella pace in te.

Abbatti, dolce Gesù,
l'odiosa muraglia della mia tiepida vita
e fa' che in tutta gioia e libertà,
io ti segua con un coraggio invincibile.
Fa' che si levi il vento violento
di una infinitamente ardente carità,
che mi precipiti in te così impetuosamente
da far sì che non abbia più altro respiro all'infuori di te.

ricerca di Diorapporto con Diopreghiera

inviato da Don Giovanni Benvenuto, inserito il 28/07/2004

PREGHIERA

18. Al Padre

Dag Hammarskjold

Tu, che io non conosco
ma a cui appartengo.
Tu, che non comprendo,
ma da cui ricevo il mio destino -
abbi pietà di noi, così che davanti a te
nell'amore e nella fede,
nella giustizia e nell'umiltà,
possiamo seguirti
con abnegazione e coraggio
e incontrarti nel silenzio.

Non so chi - o che cosa - ha posto la domanda,
non ricordo neppure
quando ho risposto,
ma ad un certo punto
ho risposto sì a Qualcuno
e da quell'ora
ho avuto la certezza
che l'esistenza ha un senso
e che perciò la mia vita
nell'abbandono di sé
ha uno scopo.

Da quel momento ho saputo
che cosa vuol dire
non guardare indietro
e non essere
con ansietà
solleciti per il domani.

rapporto con Diovocazionechiamataresponsabilitàimpegnoabbandono in Dio

inviato da Carlo Bellini, inserito il 28/07/2004

RACCONTO

19. Una persona disgustosa

Su un aereo di British Airway, durante un volo tra Johannesburg e Londra, una signora bianca di circa cinquant'anni si siede al fianco di un negro.
Chiama la hostess per lamentarsi:
"Qual è il problema, signora?", domanda la hostess.

"Ma come, non vede?", risponde la signora. "Mi hanno dato un posto al fianco di un negro. Non posso rimanere al fiando di una persona immonda. Datemi un altro posto".

"Per favore, stia calma", dice la hostess. "Quasi tutti i posti sono occupati. Vado a vedere se ci sono dei posti in prima classe o in classe affari".

La hostess torna dopo qualche minuto. "Signora, come sospettavo, non ci sono posti liberi in classe turistica. Ho parlato con il comandante e mi ha confermato che non ce ne sono neppure in classe affari. Per fortuna abbiamo un posto in prima classe".

Prima che la signora potesse rispondere, la hostess continuò: "È ben difficile che la nostra compagnia aerea dia un posto in prima classe a qualcuno che ha il biglietto per la classe turistica, però, viste le circostanze, il comandante ha considerato che sarebbe scandaloso che qualcuno fosse obbligato a stare seduto al fianco di una persona così disgustosa".

Nel dire ciò, la hostess fissò l'uomo di colore e disse: "Mi faccia il favore di prendere le sue cose, il posto in prima classe è già pronto".

Tutti i passeggeri all'intorno, che erano stati spettatori della scena, si alzarono in piedi e applaudirono per la decisione della compagnia aerea.

discriminazionerazzismoapartheid

4.0/5 (1 voto)

inviato da Don Paolo Benvenuto, inserito il 22/12/2003

TESTO

20. Tra luce e tenebra

Gianfranco Ravasi, Mattutino di Avvenire del 23 ottobre 2003

"La fede è un intreccio di luce e di tenebra: possiede abbastanza splendore per ammettere, abbastanza oscurità per rifiutare, abbastanza ragioni per obiettare, abbastanza luce per sopportare il buio che c'è in essa, abbastanza speranze per contrastare la disperazione, abbastanza amore per tollerare la sua solitudine e le sue mortificazioni. Se non avete che luce, vi limitate all'evidenza; se non avete che oscurità, siete immersi nell'ignoto. Solo la fede fa avanzare".

In un articolo che sto leggendo m'imbatto in questa riflessione del teologo e autore spirituale francese Louis Evely. Alcuni sono convinti che la fede sia solo luce, certezza, evidenza e ignorano che Abramo sale verso la vetta del Moria armato, sì di fede, ma anche di paura e col cuore segnato dall'oscurità. Così sarà per Giobbe, il credente che lotta con Dio. Se fosse solo evidenza, allora la fede sarebbe solo una variante della matematica o della geometria. Se fosse solo tenebra, allora sarebbe l'anticamera della disperazione.

Credere è, invece, "avanzare" come dice Evely, è rischiare. E' per questo suo "intreccio di luce e di tenebra" che la fede non ammette il fanatismo, che è una sua orribile scimmiottatura, ma non cade neppure nel dubbio sistematico, riducendosi a mera e sconsolata domanda. Quando, perciò, il cielo s'oscura, non temiamo di aver perso necessariamente la fede; quando la luce è sempre e solo evidente, interroghiamoci sul Dio che stiamo seguendo, per non cadere nell'illusione.

Vorrei concludere ancora con Evely che così definisce la sua fede: "Grazie a quello che di Te conosco, credo in Te per ciò che non conosco ancora, e, in virtù di quello che ho già capito, ho fiducia in Te per ciò che non capisco ancora".

crederefededubbiorapporto con Dio

5.0/5 (1 voto)

inviato da Don Giovanni Benvenuto, inserito il 20/12/2003

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