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PREGHIERA

1. Preghiera per questi giorni di pandemia

Giuseppe Impastato S.I.

Alcuni spunti, frasi e parole sono tratti dall'articolo La nuova fratellanza di Massimo Recalcati (Repubblica, 14/3/2020, pag. 34)

Signore, in questi giorni di difficoltà facci capire che la nostra libertà non è sorta di proprietà, un attributo della nostra individualità. Fa' che comprendiamo la lezione della pandemia che stiamo vivendo e che vivremo in tutto il mondo. Ci illudiamo che la libertà comprenda il poter seguire impunemente i nostri desideri e capricci. Abbiamo bisogno di apprendere la tremenda lezione che la libertà scissa dalla solidarietà è puro e dannoso arbitrio. Nessuno infatti, come in questi momenti, si salva da solo. La mia salvezza dipende non solo dai miei atti, ma anche da quelli dell'altro.

È stato sempre così, ma forse era necessario che questa lezione traumatica ce lo ricordasse. Il coronavirus ci insegna il valore della solidarietà esponendoci all'impotenza inerme della nostra esistenza vissuta in una visione puramente individualistica. Tale lezione ci viene data in un momento in cui dobbiamo allontanarci dagli altri, vivendo forme di isolamento.

Signore, facci comprendere che siamo creature che non possono vivere senza relazioni in cui la fiducia è fondamentale. Ce lo insegni attraverso il dogma della Trinità in cui tre Persone realizzano una perfetta unità. Ma abbiamo costruito degli “ego” che pensano di poter fare a meno degli altri. Stiamo vivendo momenti in cui possiamo riappropriarci di una realtà stupenda: siamo figli di un Dio-Amore che ci vuole tutti fratelli e sorelle, e che ci chiede solo di amarci come tali.

E allora non permettere che dimentichiamo mai di riflettere e pensare alle conseguenze delle nostre decisioni e dei semplici gesti quotidiani. Fa' che capiamo che essere liberi comporta necessariamente assumere la responsabilità dei nostri atti. In questo momento in cui il mondo intero è immerso in un grave pericolo, le conseguenze di banali ed abitudinari comportamenti investono la vita non solo nostra, ma anche quella degli altri - ed è tempo di dirlo - di tutti i nostri fratelli che vivono nel mondo intero.

Possiamo creare gravi e terribili problemi economici con azioni che ci possono sembrare come ‘ragazzate e stupidaggini'. Il pericolo dipende dal fatto che non conosciamo questo nostro nemico e non sappiamo come difenderci. La tremenda lezione del virus ci introduce forzatamente nella evangelica ‘porta strettà della fratellanza senza la quale libertà ed uguaglianza sarebbero parole monche.

In questo surreale isolamento siamo fortemente connessi con la vita del vicino di casa a cui ci siamo abituati a dire solo “Buon giorno” e “Buona sera”, ma anche con ogni persona del mondo intero che oggi potrebbe diventare per noi come un'attenta e delicata mamma e un affettuoso papà o una generosa sorella o un simpatico amico, anche se sconosciuti.

libertàresponsabilitàfratellanzacoronaviruspandemia

inviato da Giuseppe Impastato S.I., inserito il 03/04/2020

PREGHIERA

2. Il servo inutile   3

Adolfo Rebecchini

Dopo che avete fatto tutto quello che dovevate fare,
dite, "Siamo servi inutili", non prima...

Essere servo inutile, significa comprendere e accettare
che il Vangelo non è un'operazione di marketing aziendale
e i cui risultati non si misurano grazie ad una buona campagna promozionale.

Essere servo inutile, significa fidarmi di Dio,
credere che attraverso il mio piccolo contributo, lui,
potrà realizzare il suo regno nel mondo.

Essere servo inutile, significa dimenticare ciò che la gente pensa di me
e preoccuparmi di essere grande agli occhi di Dio.
Solo così potrò vivere nella pace e sperimentare la gioia
di camminare nella verità.

Essere servo inutile, significa diventare testimone di Gesù,
senza fanatismi e senza ansie,
vivendo sempre alla luce della resurrezione.

Essere servo inutile, significa non cercare le cose complicate,
ma essere fedele, sempre,
nelle piccole come nelle grandi cose.

Essere servo inutile, significa donare se stessi,
rinunciando per sempre di raccogliere
i frutti del proprio lavoro.

Essere servo inutile, significa "farsi" per amore,
saper sorridere, sempre,
essere pazienti, sempre,
perdonare, sempre.

Quello che mi stai chiedendo,
Signore,
è duro da capire e da accettare...

A me piace,
essere tenuto in considerazione,
essere cercato,
essere lodato dagli altri...

Io non amo sentirmi inutile,
anzi, a dire il vero,
mi sento molto utile,
a volte necessario,
quasi indispensabile.

Hai mai pensato,
Signore,
cosa farebbero gli altri
senza di me?

E la parrocchia?
Chi canterebbe e suonerebbe la chitarra?
Chi farebbe il catechismo?
Chi leggerebbe in chiesa?
Chi...?!?
Altro che servo inutile!

Aiutami, Signore,
a non avanzare mai pretese dinanzi a te
e a non occupare mai il tuo posto.

Non lasciare che mi vanti delle mie opere
e mi dimentichi di te.

Ricordami che se ho ricevuto dei doni e possiedo delle qualità
è grazie al tuo amore infinito.

donocamminogratuitàdisponibilitàservo inutileumiltànascondimento

5.0/5 (3 voti)

inviato da Adolfo Rebecchini, inserito il 08/12/2009

PREGHIERA

3. Signore, perché mi hai detto di amare?   2

Michel Quoist

Signore, perché mi hai detto di amare tutti gli uomini,
miei fratelli?
Ho cercato, ma torno a te sgomento...

Signore, ero tanto tranquillo a casa mia,
avevo ordinato la mia vita, mi ero sistemato.
La mia casa era arredata e mi ci trovavo bene.

Solo, andavo d'accordo con me stesso.
Al riparo dal vento, dalla pioggia, dal fango.
Sarei rimasto puro, chiuso nella mia torre.
Ma nella mia fortezza, Signore, hai scoperto una falla,
Mi hai costretto a socchiudere la porta,
Come una raffica d'acqua in viso, mi ha destato il grido degli uomini;
Come un vento burrascoso, mi ha scosso un'amicizia;
Come s'infiltra un raggio di sole, la tua grazia mi ha inquietato
...ed imprudentemente ho lasciato socchiusa la porta.
Signore, ora son perduto!
Fuori gli uomini mi spiavano.
Non sapevo che fossero tanto vicini; in questa casa, in questa via, in quest'ufficio;
il vicino, il collega, l'amico.
Non appena ho socchiuso, li ho visti, con la mano tesa, lo sguardo teso, l'anima tesa che
chiedevano come mendicanti alle porte delle chiese.

I primi sono entrati in casa mia, Signore. Vi era pure un po' di posto nel mio cuore.
Li ho accolti, li avrei curati, li avrei accarezzati, le mie pecorelle, il mio piccolo gregge.
Saresti rimasto contento, Signore, ben servito, ben onorato, con decoro, con finezza.
Fin lì, era ragionevole...
Ma quelli che seguivano, Signore, gli altri uomini, non li avevo veduti; i primi li nascondevano.
Erano più numerosi, erano più miserabili, mi hanno aggredito senza dar l'allarme.
È stato necessario restringersi, fare posto in casa mia.

Ora, son venuti da ogni dove, a ondate successive, che si sospingevano l'un l'altra,
si urtavano.
Son venuti da ogni dove, dalla città tutta, dalla nazione, dal mondo;
innumerabili, inesauribili.
Non son più isolati, ma a gruppi, in catena, legati gli uni agli altri, mescolati, saldati,
come pezzi di umanità.
Non son più soli, ma carichi di pesanti bagagli;
bagagli d'ingiustizia, bagagli di rancore e di odio, bagagli di sofferenza e di peccato...
Trascinano il Mondo alla loro sequela, con tutto il suo materiale arrugginito e contorto,
o troppo nuovo e mal messo, mal impiegato.

Signore, mi fanno male! Sono ingombranti, sono invadenti.
Hanno troppa fame, mi divorano!

Non posso più far nulla; quanto più entrano e tanto più
spingono la porta e tanto più la porta si apre... Ah, Signore! La mia porta è spalancata!
Non ne posso più! E' troppo per me! Non è più una vita!
E la mia situazione?
E la mia famiglia?
E la mia tranquillità?
E la mia libertà?
Ed io?
Ah! Signore, ho perso tutto, non sono più mio;
Non c'e più posto per me a casa mia.

Non temere nulla, dice Dio, hai guadagnato tutto,
perché mentre gli uomini entravano in casa tua,
io tuo Padre,
io, tuo Dio,
mi sono infiltrato tra loro.

accoglienzasolidarietàamoreimpegnoresponsabilitàpovertàricchezza

inserito il 31/12/2005

PREGHIERA

4. Signore aiutami a dire "sì"   1

Novello Pederzini

Ho paura a dirti di "sì", Signore.
Non so ancora che cosa vuoi e dove mi vuoi portare. Ho paura che tu mi voglia condurre proprio là dove io non voglio andare.
Ho paura che tu mi spinga per strade a me non gradite, di firmare una carta in bianco, di dirti un "sì" che poi reclama altri "sì"...
Mi fai paura, Signore, anche se sento di amarti.
Ho paura del tuo sguardo, perché esso è irresistibile. Ho paura della tua esigenza, perché sei un Dio geloso. Ho paura del tuo amore, perché sei troppo misterioso e impegnativo.
E con queste paure, mi dibatto in contraddizioni e in angosce a non finire.
Sono incerto sulle mie scelte, insicuro nelle mie decisioni, e sempre più insoddisfatto di ciò che sono e di ciò che faccio.
Ma che cosa vuoi da me, Signore?
Dio terribile, che cosa vuoi ancora?

Tu mi dici:
Piccolo, voglio ridimensionare la tua vita.
Fino ad ora, sei stato tu a decidere.
Più o meno, hai sempre fatto quello che volevi, e poi pretendevi che io ti seguissi, cercando una convalida alle tue decisioni.
Ma non puoi continuare così.
Devi capire che hai invertito le parti: hai giocato quel ruolo di protagonista che spetta gelosamente a Me.
Non lo debbo dire "sì" a te, ma tu a Me.
A me spettano l'iniziativa e tutte le scelte che ti riguardano.
Io devo essere il centro di ogni tua cosa e, soprattutto, del tuo cuore.
Mi devi seguire docilmente.
Mi devi consegnare la tua volontà.
Mi devi dare tutto.
Ho bisogno del tuo "sì", come ebbi bisogno del "sì" di Maria per venire, come uomo, sulla terra.
Dimmi un sì come me lo disse Lei: deciso, incondizionato, fidente, affettuoso.
Fidati di me.

Signore, aiutami a comprendere che tu non hai bisogno delle mie sufficienze; a capire che io non sono poi tanto importante e necessario.
Fammi capire che a nulla giova continuare a discutere, a contestare, a resisterti.
Infondimi forza e decisione perché possa aderire al tuo progetto.
E perché venga il tuo regno e non il mio, perché sia fatta la tua volontà e non la mia, aiutami a dire "Si", ma subito,
e con amore.

abbandono in Diorapporto con Dioabbandonovocazionechiamataprogetto di Dio

3.0/5 (1 voto)

inviato da Anna Lollo, inserito il 28/07/2004

PREGHIERA

5. La pace dipende anche da me

Carla Zichetti

Non costruisco la pace quando non apprezzo lo sforzo, la virtù degli altri;
quando pretendo l'impossibile, quando sono indifferente al bene e al male degli altri;
non costruisco la pace quando lavoro per due per poter comprare e mantenere il superfluo,
mentre c'è chi non trova lavoro e non ha il necessario, l'indispensabile per vivere;
non costruisco la pace quando non perdono, quando non chiedo scusa,
quando non faccio il primo passo per riconciliarmi, anche se mi sento offesa o credo di aver ragione;
non costruisco la pace quando lascio solo chi soffre e mi scuso dicendo: «Non so cosa dire, cosa fare, non lo conosco»;
non costruisco la pace quando chiudo la porta del cuore, quando chiudo le mani, la bocca e non faccio niente per unire, conciliare, scusare;
non costruisco la pace quando penso solo ai fatti miei, al mio interesse e tornaconto, al mio benessere e ai miei beni;
non costruisco la pace quando rispondo: «non ho tempo» e tratto il prossimo come uno scocciatore, un rompiscatole;
non costruisco la pace quando mi metto volentieri e di preferenza dalla parte di chi ha potere, ricchezza, sapienza, furbizia,
anziché dalla parte del debole, dell'indifeso, del dimenticato, dalla parte di colui il cui nome non è scritto sull'agenda di nessuno;
non costruisco la pace quando non aiuto il colpevole a redimersi;
non costruisco la pace quando taccio di fronte alla menzogna, all'ingiustizia, alla maldicenza, alla disonestà, perché non voglio noie;
non costruisco la pace quando non compio il mio dovere sia nel luogo di lavoro che verso i miei familiari;
non costruisco la pace quando sfrutto il mio prossimo in stato di dipendenza, inferiorità, indigenza, malattia;
non costruisco la pace quando rifiuto la croce, la fatica;
non costruisco la pace quando dico no alla vita;
non costruisco la pace quando non mi metto in ginocchio per invocarla, per ottenerla, per viverla.

Allora quand'è che costruisco la pace?
Quando al posto del «no» metto un «sì»
quando al posto del rancore, metto il perdono
quando al posto della morte, metto la vita,
quando al posto dell'io, metto Dio.

La pace è un tuo dono, Signore.
Per ottenerla occorre pregare, amare, soffrire.
Occorre pagare di persona. Scomparire.
Eccomi o Signore.
Fammi seminatrice di pace.
Signore, donaci la tua pace.

pacegiustiziaimpegno

inviato da Don Giovanni Benvenuto, inserito il 10/04/2002