Quando hai bisogno, Qumran ti dà una mano, sempre.
Ora Qumran ha bisogno di te.
- Clicca qui per sapere il perché.
Hai cercato cero tra i ritagli lunghi
Hai trovato 2 ritagli
RACCONTO
Un Cerino triste e rassegnato, si era messo in disparte su un lato della scatola e una Candela dispiaciuta, incominciò a parlargli:
"La conosci la storia del Cerino?", esclamò la Candela.
"No!", rispose il Cerino.
"Caro Cerino, non sai quanto sei importante!".
"Parli bene tu!", disse con voce rammaricata il Cerino. "Sei una Candela, ti accendesti tempo fa e la tua fiamma ancora brucia nel consumarti lentamente. Io sono un Cerino, mi accenderò per poi spegnermi rapidamente, in meno di un istante".
"Cerino c'è verità in quel che dici, ma credimi non conta quanto sia lunga un'esistenza, ma è importante la realizzazione della sua essenza".
Il Cerino ci rifletté su e poi aggiunse: "Tu credi che valga sempre e comunque la pena vivere? Seppur consapevole di nascere per poi morire, di accendersi per poi finire?".
"Ascolta prima la Storia, figlio mio!".
C'era un volta una Candela, accesa nel buio della notte, essa era una faro per tutti i viandanti del mondo, chiunque poteva scorgerla anche dai luoghi più remoti, quella luce calda e confortante li carezzava ed era davvero tanto ma tanto importante.
Una notte come tante, i viandanti ebbero però un amara sorpresa, la luce della Candela si spense. Del resto era un Candela non poteva durare in eterno, avrebbero dovuto prevederlo, ed invece nel restare completamente al buio, panico e sconforto avvolsero l'animo di ogni viandante.
Passarono alcuni istanti che parvero lunghi come secoli, ed improvvisamente qualcuno s'ingegnò, chi ricordò che in soffitta aveva conservata una vecchia candela, chi trovò una torcia, chi un lumino, e ci fu persino chi scoprì nella propria casa un camino, ma ahimè era tutto inutile senza un Cerino.
E fu così che nell'affanno di risolvere il danno, qualcuno in tasca trovò un Cerino.
La tristezza avvolse l'animo di quel poverino, conosceva bene la durata di un Cerino, ma la vita del mondo era in declino e allora lo usò per accendere un camino.
Da quel camino ogni candela trovò fiamma, ogni cero luce, ogni lume scintilla.
E nel giro di qualche secondo, scanditi come secoli dal mondo la luce si riaccese a tutto tondo, e grazie a quel Cerino il mondo venne salvato dal declino.
"Che storia incantevole Candela, e come si chiamava quel Cerino?".
"Ma come? Quel Cerino lo conosci anche tu, si chiamava Gesù!".
Il Cerino sorrise di una Luce interiore che lo fece accendere con tanto amore e quella sua breve esistenza la trascorse nel dare realizzazione alla sua essenza.
importanza del singoloresponsabilitàvitamorteimpegnovocazionecompito
inviato da Lisa, inserito il 08/07/2011
TESTO
2. Quel catino di acqua sporca 1
Accanto al fonte della vita nuova, la Pasqua ci consegna anche un catino d'acqua sporca. ne ha fatto uso il maestro e nessuno ancora lo ha tolto dalla a tavola curandosi di svuotarlo. I discepoli intimoriti, tornando al cenacolo, si sono abbracciati attorno a questa icona del servizio lasciandola lì nel bel mezzo delle loro incerte discussioni.
Anche noi potremmo immaginare quel recipiente sul nostro altare tra le tovaglie ben stirate, i fiori freschi e il cero pasquale: è la memoria dell'ultimo gesto stravagante del nostro giovane Rabbi.
Quando mi domando come sia possibile far innamorare un giovane a Gesù Cristo mi viene in mente la reliquia del catino...
Quel catino è la freschezza di un uomo che quando è a tavola non ce lo si può trattenere seduto a lungo. L'ultima cena non si è risolta nell'ultima abbuffata: quell'Eucarestia ha nutrito i cuori ma non ha appesantito i corpi perché Gesù si è alzato per lavare i piedi come un servo. Il catino con l'acqua sporca ci invita chiaramente a metterci scomodi prendendoci cura degli altri senza indugiare alla "tavola delle lunghe discussioni", senza intrattenerci in quei festeggiamenti dello "stiamo bene tra noi" che odorano di tradimento.
Solo chi è scattante e sa alzarsi da tavola impara a lasciare il posto ad altri, ai più giovani perché è convinto che di pane ce n'è per tutti.
Quel catino è la scioltezza e l'equilibrio di mani allenate ad accarezzare. Ad uno ad uno tutti i piedi dei discepoli hanno provato il ristoro di quel tratto di cui solo l'artista che li ha plasmati è capace. Un corpo agile e disinvolto quello del maestro abituato a nutrire di intelligenza le sue parole ma anche di armoniosa sapienza i suoi movimenti.
Questo equilibrio ci vuole nel chinarsi e rialzarsi senza rovesciare a terra il contenuto di quella bacinella. Il catino con l'acqua sporca ci racconta di poche parole e di tanti piccoli gesti precisi e geniali... insomma un bene fatto bene senza le lentezze e gli appesantimenti delle abitudini. Solo chi è allenato alla scioltezza e alla fermezza dell'amore incondizionato impara ad accarezzare senza trattenere, a ristorare senza possedere... in una danza gioiosa fatta di genuflessioni e umili abbracci.
Quel catino è il coraggio di smascherare la propria bellezza. Sotto la crosta polverosa della sporcizia Gesù ha ridato vigore e candore ai piedi dei suoi messaggeri. Il Cristo ha confermato ad uno ad uno i suoi lavandone i piedi. Il catino con l'acqua sporca ci risveglia alla straordinaria potenza del perdono che non fa conto dell'inadeguatezza ma riporta il cuore allo splendore originario.
Solo chi guarda in faccia all'acqua sporca smette di giudicare e ritrova quel coraggio che non confonde. Solo chi vede il maestro piegato sui propri piedi non ha più dubbi.
La paura di sbagliare non è l'ultima parola, perché ciò che da bellezza è il perdono e l'accoglienza.
Spesso i ragazzi che crescono accanto a noi mettono a fuoco domande, slanci, dubbi, provocazioni... forse ci invitano ad essere una comunità di discepoli che va per il mondo col catino in mano.
serviziocaritàamoremaestrogiovedì santolavanda dei piedi
inviato da Mariangela Molari, inserito il 25/11/2002