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ESPERIENZA

1. Consigli per avvicinarsi all'ammalato

Questo non vuole essere un prontuario o delle istruzioni all'uso, ma dei semplici consigli che ognuno deve interiorizzare e portare nel cuore. Per capire gli ammalati bisogna mettersi al loro posto: cosa molto difficile. Se però non ti sforzerai di farlo, sarà inutile tentare di comunicare con loro. Dire che Dio ama gli ammalati è una cosa molto graziosa e anche vera. Non è l'amore di Dio che devi portare al malato ma il tuo e per questo non bastano solo le parole. Dio non è una persona che va o che viene, lui è fedele e resta. Sarà percepito più o meno dalle condizioni in cui si trova l'ammalato e non solo quelle fisiche. Sforzarti di aiutare l'ammalato su un piano umano e in modo umano: Dio si manifesterà a suo tempo, i tempi di Dio non sono i tempi dell'uomo. Riempiti di Dio e poi va' dagli ammalati come se esistessero solo loro, così senza che per te sia uno scopo primario, sarai strumento dell'amore di Dio.

Ama gli ammalati, ma non farlo solo in riferimento a Dio: amali per se stessi, in se stessi. Coloro che si occupano degli ammalati soltanto per amor di Dio e con una certa freddezza professionale nei loro comportamenti, fanno pensare che gli ammalati siano per loro solo dei modi per proseguire la propria santificazione. Il miglior aiuto che puoi dare ad un ammalato è di aiutarli a ritrovare se stessi. Il tuo deve essere un rapporto d'amore su una base reale, non menzognera o fittizia: sarebbe come costruire sulla sabbia. Anche se il malato ha perso molto, gli rimane sempre qualche cosa, su questo qualche cosa si tratta di costruire con la fede e l'esperienza sorretta dall'amore. Il dolore affina la sensibilità e, se loro vedranno in te, la semplicità, la delicatezza dell'amore di Dio, ti racconteranno la loro storia. Non fare domande, non limitarti a sentire, ascolta con il cuore: sarai sempre tu a ricevere qualcosa. Forse ti sentirai impotente a rimuovere il peso che portano, ma nel loro cuore l'avrai alleggerito sicuramente. Il malato. l'handicappato, non vogliono pietismo. Non chiederti: cosa posso dire, ma sorridi, sii sempre ottimista, allegro, non esiste un ponte più sicuro di una bocca sorridente e anche nei momenti di dolore più acuto e di disperazione più profonda ci sarà uno spiraglio per lasciar passare la speranza e un solco per seminare la gioia. Può essere che il dolore unisca a Dio più che la gioia: limitati a suggerirlo, non con le parole, immagini o sentimenti, ma con il tuo esempio. Qualche volta sarà necessario venire incontro alle loro necessità materiali, far loro qualche dono. E Cristo che ha bisogno di te, vuole che tu doni te stesso come lui si è donato a noi e si dona a noi tutti i giorni senza chiedere nulla in cambio: solo Amore.

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inviato da Forner Fortunato Babbo Lupo, inserito il 06/12/2009

ESPERIENZA

2. Osiamo dire: Padre nostro...

Alessandro Pronzato, L'uomo riconciliato. Pellegrinaggio nel quotidiano per celebrare la festa della vita, Ed. Gribaudi

Ricordo una Messa celebrata all'ergastolo di Porto Azzurro.
Sentivo avvicinarsi questo momento con un senso di paura.
"...Padre nostro!".

Mi sono fermato. Li ho guardati in faccia, a uno a uno. Oltre cinquecento uomini, a cui avevano ucciso la speranza, condannati a vita. Loro dicono, con un'espressione incisiva: "Ci hanno fermato l'orologio!".

Ho detto: "Scusatemi, ma io non riesco a continuare. Se non mi aiutate voi, io, da solo, a questo incrocio pericoloso della Messa, non ce la faccio ad andare avanti. Sarei costretto a dire una parola che, se prima non si realizza qualcosa di importante tra di noi, suonerebbe come una bestemmia: "Padre nostro...".

"Ho bisogno che mi accettiate come uno di voi, un fratello, niente altro. Soltanto se mi fate questo regalo, se ci scambiamo questa fraternità, se ammettiamo da ambo le parti questa parentela, se mi considerate come uno dei vostri, oseremo dire insieme "Padre nostro!". Altrimenti io non ho il coraggio di pronunciare quella frase. Dio non è soltanto 'mio' Padre. Lui vuol esserlo di tutti. E se non mi presento davanti a lui insieme a tutti voi, nessuno ecluso, mi sento un traditore, un illegittimo... E se voi non mi riconoscete come fratello, Dio se ne va. Non si fa trovare...".

Mai come in quel momento ho scoperto la forca sconvolgente dell'espressione: "Osiamo dire".
Sì, soltanto adesso che ci siamo riconosciuti, accettati come fratelli, possiamo dire, senza paura di bestemmiare: "Padre nostro" (anzi: "Papà", Abbà!).

Siamo mal ridotti, Papà, ma siamo insieme.
Laceri, sporchi, non troppo presentabili, ma ci riconosciamo fratelli.
Ci sentiamo colpevoli "insieme".
Abbamo tutti qualcosa da farci perdonare.
Nessuno di noi è giudice dell'altro.
Nessuno di noi condanna le colpe dell'altro.
Siamo uniti da una comune solidarietà di miseria.
Soltanto per questo "osiamo dire".
E tu, siamo sicuri, ci guardi con benevolenza. Perché noi ci guardiamo senza durezza.
Tu, abbiamo la certezza, ci accetti. Perché noi ci accettiamo vicendevolmente.
Tu non ti vergogni di noi, nonostante tutto. Perché noi non rifiutiamo nessuno.
Ecco, Signore, soltanto dopo che ci siamo caricati sulle spalle questo colossale peso di tutti i nostri fratelli, osiamo dire "Padre nostro!".
E, stavolta, è preghiera.

messapadre nostrocarceresolidarietàfratellanzafraternità

5.0/5 (2 voti)

inviato da Giovannagioia, inserito il 06/12/2009

ESPERIENZA

3. Lo slancio degli altri muove la carrozzina

Avvenire del 26/1/2006

«Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13, 34) sarà la celebrazione Diocesana del prossimo anno. Ma cosa ha significato l'amore degli altri nella mia vita? Posso dirvi che da ragazzino avevo bisogno di fare una terapia particolare, essendo disabile, in cui sarei stato impiegato per diverse ore al giorno e soprattutto mi avrebbero dovuto aiutare molte persone. Mentre tornavo a casa dallo studio del dottore mi domandavo con i miei genitori come avrei potuto farcela... Sono figlio unico con pochi parenti. Ne abbiamo parlato al parroco che subito ha detto: «Ho grande fiducia nella Provvidenza... lo dirò ad alcuni... se i cristiani non si amano in questi casi, non sono cristiani!». Questa espressione un po' forte di un sacerdote che era come un padre per me, mi ha fatto pensare. E così è stato. In pochi giorni, avevo riempito i "turni" con più di 90 persone alla settimana, 15 volontari al giorno. Si erano resi disponibili persone di tutte le età, moltissimi i giovani.

Frequentavo anche la Facoltà Teologica a Torino, e non potevo scrivere bene e prendere sufficienti appunti alle lezioni. I miei compagni di corso seminaristi mi aiutavano passandomi i loro appunti, senza gridare o facendo proclami, ma servendo in silenzio. Ecco due fatti della mia vita personale, ma potrebbero essere molti, in cui ho provato con mano, sulla mia pelle, l'amore! L'ho sperimentato non come una parola generica, una parola che si confonde molte volte con piacere, ma una parola viva e vera perché Gesù ci ha dato l'esempio, «amatevi anche voi gli uni gli altri».

Ecco io mi sento amato da Dio, pur nella fatica, che deve diventare il trampolino di lancio per la mia vita di fede. Sono convinto che, con il tema della GMG 2007 celebrata a livello Diocesano, Benedetto XVI riuscirà ad avvicinare molti giovani a quell'unico comandamento che solo in Gesù trova la realizzazione: l'amore da rendere come servizio, l'amore da scambiarci «gli uni gli altri». Lo scambio di un amore reciproco si pone in continuità con l'adorazione. Così infatti ha gia sottolineato il Papa a Colonia: «La parola latina "adorazione" è ad-oratio - contatto bocca a bocca, bacio, abbraccio e quindi in fondo amore. La sottomissione diventa unione, perché colui al quale ci sottomettiamo è Amore».

Claudio

solidarietàamorecondivisione

inviato da Qumran2, inserito il 06/11/2006

ESPERIENZA

4. Soccorso... stradale

I ragazzi dell'Oratorio (molto pochi) con il Don sono partiti con un pulmino per un viaggio-vacanza. Sono previsti circa 3000 Km. da percorrere passando per la Svizzera, la Normandia e la Bretagna.

Come è "normale" la mamma ed il papà aspettano con ansia le notizie del viaggio, soprattutto il primo giorno, soprattutto per il tempo pessimo.

Finalmente alle 21 circa arriva la telefonata... con la non bella novità: il pulmino si è rotto. Si trovano a 230 Km. da casa e non riescono a trovare una soluzione, che non sia troppo costosa, per proseguire, anzi, la prospettiva è di fare ritorno a casa in treno, perdendo così tutti i soldi già spesi per le prenotazioni dei pernottamenti.

Dopo un primo momento di sbigottimento, con mia moglie e soprattutto con l'altro figlio maggiore, abbiamo elaborato un piano di... soccorso: portare due auto (più una terza per il nostro ritorno) da loro subito il giorno dopo, di buon mattino così che possano proseguire.

Il tempo continua ad essere pessimo, però le previsioni danno miglioramento soprattutto verso la Francia. Vale le pena di provarci.

Trovate le tre auto, abbiamo telefonato per comunicare che ci saremmo visti la mattina dopo con i soccorsi.

Il viaggio è stato difficoltoso sia per il traffico (era un sabato di grande esodo) che per il maltempo. Siamo comunque arrivati all'appuntamento (accompagnati da tanti "Gloria al Padre...") accolti da una festosa gazzarra (cosa rara in un paesino svizzero, tanto che ci guardavano con un certo stupore), ma soprattutto ho potuto vedere l'atteggiamento di gratitudine e, in alcuni, di commozione: potevano proseguire il viaggio che, per loro, rappresentava la vacanza più attesa.

Confesso che anche per me è stato un momento di commozione e di gioia.

Dopo pochi giorni riceviamo una cartolina da Mont Saint Michel con scritto: "Senza di voi non avremmo potuto visitarlo (la mamma è sempre la mamma e il papà non è da meno). E' magnifico. Grazie".

Sarà anche poca cosa, ma la felicità di quei ragazzi mi sarà presente per tanto.

generositàsolidarietà

5.0/5 (1 voto)

inviato da Don Ambrogio Villa, inserito il 05/02/2006

ESPERIENZA

5. Marocchino

Mi sto dirigendo verso l'ospedale di Borgomanero, provo a parcheggiare l'auto dove non parcheggio di solito. Appena sceso, mi si fa incontro un marocchino sulla cinquantina molto cordiale e per nulla insistente, che mi richiede del farmaco antinfiammatorio per un insistente mal di schiena che lo affligge da tempo. Con me non ne ho e rispondo, forse anche per acquietarmi la coscienza, che lo avrei cercato nei reparti verso cui mi stavo dirigendo all'interno dell'ospedale.

Terminata la mia visita al reparto oncologico, mi appresto a tornare verso l'auto. Naturalmente mi ero scordato di quella richiesta fattami in precedenza e quindi il farmaco non era in mio possesso.

Non so al suo apparire cosa dire. Mi viene spontaneo, era lunedì, garantirgli un mio nuovo passaggio da quelle parti il mercoledì o il giovedì seguenti, ma dovevo ripassarci appositamente e quindi non mi era per nulla "comodo". Decisi, a tal punto, di tornare solo quando si fosse presentata l'occasione buona, magari anche dopo quindici giorni.

Lungo il viaggio di ritorno a casa, mi sovvenne alla memoria una frase, letta e meditata, nella quale, si diceva che S. Chiara, "contava" gli atti di amore compiuti in un giorno. Inoltre mi ricordavo come sia estremamente importante rispettare la parola data, sempre.

E allora, chi era per me in quel dato momento quel marocchino se non Gesù in persona affetto da mal di schiena che chiedeva a "me" quella data medicina, per di più difficile da reperire in quanto distribuita da un'azienda poco presente sul territorio nazionale?

Non so come fare, decido di passare comunque il mercoledì seguente anche se devo allungare la strada. Ma la pomata di quella data marca...?

Il giorno seguente sono all'ospedale di Busto Arsizio. Dopo il mio solito giro mi dirigo all'ora di pranzo verso casa anche per costatare le condizioni di mia moglie. Dirigendomi verso l'auto, passo sotto i portici ove è sito il bar presso il quale i colleghi si fermano per una spuntino. Passo vicino ad un tavolino.Mi arresto di colpo, mi volto e... trovo proprio quel collega di quella data ditta che produce la pomata che mi serve.Faccio presente che quel collega in un anno lo vedrò si e no sette, otto volte. Mi faccio consegnare i campioni di antinfiammatorio, pronto per correre il giorno seguente a Borgomanero. Arrivato intravedo il marocchino, abbasso il finestrino, consegno quanto dovuto ricevendo un grande sorriso ed un "grazie amico". Con rinnovata gioia nel cuore riprendo il mio "solito" giro.

coerenzasolidarietàcarità

inviato da Don Ambrogio Villa, inserito il 05/02/2006

ESPERIENZA

6. Il mio inno d'amore per un fratello "speciale"

Rivista Dimensioni Nuove, Elledici

Sono una quattordicenne di Brescia e vi scrivo per raccontarvi la mia bellissima esperienza che fin da piccola mi ha aiutata a crescere con sentimenti forti e profondi.

Ho un fratellino e una sorella e due genitori che ci amano e ci hanno cresciuto con valori che ci hanno formato e che cerchiamo di trasmettere a quelli che ci stanno vicino. Mio fratello ha vent'anni. È rimasto celebroleso a causa di un parto difficile nel quale è mancata l'assistenza del ginecologo. Per l'asfissia di mio fratello rischiò di morire anche mia madre. Nonostante la nostra fede in Dio, non abbiamo mai perdonato quel medico che ci ha lasciato una piccola creatura sofferente che, a detta dei medici, non sarebbe vissuta più di quattro anni.

Davide (è questo il suo nome) è cresciuto circondato dal nostro amore e adesso come adesso non conosco al mondo un ragazzo più indispensabile di lui! Sarà sempre il ragazzo più importante della mia vita che, oltre ai miei genitori, mi ha trasmesso quei sentimenti che caratterizzano il mio stile di vita. In questi quattordici anni io e Davide siamo sempre stati in simbiosi perfetta: un equilibrio che col tempo si è radicato fino a diventare qualcosa di indistruttibile.

Mi ha sempre insegnato ad amare e a donare la mia vita agli altri. Lui l'ha data a tutti noi, ha dato il suo amore, la sua serenità e anche il suo corpicino debole che, nonostante la malattia l'abbia deformato e irrigidito, è di una dolcezza unica. Fra lui e me il dialogo è continuo. È il dialogo più bello, più ricco, più gratificante che esista; non ci sono parole ma soltanto amore! Quando ero piccola giocavo con lui, ridevo con lui, ma non capivo ancora chi fosse e che cosa mi donasse. Oltretutto non ha mai parlato e non si è mai mosso. Io ero piccola e per la sua immobilità era la mia bambola preferita. Ora invece sono cresciuta: amo con lui, rido ancora con lui, piango insieme a lui, soffro quando soffre lui e finalmente so chi è e che cosa continuamente ci dona. È terribile vederlo soffrire, seguire il suo respiro affannoso che scuote violentemente il suo piccolo e fragile torace. Ma il suo cuore, che oltre a farlo vivere l'ha fatto amare, è forte e anche quando cesserà di battere, il suo ritmo irregolare e debole continuerà in un'eco perfetto nella mia vita. L'amore che Davide mi regala è qualcosa di irresistibile...

È splendido osservare quanta vitalità abbia il suo bellissimo viso e quanta dolcezza vi sia nel suo sguardo a volte debole, ma comunque sempre vicino a noi. I suoi occhi scuri e profondi sono ovunque, anche quando lui non c'è e il suo sguardo andrà oltre la morte. Davide è il mio angelo, il nostro angelo, una piccola creatura mandata da Dio per portarci tanto conforto. Ma è in queste poche parole di un amico che sta l'essenza di Davide: «Ogni giorno il suo sorriso sconfigge la morte. Un prezioso diamante custodito gelosamente nelle vostre mani. Un candido fiore del paradiso disceso per donare amore!».

E questo è ciò che Davide è per noi. Questa è la mia vita.
Tanto felice e serena, qualche volta alternata a momenti difficili e tristi.
Qualcosa di veramente vero: io amo la vita, amo Dio, amo l'amore!
La strada che devo percorrere è ancora molto lunga, ma vorrei augurare a tutti i ragazzi che sono alla ricerca di qualcosa di importante, di guardarsi continuamente intorno e di capire che l'amore è possibile trovarlo!
È molto vicino e basta cercarlo nelle cose più semplici: l'amore c'è e la vita stessa è amore. Dio è amore, amore unico e inconfondibile, amore vero e continuo.
È compito nostro renderci portatori instancabili. Basta guardare gli occhi tristi di una persona che soffre, un bambino che canta, un piccolo fiore che appare, il tramonto nel silenzio di una montagna...
Tutto è amore, bisogna soltanto vederlo.
Buona fortuna a tutti!

amoresofferenzacrocedolorefelicitàgioiacomprensionesolidarietàaffettosenso della vita

inviato da Sergio, inserito il 11/12/2002

ESPERIENZA

7. Stupendo "Presepe vivente" non pubblicizzato a...

Fra Angelo De Padova

In questi giorni tutti i mezzi di comunicazione annunciano che le amministrazioni comunali, le parrocchie, le associazioni, hanno organizzato il: "Presepe vivente a..., nei giorni..., dalle ore... alle ore...; il 6 gennaio l'arrivo dei Magi con i doni...; comparse numero...; scenario suggestivo sul...; prenotarsi allo..., offerta libera" e noi annotiamo le date per poterli vedere tutti. Con questa mia lettera volevo fare anche io un po' di pubblicità ad un presepe reale...

La Società Consumista, Egoista, ha organizzato sulla Campi - Lecce, un presepe vivente, dal 1 gennaio al 31 dicembre (fin quando non ci diamo una mossa); dalle ore 00,00 alle ore 24,00; arrivano i doni (vestiti usati, pasta, olio, burro tutto aiuto CEE). I personaggi (non comparse) sono circa 300; le grotte sono fatte di roulotte bucate, senza finestre, freddissime d'inverno, bollenti in estate; le luminarie: poca luce di giorno (la notte salta sempre perché non avendo il bue e l'asino per riscaldarsi accendono tutti le stufe ed è normale che la piccola cabina elettrica non riesca a mantenere e quindi i vari bambinelli rimangono al freddo e al gelo, riscaldati dalla disperazione dei genitori che danno un po' di calore abbracciandoli, col rischio di soffocarli); gli animali: topi, scarafaggi; i servizi (se così si possono chiamare): una quindicina per 300 persone, acqua fredda; l'assistenza medica (solo le urgenze al pronto soccorso, se fanno in tempo; ma è meglio prevenire che curare). Il resto lo vedrete voi. Ah! Dimenticavo, non bisogna prenotarsi, né fare lunghe code, l'ingresso è gratuito, anzi uscendo da questo presepe vi accorgerete come loro vi avranno dato qualcosa: sì, capirete molte cose della vita. Uscendo non direte Che bello e poi tutto finisce lì. Non avrete parole, ma ve lo ricorderete per tutta la vita. Lo spazio Campo Sosta Panareo per realizzare questo presepe è stato messo a disposizione (e abbandonato) dal Comune di Lecce.

I personaggi di questo presepe mi fanno venire in mente i pastori al tempo di Gesù: non godevano di diritti civili ed erano considerati gli ultimi della società. Vivevano immersi nell'abiezione e dal punto di vista delle norme religiose nell'impurità totale, senza alcuna possibilità di riscatto. Venivano trattati alla stregua di bestie, con una differenza a favore delle bestie: si può tirare un animale caduto in un fosso, ma non un pastore. Proprio a costoro si rivolge l'angelo. Non parole di condanna, ma un annunzio di grande gioia, la nascita di colui che li libererà dall'emarginazione. Quelli che gli uomini avevano confinato nelle tenebre (in un campo sosta) sono i primi a rendersi conto della luce che risplende, mentre quanti vivono nello splendore (ricchezza) rimangono nelle tenebre. Quando Gesù si presenta nella storia, nessun sacerdote di Gerusalemme se ne accorge. I pastori sì, loro se ne andarono dalla grotta "glorificando e lodando Dio": questo era compito esclusivo degli angeli.

Correremo anche noi il rischio di non accorgerci della nascita di Gesù? Ci inginocchieremo davanti ad un bambino fatto di gesso che non soffre né il caldo né il gelo e ci dimenticheremo che nasce in carne ed ossa nel "Campo Sosta Panareo"?. E i musulmani del Campo quella notte ascolteranno gli angeli che canteranno "Gloria a Dio nell'alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama", e il giorno di Natale, stando ai semafori delle nostre città o davanti alle porte delle nostre chiese, ci annunceranno la grande gioia che Gesù è nato anche per loro. Ci vogliamo impegnare quanto prima a cambiare un po' lo scenario di questo presepe vivente (ci vuole qualche novità per l'anno prossimo)? Andate a vedere e decidete quale modifica apportare. Magari un prefabbricato andrebbe bene.
Santo Natale a tutti.

Natalepovertàsolidarietàcaritàamore

inviato da Fra Angelo De Padova, inserito il 30/04/2002