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ESPERIENZA

1. Esperienza del Discepolo

Giuseppe Impastato S.I.

Scorgere un uomo circondato da una folla
e tanti sguardi imploranti rivolti a lui,
inquadrare il Rabbì, percepire l'ineffabile,
avvertirne il fascino...
E poi avvicinarglisi,
coglierne il cenno che ti accoglie,
ascoltarlo, sempre più presi,
sino a sentirsi trafitti
e fremere di gioia,
scorgendosi poveri, inappagati...
E poi avvertire un fraterno abbraccio,
il tuo cuore sussultare,
e ritenere non più impellenti i tuoi impegni...
E quando Gesù lascia la folla
seguirlo, accettandone passo e ritmi,
senza perdere una parola del suo dire,
e capire che spalanca le tue porte chiuse
per donarti aria fresca e nuova...
E Lui continua ad agire, scava in te,
riportando alla luce quello che sei;
la Parola si fa specchio per te,
e rimani ammaliato dinanzi al riemergere
- ad ogni tocco, talora deciso, di bulino -
dell'immagine di te, antica e nuova...

E poi stare con lui, bearsi,
non riuscire a staccarsi,
non desiderare altro,
lucidamente ammaliati
da chi dolcemente ti prende,
ti porta dove il suo cuore pulsa d'amore.
E poi percepire altre voci, ora amiche,
e comprendere ora - sorpresi -
che solo il divino ci si addice,
che ci fa essere aperti al mondo,
totalmente vivi, pieni, nuovi....

ascoltotrasformazionediscepolatosequeladiscepoli

inviato da Giuseppe Impastato S.I., inserito il 17/09/2022

ESPERIENZA

2. La tumulazione di un amico   1

Anna Marinelli

La tumulazione di un amico, di un congiunto, di un fratello, del proprio sposo, del proprio padre è un momento straziante perché pone il sigillo definitivo alla visione fisica della persona amata e ci costringe a prendere consapevolezza che non fummo creati per restare sulla terra ma fummo creati per il cielo.

mortesalutodefuntivita eterna

5.0/5 (2 voti)

inviato da Anna Marinelli, inserito il 21/02/2016

ESPERIENZA

3. Tutti i giorni patate

don Giuseppe Ghirelli, sacerdote fidei donum

Così dicevo quando sono stato in Irlanda per l'Inglese, dove la patata è il piatto nazionale che trovi tutti i giorni a tavola anche se preparata in tanti modi. Arrivo in Etiopia e vedo che anche qui tutti i giorni a tavola ci sono le patate. Ma, attenzione! Mentre in Irlanda tutti possono comprare o coltivare le patate, qui a Kofale mica tutti possono mangiarle. Sì perché, per comprarle ci vogliono i soldi, per coltivarle ci vuole un pezzo di terra, ma non basta, perché anche se hai un pezzo di terra dove hai piantato le patate, se non piove non crescono.

E allora, chi può mangiare le patate? Non i poveri che non hanno soldi, né un pezzo di terra e non sempre hanno la pioggia dalla loro parte.

Ieri finalmente ha cominciato a piovere e oggi piove ancora, meno male, così, anche le famiglie più povere, potranno sfamarsi mangiando patate, certo non tutti i giorni, ma almeno per tanti giorni, io da parte mia cercherò di non lamentarmi, ma di ringraziare Dio, se invece tutti i giorni posso mangiare patate.

cibopoverimissionenon lamentarsiaccettazione

5.0/5 (2 voti)

inviato da Don Giuseppe Ghirelli, inserito il 16/06/2015

ESPERIENZA

4. Vorrei morire al suo posto   2

Le ore passano lente come secoli sotto un sole di piena estate che di ora, in ora si fa più spietato per quegli uomini distrutti dalla fame, dalla sete e dalla fatica. Qualcuno comincia a stramazzare al suolo svenuto. Se non si rianima sotto il grandinare delle percosse, è trascinato via, per i piedi e gettato in un angolo del "piazzale".
Testa di mastino, alle 18, si pianta, a gambe divaricate, davanti alle sue vittime, sul campo un silenzio di tomba.
"L'evaso non è stato ritrovato dieci di voi moriranno nel bunker della fame. La prossima volta toccherà a venti."
Lentamente il capo inizia la sua scelta fissando nello sguardo, uno ad uno i prigionieri e di ciascuno assaporando il terrore.
"Questo qui", Testa di mastino puntava a caso il suo indice sul numero cucito sulla giacca del prigioniero. Il drappello dei martiri è completo.

"Arrivederci amici, ci rivedremo lassù, dove c'è vera giustizia", "viva la Polonia! E' per essa che io do la mia vita".
Francesco G. n° 5659, piange disperato ricordando la moglie e i figli. Tra le file dei risparmiati lo sbigottimento lascia il posto ad un senso di sollievo, alla gioia: vivere ancora, sfuggendo alla morte atroce del bunker della fame. Un uomo esce dalle fila - numero 16.670 - e con passo deciso si presenta a Testa di Mastino.
"Cosa vuole da me questo sporco polacco?"
"Vorrei morire al posto di uno di quelli"
"Perché?"
"Sono vecchio, ormai (aveva 47 anni!) e buono a nulla - La mia vita non può più servire gran che."
"E per chi vuoi morire?"
"Per lui, ha moglie e bambini"
"Ma tu chi sei?"
"Un prete cattolico" P. Massimiliano Kolbe - n° 16.670

Era Massimiliano Maria Kolbe, morto ad Auschwitz il 14 agosto 1941 e proclamato santo nel 1982 da papa Giovanni Paolo II.

sacrificiomartiriotestimonianzaofferta della vitaamoredonogiornata della memoriashoahcampi di concentramentoolocausto

4.7/5 (3 voti)

inviato da Qumran, inserito il 11/08/2014

ESPERIENZA

5. Nessuna vita è inutile   4

Figlio mio, ti vidi appena nato con la lingua penzoloni.
La diagnosi fu pesante come un macigno.
Al Signore dissi: "Tu dai e tu togli. Riprendilo ora. E' inutile la sua vita".
Perdonami, figlio mio. Tu sei come tutti, con problemi solo diversi.
Quando dicesti: "Mamma", piansi di gioia, anche se avevi tre anni.
Ai tuoi primi passi aprii le braccia felice, anche se eri grandino.
Inutile la tua vita? No! Tu mi insegnasti la pazienza.
Quando a quell'epoca nessuno ti voleva, a scuola e in società, imparai a essere gentile affinché qualcuno ti facesse una carezza.
Inutile la tua vita? No! Tu mi insegnasti l'umiltà.
Quando la gente cominciò ad accorgersi di quelli come te, mi misi a combattere perché tu fossi accolto come gli altri.
Inutile la tua vita? No! Tu mi insegnasti a lottare.
Mentre le altre madri sognavano per i figli i primi posti, io mi accontentavo di cogliere con prontezza i tuoi piccoli progressi.
Tu mi insegnasti a desiderare la felicità e non il successo.
Alla morte di papà tornai dal cimitero disperata. Trovai te, e con te cercai di non arrendermi.
Ora tu, figlio mio, sei la mia compagnia.
Se ricevo un abbraccio o una gentilezza, li ricevo da te. Con te, a cui basta poco per sorridere, riesco a dare felicità.
Ora tu, figlio mio, sei la mia compagnia.

vitahandicapdisabilitàvalore della vita

5.0/5 (3 voti)

inviato da Maurizio Gasperi, inserito il 12/08/2012

ESPERIENZA

6. Non dire che sei uno sfigato   5

Alex Zanardi, Luigiaccattoli.it

Una volta ero a Budrio, dove c'è il laboratorio che mi fa le protesi. Alla fine vado in un bar, si parla come al solito di auto, di Ferrari, tutti giù a offrirmi caffè. E vedo un uomo, alla finestra, con una bambina in braccio, che piange. Allora mi avvicino e mi accorgo che la bambina è senza gambe.

L'uomo mi vede e fa: No guardi, non creda, sto piangendo di gioia, sa. Perché Alice è nata senza gambe e oggi, a tre anni, le hanno potuto mettere le prime protesi e quando sono arrivato mi han detto: beh, dove sono le scarpe? E io son corso a comprarle, non l'avevo mai fatto, e adesso piango perché Alice ha le prime scarpe.

Allora sono andato nel bagno del bar e mi sono detto: Sandro, tu hai avuto trentatré anni alla grande, Montecarlo, Indianapolis, la Formula Uno. Hai una moglie, un figlio, degli amici, i soldi, la casa e la barca. Se adesso dici che sei sfigato ti sputo addosso.

Alex Zanardi, bolognese, campione di automobilismo che ha gareggiato e vinto anche dopo l'amputazione delle gambe a seguito di un incidente avuto nel 2001.

sofferenzaaccettazionefortunasfortunaottimismodeterminazione

5.0/5 (5 voti)

inviato da Michela Ceccato, inserito il 09/04/2012

ESPERIENZA

7. Alzati e fatti riconoscere   1

Anthony De Mello, Il canto degli uccelli. Frammenti di saggezza nelle grandi religioni, p. 119

Per dire la verità così com'è ci vuole molto coraggio se si appartiene a un'istituzione.
Per sfidare l'istituzione stessa ci vuole ancora più coraggio. Fu questo che fece Gesù.

Quando Kruscev pronunciò la famosa denuncia dell'epoca staliniana, si dice che qualcuno, in parlamento, abbia esclamato: "Dov'eri tu, compagno Kruscev, quando tutte queste persone innocenti venivano massacrate?".
Kruscev smise di parlare, girò lo sguardo nella sala e disse: "Per favore, si alzi chi ha detto questo".
Ci fu grande tensione nella sala. Nessuno si alzò.
Allora Kruscev disse: "Bene, ora hai la risposta, chiunque tu sia. Io ero allora nella stessa identica posizione in cui tu ora ti trovi".

Gesù si sarebbe alzato.

coraggiotestimonianzacoerenza

5.0/5 (3 voti)

inserito il 08/11/2011

ESPERIENZA

8. Parlare dell'aborto in assemblea di classe   1

C. D'Esposito, Rivista "Vita Francescana", maggio 1975

PAOLO (anni 15): Io dico che l'aborto è lecito, quando si sa che il bambino nascerà deforme. A che serve farlo nascere? Io non vorrei vivere, se fossi deforme.

PROF.: (Eh già, bello e viziato come sei...) Paolo, ma allora lo scopo della vita è essere belli?

PAOLO: No, certo, non è essere belli. Ma nemmeno brutti!

MANUELA (anni 15; meditabonda e sagace): Lui vuol dire che lo scopo della vita è essere felici.

PROF.: E mi sai dire qual è lo scopo dell'aborto? Rendere felice la madre?

GIORGIO (interdetto): Lo scopo dell'aborto...

PROF.: La madre è più felice, dopo?

Vorrei dire a Paolo che il suo è un ragionamento fatto coi piedi. Se chi è deforme non ha diritto di vivere, allora dovremmo uccidere i gobbi, i paralitici, i pazzi.

MANUELA (indignata): Che c'entra! Quelli, ormai, sono nati. Sono vivi, sono interi. Prima di nascere non siamo nemmeno interi.

PROF.: fammi capire: essere uomini significa essere interi?

GIORGIO: Senta, non riattacchiamo con la filosofia.

PROF. (divertita): Io lo facevo per Paolo. Pensa a lui, che ragiona con i piedi. Se si sloga un piede, non è più Paolo. Vi do un suggerimento; facciamo fuori Paolo

GIORGIO (rassegnato): Vi saluto, gente. Parla la professoressa, quindi l'assemblea è finita.

PROF.: Ascolta, Giorgio: un uomo e una donna si sposano, pur sapendo di essere gravemente malati. Incoscienti, no? E fanno pure di peggio: questi criminali, questi irresponsabili, fanno pure cinque figli.

GIORGIO (atterrito): Cinque figli? Ma saranno tutti malati!

PROF.: Tutti malati, è evidente. Chi sordo, chi cieco, chi demente; uno sfacelo, uno spettacolo vergognoso; se ci fosse Hitler li infilerebbe nei forni. E così si perderebbe il sesto figlio.

GIORGIO (stravolto): Il sesto, professoressa?

PROF.: Che è Ludwig van Beethoven. E non dire: è bene inventata; perché è vera.

abortovitasenso della vita

inviato da Angela Muscarella, inserito il 14/08/2010

ESPERIENZA

9. Elkana ed Anna: veramente sposi   1

don Oreste Benzi

Nella Bibbia c'è la storia di Elkana e Anna. Anna era sterile e chiedeva a Dio con tutta la sua fede, un figlio. La sterilità era sentita come una grande umiliazione. Elkana consola Anna con parole che riversano su di lei un amore perfetto: «Anna perché piangi? Perché non mangi? Perché è triste il tuo cuore? Non sono forse io migliore di dieci figli?» (l Sam 1,8). Che cosa occorre per essere un buon papà? È necessario essere un buon marito. E per essere un buon marito che cosa occorre? Avere nel proprio cuore solo la propria moglie. Neanche una scappatella? Neanche una! Elkana è proprio uno di questi mariti. E per essere una buona mamma che cosa occorre? Bisogna essere una buona moglie. E per essere una buona moglie è necessario curare il proprio marito! I figli non hanno bisogno dell'amore del papà verso di loro, non hanno bisogno dell'amore della mamma verso di loro, ma hanno bisogno dell'amore del papà verso la mamma e della mamma verso il papà! L'amore tra papà e mamma è la miglior medicina che previene ogni male psichico e cura anche i mali fisici dei figli.

Elkana e Anna avevano una fede semplice e profonda in Dio! Per Anna, Dio era un Padre, con il quale si sfogava in tutti i modi, ed era un rapporto basato sulla certezza assoluta che Dio li amava. La preghiera fatta insieme tra marito e moglie ha sempre un effetto equilibrante nello sviluppo dei figli. Ai vostri figli date il senso ultimo, definitivo della vita, non cresceteli in maniera atea!

matrimoniofamigliacoppiagenitorifiglifedeltàcrescita dei figli

5.0/5 (1 voto)

inviato da Don Roberto Rossi, inserito il 11/08/2010

ESPERIENZA

10. Testimonianza cristiana

Mimì Fazioli

"La santità non è un lusso per qualcuno, ma una necessità per tutti". Così suggeriva Madre Teresa di Calcutta.

Dieci giorni sono già trascorsi di questo mese di ottobre, cioè un terzo del mese è volato via velocemente e... forse io sono ancora meno cristiano di prima!

Dieci giorni sono passati: come foglie secche portate dal vento dei rimpianti o, piuttosto, come frutti dolci e saporiti depositati nella memoria delle cose buone e preziose realizzate?

I giornali ci relazionano spesso del RIS di Parma sempre in cerca di impronte importanti per incastrare colpevoli o per scagionare innocenti. E noi cristiani quali impronte sensibili lasciamo intorno a noi?

Un saggio, ironicamente, avverte: se mi dovessero condannare perché cristiano autentico, quali prove concrete troverebbero per poterlo fare?

San Benedetto ci ha insegnato che ogni nostra giornata deve essere caratterizzata da una doppia impronta quella dell'ora et labora" e san Francesco, appena pochi giorni fa, ci ha invitato a segnare i nostri passi lasciandoci dietro, sempre, una lunga e indelebile scia di pace e di bene.

Sia questo per me, per tutti un impegno concreto, un programma quotidiano, la testimonianza più bella e sincera!

testimonianzasantitàessere cristiani

5.0/5 (1 voto)

inviato da Mimì Fazioli, inserito il 05/12/2009

ESPERIENZA

11. Avere sete di Dio

Sebastian Kachapilly

Ognuno pensa a modo suo, ognuno prende la via che più gli piace e nessuno si ferma un attimo per riflettere. Il Signore ha detto: non siete del mondo, ma vivete nel mondo guardando sempre verso l'alto. Il nostro obiettivo è sbagliato, guardiamo sin troppo i giochi del mondo e siamo interessati nei suoi divertimenti. Noi figli del Dio vivente cosa abbiamo dentro di noi: la sete per Dio o la sete per il mondo?

Lavoravo nella missione in India, ogni tanto andavo dai confratelli per gli incontri. Un giorno pieno di sole mentre tornavo dalla missione salì sull'autubus un ragazzo con un secchio pieno di bevande fresche e cominciò a parlare: Amici miei, dissetatevi! Ho bevande fresche per tutti. Ci invitava a prendere qualcosa, ma nessuno ne voleva. Scendendo dall'autobus diceva a se stesso, nessuno ha sete. Sono belle queste parole: nessuno ha sete. Se qualcuno avesse avuto sete sicuramente avrebbe comprato una bibita o qualcosa di fresco. Nessuno aveva sete e quindi nessuno voleva comprare niente.

Questo succede anche nei confronti di Dio, se una persona non ha sete di Dio non lo cerca, non va da Dio. E' chiaro che andrà altrove a cercare le cose che possono dissetare la sua sete. Quando cominciamo un cammino di fede dobbiamo avere la sete di Dio. Il mondo di oggi può mettere davanti a noi tante cose che possono dissetare la nostra sete, ma la cosa importante è quella di avere sete di Dio e salvare la nostra anima.

sete di Diofede

inviato da Sebastian Kachapilly, inserito il 05/12/2009

ESPERIENZA

12. Un fioretto di S. Giuseppe da Copertino

Padre Bonaventura

Quando S. Giuseppe da Copertino era ancora un giovane frate usciva ogni giorno dal convento, insieme ad un confratello, per la questua. Andare a piedi verso il paese era un tragitto lungo che poteva risultare noioso dopo averlo percorso tante volte, cosìcché quel giorno il confratello suggerì a Giuseppe di recitare, ognuno per proprio conto e silenziosamente, tante Ave Maria finché fossero arrivati.

Giunti in paese il fraticello disse: "Io sono arrivato a cento Ave Maria, così tante ne ho dette durante il tragitto e tu? Quante ne hai recitate tu?". Il confratello chiedeva, ma Giuseppe non rispondeva. Dietro le numerose insistenze dovette cedere e, abbassando la testa umilmente disse. "Non ho ancora finito la prima!".

Il fatto è che Giuseppe, ogni volta che vedeva o parlava con la "cara mamma sua" come chiamava la Madonna entrava in estasi!

preghieramariaave mariamadonnacontemplazione

5.0/5 (1 voto)

inviato da Laura Simonetti, inserito il 11/10/2009

ESPERIENZA

13. Le Messe più belle

Cardinale F.X. Nguyen Van Thuan

Quando sono stato arrestato, ho dovuto andarmene subito, a mani vuote. L'indomani, mi è stato permesso di scrivere ai miei per chiedere le cose più necessarie: vestiti, dentifricio... Ho scritto: "Per favore, mandatemi un po' di vino, come medicina contro il mal di stomaco". I fedeli subito hanno capito. Mi hanno mandato una piccola bottiglia di vino per la Messa, con l'etichetta "medicina contro il mal di stomaco", e delle ostie nascoste in una fiaccola contro l'umidità. [...] Non potrò mai esprimere la mia grande gioia: ogni giorno, con tre gocce di vino e una goccia d'acqua nel palmo della mano, ho celebrato la Messa. Era questo il mio altare ed era questa la mia cattedrale! [...] Ogni volta avevo l'opportunità di stendere le mani e di inchiodarmi sulla croce con Gesù, di bere con lui il calice più amaro. [...] Erano le più belle Messe della mia vita.

F.X. Nguyen van Thuan, vietnamita, quando era Arcivescovo, trascorse tredici anni del suo episcopato in prigione, di cui nove in isolamento. Questo è quello che disse a proposito della celebrazione eucaristica.

eucaristiamessasacrificio

inviato da Qumran2, inserito il 16/07/2009

ESPERIENZA

14. Quattro diviso cinque

Suor Germana, Missionaria in Madagascar

Stavo aspettando che aprissero un ufficio in centro città.
Ho visto una mamma che cercava di preparare il suo "posto per vendere". Aveva con sé 5 bimbi!
Le ho chiesto di far loro una foto. Poi ho trovato nella mia borsa 4 caramelle e ho detto alla mamma che mi spiaceva, ma non ne avevo per tutti!
Lei mi ha risposto che non era importante e che era felice lo stesso.
Ho dato le caramelle ai quattro più grandi, al piccolo, ho pensato che non era grave se non ne davo!
Il più grande ha ringraziato, ha tolto la carta, con i dentini ha rotto la caramella e ne ha dato metà al fratellino più piccolo!
Ti assicuro che mi ha toccato il cuore e, ancora oggi, dopo qualche mese, mi viene un nodo di commozione quando ci penso!

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inviato da Linda Pocher, inserito il 17/06/2009

ESPERIENZA

15. Ritorno alla Vita!

Ero stesa su un letto, in terapia intensiva, lottavo per vivere, avevo gli occhi chiusi e pregavo intensamente il Signore, milioni di anime volevano portarmi con loro, ma io volevo tornare dalla mia adorata figlia di un anno.

Mentre mi dilaniavo, per il dolore fisico, il mio cuore si aprì...e fui felice di donare tutte le mie sofferenze al Signore, come Lui fece sulla croce, per il bene dell'umanità... e fu proprio in quel momento che provai "il sollievo della sofferenza"... Il Signore fu Misericordioso con me e mi donò di nuovo la Vita!

La mia esperienza mi ha avvicinato di più al Signore e mi ha fatto capire che anche nelle sofferenze più profonde ci potrà essere un piccolo sollievo se solo il nostro cuore si aprisse totalmente al Signore!

vitasollievosofferenzamalattia

4.0/5 (1 voto)

inviato da Simona C., inserito il 02/06/2009

ESPERIENZA

16. L'ultima parola non è la morte

Anthony Bloom, Vivere nella Chiesa

La protagonista di questa storia vera ci credeva sul serio. Durante la seconda guerra mondiale, una monaca russa, madre Maria, fu imprigionata dai nazisti in un campo di concentramento.

Un giorno era presente a un appello nel quale venivano sorteggiate le donne destinate alla camera a gas. Una di queste condannate - una ragazza ancora giovane - urlava in preda alla disperazione: fino a quel momento, aveva nutrito la speranza di riuscire a sopravvivere e di conoscere ancora la libertà e la gioia di vivere.

Madre Maria, non riuscendo a sostituirla, le si avvicinò e le disse: «Non piangere. L'ultima parola non è la morte, ma la vita. Ne sono talmente sicura che verrò con te nella camera a gas».

Si unì alle condannate ed entrò con loro per morirvi.

mortevitavita eternaparadisofedesperanza

5.0/5 (1 voto)

inviato da Liliana Belloro, inserito il 07/06/2007

ESPERIENZA

17. Io scelgo tutto!

S. Teresa di Lisieux, Storia di un'anima

Un giorno Leonia, pensando di essere troppo grande per giocare con la bambola, venne da noi due con un paniere pieno di vestiti e di pezzetti belli di stoffa per farne altri; su queste ricchezze stava distesa la bambola. «Prendete, sorelline, scegliete, vi do tutto». Celina allungò la mano e prese un pacchetto di gale che le piacevano. Io riflettei un attimo, poi anch'io allungai la mano e dissi: «Io scelgo tutto!», e presi il paniere senza tanti complimenti; quelli che assistevano alla scenetta trovarono la cosa molto giusta, e la stessa Celina non si sognò di protestare (bisogna dire che i giocattoli non le mancavano, il suo padrino la colmava di regali, e Luisa trovava il modo di procurarle tutto quello che desiderava). Questo minimo tratto della mia infanzia è il riassunto di tutta la vita mia; più tardi, quando la perfezione mi apparve, capii che, per diventare una santa, bisognava soffrir molto, cercar sempre il più perfetto e dimenticar se stessi; capii che ci sono molti gradi nella perfezione, e che ciascun'anima è libera di rispondere agli inviti di Nostro Signore, di far poco o molto per lui, insomma di scegliere tra i sacrifici che egli chiede. Allora, come ai giorni della mia prima infanzia, esclamai: «Dio mio, scelgo tutto. Non voglio essere una santa a metà, non ho paura di soffrire per Voi, temo una cosa sola, cioè di conservare la mia volontà: prendetela, perché scelgo tutto quello che Voi volete...».

santità

inviato da Debora Cavallone, inserito il 14/07/2006

ESPERIENZA

18. Anticipo di Paradiso

Una bambina ricoverata al "Bambin Gesù" un giorno accoglie la proposta del cappellano dell'ospedale: "Anna vuoi dedicarti ad offrire le tue sofferenze e le tue preghiere a Gesù per la conversione dei paccatori?". "Sì, lo voglio", e da quel giorno raccontò il frate che la bambina sembrava pervasa da uno nuovo ardore e non perdeva occasione per rinnovare l'offerta del suo sacrificio con tutto il suo cuore.
Ma un bel giorno Anna chiamò P. Maurizio e gli disse:
"P. Maurizio vieni, ti devo dire una cosa!".
"Cosa c'è Anna!".
"Sai oggi ho visto Gesù".
"E cosa ti ha detto".
"Che bello! Mi ha dato una carezza, mi ha sorriso e poi mi ha detto grazie Anna ed è sparito".
Qualche giorno dopo Anna entrò per sempre in quella luce di cui ebbe anticipo già sulla terra ed il suo sorriso non avrà più fine.

preghierasacrificiooffertadolorecroce

inviato da Ivan Fattori, inserito il 03/05/2006

ESPERIENZA

19. Anche da un letto di morte si può essere testimoni

Fiorenzo

Sono nato in una famiglia molto praticante, ma a volte avendo un tesoro in casa non ce ne rendiamo conto!

Ho passato tutti i miei anni (34) in una routine classica con qualche impegno in parrocchia, ma via via sempre meno impegnato fino all'indifferenza più completa; mi sono perso nel burrone dell'errore; credevo di farcela da solo... sbagliavo... avevo messo da parte Dio! Cominciavo a far della bestemmia la mia quotidianità... poi un giorno un signore di una certa età, malato da anni e uomo di profonda preghiera si aggrava e arriva a mettersi a letto da dove non si rialzerà più! Sono venuto a sapere del suo aggravarsi alle 23 di un giovedì come un altro... da quel suo letto di morte ha saputo trasmettermi ciò che nessuno mai prima era riuscito con le parole, la sua fede, la sua preghiera, il suo ringraziare mi hanno convertito! Da quel giorno la vita in Cristo è rinata, ora non passa giorno che non desideri pregare e ringraziare Dio di essere un suo figlio!

Quell'uomo, il 2 aprile scorso, mentre io ero a mangiare una pizza con amici è morto, il suo fisico è morto, ma la sua anima è sempre qui accanto a me e a noi; quell'uomo si chiama Giovanni Paolo II.

Giovanni Paolo IIconversione

inviato da Fiorenzo Rosa, inserito il 05/02/2006

ESPERIENZA

20. Siate sottomessi

Ciao don, ti racconto una piccola ma significativa esperienza.

Questa mattina, dovendomi recare in un negozio per una commissione, parcheggiai l'auto in una via a ridosso del marciapiede.

Considerati i pochi minuti della sosta e la scarsa assenza di traffico in quella zona, decisi di lasciarla come avevo fatto altre volte. Da una vicina panchina, dov'era seduto, si alzò un signore anziano che avvicinandosi mi disse in tono polemico: "Non è quello il posto giusto per parcheggiare la macchina!".

Io, ricordandomi dell'insegnamento della prima lettura della messa, "Siate sottomessi gli uni agli altri", che tu stesso hai invitato a vivere almeno oggi, senza fiatare e in atteggiamento di completa obbedienza, portai l'auto in un parcheggio adeguato.

Lo stupore di quell'uomo fu tale che rimase ammutolito e inebetito a fissarmi per alcuni istanti.

All'uscita dal negozio mi rincorse per elencarmi mille giustificazioni, quasi per scusarsi per avermi mosso quel rimprovero.

Grazie don per questi efficacissimi suggerimenti quotidiani che mi aiutano a crescere e a capire che è un vero "peccato" perdere la messa quotidiana.

Forse con i dovuti allenamenti (anche nella fede) tutto risulterà più facile e spontaneo.

Ringrazio Dio che mi da la possibilità di vivere questi insegnamenti con amore per lui.

obbedienzasottomissionedocilità

inviato da Don Ambrogio Villa, inserito il 05/02/2006

ESPERIENZA

21. Al supermercato

Stavamo trascorrendo una piacevole giornata a casa dei miei genitori e sapendo che avrebbero dovuto fare la spesa, ci offriamo, io e mio marito, di andare al supermercato. Sono ormai le 19.00 quando arriviamo alla cassa e ci accorgiamo che ci sono alcune difficoltà per la famiglia che ci precede.

Non funzionano i collegamenti per il pagamento con il Bancomat e non hanno contanti sufficienti per coprire l'intera spesa. A questo si aggiunge il fatto che non possono reperirli a casa o allo sportello di una banca perché sono in bicicletta e non farebbero in tempo a tornare prima della chiusura. Interviene allora il direttore, ormai spazientito (stava già aspettando il ritorno di altre persone nella stessa situazione) che decide drasticamente di non consegnare la spesa senza possibilità di rimediare.

Bastano pochi secondi, guardo mio marito e comprendo che abbiamo lo stesso desiderio e la stessa idea. Proponiamo di pagare la loro spesa o di farsi accompagnare da noi alla banca più vicina. Mancano solo venti minuti alla chiusura ma sicuramente c'è il tempo necessario per andare e tornare. Accettano loro ed anche il direttore che rimane sorpreso e un po' stupito della nostra immediata disponibilità.

In auto mio marito raccoglie, da parte della signora che sta accompagnando, affermazioni di sincera gratitudine; la signora, quasi commossa, esprime la fiducia e la speranza, dopo questo gesto nei loro confronti, che "si può ancora fare e ricevere del bene in questo mondo".

Nel frattempo io attendo al supermercato, il loro ritorno e noto che il direttore ha cambiato completamente atteggiamento nei riguardi dei clienti esprimendo maggior gentilezza e comprensione. Addirittura quando mancano ormai pochi minuti alla chiusura, si avvicina ad una cassa dove un signore si trova nelle medesima situazione precedente e tranquillamente gli propone di portare a casa la spesa tornando il giorno seguente a pagare.

fraternitàsolidarietàesempio

inviato da Don Ambrogio Villa, inserito il 05/02/2006

ESPERIENZA

22. E Rachele piange i suoi figli che non ci sono più (Ger 31,15)

Testimonianza di Rachele, una donna delle montagne boliviane

«Avevo quattro figli e coltivavo, con mio marito Pepe, i nostri campi a mais e fagioli. A causa del cattivo raccolto, determinato da semi transgenici, che una multinazionale aveva dato a lui e ad altri contadini per sperimentare le rese, e a causa della impossibilità di restituire i prestiti che gli avevano fatto gli anni precedenti, Pepe si suicidò. Io, che non avevo diritto a ereditare il campo, andai bracciante da mio cognato cui spettò il campo.

Il primo anno di vedovanza il mio figlio più piccolo, che aveva solo pochi mesi, morì di diarrea. Qualche mese dopo morì la mia figlia maggiore, e non si è mai capito di quale malattia, oppure se di sfinimento, dato che lavorava come me nei campi ed aveva solo otto anni. Fu poi la volta del mio secondogenito che prese il morbillo e non aveva nessuna difesa immunitaria, almeno così dissero al dispensario.

Quell'anno si presentò Compadre Paco che tutti conoscevamo molto bene per la sua ricchezza fatta commerciando coca. Mi offrì di andare in montagna a coltivare coca, mi avrebbe regalato lui un campo, e così il mio figlio superstite ed io avremmo potuto sopravvivere. Lo guardai dritto negli occhi e gli dissi un secco no».

Nella sala della conferenza, che si svolgeva in una città del Nord del mondo, e dove le parole di Rachele erano state ascoltate in un silenzio assoluto, una signora, visibilmente sconvolta, si alzò e quasi urlò: «Ma che madre sei? Perché non ci sei andata?».

Rachele, senza avere neanche la forza di sollevare lo sguardo, continuando a contorcere il manico della sua borsa di pezza, rispose semplicemente: «Perché sarebbe morto tuo figlio!».

globalizzazionedrogapovertàingiustizia

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inviato da Maddalena Rotolo, inserito il 05/02/2006

ESPERIENZA

23. Dio, nella sofferenza ci ama in modo particolare.

Ercoli Lorena

Spesso sento rivolgermi questa domanda: "Dove trovi la forza di reagire nonostante la tua malattia?".

Nella mia malattia, ho da 10 anni una forma di sclerosi multipla progressiva, ho visto un disegno di Dio, un qualcosa di prezioso, perché Gesù ha scelto, per la redenzione del mondo, il dolore.

Nella sofferenza ho sempre abbracciato, con Amore, la croce che Gesù mi ha donato con la malattia è per questo che Lo ringrazio nel più profondo del cuore. Al mattino il mio primo pensiero è per Lui: "Gesù tu sei tutto il mio bene, la cosa più preziosa che io ho, ti offro la mia giornata, ma soprattutto la mia sofferenza, il mio corpo debilitato dalla malattia, mi rimetto alla Tua volontà".

Io non amo certo il dolore in sé, ma amo Gesù crocifisso e abbandonato che è in me e in ogni persona provata dalla sofferenza, per questo mi sento amata da Dio in modo particolare perché mi fa sentire simile a Suo Figlio.

Non è facile seguire Gesù, mi capita di attraversare momenti di buio dove non riesco più a trovare un rapporto così profondo con Lui.

E' con la preghiera che riesco, con fatica ma poi con gioia, a ritrovare la comunione spirituale con Lui e dirGli: "Donami la forza non solo di un rapporto con Te, ma il coraggio di amarti".

Gesù poteva scegliere mille modi per salvarci, ma ha scelto il dolore per redimerci.

Nei momenti difficili della vita, causati da una sofferenza, da una malattia ricordiamoci che tutto questo è un tesoro, una perla che la comunità e i famigliari stessi, non devono disprezzare ed emarginare.

Io credo, che Dio ci ama tutti di un amore infinito e ad uno ad uno. Gesù sulla croce ha gridato: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato". Un malato non va mai abbandonato, ma ognuno di noi diventi prossimo per l'altro.

amorerapporto con Diocrocesofferenzadoloreredenzionesacrificiosolitudinesolidarietà

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inviato da Ercoli Lorena, inserito il 08/12/2005

ESPERIENZA

24. Vita!

- Non sapevo vivere. Nulla viveva in me, anche se affermavo il contrario. Ho chiesto perdono al Signore perché Lui mi aveva donato la vita, ma io non sapevo accoglierla. Ebbene, sei mesi dopo, un bel giorno, ho capito improvvisamente e ho visto che il Signore mi aveva risuscitato. E da quel giorno è iniziato un cammino di pace, un cammino di vita in cui nulla oppone più resistenza (Giovanni, 19 anni).

- Ho cominciato a lavorare nelle discoteche e l'ho fatto per cinque anni. Ho conosciuto droga, alcolici, sesso, omosessualità. Sono stata distrutta, tradita, ingannata. Ero diventata l'ombra di me stessa. Un giorno, nel momento in cui stavo per suicidarmi, il Signore è venuto a prendermi tra le sue braccia e per la prima volta mi sono fatta dire: "Io ti amo" e ho voluto vivere di nuovo (Anna, 21 anni).

- Ti è mai capitato di aver voglia di morire? Per molto tempo tutte le mattine guardavo dalla finestra dicendo a me stessa: "Ora mi butto!". Oggi non voglio più morire, perché ho scoperto che Gesù è vivo! Questa è la mia preghiera, il mio grido "Gesù è vivo!" (Viviana, 17 anni).

- Ho 19 anni e ho capito, dopo un tentato suicidio a 17 anni - che è fallito - che non potevo rimanere a non far niente della mia vita... Ora sono pronta, moralmente e fisicamente, a dare due o tre anni della mia vita per aiutare coloro che hanno bisogno senza ricevere nulla in cambio. E il fatto di non ricevere nulla in cambio (diciamo materialmente) è molto importante per me. Non credo che potrei costruire la mia vita, o perlomeno una parte di essa, senza offrire un po' della mia gioventù, allo scopo di dare il massimo di me stessa (Giusy).

senso della vitaviverevita

inviato da Don Giovanni Benvenuto, inserito il 23/09/2005

ESPERIENZA

25. Il miracolo della testimonianza

Fra Angelo De Padova

Sono un giovane cappellano dell'ospedale di Galatina (Le), voglio raccontarvi un fatto accaduto nel reparto di chirurgia poco tempo fa. Era ricoverato un giovane, battezzato ma non praticante, aveva dimenticato tutte le preghiere. Ogni giorno passavo a salutarlo, ma lui rimaneva indifferente al mio saluto; dopo una decina di giorni circa, mi chiede di confessarsi. Io dentro di me dicevo: "Son riuscito con la mia costanza, la mia semplicità e dolcezza, a fargli accostare a Gesù" e mi sentivo già orgoglioso di questo fatto miracoloso. Ma durante la confessione mi dice: "Stanotte ho capito che il Signore esiste davvero. Ho visto che quel vecchietto che tutti i giorni si faceva la comunione, con tutti i dolori che aveva e l'impossibilità quasi a muoversi, si è alzato dal letto ed è andato a rimboccare le coperte di un'ammalato che era accanto al mio letto".
Tutti siamo testimoni della carità di Cristo.

testimonianzasolidarietàcaritàamore

inserito il 19/06/2005

ESPERIENZA

26. Educare cristianamente

Nel 1863 vennero a visitare Don Bosco due signori inglesi, uno dei queli era ministro della regina Vittoria. Entrando nella sala dove più di duecento giovani stavano studianto in perfetto silenzio, i due signori si meravigliarono e chiesero a Don Bosco il segreto di quel magnifico comportamento. Don Bosco rispose che il segreto era non nei castighi o nella disciplina, ma nella confessione e nella comunione frequente.
«Peccato, rispose il ministro inglese, che noi non abbiamo questi strumenti».
E Don Bosco aggiunse: «Se non si usano i sacramenti, allora bisogna usare la forza».
«E' vero, concluse il ministro, o religione o bastone; lo dirò a Londra».

fedeeducazionesacramenti

inviato da PLB, inserito il 06/11/2004

ESPERIENZA

27. Amare Gesù Eucarestia

Un giorno in una chiesa quasi deserta, un ragazzino di sette anni pregava tutto solo in un banco. A un certo punto si sposta e va vicino alla balaustra. Dopo un po' va sui gradini dell'altare, poi prende uno sgabello e sale sulla mensa... Una signora che stava in chiesa, lo richiama. "Vieni giù, che fai li? Scendi!". Il bambino, indicando Gesù nel Tabernacolo, con aria innocente risponde "Ma io gli voglio bene!". Quel bambino era il futuro San Pietro Chanel.

EucaristiaGesùadorazione

inviato da PLB, inserito il 06/11/2004

ESPERIENZA

28. Lo Spirito Santo protagonista dell'evangelizzazione

L'efficacia della predicazione dipende dall'azione dello Spirito Santo nel cuore di chi ascolta, molto più che dalle qualità del predicatore.

Scott Hahn, il famoso biblista e predicatore americano, passato dal protestantesimo alla Chiesa cattolica, da anni si dedica a predicare appassionatamente, con lunghi discorsi e con abbondanza di argomenti la Parola di Dio.

Un giorno ha incontrato un signore che non conosceva, che gli ha detto: "Io tre anni fa ascoltai una sua conferenza sulla Lettera agli Ebrei e da allora mi sono convertito, sono un'altra persona..."

Allora Scott Hahn gli ha chiesto incuriosito: "Ah, e quale idea l'ha colpita così tanto da convertirla?".

"È stato quando lei ha detto 'Ora passiamo al seguente capitolo'. Io allora ho capito che dovevo cambiare vita, che dovevo lasciare le cose che stavo facendo ed aprirmi alla grazia di Dio e mi sono andato a confessare...".

Spirito Santopredicazioneevangelizzazioneconversione

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inviato da PLB, inserito il 06/11/2004

ESPERIENZA

29. Gratuitamente avete ricevuto gratuitamente date

Francesco Cipri

Alcuni giorni fa ero in strada con mia nipote, una bambina di circa 8 anni. Stavamo camminando, quando abbiamo visto sul marciapiede un mucchietto di buste e cartoni, con un giovane tutto rannicchiato sopra. Quello che tutti chiameremmo "barbone".

Il mio occhio, anche se "cristiano" ma purtroppo abituato a queste scene, quasi aveva escluso dall'attenzione questa presenza. Ma quello della bambina no! Più ci avvicinavamo al povero, più lei lo guardava con occhio evangelicamente misericordioso. Accortomi di questo atteggiamento, passo una moneta alla bambina per metterla nel cestino, quasi vuoto, del povero. A questo punto il giovane si alza e velocemente si allontana. Dove starà andando?

Entra in un bar e quasi subito ne riesce con un ovetto di cioccolato in mano e lo dona alla bambina con un sorriso che non dimenticherò mai! E subito scompare, tornando al suo mucchio di povere cose! Sono rimasto senza parole! Anche la nipotina è rimasta colpita dal dono ricevuto.

Mi sono subito ripreso, spiegando alla bambina che quello che conta è l'amore! Noi avevamo donato solo una moneta, lui aveva donato oltre all'uovo di cioccolato un enorme gesto d'amore!

"... forse non potrò mai risolvere il problema della povertà per tutti i poveri del mondo, ma per questo povero che ho davanti devo fare tutto quello che è nelle mie possibilità!" (Beata Madre Teresa di Calcutta)

amorecaritàpovertàsolidarietàsemplicità

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inviato da Francesco Cipri, inserito il 22/12/2003

ESPERIENZA

30. Le campane a festa

In un convento di clausura, ogni volta una suora, che ha vissuta l'intera vita sempre e solo con Dio, torna al Padre, le campane suonano a festa. Fu chiesto alla superiora il perché di queste campane a festa: "Noi, spose di Cristo, siamo come le vergini in continua attesa che arrivi lo sposo: e, quando arriva, è festa, grande festa. Ci vestiamo di bianco come per le nozze e riempiamo di gioia tutta la liturgia".

mortedefuntirisurrezioneparadisovita eterna

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inviato da Don Giovanni Benvenuto, inserito il 16/12/2003

ESPERIENZA

31. Io credo all'amore

Benedetta Bianchi Porro, Lettere

Io so di non essere sola: nel mio silenzio, nel mio deserto, mentre cammino, Lui è qui: mi sorride, mi precede, mi incoraggia a portare a Lui qualche piccola briciola d'amore.
Prima nella poltrona, ora nel letto che è la mia dimora, ho trovato una sapienza più grande di quella degli uomini. Ho trovato che Dio esiste ed è amore, fedeltà, gioia, certezza, fino alla consumazione dei secoli.
Le mie giornate non sono facili; sono dure ma dolci, perché Gesù è con me, col mio patire, e mi dà soavità nella solitudine e luce nel buio: Lui mi sorride e accetta la mia cooperazione con Lui.
Quanto a me sto come sempre, ma da quando so che c'è Chi mi guarda lottare cerco di farmi forte: com'è bello così!
Io credo all'Amore disceso dal Cielo, a Gesù Cristo e alla sua Croce gloriosa.
Sì, io credo all'Amore.

sofferenzaamorecrocerapporto con Diodoloreaccettazione

inviato da Don Roberto Rossi, inserito il 27/08/2003

ESPERIENZA

32. Ogni cosa ha il suo tempo

Alexis Zorba

Ricordo una mattina in cui avevo scoperto una crisalide sulla corteccia di un albero proprio nel momento in cui la farfalla rompeva l'involucro e si preparava ad uscire. Attesi un bel po', però tardava troppo, e io avevo premura. Nervoso, mi piegai e cominciai a riscaldarla con il mio fiato. Io la riscaldavo impaziente, e il miracolo iniziò a realizzarsi davanti a me, ad un ritmo più rapido di quello naturale. L'involucro si aprì, la farfalla ne uscì trascinandosi, e non dimenticherò mai l'orrore che sperimentai allora: le sue ali non si erano ancora aperte e con il suo piccolo corpo tremante si sforzava di allargarle. Chino su di lei, l'aiutavo con il mio fiato... Invano. Era necessaria una paziente maturazione e lo spiegamento delle ali doveva avvenire lentamente al sole; ora era troppo tardi. Il mio soffio aveva obbligato la farfalla a mostrarsi, tutta una ruga, prima della sua ora. Si agitò disperata, e, alcuni secondi più tardi, mi morì sulla palma della mano. Io credo che questo piccolo cadavere è il maggior peso che ho sulla coscienza. Ebbene, oggi lo comprendo bene: forzare le grandi leggi è un peccato mortale. Non dobbiamo lasciarci vincere dalla premura, non dobbiamo spazientirci. Seguire con costanza il ritmo eterno.

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inviato da Eleonora Polo, inserito il 28/06/2003

ESPERIENZA

33. Amore in azione   1

Madre Teresa di Calcutta

Alcune settimane fa due giovani sono venuti alla nostra casa dandomi molto denaro per nutrire la gente. A Calcutta prepariamo pasti per 9.000 persone al giorno. Volevano che il denaro fosse speso per nutrire questa gente.
Chiesi loro:
«Dove avete trovato così tanto denaro?»
Ed essi risposero:

«Ci siamo sposati due giorni fa. Prima del matrimonio abbiamo deciso che non avremmo avuto abiti da matrimonio, e neppure feste. Diamo a voi il nostro denaro.»

Per un indù di alto ceto sociale questo è uno scandalo. Molti furono sbalorditi nel vedere che una famiglia così elevata non avesse abiti e festeggiamenti per il matrimonio. Poi chiesi loro:
«Perché avete fatto questo?»
Ed ecco la strana risposta che mi diedero:

«Ci amiamo a tal punto che volevamo donare qualcosa ad un altro per cominciare la nostra vita insieme con un sacrificio.»

Mi ha colpito moltissimo vedere come queste persone fossero affamate di Dio. Un modo per concretizzare l'amore l'uno per l'altra era di fare questo grandissimo sacrificio. Sono sicura che voi non capite che cosa significhi questo. Ma nel nostro paese, in India, sappiamo che cosa significhi non avere abiti e feste per il matrimonio. Tuttavia questi due giovani hanno avuto il coraggio di comportarsi così. Questo è davvero amore in azione.

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inviato da Anna Lianza, inserito il 30/04/2003

ESPERIENZA

34. La bella signora

Bernadette Soubirous, Racconto dell'apparizione della Madonna di Lourdes

La prima volta che andai alla Grotta, vi andai per raccogliere legna con due altre bimbe. Quando arrivammo al mulino, tutte insieme seguimmo il corso del canale e ci trovammo davanti alla Grotta. Le mie due compagne, non potendo più proseguire il cammino, attraversarono l'acqua che si trovava di fronte alla Grotta ed io rimasi sola dall'altra parte; domandai loro se volevano aiutarmi a gettare qualche pietra nel canale per poter passare senza levarmi le calze, ma esse mi dissero di fare come loro.

Allora andai un po' più lontano per vedere se potevo passare a piedi asciutti, ma invano e mi decisi a togliermi le calze. Mi ero appena levata la prima calza, che udii un rumore, come un soffio di vento impetuoso. Volsi lo sguardo verso la prateria gli alberi immobili e molto calmi.

"Mi sarò ingannata", pensai, e mi accinsi a togliermi l'altra calza. Ma udii di nuovo il medesimo rumore; alzai il capo verso la Grotta e vidi una signora vestita di bianco, che benevolmente mi guardava.

Rimasi sorpresa e sbigottita e, credendola un'illusione, mi stropicciai gli occhi, ma invano. Io vedevo sempre la medesima Signora. Allora cercai nelle tasche e ne trassi il mio rosario. Volli farmi il segno della croce, ma la mia mano non giunse alla fronte e ne rimasi anche più sgomenta.

La Signora prese in mano il rosario, che pendeva al suo braccio, e si fece il segno della croce. Io tentai di farlo per la seconda volta, vi riuscii e subito in me scomparve ogni sentimento di paura. Mi inginocchiai, ed alla presenza della Bella Signora, recitai il rosario. Quando ebbi finito, Ella mi accennò di andarle vicino ma io non osai, ed ella disparve. Allora mi levai l'altra calza, attraversai l'acqua di fronte la Grotta e raggiunsi le compagne.

rosarioMariaapparizioneLourdes

inviato da Anna Lianza, inserito il 15/04/2003

ESPERIENZA

35. Da quel giorno la mia vita è cambiata

intervista a Madre Teresa di Calcutta

Un giorno, mentre ero nei quartieri poveri di Calcutta e stavo per ritornare nella mia stanza, ho visto una donna che giaceva sul marciapiede. Era debole, sottile e magrissima, si vedeva che era molto malata e l'odore del suo corpo era così forte che stavo per vomitare, anche se le stavo solo passando vicino. Sono andata avanti e ho visto dei grossi topi che mordevano il suo corpo senza speranza, e mi sono detta: questa è la cosa peggiore che hai visto in tutta la tua vita.

Tutto quello che volevo in quel momento, era di andarmene via il più presto possibile e dimenticare quello che avevo visto e non ricordarlo mai più.

E ho cominciato a correre, come se correre potesse aiutare quel desiderio di fuggire che mi riempiva con tanta forza. Ma prima che avessi raggiunto l'angolo successivo della strada, una luce interiore mi ha fermata. E sono rimasta lì, sul marciapiede del quartiere povero di Calcutta, che ora conosco così bene, e ho visto che quella non era l'unica donna che vi giaceva, e che veniva mangiata dai topi. Ho visto anche che era Cristo stesso a soffrire su quel marciapiede.

Mi sono voltata e sono tornata indietro da quella donna, ho cacciato via i topi, l'ho sollevata e portata al più vicino ospedale. Ma non volevano prenderla e ci hanno detto di andarcene via. Abbiamo cercato un altro ospedale, con lo stesso risultato, e con un altro ancora, finché non abbiamo trovato una camera privata per lei, e io stessa l'ho curata. Da quel giorno la mia vita è cambiata.

Da quel giorno il mio progetto è stato chiaro: avrei dovuto vivere per e con il più povero dei poveri su questa terra, dovunque lo avessi trovato.

povertàsofferenzacaritàamoresolidarietàgratuità

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inviato da Cristiana Rubeo, inserito il 02/02/2003

ESPERIENZA

36. La lampada   1

Madre Teresa di Calcutta

A Melbourne andai visitare un povero vecchio la cui esistenza era ignorata da tutti. La sua stanza era disordinata e sudicia. Tentai di pulirla, ma egli si oppose: «La lasci stare, sta bene così.»

Senza che io insistessi, alla fine me la lasciò pulire. Nella stanza c'era una magnifica lampada, coperta di polvere: «Perché non l'accendi?». gli chiesi.

«A che scopo, se nessuno viene a trovarmi?», mi rispose, «Io non ne ho bisogno.»

Allora gli dissi: «L'accenderesti se le suore venissero a trovarti?»

E lui: «Sì. Pur di sentire una voce umana in questa casa, l'accenderei.»

Alcuni giorni dopo ricevetti da lui questo brevissimo messaggio: «Di' alla mia amica che la lampada che accese nella mia vita continua a brillare.»

amorecaritàsolidarietàanzianitàvecchiaiasolitudine

inviato da Anna Barbi, inserito il 04/12/2002

ESPERIENZA

37. Come si ama Dio

Madre Teresa di Calcutta

Tutti desideriamo amare Dio. Ma come si fa?
Gesù si convertì in pane di vita per saziare la nostra fame.
Quindi si fece ignudo, sfrattato, abbandonato, lebbroso, drogato, prostituta, di modo che tutti noi, tanto voi come io, potessimo saziare la sua fame con il nostro amore.
Sicuramente non vi capiterà di vedere nei vostri paesi malati rosi da vermi, ma ci sono vermi che tarlano i cuori.
Mi commosse moltissimo il gesto di una bambina piccola che decise di mandarmi i soldi della sua prima comunione invece di tenerseli per comprare un vestito per quella festa.
In Africa ci sono molte migliaia di persone che muoiono di fame a causa della siccità.
Mi imbattei in strada in una bambina di cinque o sei anni e le diedi un pezzo di pane.
Cominciò a mangiarlo briciola per briciola, dicendo che avrebbe avuto ancora fame, una volta terminato il pane.
Lei aveva già fatto esperienza di cosa è la fame, qualcosa che né io né voi ancora sappiamo cos'è.

amaresolidarietàcaritàpovertà

inviato da Viola, inserito il 04/12/2002

ESPERIENZA

38. Aiutare gli altri a vincere, questa è la cosa più importante   1

Qualche anno fa, alle paraolimpiadi di Seattle, nove atleti, tutti mentalmente o fisicamente disabilli erano pronti sulla linea di partenza dei 100 metri. Allo sparo della pistola, iniziarono la gara, non tutti correndo, ma con la voglia di arrivare e vincere.

Mentre correvano, un piccolo ragazzino cadde sull'alsfalto, fece un paio di capriole e cominciò a piangere. Gli altri otto sentirono il ragazzino piangere. Rallentarono e guardarono indietro. Si fermarono e tornarono indietro, ciascuno di loro. Una ragazza con la sindrome di Down si sedette accanto a lui e cominciò a baciarlo e a dire: "Adesso stai meglio?" Allora, tutti e nove si abbracciarono e camminarono verso la linea del traguardo. Tutti nello stadio si alzarono, e gli applausi andarono avanti per parecchi minuti.

Persone che erano presenti raccontano ancora la storia. Perché? Perché dentro di noi sappiamo che: la cosa importante nella vita va oltre il vincere per se stessi. La cosa importante in questa vita è aiutare gli altri vincere, anche se comporta rallentare e cambiare la nostra corsa.

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inviato da Don Giovanni Benvenuto, inserito il 03/12/2002

ESPERIENZA

39. La nostra preghiera

Romeo, C'ero anch'io Lourdes 2001

Così, in quei momenti di preghiera, cosa che difficilmente riusciamo a fare a casa frastornati da mille impegni, da mille luci e da mille suoni, riusciamo a dialogare con noi stessi e a sentire Dio vicino a noi come mai in altre occasioni. Riusciamo a capire quanto importante sia la vita e quanto sia bella quella che Dio ci ha donato indipendentemente dai problemi che possiamo avere e ci rendiamo conto, dopo aver visto handicappati sorridere. E qui capisci che, forse, i veri handicappati siamo noi che non sappiamo valutare le nostre piccole-grandi fortune: poter camminare e mangiare da soli. Se il riavvicinamento di un'anima a Dio può essere considerato un miracolo, allora posso affermare di essere stato testimone di tanti miracoli.

Poi arriva il momento di partire, pochi giorni volati. Si salutano tutti e ci si accorge di quanti giorni di tutta Europa hanno fatto la nostra stessa scelta e ci si accorge che non siamo gli unici giovani cristiani come alcuni vogliono farci credere.

Il treno parte, ma Lourdes non è finito, questa esperienza non finisce così, ce la porteremo sempre dentro, ormai vediamo con altri occhi, vivremo con gli altri in altro modo, abbiamo quasi la consapevolezza di conoscere cose che altri non conoscono.

Lourdesmalattiadoloresofferenzacrocevita

inviato da Federico Bernardi, inserito il 02/12/2002

ESPERIENZA

40. Dopo una giornata particolarmente dura...

Martin Luther King

Dopo una giornata particolarmente dura, andai a letto a tarda ora. Mia moglie era già addormentata e io quasi sonnecchiavo, quando il telefono squillò, e una voce irosa disse: "Stai a sentire, negro, noi abbiamo preso tutti quelli di voi che abbiamo voluto. Prima della prossima settimana, ti dispiacerà di essere venuto a Montgomery". Io riattaccai, ma non potei dormire: sembrava che tutte le mie paure mi fossero piombate addosso in una volta: avevo raggiunto il punto di saturazione.

Mi alzai dal letto e cominciai a camminare per la stanza; infine andai in cucina e mi scaldai una tazza di caffè. Ero pronto a darmi per vinto. Cominciai a pensare ad una maniera di uscire dalla scena senza sembrare un codardo.

In questo stato di prostrazione, quando il mio coraggio era quasi svanito, decisi di portare il mio problema a Dio. La testa tra le mani, mi chinai sul tavolo di cucina e pregai ad alta voce. Le parole che dissi a Dio quella notte sono ancora vive nella mia memoria: "Io sono qui che prendo posizione per ciò che credo sia giusto. Ma ora ho paura. La gente guarda a me come a una guida, e, se io sto dinanzi a loro senza forza né coraggio, anch'essi vacilleranno. Sono al termine delle mie forze. Non mi rimane nulla. Sono arrivato al punto che non posso affrontare questo da solo...".

In quel momento sperimentai la potenza di Dio come non l'avevo mai sperimentata prima. Mi sembrava di poter sentire la tranquilla sicurezza di una voce interiore che diceva: "Prendi posizione per la giustizia, per la verità. Dio sarà sempre al tuo fianco". La paura si allontanò per sempre e fui pronto, nel nome di Dio, ad affrontare ogni pericolo, ogni prova.

Sentivo che in un mondo buio e confuso il regno di Dio può ancora regnare nel cuore degli uomini... Dio non ci lascia soli nelle nostre agonie e nelle nostre battaglie: ci cerca nelle tenebre e soffre con noi.

pauracoraggiofedeabbandonoingiustizia

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inviato da Eleonora Polo, inserito il 28/11/2002

ESPERIENZA

41. Un giorno per volta

Un uomo anziano, ricoverato in un ospedale con le due braccia ingessate e una gamba in tensione, era pur sempre allegro e scherzoso.
«Quanto tempo pensate di dover rimanere ancora così immobilizzato?» gli fu chiesto.
«Soltanto un giorno per volta», rispose con semplicità.

ottimismofelicitàgioiaserenitàaccettazione

inviato da Andrea Zamboni, inserito il 23/11/2002

ESPERIENZA

42. Non cambiarsi mai d'abito...   1

Ad un campo A.C.R. c'era un bambino simpaticissimo, Andrea, di soli 6 anni. Un giorno aveva fatto la doccia e si stava rimettendo la stessa canottiera che aveva prima di lavarsi; è facile immaginarsi in che condizioni era dopo più giorni di sudate polvere e corse scatenate.

Allora gli ho detto di cambiarsela, e lui mi ha detto: "Ma, io la stessa canottiera posso tenerla anche per 20 settimane"!

Evidentemente si sbagliava, oppure non aveva ancora il giusto concetto del tempo che passa. Come si fa a tenere la stessa canottiera, anche lavandosi spesso, per 20 settimane?!?

Eppure tanti cristiani, magari che si confessano anche regolarmente e non proprio saltuariamente, continuano a portare sempre gli stessi abiti di peccato e non c'è verso che li abbandonino! Che incongruenza!

confessioneconversionecambiare vitapeccatopropositi

inviato da Don Giovanni Benvenuto, inserito il 05/10/2002

ESPERIENZA

43. Il segreto è ringraziare

Pierfausta era una donna meravigliosa: tutto servizio e generosità. Ma la sua formazione era stata piuttosto austera e l'aveva tanto intimidita. Temeva sempre di sbagliare. Specialmente temeva di non piacere abbastanza al Signore. L'espressione più abituale nei riguardi della sua coscienza era: Signore, abbi pietà! In ogni cosa si sentiva mancante. Persino il suo comportamento lo lasciava capire: dolce viso era piuttosto reclinato. I suoi occhi guardavano più alle cose che in alto.

Scoprì la preghiera di ringraziamento e capì anche i limiti della sua vita ascetica, portata avanti fin qui con tante mortificazioni e pratiche pie. Scoprì che tutto è un dono, anche il lavoro, le relazioni sociali, le cose e le persone. Fece una ricerca nei salmi e nella Bibbia dove le avevano detto che ricorreva tante volte l'espressione: Benedetto sei tu, Signore! Era come dire grazie, per ogni situazione. Forse avrà ancora detto: Abbi pietà! Ma la sua continua parola, ripetuta interiormente e a volte ad alta voce, divenne: Benedetto sei tu, Signore!

gratitudineloderapporto con Dio

inviato da Stefania Raspo, inserito il 11/06/2002

ESPERIENZA

44. Pregando, posso amare i poveri

Madre Teresa di Calcutta

Un giorno Madre Teresa parlò con un seminarista. Guardandolo con i suoi occhi limpidi e penetranti gli chiese: "Quante ore preghi ogni giorno?". Il ragazzo rimase sorpreso da una simile domanda e provò a difendersi dicendo: "Madre, da lei mi aspettavo un richiamo alla carità, un invito ad amare di più i poveri. Perché mi chiede quante ore prego?". Madre Teresa gli prese le mani e le strinse tra le sue quasi per trasmettergli ciò che aveva nel cuore. Poi gli confidò: "Figlio mio, senza Dio siamo troppo poveri per poter aiutare i poveri! Ricordati: io sono soltanto una povera donna che prega; pregando, Dio mi mette il suo Amore nel cuore e così posso amare i poveri. Pregando!".

preghieracaritàamoreservizio

inviato da Immacolata Chetta, inserito il 31/05/2002

ESPERIENZA

45. Il significato delle banane   1

Paulo Coelho

Un mio amico decise di passare alcune settimane in un monastero del Nepal. Un pomeriggio, entrò in uno dei numerosi templi del monastero e trovò un monaco che, sorridente, era seduto sull'altare. "Perché sorridete?" domandò. "Perché capisco il significato delle banane", rispose il monaco, aprendo la borsa che aveva con sé, tirandone fuori una banana marcia e mostrandola al mio amico. "Questa è la vita che è passata e non è stata goduta al momento giusto - disse - ora è troppo tardi". Estrasse poi dalla borsa una banana ancora acerba, gliela mostrò e la ripose di nuovo. "Questa è la vita che non è ancora accaduta, bisogna aspettare il momento giusto". Infine, estrasse una banana matura, la sbucciò e la divise con il mio amico. "Questa è la vita al momento giusto: il presente. Alimentati con esso, e vivilo senza paura e senza colpa".

presentefuturovita

2.0/5 (1 voto)

inviato da Emilio Centomo, inserito il 08/05/2002

ESPERIENZA

46. Il Vangelo tra i Borana

padre Giovanni Dutto

Gababo Guyò era un giovane borana del deserto, dove il nome di Gesù risuonava per la prima volta. Fin dall'inizio lo Spirito lo calamitò e si aggirava attorno all'incipiente missione tutto il tempo di cui poteva disporre. Un giorno mi si fermò davanti. Aveva un sorriso bello e onesto. Mi chiese senza preamboli che gli parlassi di questa nuova religione che lo affascinava tanto. Non si poteva parlare ancora di catecumenato, perché tutto cominciava appena; ma quasi tutte le sere chiacchieravamo e leggevamo qualche pagina iniziale del Libro. Poi il primo catecumenato poté partire con un nutrito gruppo di amici. Si teneva una vera lezione quotidiana e consisteva sempre in una pagina dell'Antico e poi del Nuovo Testamento.

Un giorno Gababo mi confidò: "Il Libro è bellissimo e tutto il giorno io aspetto con gioia il momento dell'incontro. Ogni giorno mi viene da pensare: oggi il padre ha letto la pagina più bella del Libro. Ma il giorno dopo ne leggi una ancora più bella! La Parola di Dio è come il latte che scende piacevolmente nello stomaco". Ha parlato come i nomadi il cui unico pasto quotidiano è il latte. Noi avremmo detto: è come l'acqua fresca di sorgente, quando siamo esausti.

parola di Diocatecumenatomissionebibbia

inviato da Stefania Raspo, inserito il 06/05/2002

ESPERIENZA

47. Sei così vicino alla croce che...   2

mons. Angelo Comastri e madre Teresa di Calcutta

Mons. Angelo Comastri, vescovo di Loreto, ha raccontato che anni fa, a causa di un banale disguido medico, si è ritrovato quasi in fin di vita per problemi cardiaci; è andato in crisi, cosa che gli ha fatto capire quanta strada ancora doveva fare cristianamente. In quei momenti ha telefonato a madre Teresa di Calcutta, con la quale era in amicizia, per chiederle un qualche conforto.

«What wonderful thing! – che cosa stupenda!», è stata la sua risposta.

«Madre Teresa, ha capito bene cosa le ho detto? Sto rischiando di morire!»

E lei, ancora: «Sei fortunato: sei così vicino alla croce che Gesù può baciarti senza neanche fare fatica.»

crocedoloresofferenza

inviato da Don Giovanni Benvenuto, inserito il 15/04/2002

ESPERIENZA

48. La gioia di Dio

Costretto a fuggire da Alessandria per l'ordine dell'Imperatore, il santo vescovo Atanasio s'era rifugiato presso i monaci del deserto e si lamentava d'essere inutile: "Ecco, i miei preti e i cristiani della comunità sono travagliati dalla persecuzione, umiliati dalla superbia degli ariani, maltrattati in ogni modo: e io sono qui nel deserto e non posso fare niente".

Il santo monaco Teodosio lo consolava e diceva: "Non lamentarti fratello. Guarda piuttosto i fiori del deserto: sono bellissimi e fioriscono per niente. Nessuno li vede, in pochi giorni seccano e muoiono. A che servono dunque? Eppure alcuni dicono che servono a dare gioia a Dio. Puoi dunque stare contento anche tu, perché forse nel tuo esilio anche tu puoi dare gioia a Dio".

impotenzadare gioia a Diosentirsi inutilicristiani perseguitati

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inviato da Don Giovanni Benvenuto, inserito il 08/04/2002