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RACCONTO

1. Ciò che il mare racconta di Dio

Dio è un mistero. Noi possiamo solo cercare di farcene un'immagine. Giovanni di Ruysbroek, quando pensava a Dio, pensava al mare.

Giovanni vive in Olanda, un paese piatto, piatto. Uomini pacifici coltivano i campi. Giovanni, però, vuole vivere solo per Dio e perciò abbandona la compagnia degli uomini e cerca la solitudine.

Per essere soli bisogna abitare vicino al mare, perché nessuno vuole vivere accanto alle dighe. Lì soffia sempre un forte vento e a volte onde alte scavalcano le barriere delle dighe. Proprio lì Giovanni si è ritirato per abitare in una semplicissima capanna.

La gente si meraviglia. A volte qualcuno viene a visitarlo e gli chiede: "Giovanni, ma che cosa fai da queste parti?". "Io cerco Dio e qui gli sono molto vicino, qui mi riesce facile pensare a lui" risponde.

"Noi pensiamo a Dio quando siamo in chiesa, lì abbiamo delle immagini di lui".
"Anch'io ho un'immagine di lui" dice Giovanni.
"Dov'è? Faccela vedere!".

Giovanni li conduce sulla diga. Il mare è calmo e si stende senza confine.

"Guardate, questa è la mia immagine di Dio: così è il Padre, infinitamente grande come questo mare!".

La gente rimane per molto tempo in silenzio. "Certo, lo vediamo - dice uno -, ma noi abbiamo anche immagini di Gesù; un artista le ha dipinte da poco sulla parete della nostra chiesa". "Se vi fermate fino a stasera, vi farò vedere la mia immagine di Gesù".

Dopo queste parole Giovanni si ritira nella sua capanna. I bambini giocano sulla spiaggia, gli adulti chiacchierano tra di loro. Però i loro sguardi si rivolgono continuamente verso il mare, verso il grande oceano.

La sera tutti vogliono entrare nella capanna di Giovanni. "Dov'è l'immagine di Gesù?".

Giovanni li porta di nuovo con sé allo stesso posto. Il mare è cambiato, è diventato irrequieto. È l'ora dell'alta marea e le onde salgono sempre di più. Una dopo l'altra, battono contro la diga, si accavallano, si infrangono e ritornano formando una bianca schiuma. Le dighe non sono chiuse completamente e l'acqua può entrare dappertutto e inondare la terra. Presto all'intorno tutto è coperto d'acqua.

Giovanni dice: "Adesso il mare non è più lontano. L'immenso oceano ha mandato le sue onde e l'acqua è entrata dappertutto. Anche Dio è così. Il Padre manda il Figlio. Questi bussa dappertutto e va alla ricerca di tutti".

Questa è un'immagine che la gente capisce. Sì, è proprio così; Gesù ha trovato la strada per venire incontro a ciascuno. Un grande silenzio si diffonde tra la folla.

Solo uno vuole porre un'ultima domanda: "Giovanni, possiedi anche un'immagine dello Spirito Santo?".

Giovanni sorride, perché proprio in quel momento l'acqua ha cominciato a muoversi di nuovo. I flutti che inondano la spiaggia cominciano a ritirarsi pian piano.

"Guardate che cosa succede adesso! Il mare torna indietro. E guardate, esso porta con sé foglie, legna, erba. Tutto viene afferrato dal mare e portato via, riportato nell'immenso mare. E questa è l'opera dello Spirito Santo. Ci afferra, ci porta con sé, ci riporta al Padre".

Tutto ritorna a Dio. Anche le persone che sono morte sono con lui.

Trinitàrapporto con DioDio

5.0/5 (1 voto)

inviato da Andrea Zamboni, inserito il 23/11/2002

RACCONTO

2. I due lumini   2

G. Francesco

C'era in un piccolo paese di montagna un chiesa molto famosa per i suoi meravigliosi quadri, dipinti da artisti di ogni secolo. Questa chiesa era così famosa che andava a visitarla anche gente proveniente da paesi lontani.
Oltre a questi meravigliosi capolavori, in un angolo quasi dimenticato, vi era anche un crocifisso di legno; a differenza dei quadri, ben visibili a tutti i visitatori perché illuminati da potentissimi fari che evidenziavano contorni e colori delle immagini, il piccolo crocifisso, posto nel buio, passava quasi sempre inosservato. Così era molto triste e sconfortato, perché si rendeva conto che nessuno poteva vederlo e quindi non poteva fare quello che doveva fare.
Un giorno, uno spiraglio di luce riuscì ad illuminare una zona di quell'angolino. Il crocifisso, incuriosito da questo fascio di luce, cercò di vedere cosa c'era lì attorno e con grande sorpresa, notò proprio accanto a lui, due lumini.

Con un po' di coraggio tentò di attirare la loro attenzione:
"Salve, io sono il Crocifisso di legno ed avrei un gran bisogno del vostro aiuto".
Uno dei due lumini, con aria da superiore e un po' infastidito, rispose:
"Il mio aiuto? E perché dovrei aiutarti? Non ho proprio voglia di fare niente! E poi non saprei proprio cosa poter fare per te".
Il crocifisso, turbato dalla risposta, ribatté al primo lumino: "Come non sai come potermi aiutare?! Non sai che tu hai la capacità di generare luce?!".
Riprese il primo lumino: "Luce? E come potrei produrla? A me nessuno ha mai detto per che cosa sono stato creato; mi hanno lasciato qui e qui sono rimasto, senza farmi tante domande".
Replicò il crocifisso: "Allora te lo dico io. Tu, con la tua cera e con il tuo stoppino, hai la possibilità di dar vita ad una luce piccola, ma sufficiente ad illuminarmi. Purtroppo però, questa luce non è eterna: la fiamma da cui proviene scioglie, con il suo calore, la cera e la consuma".
E il primo lumino, spaventato: "Cosa vuoi dire? Che perderò la mia forma rotonda e alta? Che mi vedrò morire a poco a poco?".
Rispose il crocifisso: "Sì. E voglio dirti che ad un certo punto non ci sarai più".
"Neanche a pensarci!" disse il lumino, "io non farò niente di quello che tu mi hai detto. Preferisco stare qui, in questo angolo buio, piuttosto che rovinarmi e perdere ciò che ho".
Il crocifisso, ascoltate le parole del lumino, perse la speranza.

Ad un tratto però, si sentì chiamare: "Scusa. Ehi crocifisso, mi senti? Posso parlarti un secondo?".
Il crocifisso volse lo sguardo; capì che quella vocina proveniva dal secondo lumino e rispose: "Sì che puoi parlarmi!".
Allora il secondo lumino domandò: "Ma è vero che io ho il dono di creare luce? E che così facendo potrei aiutarti?".
Rispose il crocifisso: "Sì, è proprio vero. Ma è anche vero che per aiutarmi dovrai sacrificare te stesso".
Il secondo lumino stette un po' in silenzio; poi, con sicurezza, sentenziò: "Ok, ti aiuterò. Lo faccio perché è ciò che voglio fare. Ora che sono a conoscenza del mio dono, voglio farlo fruttificare, anche se dovrò andare incontro alla mia fine. Tu non preoccuparti perché aiutando te, farò qualcosa anche per me stesso: mi potrò realizzare".
Il crocifisso, commosso, ringraziò di tutto cuore il lumino. Si sentiva molto felice perché adesso, illuminato dal suo piccolo amico, poteva fare ciò per cui era stato creato.

Da quel giorno, nella chiesetta, non sono più solo i quadri ad attirare l'attenzione dei fedeli visitatori: c'è un oggettino che esprime umiltà e semplicità; è illuminato da una luce tiepida e tenue che misteriosamente richiama chiunque lo noti, a fermarsi un attimo. Non è un quadro artisticamente meraviglioso, ma ha qualcosa di particolare: mostra l'immagine del Figlio di Dio, Gesù, colui che ha posto i doni del Padre al nostro servizio, dando loro così, un valore ancora più grande. E come se non bastasse, ha infine sacrificato se stesso, facendosi crocifiggere, per noi, perché quello era il destino che Qualcuno aveva disegnato.
Nella chiesetta risuona ancora oggi la storia di un lumino, che oramai vecchio e coperto di polvere, è rimasto abbandonato e solo nel suo buio angolino; e di un lumino che ormai non c'è più, ma che ha fatto la sua storia, lasciando traccia di sé nel cuore di un crocifisso che, grazie al suo amico lumino, narra, ancora oggi, l'umiltà e la bontà di chi ha scelto di vivere e morire per noi.

vitatalentisacrificioGesù Cristocrocesofferenza

5.0/5 (2 voti)

inviato da Giaccaglia Francesco, inserito il 29/08/2002

RACCONTO

3. Il mondo rovesciato

Nel granaio di una fattoria, in campagna, vive il pipistrello Bastiano. Di notte, Bastiano, vola sulla fattoria orientandosi con il suo udito sensibilissimo e, di giorno, si riposa stando a testa in giù, appeso per i piedi a una trave del granaio. Questa sua, curiosa abitudine gli è valsa il soprannome di "Bastian contrario" .Così lo chiamano tutti gli abitanti della fattoria.

- Bastian contrario, sei proprio un bell'originale! - gli dicono i topolini che abitano nel granaio, incuriositi dal bizzarro comportamento del loro lontano parente.

- Bastian contrario, si può sapere com'è il mondo visto rovesciato? - gli domanda una topina.

- È molto più diritto di quanto non immagini! - è la strana risposta del pipistrello.

Da qualche giorno, però, Bastiano non attira più l'attenzione degli abitanti della fattoria, perché sono tutti interessati a un'altra cosa. Al fatto che l'usignolo che vive sull'olmo, al centro del cortile, ha smesso di cantare. Nessuno ode più il suo canto melodioso e tutti si sentono molto tristi.

- La vita, nella fattoria, non è più la stessa da quando l'usignolo ha smesso di cantare! - osserva il cavallo.

- Sì, prima, quando il lavoro finiva e a ciascuno restava solo il peso della propria fatica, il canto dell'usignolo ci sollevava e leniva i nostri cuori, ora invece, la sera, c'è un senso di oppressione nell'aria - dice la mucca.

Anche l'usignolo è triste e questa mattina si è rifugiato nel granaio perché è stanco di sentirsi chiedere in continuazione: «Perché non canti più?».

Credendo di essere solo nel granaio, l'usignolo dà sfogo, alla sua amarezza:

- Hanno un bel coraggio, tutti quanti, a venirmi a chiedere perché non canto più! Possibile che non capiscano che la colpa è soltanto loro? Sono stanco di sgolarmi senza una parola di ringraziamento! Perché, devo essere sempre io a rallegrare la vita degli altri, quando nessuno sembra preoccuparsi di rallegrare la mia? Ma adesso lo vedranno; non canterò più una sola nota in questa fattoria, vedremo se incominceranno a capire, e a ringraziare!

- Forse dovresti incominciare a ringraziare tu - lo interrompe una voce che sembra provenire dall'alto.

L'usignolo solleva il capino e vede il pipistrello Bastiano appeso alla trave.

- Ah... ci sei anche tu... - dice l'usignolo imbarazzato - io credevo di essere solo, per questo mi sono sfogato così... Comunque - riprende con sicurezza - lascia che ti dica che la tua osservazione è proprio stupida... o forse non mi hai ascoltato bene...

- Ti ho ascoltato benissimo, invece - dice il pipistrello - e ripeto la mia osservazione: forse dovresti incominciare a ringraziare tu.

- Ma questo è assurdo! - replica l'usignolo con vivacità. - E' esattamente il contrario del buon senso. Insomma, tu vorresti propormi, oltre al danno, anche le beffe! Andare a ringraziarli, per che cosa, poi?
- Perché ti stanno a sentire...

- Ah, questa è bella! Scommetto che tu sei quel tipo, del quale ho sentito parlare, che tutti chiamano Bastian contrario!

- Sono proprio io e, se mi starai a sentire un pochino, forse ti insegnerò qualcosa di nuovo. Ti ho detto che devi incominciare a ringraziare tu e ciò significa che devi metterti dalla parte del torto. Il che non è poi tanto sbagliato, se ci pensi bene. Vedi, la tua tristezza non nasce dal fatto che gli altri non ti ringraziano, ma dal fatto che non ti ringraziano nel modo che tu ti aspetti. Ma, se ci rifletti bene, il fatto che tutti riconoscano che la loro vita era trasformata dal tuo canto è il più bel ringraziamento, per te. Vedi, gli altri donano a loro modo, sei tu che non sai ricevere...

- Ma questo è il mondo rovesciato! - esclama l'usignolo - Ringraziare quando si aspetta di essere ringraziati! Però, anche se mi costa, devo riconoscere che c'è qualcosa di vero nelle tue parole, allora voglio provare a fare come dici tu.

L'usignolo è tornato sul ramo dell'olmo e ha ripreso a cantare.
E il suo canto dice così:

- Grazie, amici miei, perché mi state a sentire. Grazie perché accogliete il mio canto. Io credevo di consolarvi ed eravate voi che mi consolavate.

Credevo di aiutarvi ed eravate voi che mi aiutavate. Credevo di avere bisogno del vostro grazie, mentre eravate voi che avevate diritto al mio. Grazie, amici miei, per tutto questo, grazie!

Mai il canto dell'usignolo era stato più melodioso. Perché l'uccellino ha vinto se stesso dimenticato le sue pretese per rispondere alle richieste dei suoi amici che volevano il suo canto. E la presenza silenziosa di tutti gli abitanti della fattoria sotto l'olmo, le lacrime che scorrono sul muso mansueto della mucca sono il ringraziamento più bello per l'usignolo. Il quale non si stanca di dire a tutti che il grazie più grande deve andare a Bastian contrario che lo ha aiutato a capovolgere la sua situazione.

E così, adesso, c'è sempre qualcuno che fa capolino nel granaio per chiedere consiglio a Bastiano.

Anzi, quando c'è qualche problema nella fattoria tutti dicono: «Andiamo da Bastiano perché ci aiuta a capovolgere questa situazione».
E Bastiano dice a uno:
- Forse dovresti incominciare a perdonare tu...
E a un altro:
- Forse l'unica cosa da fare è non fare nulla...

E a un altro ancora: - se vuoi essere il primo, sii l'ultimo; se vuoi essere amato, ama; se vuoi essere compreso, comprendi; se vuoi essere ascoltato, ascolta; se vuoi essere esaltato, umiliati; se sei nelle tenebre, parla agli altri della luce.

E a poco a poco, tutti incominciano a vedere le cose come le vede Bastiano, cioè rovesciate.
Che è spesso l'unico modo per vederle veramente diritte.

E l'unico modo per dare un senso a cose che a volte sembrano esserne prive.

Perché, rovesciare le cose, significa non guardarle più con il nostro occhio, non misurarle più con il nostro metro, che si chiama egoismo, ma guardarle con gli occhi degli altri e misurarle con il metro del prossimo che è la carità.

Perché, rovesciare le cose, significa avere compreso che esistono pensieri che non assomigliano ai nostri pensieri, che esistono delle vie che non sono le nostre vie.
Ma sono le uniche vie che conducono alla Pace.

gratitudineperdonofare il primo passo

inviato da Mariangela Molari, inserito il 22/05/2002